Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Arashi_art    06/12/2018    2 recensioni
Diana è una ragazza dalle origini italiane che ha vissuto a Busan, il suo migliore amico si chiamava Jimin e la abbandonò all'età di 15 anni per inseguire il suo sogno a Seoul. Tra varie peripezie, i due non hanno più notizie e si rincontreranno 6 anni dopo per caso o per volere del destino? Diana non sa che lui è diventato un idol di fama internazionale e quale sarà la sua reazione?
Si creeranno situazioni ambigue e scopriranno entrambi a loro spese quanto siano cambiati in questi anni.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tempesta
 

2017

{Jimin}


La pioggia colpiva insistentemente il vetro e pensai erroneamente che si trattasse di grandine, invece erano gocce grosse come sassolini. Mi sedetti sul davanzale della finestra chiusa: un piede davanti a me e l'avambraccio abbandonato sul ginocchio. Il cielo era piuttosto cupo, ma una linea netta delimitava le nuvole scure, gonfie di pioggia; sembrava che fosse stata disegnata con un righello. Guardai gli ombrelli variopinti camminare lungo il marciapiede sotto di me, l'unica nota di colore in tutto quel grigiore. Un fulmine improvviso squarciò il cielo in due seguito da un suono scricchiolante che fece tremare il vetro. Quella tempesta mi ricordava il giorno in cui vacillai, molti anni prima.

Avevo invitato Diana a casa mia per passare insieme quel pomeriggio uggioso, il quale trascorremmo sul divano davanti alla TV. Io mi avvicinavo a lei raramente, solo quando sapevo di non provocarle fastidio. Invece Diana si gettava su di me senza problemi e senza imbarazzo, non capivo come ci riusciva. Infatti si era sdraiata accanto a me e mi aveva avvolto con un braccio, sotto la coperta a scacchi. Mi ricordavo che sentii subito un calore forte crescere sul mio viso, ma non mi allontanai. Provavo sempre quel fastidio piacevole quando mi toccava, soprattutto quando mi sfiorava la pelle della schiena con la sua mano calda. Sentivo i suoi muscoli irrigidirsi ogni volta che un tuono rimbombava con violenza, sapevo che aveva paura del temporale. La strinsi a me per tranquillizzarla come facevo sempre e lei rispose a quella stretta strofinando il viso contro il mio petto.

- Jimin, tu sei innamorato? - chiese, così dal nulla.

- In che senso? - risposi stupidamente. Il mio cuore perse un battito e pregai che Diana non se ne fosse accorta.

- Che senso dovrebbe avere questa domanda? -

- No, comunque. E tu? - mentii e non capii perchè feci la stessa domanda, non volevo saperlo.

- Ovvio che no, mi prendono tutti in giro. Come potrei avvicinare un ragazzo?-

Non potevo guardarla in faccia, ma sospettai che il suo viso si fosse incupito. Era sempre molto allegra con tutti, nascondeva il suo disagio con una risata o con una battuta a bruciapelo. La conoscevo fin troppo bene per capire che ne stava soffrendo, in realtà. Mi sentii spregevole quando pensai che a me andava bene così: non avrebbe avuto ragazzi intorno svolacchiare come api sul miele.

- Troverai qualcuno che sappia amarti per ciò che sei, ne sono convinto. - risposi come un vecchio saggio, peccato che avevo solo 15 anni.

- Lo spero. A volte mi chiedo come sarà il mio primo bacio... -

Restai in silenzio. Io lo immaginavo spesso e purtroppo la protagonista era sempre la solita: Diana. Accarezzai i suoi capelli chiari che profumavano di vaniglia e mormorai un “chissà” con aria sognante.

-Mi piacerebbe che fossi tu il primo a baciarmi, perchè so che mi vuoi davvero bene. - disse con un sospiro.

Il mio cuore fece il triplo salto mortale all'indietro, degno di un circense esperto. La mia mano esitò per alcuni secondo sulla sua nuca ed una vocina dentro la mia testa urlava: riprenditi dallo shock o sei morto.

- Dai, non scherzare. - balbettai, tanto per dire qualcosa.

- Non sto scherzando. Lo faresti per me? -

Mi stava guardando e sembrava che il temporale si fosse teletrasportato nei suoi occhi: il blu delle sue iridi si agitava come il mare scosso da un uragano.

- Lo farei, ma non mi sembra il caso e...-

- Per favore. - mi supplicò con le mani posate sul mio petto per sorreggersi.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo: volevo tuffarmi in quell'oceano agitato e sprofondarvici fino ad affogare. Era letteralmente un suicidio. La stessa vocina di poco prima mi consigliava di scappare, ma la zittì; ormai avevo deciso. Diana racchiuse quella burrasca sotto le sue palpebre e distese le sue labbra piene verso di me, in attesa. Non avevo la minima idea di come funzionasse quel meccanismo, così mi lasciai guidare dall'istinto adolescenziale. Posai una mano tremante sulla sua mandibola, forse dovevo afferrarle il viso con entrambe o forse era giusto così; non riconoscevo nemmeno più quale fosse la destra o la sinistra. Mi avvicinai alla sua bocca lentamente, verso quel luogo sconosciuto che avevo sognato troppe volte. Peccato che mia mamma decise di tornare a casa proprio in quel momento con tre immensi sacchi di spesa e mi richiamò per aiutarla.

Guardai la foto che ci scattammo quel pomeriggio: il bordo bianco tipico della Polaroid, contrastava con i colori scuri dei nostri visi nella penombra. La tenevo gelosamente sul comodino, l'unica foto che avevo portato con me da Busan. Sorseggiai il tè, ormai freddo, e lo sentii amaro come tutti quei ricordi che ogni tanto tornavano a tormentarmi. In quel preciso momento, fui colpito dal fulmine che precipitò dal cielo. Ero innamorato della mia migliore amica, ma avevo cercato di fare le mie esperienze per sopprimere quel sentimento straziante. La osservavo ogni giorni mentre veniva da me per rubarmi un pezzo di cuore alla volta e la lasciavo fare. Per il nostro bene avevo deciso di non rivelarle mai ciò che provavo e forse un giorno l'avrei persa per questo. Probabilmente stavo sbagliando tutto e mi stavo comportando da egoista, ma non riuscivo a fare altrimenti. Una voce gracchiante mi deconcentrò: Diana stava cantano a squarciagola Blood, Sweat and Tears mentre passava l'aspirapolvere.

Per fortuna che le avevo detto di voler riposare un po'

Mi arresi e mi precipitai nel corridoio per torturarla. Arricciai il naso quando la vidi sculettare felice e spensierata con due cuffie bianche sulla testa quasi più grandi della sua faccia. Era incredibile come in così pochi secondi il nostro duro lavoro per quella canzone fosse svanito, ma sorrisi. Comminai verso la sua schiena senza preoccuparmi di non fare rumore e scossi le sue spalle con veemenza. Gridò e sbiancò come se avesse visto un fantasma, poi si posò una mano sui polmoni per calmare il respiro affannato.

-Park Jimin! Un giorno la mia vendetta sarà spietata. - disse, dopo aver spento l'aspirapolvere e borbottato qualcosa in italiano.

-Cosa? - finsi di non aver sentito per irritarla ancora di più.

-Fallo di nuovo e la tua maglia preferita finirà a strisce. - mi minacciò, scrollando l'indice nell'aria.

Ignorai il dito intimidatorio e l'abbracciai senza un motivo ben preciso; più mi imponevo di starle lontano, più volevo sentirla vicino. Si lasciò dondolare tra le mia braccia e ridemmo insieme, uno contro la fronte dell'altro. Mi accontentavo di poco, ma sapevo che un giorno non mi sarebbe più bastato.


 

"What was I so afrai of? Why did I hide my true self?" - Epiphany










 

Ehilà~
Questo capitolo mi fa emozionare perchè, se devo essere sincera, 
mi immedesimo più in Jimin che in Diana..riesco a capire un po' la sua sofferenza.
(non perchè mi trovi nella sua situazione, eh XD)
Il titolo è significativo perchè il mio nick 'Arashi' vuol dire proprio 'Tempesta' ahahah
Mi piacciono molto gli elementi naturali :)
Comunque spero vi piaccia la solita tenerezza <3
Nel prossimo inizierà l'episodio del compleanno di Diana, stay tuned ahahaha
Grazie a tutti come sempre <3
A presto**

-Arashi-

 

 

   
 
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