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Autore: DarkSoul001    03/12/2018    0 recensioni
“Sei un cacciatore”
la voce di Bobby era secca e con un tono di rabbia che non sfuggì all'altro.
“Non hai risposto alla mia domanda” rispose Argent sorridendo, ma non c'era niente di allegro nel suo sguardo. Entrambi gli uomini avevano ancora le armi puntate l'uno sull'altro, nessuno dei due accennava a dare un briciolo di fiducia o a fare la prima mossa per dimostrare le sue buone intenzioni.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bobby, Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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“Dio, non posso lasciarvi soli un secondo!” la voce di Bobby era stanca, provata dal lungo periodo passato imprigionato nel seminterrato di una casa abbandonata, ma riusciva comunque a trasmettere quell’autorevolezza e quel modo burbero che lo caratterizzavano. Lydia aveva recuperato degli avanzi di cibo che erano stati messi in frigo, si era offerta di riscaldarglieli ma il cacciatore era troppo affamato per aspettare, aveva trangugiato velocemente il mezzo panino e finito due porzioni di patatine fritte, intento ad ascoltare il resto del branco che gli aveva fatto un veloce riassunto su ciò che era successo. Per lo più era stato Sam a parlare, interrotto ogni tanto dalle puntualizzazioni di Lydia. Alla fine del racconto Bobby era furioso.
“Avete lasciato che quei figli di puttana uccidessero Argent? E l’Anuk-ite non solo ha trovato la sua altra metà ma è in grado di trasformare chiunque lo guardi in pietra? Bè direi che avete fatto proprio un ottimo lavoro!” il cacciatore aveva parlato senza pensare, infatti non appena ebbe finito di sfogarsi se ne pentì immediatamente. Era stanco, ogni movimento gli procurava dolore e nonostante avesse appena mangiato il suo stomaco brontolava ancora. Guardò i suoi compagni, uno per uno, capendo che le parole che aveva appena pronunciato avevano colpito anche troppo nel segno.
“Scusate, non volevo prendermela con voi, sono sicuro che avete fatto tutto il possibile-”
“No” era stato Dean a interromperlo “Hai ragione, siamo riusciti solo a peggiorare la situazione, non abbiamo fermato i cacciatori e non siamo riusciti ad uccidere il due facce” il suo sguardo era fisso a terra, spento ma con una furia omicida che gli dava un aspetto quasi inquietante “Dicci che hai trovato il modo per ucciderlo, e quel figlio di puttana non arriverà a domattina” dicendo quest’ultima frase aveva alzato gli occhi verdi sull’altro, riducendoli a due fessure impenetrabili.
Bobby restituì lo sguardo, ora visibilmente preoccupato “Bè, ho trovato qualcosa, o meglio un vecchio cacciatore che mi doveva un favore ha trovato qualcosa, ma-”
“Di che si tratta Bobby” Dean era deciso, non avrebbe ammesso un no come risposta. Suo fratello gli lanciò un’occhiata preoccupata prima di riportare lo sguardo su Bobby, anche lui in pensiero per il Winchester
“Per uccidere l’Anuk-ite bisogna pugnalarlo con la radice di un Nemeton, ma questa deve essere impugnata da un mastino infernale”
La stanza calò nel silenzio, Bobby aveva gli occhi puntati su Dean, il quale sembrava in dubbio se abbandonarsi alla disperazione o lanciare una delle brandine dalla parte opposta del bunker
“Che diavolo significa?! Un cane invisibile è la nostra unica speranza di uccidere quella cosa?!” il cacciatore si era alzato in piedi di scatto, stava urlando, passandosi le mani fra i capelli, sentendosi improvvisamente impotente. Avrebbe potuto accettare di fare qualsiasi cosa pur di uccidere l’Anuk-ite, ed ora aveva la sensazione che il mondo gli stesse crollando sulle spalle senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.
La mano di Sam sulla sua spalla lo distrasse da quei pensieri, e i suoi occhi sicuri gli diedero un po’ di speranza, ancora prima che il cacciatore avesse il tempo di parlare “Noi un mastino ce l’abbiamo” sul suo volto si disegnò un sorriso sicuro di sé mentre si voltava in direzione di Parrish.
Dean passò lo sguardo da uno all’altro prima di puntarlo su Bobby per chiedergli spiegazioni, ma lo trovò altrettanto confuso. Fu Parrish stesso a spiegare la situazione, raccontando anche dello strano incontro con il re dell’inferno.
“Quindi Sam non ha ucciso quel mostro, ma gli ha solo permesso di reincarnarsi in un essere umano?”
Parrish annuì, anche se si era sentito un po’ offeso dalle parole di Dean
“Perfetto, e per quanto riguarda questo Memeton?”
“Nemeton” lo corresse prontamente Lydia “E’ un albero, o meglio ciò che ne rimane, si tratta di-”
“Sì, sì sono sicuro che avrà una storia interessante, dove si trova?” Dean stava già infilando la pistola nei pantaloni e recuperando un machete dal borsone, quando la mano di Bobby sulla sua spalla lo fermò
“Dean, fermati, hai bisogno di riposare, come tutti noi, affrontare l’Anuk-ite senza forze servirà solo a farti ammazzare”
“E che diavolo dovrei fare?” la voce del cacciatore voleva sembrare minacciosa, ma non riusciva a nascondere la disperazione e la tristezza che stava provando “Starmene qui con le mani in mano, finché quel mostro se ne va in giro per la città a trasformare persone in pietra?”
Bobby non poté far altro che fissarlo con tutta la sua comprensione. Prima Sam gli aveva parlato anche di Castiel, e gli era bastato lanciare uno sguardo furtivo a Dean per capire quanto la cosa lo avesse fatto soffrire. Riusciva quasi a sentire il peso sul cuore dell’altro, e il desiderio di vendetta nei suoi occhi, che nascondeva abilmente le lacrime che avrebbero voluto scendere liberamente.
“Senti, riposati per qualche ora, cerca di dormire, poi andremo a far fuori quel figlio di puttana”
Il cacciatore alzò gli occhi al cielo, facendo spuntare sulle labbra un sorriso quasi malinconico “Come se fossi in grado di dormire” il ragazzo si scostò dalla mano dell’altro, ancora sulla sua spalla, per sorpassarlo e andare in direzione di Lydia “Allora, dove si trova?”
Lei lanciò uno sguardo agli altri due cacciatori, in cerca di istruzioni. I due annuirono, consapevoli del fatto che sarebbe stato impossibile trattenere l’altro nel bunker, a costo di setacciare l’intera città lui sarebbe andato alla ricerca di quell’arma e poi dell’essere che aveva osato fare del male al suo angelo. Sam, nonostante la preoccupazione per il fratello, non poté fare a meno di farsi spuntare un sorriso sulle labbra a quel pensiero.
La ragazza prese un foglio di carta e una penna, disegnando una mappa approssimativa che poi consegnò al cacciatore, questo la prese dandogli un’occhiata veloce per poi dirigersi all’uscita del bunker, era così concentrato sulla sua missione che solo quando fu all’esterno si rese conto di essere stato seguito
“E tu che diavolo pensi di fare?”
“Credevi davvero che ti avrei lasciato andare da solo?” il minore dei Winchester era al suo fianco, sicuro e apparentemente nel pieno delle sue forze “Con quell’essere in giro e la tua sete di vendetta mi vedevo già a cercare il tuo cadavere nella foresta” Sam si sarebbe aspettato una risposta tagliente dall’altro, ma il fratello continuò a camminare, senza dire una parola
“Starà bene, non ti preoccupare, vedrai che-”
“Che cosa?” finalmente quei due occhi verdi erano puntati su di lui, ma la tristezza che vi lesse dentro era tutto tranne che rassicurante “Che come per magia Cas tornerà normale? Che l’incantesimo svanirà quando la strega sarà morta?” dai suoi occhi non scesero lacrime, ma la sua voce si alzava sempre di più, e la maschera di rabbia che stava indossando si sgretolò rivelando tutto il dolore che il cacciatore stava provando “Cresci un po’ Sam” l’ultima frase gli uscì quasi come un sussurro, strozzato dal nodo che aveva in gola. Il cacciatore si voltò e continuò a camminare in direzione del bosco, l’altro sospirò, rendendosi conto che nulla che potesse dire avrebbe aiutato il fratello. Dean era fatto così, cercava di trasformare il suo dolore in rabbia, finché anche lui non ce l’avrebbe più fatta e sarebbe finalmente scoppiato, e quando quel momento sarebbe arrivato Sam sarebbe stato al suo fianco.
Si incamminò, tenendosi a debita distanza, fingendo di non notare la lacrima solitaria che era scesa sulla sua guancia.
 
 
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“Ah, migliore amico un cazzo”
La porta del bunker si era chiusa alle spalle di Sam e gli occhi di tutti si erano puntati su Peter, incapace di trattenersi ma abbastanza intelligente da aspettare che il maggiore dei Winchester fosse uscito dalla stanza prima di parlare. Malia alzò gli occhi al cielo prima di appropriarsi di una delle brandine e stendendocisi pesantemente sopra, cercando di dormire nonostante l’adrenalina le corresse ancora nelle vene. Si girò, gli occhi, rimasti aperti, incontrarono quelli di Claire, seduta su un divano al suo fianco. Stava sorridendo
“Che vuoi?”
“Quando dormi sembri un angioletto” scherzò lei. Il coyote mannaro le mostrò il dito medio prima di girarsi dalla parte opposta, sentendo la piccola risata dell’altra e non riuscendo a impedire di farsi spuntare un sorriso sulle labbra.
“Come sta?” Derek si era seduto a fianco di Stiles, gli stava porgendo una tazza di caffè che l’altro prese d’istinto ma senza alcun desiderio di berlo
“Sembra stia dormendo” commentò lui, lo sguardo fisso su Scott, steso sulla brandina di fronte a loro “O ha perso i sensi più probabilmente” la sua voce era spenta, quasi robotica, continuava a fissare quelle bende sugli occhi dell’amico, sapendo che sotto di esse si trovavano due orbite vuote. Sentiva il cuore pesante, come se fosse colpa sua. La sua parte razionale cercava di convincerlo che non fosse così, che non avrebbe potuto fare nulla per aiutarlo, ma non riusciva a smettere di fissarlo e di provare quel dolore al petto.
“Mi dispiace” commentò mestamente il lupo mannaro, sapendo che quelle parole non sarebbero servite a nulla ma non sapendo come altro riuscire a confortarlo. Stiles distolse finalmente lo sguardo dall’amico per puntarlo su Derek.
“Dov’eri tu quando è successo?”
Il lupo mannaro si bloccò improvvisamente. Gli occhi scuri e taglienti dell’altro trasmettevano una rabbia indecifrabile. No non era rabbia, era delusione, era tristezza. Derek non riuscì nemmeno a parlare, non lo aveva mai visto in quello stato, non era il solito Stiles, simpatico e impacciato, era una persona diversa, una persona che stava soffrendo profondamente, e questo gli fece provare sensazioni di cui non si riteneva nemmeno capace. Avrebbe voluto rimediare, avrebbe voluto tornare indietro e impedirlo, anche prendere il suo posto pur di non vederlo in quello stato.
“Mi dispiace” ripeté, incapace di trovare altre parole, incapace di risolvere la situazione, incapace di fermare le lacrime che vedeva formarsi negli occhi dell’altro. Stiles distolse lo sguardo da lui, puntandolo di nuovo su Scott e lasciando che le sue guance cominciassero a bagnarsi.
Derek sentì l’impulso di abbracciarlo, di stringerlo come per cercare di tenere uniti i pezzi di lui che vedeva sgretolarsi di fronte ai suoi occhi. Ma dimostrare affetto non era il suo forte, decise quindi di prendergli la mano, la strinse, mentre quello sguardo devastato tornava su di lui, incredulo di fronte all’azione dell’altro.
Poi Stiles si sentì improvvisamente più leggero, il peso sul suo petto non era sparito del tutto, ma era decisamente diminuito, le lacrime avevano smesso di scendere e la sua preoccupazione sembrava quasi un ricordo. Abbassò lo sguardo sulla sua mano stretta a quella del lupo mannaro, vedendo le vene nere che gli ricoprivano il braccio. Tornò a guardarlo negli occhi, la bocca leggermente socchiusa, il viso visibilmente più rilassato, tanto che fu in grado di formare un piccolo sorriso di gratitudine sulle labbra.
Derek sorrise a sua volta, anche lui più sereno riuscendo a scorgere di nuovo quella scintilla nei suoi occhi.
 
 
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“Si può sapere come diavolo hai fatto a scappare?” la voce di Peter distrasse Bobby dalla sua ricerca. Stava esaminando ogni ripiano della dispensa cercando qualcosa da mettere sotto i denti
“Si può sapere perché nessuno di voi ha fatto la spesa?” commentò chiudendo le ultima due ante rimaste, senza aver trovato nulla
“E dove ti tenevano rinchiuso poi?” continuò il lupo mannaro incurante “Ti abbiamo cercato ovunque”
“Ero in una casa” rispose infine il cacciatore, cominciando ad aprire tutti i cassetti “Ma non sono stati i cacciatori a rapirmi- Ah!” commentò vittorioso estraendo una barretta energetica e aprendola immeditatamente
“Che vuoi dire?” chiese confuso l’altro
“Il mio rapitore, o meglio la mia rapitrice era un lupo mannaro”
Peter non riuscì a trattenere una risata “Ti sei fatto imprigionare da una donna?
Bobby lo fissò minaccioso “Non credere che le donne siano meno pericolose degli uomini” commentò facendosi venire alla mente diverse cacciatrici molto più capaci e spietate di quanto lui avrebbe mai ammesso in loro presenza “E poi era un Alfa”
A quel punto Peter smise di sorridere “Un Alfa? Qui? E noi non ne sapevamo niente? Com’è possibile?”
“Non ne ho idea” commentò sinceramente il cacciatore
“L’hai vista in faccia? Com’era di aspetto?”
“Aveva lunghi capelli neri, occhi scuri, era stranamente elegante, indossava un vestito che le arrivava poco sotto il ginocchio”
Peter si bloccò, un pensiero irrazionale si faceva strada nella sua mente “L’hai vista trasformarsi?”
“No, ho solo visto i suoi occhi che si illuminavano di rosso” rispose il cacciatore, notando la perplessità negli occhi dell’altro “Per caso la conosci?”
Peter, che aveva cominciato a fissare un punto indefinito del muro, tornò a guardare il cacciatore “No… cioè conoscevo una persona ma… non può essere lei…”
“E’ morta?”
“Sì, anni fa e-”
“Può essere lei”
Peter corrugò la fronte
“Figliolo, conosco più gente morta e risorta ti quanta ne conosca morta e ancora seppellita, fidati può essere lei”
Peter esitò qualche secondo prima di parlare “E’ mia sorella”
 
 
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La quiete notturna accompagnava i due fratelli nel bosco, nonostante l’atmosfera fosse quasi inquietante. Nessuno dei due ci faceva caso, forse perché erano abituati a cose ben più spaventose, o forse perché entrambi erano troppo assorti nei loro pensieri per accorgersene. Sam continuava a lanciare occhiate furtive al fratello maggiore, quasi volesse controllare il suo stato d’animo a vista, e la cosa più assurda era che ci riusciva. La mascella rigida, la bocca serrata, gli occhi puntati di fronte a sé, incapaci di guardarsi intorno, anche solo per cogliere eventuali pericoli. Era concentrato sulla loro missione, non si lasciava distrarre da nient’altro, perché se lo avesse fatto non sarebbe più stato in grado di negarlo. Non sarebbe più stato in grado di nascondere il dolore che stava provando.
“Dean…” cercò di cominciare l’altro, non sapendo nemmeno lui esattamente cosa dire “Io-”
“No, Sam” la voce era tagliente e decisa “Non devi dire nulla, chiaro?”
Per un momento l’altro obbedì. Non sapeva come prenderlo in questi momenti, non voleva insistere troppo altrimenti si sarebbe chiuso ancora di più, ma non poteva nemmeno lasciar perdere, sapeva come la perdita di Castiel lo stava logorando, non era la prima volta che succedeva, e ogni volta era la stessa storia. Lo vedeva soffrire, senza poter far nulla per aiutarlo, e lo vedeva tenersi tutto dentro. Finché Cas non tornava. Lui tornava sempre, in un modo o nell’altro, non avrebbe mai abbandonato Dean, nemmeno la morte era stata in grado di separarli, di sicuro non lo avrebbe fatto una delle tante creature soprannaturali che avrebbero potuto sconfiggere ad occhi chiusi. Bè che avrebbero dovuto sconfiggere ad occhi chiusi.
Sam stava per rendere partecipe l’altro dei suoi pensieri, ma Dean lo precedette
“Eccolo, dev’essere questo”
Di fronte a loro, in un luogo dove gli alberi si diradavano, c’era un tronco enorme, circondato da spesse radici che facevano capolino dal terreno, contornandosi in labirintici intrecci. Dean vi si avvicinò, alzò il machete che era rimasto nella sua mano per tutto il tempo, e lo scagliò a terra facendolo conficcare in una di esse
“E’ più resistente di quanto sembri” il cacciatore estrasse la sua arma dal taglio che aveva fatto, per poi colpire di nuovo il legno. Non aveva colpito esattamente lo stesso punto, ma ci era andato vicino, allargando la fessura che aveva creato. Alzò nuovamente il machete e colpì di nuovo. E ancora, e ancora, e ancora, sempre con più violenza, sempre più velocemente. Anche quando la radice si era ormai tagliata, lui continuò a colpire, prima il terreno, poi quello che restava del tronco dell’albero, cominciando a gridare. Era arrabbiato, frustrato, incapace di accettare quello che era successo, e cercò di far sparire quella sensazione nell’unico modo che conosceva. Gridò e cercò di far fluire tutte le sue emozioni attraverso quei movimenti, colpendo con tutta la forza di cui era capace.
A un certo punto non ce la fece più, le braccia gli dolevano, e il fiato era finito, trasformandosi in singhiozzi soffocati. Sentiva il petto stringersi, comprimersi, come stretto da una morsa invisibile. Lasciò cadere l’arma a terra, per poi seguirla, ritrovandosi in ginocchio di fronte a quel che restava del grande albero. Le lacrime scesero libere, mentre lui alzò la testa al cielo, chiedendosi se qualcuno avrebbe più ascoltato le sue preghiere.
La mano del fratello si appoggio sulla sua spalla mentre si inginocchiava al suo fianco. Dean lo guardò, cercando una risposta, cercando un modo per far sparire quel dolore, sentendosi inutile e incapace di fare qualsiasi cosa per salvarlo. Era come se avessero strappato un pezzo della sua stessa anima, e ora lui non fosse più in grado di andare avanti.
Il fratello non disse nulla, ma sorrise dolcemente, un sorriso che diceva che sarebbe andato tutto bene, che nulla avrebbe potuto separare Castiel da Dean Winchester. Un’altra lacrima scese sul volto di Dean mentre Sam lo abbracciava, stringendolo forte a sé.
 
 
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Derek era ancora seduto a fianco di Stiles, e senza che nessuno dei due ci avesse fatto caso, le loro dita erano ancora intrecciate, quando Peter corse nella sua direzione con aria preoccupata
“Devi venire con me”
Il lupo mannaro lo prese per un braccio, facendolo alzare di peso e trascinandolo in cucina. Stiles rimase interdetto per qualche secondo prima di alzarsi a sua volta e seguirli.
“Mia madre?” la sua voce trasmetteva incredulità ma allo stesso tempo derisione “No, non può essere, è bruciata insieme alla casa anni fa” il suo tono non tradì una sola nota di tristezza, ma il ricordo che gli tornò alla mente gli procurava ancora dolore.
“Lui l’ha vista, potrebbe essere proprio Talia”
“Talia Hale?” intervenne Stiles, che aveva origliato la conversazione “Potrebbe essere ancora viva?”
“Vattene moccioso, gli adulti stanno parlando” cercò di liquidarlo Peter, ma il ragazzo insistette
“Hai parlato di una casa abbandonata nel bosco” continuò rivolgendosi a Bobby “Forse so dove si trova”
“Hey, chi ha detto che ci addentreremo nel bosco?” lo interruppe di nuovo Peter
“Be come altro possiamo sapere se si tratta di lei?” lo sfidò il ragazzo, sotto gli occhi increduli del lupo mannaro
“E se non si trattasse di lei? Se fosse solo un altro Alfa pronto ad ucciderci?” Derek fece per zittirlo, ma Stiles lo precedette, ancora una volta stupendo sia i due lupi mannari che il cacciatore
“Non pensavo fossi così fifone” nei suoi occhi si rifletteva una sicurezza nuova che, come constatò Derek inconsciamente, gli si addiceva anche troppo bene
Peter fece per rispondere, ma le parole gli morirono in gola, guardò il nipote, il quale stava sorridendo quasi con fierezza, divertito dalla svolta che stava prendendo la conversazione. L’altro sospirò rendendosi conto di essere da solo
“Non si tratta di essere fifoni, si tratta di non lanciarsi in missioni inutili e pericolose”
“Non sarebbe inutile, se si trattasse veramente di Talia potrebbe aiutarci a combattere l’Anuk-ite e i cacciatori” rispose prontamente Stiles
“Forse ti stai dimenticando che ha rapito e tenuto prigioniero uno dei nostri”
Il diretto interessato non poté che essere d’accordo con il lupo mannaro, ricordando la breve conversazione che aveva fatto con la sua rapitrice. Sembrava tutto tranne che disponibile o amichevole
“Magari vedere suo fratello e suo figlio le farà cambiare idea”
“Che sta succedendo qui?” Malia, incapace di dormire, era entrata nella stanza per prendere qualcosa da bere, rimanendo affascinata dallo scontro tra Stiles e suo padre
“Niente, questo idiota vuole andare a farsi ammazzare”
“O a trovare un nuovo alleato” Stiles aveva una tale sicurezza negli occhi che la ragazza ne restò quasi ipnotizzata.
“E chi sarebbe?”
“Talia Hale” spiegò Derek “Tua zia”
“Non era morta?” chiese lei distrattamente, aprendo il rubinetto per versarsi l’acqua nel bicchiere
“Esatto, quindi è molto poco probabile che sia lei, andare nella tana del lupo mi sembra una mossa stupida e inutile”
“Secondo me dovremmo andarci”
Peter guardò sua figlia con un insieme di furia omicida ed esasperazione
“Cosa abbiamo da perdere?”
“Em, la vita ad esempio?”
La ragazza non poté fare a meno di sbuffare una risata “Tre lupi mannari contro uno? Non mi sembra uno scontro perso in partenza”
“Verrò anche io con voi”
Malia lo fissò con apprensione “Tre lupi mannari e Stiles” commentò infine “Cosa potrebbe andare storto?”
Peter lanciò uno sguardo a tutti i presenti, compreso Bobby che se n’era stato in disparte ad osservare la scena divertito, prima di trarre un estenuato sospiro “E va bene, partiamo per questa nuova avventura”
Uscirono dalla cucina, cominciando a prepararsi, il resto del branco stava dormendo, Jackson abbracciato ad Ethan, Lydia abbracciata a Parrish, Stiles cominciò a frugare nel borsone di Dean in cerca della pistola con cui si era allenato. Improvvisamente sentì una presenza alle sue spalle ed ebbe l’istinto di allontanarsi e scusarsi, prima di ricordare che il cacciatore era uscito e trovarsi di fronte lo sguardo preoccupato di Derek. Il ragazzo roteò gli occhi prima di rimettersi a cercare
“Mi hai fatto prendere un colpo”
“Sei sicuro di voler venire con noi?” chiese il lupo mannaro ignorando il suo commento. L’altro lo fissò, quasi risentito
“Pensi che non sia in grado?”
“Penso che tu lo stia facendo per dimostrare di sapertela cavare, e per non farti trovare impreparato la prossima volta” dicendo quest’ultima frase aveva fatto un cenno col capo in direzione di Scott, ancora addormentato sulla brandina.
Stiles socchiuse leggermente le labbra, fissandolo senza parole. Aveva centrato perfettamente nel segno, l’assenza del suo migliore amico, dell’Alfa del gruppo, l’aveva fatto sentire responsabile, come se fosse scontato che lui avrebbe dovuto prendere il suo posto. Lo sapeva, sapeva che faceva tutto questo solo per lui, ma la cosa non lo fermava, la determinazione che sentiva dentro era reale e anche la sicurezza che fosse la cosa giusta da fare
“Sì” disse infine, prima di rimettersi a guardare nel borsone e uscirne vittorioso
Derek lo fissò confuso, mentre l’altro si voltava, mettendo i proiettili nel caricatore, il caricatore nella pistola e tirando il carrello per mettere il primo proiettile in canna “Sono sicuro di venire con voi” disse infine, un sorriso sicuro e malizioso sulle labbra
Derek non poté evitare a un brivido di corrergli lungo la schiena, serrò la mascella e annuì in segno di approvazione prima che l’altro si facesse strada verso la porta del bunker. Solo quando fu a qualche metro da lui si rese conto di aver trattenuto il respiro.
“Dove state andando?” chiese Claire vedendoli prepararsi, anche lei aveva difficoltà a dormire
“Alla ricerca di mia zia” rispose Malia, che si trovava a pochi passi da lei “Forse è stata lei a rapire Bobby” spiegò velocemente mentre infilava la giacca
La ragazza annuì, prima di alzarsi e prendere la pistola ed il coltello
“Che stai facendo?”
“Qui mi annoio, una cacciatrice in più può solo aiutare”
Malia sospirò, consapevole di non poterle far cambiare idea, e segretamente felice della sua presenza
“Muoviti riccioli d’oro”
 
 
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Sam si fermò di colpo, erano a pochi metri dal bunker, l’arma per uccidere l’Anuk-ite alla mano, già affilata, in lontananza si poteva vedere il sole sorgere dietro i tetti delle case. Dean si accorse dell’assenza del fratello al suo fianco e si voltò, inizialmente confuso, poi solo incazzato
“No”
“Ma non ho detto-”
“No, non parleremo di quello che è successo”
“Dean…”
“Sam, smettila!”
“Quello che provi-”
“HO DETTO SMETTILA!”
Sam sorrise, un’inconfondibile malizia nello sguardo “Ok, ok, solo… quando tornerà vedi di non perdere altre occasioni” il Winchester sorpassò il fratello andando ad aprire la porta del bunker, lasciandolo lì, impietrito da quelle parole, dai suoi stessi sentimenti, e dalla paura incontrollata che gli scorreva nelle vene.
Scosse la testa, vietando al suo cervello di pensare a possibili scenari futuri e al suo cuore di illudersi che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Entrò anche lui nel bunker, trovando quasi tutti i componenti del branco addormentati su brandine o divani ma rendendosi conto che alcuni mancavano all’appello. Seguì Sam in cucina, il quale gli mostrò un biglietto che qualcuno aveva lasciato per loro
I lupi mannari e i ragazzini sono andati a cercare un parente morto. Voi due idioti non provate a cercarli e non pensate di svegliarmi per chiedermi altre informazioni
Nessuna firma, non ce n’era bisogno. Dean lanciò un’occhiata a Bobby, beatamente addormentato su uno dei divani, il berretto rigorosamente in testa, piegato sugli occhi per evitare che i raggi del sole lo disturbassero. Doveva trattarsi di un’abitudine in quanto nel bunker non c’erano finestre.
Il cacciatore spostò lo sguardo su Parrish, anche lui addormentato, che teneva fra le braccia Lydia. Ogni fibra del suo corpo gli diceva di svegliarlo e andare a cercare l’Anuk-ite immediatamente, o di prendere l’arma e andarci da solo sperando per il meglio, ma si impose di controllarsi. In più suo fratello avrebbe cercato in tutti i modi di impedirglielo, o sarebbe venuto con lui rischiando di trasformarsi in pietra senza riuscire a concludere nulla.
“Be, vado a farmi una doccia” disse infine, appoggiando le armi sul tavolo, tornando nella stanza principale per recuperare dei jeans e una camicia, e dirigersi verso il bagno. Cominciò a spogliarsi, consapevole dell’assenza dell’acqua calda e aspettandosi una veloce doccia gelata. Tolse la camicia e la maglietta, poi l’occhio gli cadde sul vecchio specchio sopra al lavandino. Per un secondo stentò a riconoscersi. Aveva due profonde occhiaie sotto due occhi rossi e stanchi. La barba era più lunga del solito, come lo erano anche i capelli, visibilmente sporchi. Dean sospirò, si appoggiò al lavandino, fissando un punto indefinito alle sue spalle. La sua mente vagò prima che lui avesse il tempo di fermarla.
L’immagine di Castiel che compariva improvvisamente dietro di lui, lo salutava con la sua voce profonda e gli si avvicinava. Lui che si girava di scatto, informandolo che il bagno era un luogo privato e che non avrebbe dovuto sbucare così all’improvviso, che probabilmente se fosse entrato qualche secondo più tardi lo avrebbe trovato completamente nudo. L’angelo, imbarazzato, che chiedeva scusa, ma che rimaneva qualche secondo di troppo a fissare il suo petto nudo.
“Hey, i miei occhi sono quassù”
Castiel lo guardava confuso
“Sì Dean, lo so dove si trovano”
Dean gli sorrideva, per poi fiondarsi su di lui, stringerlo a sé e posare le proprie labbra sulle sue. Passare una mano fra i capelli corvini dell’altro mentre l’altra scendeva a cingergli la vita. Castiel che lo stringeva a sua volta, accarezzando i muscoli della schiena e facendo insinuare la sua lingua nella bocca del cacciatore.
Dean scosse improvvisamente la testa obbligandosi a tornare alla realtà. Fissava la sua immagine allo specchio, gli occhi sgranati, la bocca leggermente socchiusa, quasi volesse dare una giustificazione a sé stesso per ciò a cui stava pensando.
No, non era niente, solo…
Solo amore finì una seconda voce nella sua testa per lui.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente, le mani cominciarono a sudargli. Anche solo pensare quella parola lo rendeva nervoso e a disagio. Quello che era appena successo nella sua testa sembrava allo stesso tempo così sbagliato e così perfetto. Era come se due parti di lui combattessero per avere la meglio, e quella che aveva avuto il controllo fino a quel momento stava perdendo miseramente.
Poi arrivò la consapevolezza che tutto questo ormai poteva succedere solo nella sua mente. Castiel se n’era andato, e lui era arrivato tardi. Non era riuscito a salvarlo.
Non era riuscito dirgli quello che provava.
Dean sentì le lacrime farsi nuovamente vive nei suoi occhi, ma decise di reprimerle. Aveva già dato sfogo alle sue emozioni, e anche troppo liberamente per i suoi gusti. Finì di spogliarsi, aprì l’acqua e lasciò che il suo gelo lavasse via tutta la sua sofferenza, o almeno era quello che avrebbe voluto, quando l’inaspettata voce di Sam si fece strada nella sua mente
Quando tornerà vedi di non perdere altre occasioni
Un brivido gli corse lungo la schiena, mentre l’acqua non gli sembrava più poi così fredda.
 
 
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La luce dell’alba cominciava a fare capolino, attraverso il bosco fitto, ma era ancora troppo buio per riuscire a distinguere bene la vegetazione, o quello che vi si nascondeva.
Stiles si maledisse per non aver portato con sé una torcia, lanciando un’occhiata a Claire che era nella sua stessa situazione. Entrambi si stavano affidando ai tre lupi mannari che gli facevano strada, sperando di non incontrare pericoli fin quando la luce non fosse stata sufficiente per poterli quantomeno vedere.
“Sei sicuro di conoscere la strada?” la voce di Peter lo distolse dalle sue preoccupazioni
“Sì certo, è solo che con questo buio è facile confondersi” si giustificò nel caso di lì a poco si fosse accorto di stare andando dalla parte opposta. Il lupo mannaro sbuffò pesantemente
“Sapete che sarà tutto inutile vero?”
“Sì, lo avrai detto almeno un milione di volte” gli rispose Malia, esausta delle sue lamentele
Stiles provò per l’ennesima volta a convincerlo “Insomma, sempre di un Alfa si tratta, provare a chiederle aiuto non mi sembra un’idea sb-”
Una mano gli coprì improvvisamente la bocca, mentre con l’altra lo prendeva alla vita trascinandolo dietro ad uno degli alberi. Derek lo stringeva a sé, intimandogli di fare silenzio, il ragazzo quasi non ci fece caso distratto dal suo corpo caldo e dalla stretta potente. Pochi secondi dopo cominciò a sentire delle voci, e dei passi che venivano verso di loro. Il ragazzo controllò velocemente se anche gli altri fossero al sicuro, prima di tornare perfettamente immobile sotto la stretta sicura del lupo mannaro.
“Forza! Muovetevi! Dobbiamo arrivare alla scuola il prima possibile!” l’inconfondibile voce di Gerard si era levata sopra quelle degli altri, i passi si erano velocizzati, diventando quasi una corsa.
Il gruppo restò immobile, aspettando che i cacciatori se ne fossero andati, rendendosi conto solo in quel momento di stare trattenendo il respiro. Quando non furono più a portata d’orecchio la mano di Derek lasciò la presa sulla bocca di Stiles, ma quella alla sua vita rimase dov’era per qualche minuto in più del necessario. La verità era che scampato il pericolo, si era ritrovato a sorprendersi della forma fisica del ragazzo, molto meno mingherlino di quanto sembrasse a prima vista. Vedendo gli altri avvicinarsi lasciò subito la presa.
“Perché stavano andando alla scuola?” provò a chiedere Claire, ricevendo come risposta un silenzio confuso
“Forse dovremmo seguirli” propose Malia
“No, perché? Stiamo già andando verso una missione suicida dopotutto” commentò prontamente Peter. Gli altri alzarono gli occhi al cielo, chiedendosi perché lo avessero portato con loro.
Decisero comunque di dargli ascolto e proseguire, si sarebbero occupati dei cacciatori in un altro momento, e poi uccidere l’Anuk-ite significava mettere fine a tutta quella paura che li spingeva ad uccidere e quindi mettere fine all’esercito di cacciatori.
Ci vollero altri trenta minuti per arrivare alla casa di cui parlava Stiles, e dove speravano fosse stato rinchiuso Bobby. Era la classica baita abbandonata da tempo, il legno era scuro, ora ben visibile sotto la luce del sole, il tetto pendeva verso destra le scale che portavano alla veranda sembravano poter crollare da un momento all’altro.
“Come diavolo fai a conoscere questo posto?” Peter guardò Stiles come se lo vedesse per la prima volta. Lui stesso aveva esplorato molto quei boschi e non si era mai imbattuto in quella catapecchia. Il ragazzo si limitò ad alzare le spalle
“Andando in esplorazione suppongo”
“Quindi ora che facciamo? Bussiamo alla porta?”
Nonostante quella di Claire fosse più una battuta che una proposta Malia si avvicinò lentamente alla casa, mantenendo tutti i suoi sensi all’erta, Peter era subito dietro di lei, seguito da Claire, poi Derek e infine Stiles. Quest’ultimo stava estraendo la pistola, vedendo la cacciatrice di fronte a lui fare lo stesso, ma Derek li fermò entrambi
“Se il nostro scopo è solo quello di parlare tirare fuori le armi non è un buon inizio”
I due si guardarono per qualche secondo prima che Claire annuisse in segno di consenso. Malia continuava a camminare, salendo lentamente un gradino alla volta e provocando un leggero cigolio ad ogni passo. Arrivò alla veranda, che sembrava tutto tranne che stabile, l’attraversò ritrovandosi di fronte alla vecchia porta in legno. Ancora non percepiva nulla se non l’odore di muffa e di stantio proveniente dall’interno. Alzò la mano ma quando stava per sfiorare la porta una voce alle loro spalle li fece sobbalzare improvvisamente.
“Cercate qualcuno?”
Si girarono tutti di scatto e di fronte a loro si ritrovarono la donna descritta da Bobby, alta, elegante e con una fierezza unica nello sguardo. Peter e Derek si scambiarono un’occhiata prima di tornare a fissarla a bocca aperta. Entrambi erano incapaci di parlare, troppo scioccati dalla figura che si erano trovati di fronte, non riuscivano a credere ai loro occhi. Fu Peter l’unico in grado di far uscire una sola parola dalle sue labbra, quasi come un sussurro di incredulità
“Talia…”
 
 
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“Avanti, Scott, apri gli occhi”
Gli occhi del lupo mannaro rimanevano serrati, mentre l’inquietante voce del suo amico si diffondeva, non solo nella stanza ma anche nella sua testa.
“Non puoi combattere ciò che non vedi”
I suoi sensi da lupo erano come atrofizzati, e anche quelli da essere umano sembravano praticamente assenti. Non percepiva nessun odore, nessun suono al di fuori de quella voce. Improvvisamente sentì le mani dell’altro accarezzargli il collo e fermarsi sul suo volto, coprendogli gli occhi da dietro
“Anche volendo non potresti farlo, non è vero?”
Scott, senza pensarci, aprì improvvisamente gli occhi, ma il mondo rimase nero, sentiva il sangue caldo colargli sulle guance e raggiungere il collo. Una risata inquietante sembrò avvicinarsi alle sue spalle prima di pugnalarlo.
Scott si svegliò di soprassalto, urlando, e cercando di strapparsi le bende dagli occhi. Dean, l’unico rimasto sveglio, arrivò per primo cercando di fermarlo e dicendogli di stare calmo, che era al sicuro, ma il lupo mannaro non voleva calmarsi, continuando a fendere l’aria con gli artigli, e riuscendo anche a colpire il cacciatore sulla spalla. Ethan e Jackson accorsero bloccandogli un braccio per uno, mentre l’Alfa continuava a dimenarsi e a gridare
“Scott!” la voce penetrante di Lydia riuscì finalmente a zittirlo attirando la sua attenzione “Scott, fermati, sei al sicuro”
Il ragazzo si calmò, riconoscendo l’odore del suo branco, e sentendo anche l’odore del sangue di Dean
“Mi dispiace” cercò di scusarsi, girando la testa nella direzione del cacciatore. L’altro esaminò velocemente la ferita
“Tranquillo, basta che non mi ritrovi anche io con zanne e artigli” voleva essere uno scherzo ma Ethan si avvicinò per verificare che la ferita non fosse troppo profonda
“No, dovresti essere a posto”
Dean sgranò gli occhi, lanciando uno sguardo preoccupato a Sam, il quale svegliato da poco, non riuscì immediatamente a capire di cosa fosse preoccupato l’altro.
I due lupi mannari aiutarono Scott a mettersi seduto sul divano, mentre Lydia andava a prendere delle bende di ricambio e dell’acqua.
Anche Parrish si era svegliato, andando verso la cucina per prendere qualcosa da mangiare, Dean vedendolo dovette combattere con tutto sé stesso per evitarsi di trascinarlo fuori e cercare immediatamente il due facce. Distogliendo lo sguardo dal vice sceriffo incrociò gli occhi di Sam che sembravano supplicarlo di aspettare. Il cacciatore irrigidì la mascella, ma annuì, per poi prendere bende e disinfettante per pulirsi la ferita.
Scott aveva il fiato corto, la voce del Noghizune ancora nella sua testa, e il fatto che il mondo per lui rimanesse buio non lo aiutava a dimenticare. Gli occhi gli facevano ancora male, ma almeno ora era più sopportabile. Improvvisamente gli venne in mente sua madre, a come avrebbe reagito vedendolo in quello stato, a quanto si sarebbe preoccupata. Non sarebbe stato in grado di gestirla, non in quel momento. Non aveva bisogno di lei.
“Stiles?” chiese automaticamente, rendendosi conto che lui non si trovava nella stanza. Ethan e Jackson si guardarono intorno, accorgendosi solo in quel momento della sua assenza.
“E’ andato a cercare il lupo mannaro che mi aveva rapito” intervenne Bobby, mentre si stiracchiava, sentendo la sua schiena soffrire per la posizione in cui aveva dormito “Peter e Derek pensano si tratti di Talia Hale”
Tutti si voltarono verso di lui, al cacciatore bastò vedere i loro volti per interpretare le loro domande. Raccontò nuovamente quello che gli era successo, e della donna che lo aveva tenuto prigioniero e, interpretando i volti di Dean e Scott, spiegò che Stiles conosceva una casa abbandonata nel bosco e che quindi avrebbe fatto da guida agli altri
“E smettetela di trattarlo come un bambino, se la sa cavare!” dicendo quest’ultima frase si era alzato dal divano, dirigendosi verso la cucina a prendersi un caffè.
Gli altri si fissarono per qualche momento sentendosi un po’ imbarazzati e colpevoli. Volevano bene a Stiles ma non si fidavano troppo delle sue competenze in battaglia. Forse, constatarono, si preoccupavano anche troppo per lui.
“Allora l’avete preso?” cercò di cambiare discorso Lydia, seduta ancora al fianco di Scott, che si voltò verso di lei confuso
“Sì” rispose Dean felice che lei avesse tirato fuori il discorso “Possiamo andare appena il tuo fidanzato è pronto” commentò poi, lanciando uno sguardo di urgenza a Parrish. Lui reagì come un soldato che si mette sull’attenti
“Certo, anche subito” dovette trattenersi dall’aggiungere “Signore”, da quando Castiel era stato trasformato in pietra il cacciatore riusciva a fargli quasi paura, non osava immaginare cosa gli avrebbe fatto se avesse chiesto qualche ora in più di riposo
“Bene” rispose lui, gli occhi sembravano aver ritrovato parte della loro vitalità “Allora possiamo andare a cercare quel figlio di puttana”
 
 
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L’impala correva veloce sotto il sole mattutino, Dean guidava con sicurezza, quasi troppa a giudicare dai suoi passeggeri che si tenevano ad ogni appiglio disponibile e venivano spinti di lato ogni volta che il cacciatore faceva una curva
“Dean rallenta!” l’aveva pregato il fratello
“Dobbiamo cercare per tutta la città dove si trova quel mostro Sam, non abbiamo tempo da perdere”
“Ma non stiamo controllando nessun edificio, ci stiamo solo passando davanti”
“Fidati, questo mi basta”
Il Winchester continuava a guidare senza rallentare, convinto che non appena si fosse avvicinato alla presenza dell’Anuk-ite tutta la sua rabbia e la sua sete di vendetta si sarebbero trasformate in puro terrore. Sui sedili posteriori Ethan, Jackson e Parrish non osavano disturbarlo, sapendo che anche se ci avessero provato non sarebbe servito a nulla. Lydia era rimasta al bunker ad occuparsi di Scott, mentre Bobby era stato fatto rimanere lì con la forza dai Winchester, che lo vedevano ancora troppo debole e provato dal rapimento per scendere in campo. In ogni caso i lupi mannari e il mastino infernale continuavano a perlustrare con l’udito e con l’olfatto più edifici possibili, dubbiosi della tecnica del cacciatore. O almeno lo erano stati finché Dean non si fermò di colpo, facendoli quasi finire fuori dal cruscotto anteriore.
Nessuno osò protestare, nessuno osò lamentarsi perché tutti lo avevano sentito. Il sangue li si era gelato nelle vene ed il cuore aveva iniziato a battere troppo velocemente rendendo il respiro corto. Tutti si voltarono alla loro destra, avendo quasi paura di ciò che avrebbero visto, ma quello che si trovarono di fronte fu solo un normale edificio, con una grande scritta di fronte.
Beacon Hills High School
“Ma perché diavolo finiamo sempre qui? Cos’ha questa scuola che non va?” aveva commentato Ethan, cercando di smorzare un po’ la tensione, ma la cosa non funzionò molto visto che le parole gli uscivano tremanti dalla bocca.
“Che c’è, vuoi tirarti indietro?” Jackson si era voltato verso di lui, un sorriso sicuro di sé sulle labbra. Ethan notò che stava nascondendo anche lui il terrore che stava provando, ma decise di assecondarlo
“Ti piacerebbe” il lupo mannaro scese dall’auto, seguito dagli altri due. Sam lo imitò e, sotto gli occhi sgomenti di tutti, Dean rimase in macchina. I quattro si guardarono interdetti, ma Sam fece loro segno di aspettare. Tornò nell’auto, trovando suo fratello pietrificato, le mani che stringevano tanto forte il volante da far diventare le nocche bianche, gli occhi sbarrati, le labbra ridotte a due sottili strisce bianche.
“Dean?”
L’altro si girò di scatto, ricominciando a respirare solo in quel momento. Fissò Sam, pensò a lui, lì dentro con quell’essere, da solo, pensò a suo fratello pietrificato. Pensò a Castiel.
Annuì, facendogli sapere di essere pronto, per poi caricare la pistola e scendere dall’auto. Il terrore gli scorreva ancora nelle vene, ma la paura di lasciare suo fratello da solo e di non avere la forza di vendicare il suo amico erano più forti.
Sam aprì il bagagliaio, recuperando la radice del Nemeton e consegnandola a Parrish, il quale sembrava anche troppo tranquillo.
“Pugnalalo al cuore” la voce di Dean alle sue spalle, piatta ma minacciosa, gli fece finalmente scorrere quel brivido di terrore lungo la schiena. Il vice sceriffo annuì, prima di incamminarsi insieme agli altri verso l’entrata della scuola.
“Fermi!” Ethan e Jackson parlarono all’unisono, bloccando il resto del gruppo appena prima che varcassero la soglia
“Non siamo soli” finì Jackson. All’interno dell’edificio avevano percepito una ventina di cacciatori, che si aggiravano circospetti, i loro battiti erano fortemente accelerati
“Gerard” spiegò Ethan, facendo finalmente capire anche agli altri cosa stesse succedendo
“Merda” imprecò Dean a denti stretti “Che diavolo ci fanno qui?”
“Credo lo stesso che facciamo noi” commentò Parrish
“Forse dovremmo chiedere rinforzi” fece notare Sam, ma il fratello lo fulminò con lo sguardo
“No, una volta ucciso l’Anuk-ite la paura svanirà e loro non saranno più una minaccia”
“Non puoi esserne certo, cosa gli impedirebbe di ucciderci?”
“Ci ucciderebbero dopo che gli abbiamo salvato la vita?”
“Gerard è stato capace di uccidere il suo stesso figlio, non si farebbe problemi a uccidere noi”
“Vuol dire che lo uccideremo prima che ne abbia la possibilità”
“Dean, è una pazzia”
“Bene, allora tu aspetta i rinforzi qui fuori, io entro” dicendo queste parole il Winchester varcò la soglia, sentendo il fratello chiamarlo dall’esterno. Oltrepassando quella porta si sentì immediatamente investito da una forza che gli fece bloccare le gambe e trattenere involontariamente il respiro. Qualsiasi cosa su cui puntava lo sguardo gli faceva scorrere un brivido di terrore, ogni angolo era innaturalmente buio, gli armadietti avevano assunto un aspetto inquietante, persino i suoni sommessi delle voci dei cacciatori e i loro passi furtivi riuscivano a spaventarlo. Quasi urlò quando sentì la porta riaprirsi dietro di lui, prima di girarsi e constatare che si trattava dei suoi compagni.
“Sei impazzito?!” sussurrò Sam, anche lui provava lo stesso terrore del fratello, svelato dalla voce tremante. Dean lo ignorò, puntando lo sguardo su Parrish che sembrava tutto tranne che terrorizzato. Gli fece segno di seguirlo prima di avviarsi per il corridoio, sforzandosi di seguire la direzione dalla quale la sua mente impaurita avrebbe voluto fuggire a gambe levate. Si voltò, per verificare che gli altri lo stessero seguendo, e quando tornò a guardare di fronte a sé balzò all’indietro per lo spavento.
Un uomo, probabilmente uno dei cacciatori, si trovava di fronte a lui, la pistola alzata nella sua direzione, ed il corpo completamente pietrificato. Dean trasse un respiro di sollievo, prima di continuare imperterrito. Sam lo raggiunse mettendosi al suo fianco
“Dean, è un suicidio, chiamiamo gli altri perché vengano ad aiutarci” l’altro scosse la testa
“No, non sappiamo dove siano, potrebbero metterci ore ad arrivare” ho già aspettato abbastanza “E poi magari l’Anuk-ite ha già fatto fuori tutti i nostri nemici”
Sam alzò gli occhi al cielo, indietreggiando per poter mandare un messaggio a Stiles senza essere visto. Pregò che il ragazzo non fosse andato troppo lontano, prima di riprendere in mano la pistola e dedicare tutta la sua concentrazione a prevenire le mosse dei cacciatori che si aggiravano nell’edificio.
Non passò molto prima che i due lupi mannari li bloccassero nuovamente. Si trovavano ad un bivio, il corridoio che avevano percorso era finito, e due strade si diramavano alla loro destra e alla loro sinistra. Ethan indicò la prima, facendo capire agli altri che c’erano degli uomini di Gerard, ancora in carne e ossa, armati fino ai denti. Dean si azzardò a sbirciare nella loro direzione. Erano in tre, stavano avanzando verso di loro con le armi pronte a sparare
“Ci pensiamo noi” li informò Jackson lanciando uno sguardo al fidanzato che annuì prontamente. Entrambi fecero uscire gli artigli e illuminando gli occhi. Appena i cacciatori furono abbastanza vicini li attaccarono, disarmandoli anche troppo velocemente, mentre il resto del gruppo sgusciò fuori dal nascondiglio, correndo dalla parte opposta. Ethan morse uno dei cacciatori al collo, mentre Jackson disarmava il secondo, usando il suo corpo per ripararsi dai proiettili che sparava il terzo. Ethan lo attacco subito dopo, facendogli perdere i sensi con un colpo alla testa.
“Troppo facile” commentò l’altro mentre lasciava cadere il corpo dell’uomo che aveva usato come scudo a terra. Ethan stava per rispondergli quando i suoi occhi si spalancarono improvvisamente. Jackson non fece nemmeno in tempo a chiedergli cosa stesse succedendo che l’altro lo spinse a terra, coprendolo col proprio corpo. Un secondo prima che cominciasse a sentire gli spari.
 
 
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“Aspettate!” era stato Dean a parlare, fermando Parrish improvvisamente, ma Sam era già bloccato sul posto. Il cacciatore cercò di regolare il respiro prima di continuare “E’ qui”
Poco più avanti sulla sinistra una delle aule aveva la porta socchiusa, dalla quale usciva un sottile raggio di sole. I due Winchester erano completamente paralizzati, il respiro corto, il cuore che batteva veloce nel petto. Dean impugnò la pistola tanto forte da rischiare di sparare inavvertitamente un colpo, mentre Sam faceva di tutto per impedirsi di scappare a nascondersi. Fu Parrish a prendere in mano la situazione
“Voi aspettate qui, ci penso io”
“No” intervenne subito il maggiore “Veniamo con te”
“Dean, non possiamo fare nulla per aiutarlo” la voce tremante poteva far pensare che l’unico motivo che gli facesse dire quelle parole fosse il terrore di varcare quella soglia “Gli saremmo solo d’intralcio”
Dean stava per rispondere al fratello ma il mastino infernale, stanco della preoccupazione di Sam e della sete di vendetta di Dean, fece illuminare gli occhi di un arancione scuro, tagliato da sfumature più rossastre, per poi ricoprire il suo corpo di fiamme dello stesso colore. I due fratelli rimasero a bocca aperta
“Ho detto che ci penso io” con queste parole si voltò, dirigendosi senza paura all’interno dell’aula. L’Anuk-ite era lì, sembrava divertirsi nel far impazzire i cacciatori arrivati nella scuola per braccarlo, ma non appena sentì la presenza di Parrish alle sue spalle si voltò improvvisamente, quasi impaurito, ma questa volta non si fece trovare impreparato. Notò il pezzo di legno appuntito nella sua mano, e il suo sguardo deciso negli occhi. Dalle sue labbra uscì un ruggito spaventoso, che rimbombò nell’intero edificio, ma il mastino non si fece intimidire. Andò verso di lui, brandendo l’arma e cercando di colpirlo, ma l’altro fu più veloce e riuscì a lanciarlo contro una delle pareti con un solo colpo, facendogli cadere l’arma di mano. Parrish si alzò immediatamente, non aspettandosi tutta quella potenza, e tornò all’attacco, questa volta colpendolo al viso con un pugno infuocato, che riuscì a distrarlo il tempo necessario perché fosse in grado di recuperare il Nemeton. Il due facce però lo vide e gli sferzò un calcio allo stomaco. Parrish lo pugnalò al polpaccio. La creatura gridò di dolore, dalla ferita usciva un sangue denso e stranamente scuro, accompagnato dalla stessa luce che caratterizzava i suoi occhi. Nonostante il dolore colpì nuovamente Parrish, questa volta al viso, facendolo voltare completamente. L’Anuk-ite lo aveva messo momentaneamente fuori gioco e sapendo che il suo potere non aveva effetto su di lui, uscì dalla porta, trascinando la gamba ferita. I due Winchester che si trovavano ancora all’esterno, vedendolo uscire chiusero immediatamente gli occhi, appena prima di riuscire a incrociare quelli della creatura, e cominciarono a sparare alla cieca. Fu Sam il primo a sentire una risata familiare nelle orecchie
“Sul serio? Credi che questo riesca a fermarmi? Andiamo Sam, credevo sapessi fare di meglio”
La voce di Lucifero era come entrata nella sua testa, e i ricordi del tempo passato all’inferno riaffiorarono senza preavviso, facendogli provare dolore fisico. Cominciò a gridare e, senza rendersene nemmeno conto, aprì gli occhi.
Di fronte a lui però non si ritrovò il sorriso divertito e i due inquietanti occhi rossi che si sarebbe aspettato, ma il volto senza pelle e i due fari violacei dell’Anuk-ite. Sentì suo fratello che lo chiamava, mentre il terrore si dilagava in tutto il suo corpo e le sue gambe diventavano letteralmente di pietra. Sapeva quello che stava succedendo, sapeva di dover distogliere lo sguardo, ma si sentiva come ipnotizzato da quella creatura, avvinghiato a quegli occhi, bloccato dal terrore.
Lentamente la pietra continuava bloccarlo, salendo fino alla vita, impedendogli qualsiasi azione, nemmeno si rese conto della luce troppo forte proveniente dall’aula, delle fiamme che facevano capolino, e dell’arma che spuntò sul petto dell’Anuk-ite, all’altezza del cuore. Questo gridò, cercando di voltarsi per difendersi, ma dal suo petto uscì una luce potente che mise fine alle sue urla e lo fece accasciare a terra, senza vita.
Dean aprì gli occhi, appena in tempo per vedere quelli della creatura che si chiudevano, il volto fiero di Parrish, le cui fiamme si stavano estinguendo, e suo fratello, al suo fianco, le cui gambe stavano lentamente tornando alla normalità, e la pietra sgretolarsi ai suoi piedi. Alzò lo sguardo, guardandolo negli occhi, ma senza vederlo veramente. Sam se ne accorse e non poté far altro che sorridere nel vedere la luce di speranza che vi si era accesa. Stava per comunicargli di aver avuto ragione fin dall’inizio, che dovrebbe dargli ascolto una volta ogni tanto, ma Dean si era già voltato, correndo lungo il corridoio.
Il fratello scosse la testa, continuando a sorridere, e voltandosi in direzione di Parrish, che fissava confuso il cacciatore appena sparito. Le fiamme si erano completamente estinte, e con esse anche i suoi vestiti
“Woh, hey, amico…” Sam si stava coprendo gli occhi, visibilmente a disagio “Potresti…”
Parrish si coprì immediatamente con le mani, non essendosi reso conto di essere tornato umano
“Sì… direi che dobbiamo trovarti dei vestiti”
 
 
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“ETHAN!” il ragazzo lo trasportò dietro ad una parete, aiutandolo ad appoggiarsi a terra. Gli spari continuavano imperterriti, mentre gli occhi di Jackson si illuminavano e lui andava all’attacco. Placcò il cacciatore, facendolo finire a terra e facendogli sfuggire l’arma dalle mani, per poi piantare gli artigli sul suo petto, sempre più in profondità finché non sentì il cuore smettere di battere. Tornò immediatamente dal fidanzato, ancora a terra, e almeno cinque proiettili nella schiena. Jackson prese il suo volto fra le mani, la testa gli ronzava piena di pensieri a cui non voleva dare ascolto.
“Hey, resta con me”
Il lupo mannaro lo fissava, faceva fatica a respirare e sentì il sapore del sangue arrivargli alla bocca
“Troppo facile, he?” aveva commentato con voce roca e pericolosamente debole
“Sta zitto idiota” Jackson si sforzò di sorridere ma la preoccupazione gli si leggeva negli occhi. Prese la mano dell’altro, trasferendo il dolore su sé stesso “Ora devi guarirti, hai capito?” la sua voce era strozzata dal nodo che sentiva formarsi in gola. Ethan si limitò a fissarlo, un sorriso amorevole sulle labbra. Jackson restituì lo sguardo, gli occhi che cominciavano a bagnarsi di lacrime
“No, no tu non mi lasci così, ti proibisco di farlo, mi ha sentito?” la voce voleva essere autoritaria, ma lo sforzo di trattenere le lacrime la smorzò. Ethan prese il volto dell’altro con una mano, avvicinandolo a sé, portando le proprie labbra sulle sue. L’altro rispose al bacio, sentendo il sapore del sangue e passando la mano fra i capelli dell’altro. Le lacrime cominciarono a scendere inesorabili sul suo volto, insieme alla consapevolezza che quello sarebbe potuto essere l’ultimo. Lo strinse a sé, facendo attenzione a non fargli del male, e socchiuse le labbra, prendendo tutto ciò che poteva da lui, cercando di colmare quel vuoto indescrivibile che sentiva formarsi nel suo petto. Ethan lo strinse con le poche forze che aveva, cercando di trasmettergli quello che provava per lui, cercando di dirgli che sarebbe andato tutto bene, e che se fosse potuto tornare indietro avrebbe rifatto tutto allo stesso modo se significava salvargli la vita. Jackson si allontanò da lui, guardandolo negli occhi, le lacrime ancora gli bagnavano il volto.
“Ti prego…” sussurrò, sapendo che non sarebbe servito a niente, sapendo che nessuno dei due avrebbe potuto fare nulla, ma incapace di accettarlo. Voleva rimanere lì, con lui, stringerlo, baciarlo, abbracciarlo, anche per sempre. Sentiva che il suo mondo non sarebbe stato più lo stesso, che una parte di sé sarebbe morta con lui. Ethan sorrise nuovamente, ma solo con le labbra, i suoi occhi erano pieni di apprensione. Alzò una mano per asciugare le lacrime dell’altro, dovendo fare uno sforzo immane e sentendo le ferite alla schiena che gridavano di non farlo, quando improvvisamente dei passi distrassero entrambi
“Vattene” sussurrò prontamente Ethan, mentre lo sguardo tagliente di Jackson gli diceva che non sarebbe andato da nessuna parte. Il ragazzo si voltò, pronto ad attaccare chiunque avesse osato avvicinarsi a loro, e si fermò appena in tempo accorgendosi che si trattava di Sam e Parrish. Trasse un respiro di sollievo e notò distrattamente che il mastino stava indossando un camice da laboratorio della vecchia aula di chimica prima di tornare dal suo fidanzato
“Cos’è successo?” chiese subito preoccupato Sam
“Gli hanno sparato” riferì Jackson con voce piatta
I due rimasero in silenzio, consapevoli che con lo strozza lupo giallo utilizzato dai cacciatori non c’era praticamente niente che potessero fare.
“Di qua!” una voce in lontananza li fece sobbalzare di nuovo, accompagnata rumori di passi, almeno sette persone
“Qui siamo troppo esposti, dobbiamo nasconderci” fece notare Parrish, mentre si abbassava per aiutare Ethan ad alzarsi, imitato da Jackson dalla parte opposta. Sam fece strada, controllando che la via fosse libera. La prima porta che trovarono fu quella della biblioteca, il cacciatore entrò per primo, ispezionando l’area, per poi far entrare gli altri. Controllò dietro ad ogni scaffale se si nascondesse qualcuno. Il suo istinto vide giusto perché, dopo la terza fila, sentì dei rumori sommessi, e un colpo che veniva messo in canna. Uscì improvvisamente dal suo nascondiglio con la pistola alzata, per trovarsi la Colt puntata addosso, impugnata dalle mani tremanti di Theo. Entrambi trassero un sospiro di sollievo, imitati da Liam, alle spalle del lupo mannaro. Entrambi sembravano ancora provati dall’esperienza con l’Anuk-ite, ma erano vivi e apparentemente incolumi. Sam li fissò, per poi lanciare un’occhiata al lupo ferito, che sembrava pericolosamente vicino al perdere i sensi. Il cacciatore corse immediatamente da loro
“Ethan, devi tenere duro ok? Resisti finché non torno”
“Dove stai andando?” chiese Jackson con una nota di speranza nella voce
“A cercare Castiel”
 
 
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La mente di Dean era incapace di pensare, i suoi piedi si muovevano senza che lui dovesse comandarli, le gambe andavano veloci, più di quanto lui stesso non le ritenesse capaci. Non pensò al fatto che non fosse finita, non pensò che nell’edificio si aggiravano ancora i cacciatori di Gerard, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era il suo angelo.
Il cuore batteva ancora più velocemente del dovuto, ma non si trattava più di paura, era gioia, era speranza, era amore.
Finalmente, dopo quelle che gli sembrarono ore, arrivò nel luogo dove aveva trovato Castiel pietrificato. Il suo cuore saltò un battito nel constatare che, al suo posto, era rimasto solo un cumulo di pietre a terra. Per un secondo ebbe l’orribile presentimento che lui si fosse sgretolato con loro ma cercò di scacciarlo velocemente dalla testa. Senza pensarci due volte cominciò a chiamarlo a gran voce, esaminando stanza per stanza, ad ogni passo il suo cuore si faceva più pesante, e il panico tornava ad occupargli la mente, quando infine, in una delle tante aule, lo vide. Dalle sue labbra uscì un respiro di sollievo, ma il peso che aveva nel petto restò dove si trovava. L’angelo era rannicchiato su sé stesso, in un angolo della stanza, le mani fra i capelli, il corpo, che a Dean in quel momento sembrò così gracile, stava tremando violentemente.
“Cas…” la voce del cacciatore era dolce e preoccupata, si avvicinò a lui, sforzandosi di non correre ad abbracciarlo “Cas, va tutto bene”
L’altro non si mosse, teneva lo sguardo fisso a terra, chiudendosi sempre di più in sé stesso
“Cas…” la voce di Dean era rotta, vederlo in quello stato gli procurava un dolore indescrivibile. Gli si avvicinò e solo quando gli appoggiò una mano sulla spalla l’altro alzò finalmente lo sguardo. Gli occhi azzurri erano spalancati e pieni di terrore, per Dean fu come essere pugnalato al cuore.
“Cas, sono io, è finita” per un secondo desiderò che quell’essere fosse ancora vivo per poterlo uccidere con le sue mani. Lentamente e dolorosamente. “Cas, è tutto-”
“VATTENE!” le parole gli uscirono con un’urgenza ed un terrore che non gli appartenevano
“Cas, sono io-”
“DEAN VATTENE!”
Per un secondo fu come se il mondo si fermasse. Il cacciatore fissò l’angelo, provando un dolore che mai avrebbe immaginato. Quegli occhi azzurri erano puntati su di lui, terrorizzati sì, ma lucidi, sapeva perfettamente chi fosse e non voleva che gli stesse vicino. Dean tolse la mano dalla sua spalla, sentendosi improvvisamente impotente, inutile, e avendo quasi paura di sé stesso. Cosa diavolo gli aveva fatto vedere il due facce? Perché doveva aver paura di lui?
“Cas…” riprovò a dire, non sapendo cosa fare, non sapendo come comportarsi, sentendo una voragine che gli si apriva nel petto
“Vattene, non voglio farti del male…”
Quelle parole fecero accendere la consapevolezza in lui. Un respiro tremante gli uscì dalle labbra, mentre gli occhi gli diventavano lucidi. Era questa la sua paura più grande? Fare del male a lui? Castiel aveva vissuto per secoli, aveva visto cose inimmaginabili, era stato in purgatorio e all’inferno, ma la cosa che più lo spaventava era far del male a lui?
La mente del cacciatore si spense improvvisamente, mentre il cuore prendeva il controllo del suo corpo. Prese delicatamente il volto ancora terrorizzato dell’altro fra le mani, avvicinandolo al suo e lasciando che le loro labbra si incontrassero. All’inizio Castiel si immobilizzò, in parte per la paura ed in parte per la sorpresa, ma quando le calde labbra di Dean cominciarono a baciarlo si lasciò andare, chiudendo gli occhi e stringendo il cacciatore fra le braccia. Tutte le sue paure, tutti i ricordi di quello che l’Anuk-ite gli aveva fatto vedere erano svaniti in un istante. Improvvisamente c’erano solo lui e Dean, insieme. I loro respiri si fondevano, le loro bocche si cercavano avidamente, le mani dell’angelo esploravano il corpo del cacciatore, sentendo i suoi muscoli tendersi sotto di esse.
Dean gli accarezzò il viso, facendo passare una mano fra i capelli corvini, e abbassando l’altra lentamente, accarezzandogli il collo, per poi arrivare fino al petto. Ebbe la tentazione di slacciare i primi bottoni della camicia, ma cercò di trattenersi. La sua lingua si fece strada nella bocca dell’altro, che la accetto con piacere, mentre il corpo dell’altro si avvinghiava sempre di più al suo. Entrambi ora erano in ginocchio, la mano sul petto di Castiel si spostò sulla sua schiena per poterlo stringere contro il proprio corpo. Dean si aggrappo ai suoi vestiti sentendo il desiderio crescergli dentro. L’altro lo lasciò fare godendosi la sensazione delle sue labbra sulle proprie, calde e sensuali, mise una mano sul suo volto, accarezzandogli la guancia col pollice, sentendo la mascella ben scolpita e la barba troppo cresciuta. Lo senti sorridere sotto le sue labbra e questo lo fece desiderare ancora di più.
Le loro labbra non si staccarono finché entrambi non furono a corto di ossigeno, ritrovandosi col fiato corto, ma nessuno dei due si allontanò di un solo centimetro, i loro respiri si scontravano mentre Dean appoggiava la fronte su quella dell’altro. Riusciva a sentire i battiti del suo cuore, veloci e irregolari, contro il proprio petto e non riuscì a fare a meno di sorridere. Era reale, non stava accadendo solo nella sua mente, Castiel era lì, vivo, fra le sue braccia. Dean si allontanò leggermente per poterlo guardare negli occhi, continuando ad intrecciare le dita nei suoi capelli. L’angelo lo fissò a sua volta, ritrovandosi ad ammirare quel verde smeraldo, ancora più luminoso del solito, perdendosi ad osservare ogni dettaglio del suo viso, il sorriso imbarazzato ma felice che gli si era formato sulle labbra, le piccole rughe all’altezza degli occhi, lo spruzzo di lentiggini che gli ricoprivano il naso. Non poteva credere che fosse successo veramente, non poteva credere di trovarsi finalmente fra le braccia dell’uomo che amava.
“Ma che bella coppietta” la voce proveniente dalla porta li fece voltare entrambi, avevano ancora le guance arrossate e l’ardore negli occhi. L’uomo di fronte a loro sorrideva, i capelli bianchi, gli occhi scuri e minacciosi. Vedendo l’arma che puntava contro di loro Castiel si spostò velocemente in avanti, proteggendo Dean dietro di sé.
“Gerard Argent suppongo” commentò il cacciatore
“Indovinato, in carne e ossa” il sorriso sul suo volto si faceva sempre più minaccioso “Vi conviene non muovervi”
A Castiel scappò un sorriso, accompagnato da uno sguardo di sufficienza. Si alzò in piedi, facendo uscire la lama angelica dalla manica del trench.
“Ho detto fermo!” gridò l’uomo, pochi secondi prima di sparare. Il proiettile colpì l’angelo, lui si fermò, guardò il buco sul suo petto, per poi riportare lo sguardo sul cacciatore, un lato della bocca sollevato, lo sguardo divertito. Gerard cominciò ad indietreggiare, quegli occhi sicuri di sé lasciarono il posto a confusione e paura.
“Co-cosa sei…?”
“Sono un angelo, coglione” con queste parole la lama lo trafisse allo stomaco, facendolo accasciare a terra, fra versi di dolore e uno sguardo di incredulità negli occhi. Gerard cercò di dire qualcosa, ma dalle sue labbra uscirono solo versi sommessi e un rivolo di sangue, prima che i suoi occhi diventassero vuoti e privi di vita.
I due si erano ritrovati nel corridoio e quando Castiel si voltò trovò Dean appoggiato all’anta della porta, con un sorriso fiero e divertito sulle labbra
“Questo è il mio angelo”
Castiel sorrise a sua volta sentendo l’improvviso impulso di fiondarsi di nuovo su quelle labbra.
“Cas!”
Stava andando verso di lui quando la voce di Sam lo fece distrarre. Anche Dean appena lo notò fece sparire quel sorriso e quello sguardo colmo di desiderio dal volto.
“Stai bene?” Sam li esaminò attentamente entrambi, notando i capelli scombinati dell’angelo e le guance arrossate del fratello
“Sì” rispose lui lanciando uno sguardo a Dean “Bene” aggiunse sorridendo. Dean distolse immediatamente lo sguardo, ma fu impossibile trattenere il sorriso che gli spuntò sulle labbra. Sentiva ancora il cuore battergli all’impazzata nel petto, una gioia indescrivibile gli rendeva quasi impossibile tornare ad un’espressione seria. Si morse il labbro inferiore, cercando di far sparire quel sorriso prima di tornare a guardare il fratello. Sam si concesse un veloce sguardo malizioso prima di parlare
“Venite, presto, si tratta di Ethan”
 
 
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Ethan vide distrattamente Sam correre fuori dalla biblioteca, non aveva capito cosa avesse detto, il mondo intorno a lui diventava sempre più buio e confuso, sentiva che respirare gli risultava sempre più difficile e il dolore alla schiena stava diminuendo lentamente. Quasi non percepì la mano di Jackson sulla sua spalla, e poi sul suo volto. Lo cercò con lo sguardo, sentendo che anche solo tenere le palpebre aperte gli costava uno sforzo enorme. Finalmente riuscì a individuare gli occhi verdi e preoccupati dell’altro, riuscendo a malapena a far spuntare un sorriso sulle sue labbra. Prese un respiro profondo, sentendo i muscoli dolergli per lo sforzo, ma riuscendo comunque a dire quelle due parole che non voleva tenere per sé
“Ti amo” la voce era debole e roca, ma Jackson capì ugualmente. Si avvicinò a lui, posandogli un bacio sulle labbra. Quando si allontanò per poterlo guardare negli occhi li trovò chiusi.
Cominciò a urlare il suo nome, scuotendolo, prendendolo fra le braccia, stringendolo forte a sé, non volendo ammettere che il suo udito da lupo non percepiva più alcun battito cardiaco.
Passò almeno un minuto prima che nella stanza si materializzassero i due Winchester, portati nella biblioteca da Castiel. Parrish, Theo e Liam alzarono lo sguardo su di loro, facendogli capire che era troppo tardi, mentre Jackson continuava a cullare il corpo di Ethan, incapace di lasciarlo andare, incapace di accettare quello che era successo. Era come se il suo cuore fosse stato strappato dal petto, le lacrime scendevano copiose dagli occhi, mentre dalle sue labbra usciva ancora il nome dell’altro, come un sussurro, una preghiera.
Nessuno parlò, nessuno si mosse, rimasero lì, a osservare i due ragazzi, sentendo un indescrivibile peso sul cuore.
Dean, senza nemmeno rendersene conto, allungò la mano per raggiungere quella dell’angelo, lui alzò lo sguardo sul cacciatore, che però continuava a fissare i due lupi mannari ancora abbracciati. Castiel socchiuse leggermente le labbra, facendo sorgere uno sguardo dolce e comprensivo, per poi intrecciare le dita con quelle dell’altro.
 
 
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“Talia…”
Derek era ancora incapace di parlare mentre Peter, avendo ritrovato almeno in parte il modo di riordinare i pensieri, si fece strada per scendere le scale e avvicinarsi all’Alfa. Lei stava sorridendo dolcemente.
“Come…”
“E’ complicato” rispose lei, non avendo bisogno che l’altro finisse la domanda “Ma voi ora dovete fidarvi di me” disse, quasi come se stesse parlando ad un bambino, prima di superare il lupo mannaro e, in un secondo, attaccare Stiles, bloccandolo a terra. Gli artigli sfoderati e gli occhi illuminati di rosso.
   
 
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