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Autore: FreddyOllow    09/12/2018    0 recensioni
[Half Life 1]
White Mesa è un laboratorio segreto, gestito dal governo.
Gli scienziati si occupano di ricercare nuove tecnologie spaziali.
Ma in profondità, ci sono settori di cui nessuno conosce l'esistenza e lo scopo.
Pochi scienziati hanno l'autorizzazione a lavorarci e nessuno di loro ha una vita sociale.
Lavorano e vivono isolati dal resto del mondo.
Morgan Freeman, viene assunto come ricercatore nel settore Anomalie.
Ma mentre si accinge a provare un nuovo macchinario, qualcosa va storto...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Governo aveva certamente mandato l'esercito a fermare qualunque cosa stesse accandendo a White Mesa, ma i servizi segreti? Perché erano lì. Forse cercavano qualcosa di molto importante? Oppure erano lì per eliminare tutti, compresi i militari? Freeman camminò lungo un corridoio. Le pareti bianche, senza finestre e porte. Il suono delle sue scarpe echeggiava da un muro all'altro. Dopo pochi metri, vide una porta alla sua destra ed entrò. L'ufficio era sotto sopra. Tavoli, sedie e schedari ribaltati. I Computer danneggiati o fumanti. Una scia di sangue molto intensa finiva dietro un angolo. Freeman puntò la pistola davanti a sé, camminò cauto verso l'angolo e vide cinque scienziati ammucchiati ormai privi di vita. Gli abiti sporchi di sangue, interiora di fuori e alcuni avevano la faccia mangiucchiata. Un odore intenso colpì in pieno Freeman, che si tappò il naso. Si voltò, cercò qualcosa tra gli schedari e non avendo trovato nulla, lasciò la stanza. Chi aveva messo i corpi là? Erano stati i militari? I servizi segreti? Gli scienziati? Le guardie di sicurezza?

Mentre ci pensava sù, sentì un forte trastuono provenire dal tetto del corridoio. Freeman si irrigidì. Aspettò. Sentì il suono avvicinarsi e diventare sempre più forte. Poi un fortissimo boato. Il tetto crollò, a pochi passi da lui. La polvere ricoprì l'intero corridoio. Saltarono le luci. L'aria era quasi irrespirabile. Si mise la mano davanti alla bocca e socchiuse lievemente gli occhi. Cercò di vedere qualcosa, qualsiasi cosa, ma non vide altro che oscurità. Cominciò a tossire, prima piano, poi forte. Doveva andarsene da lì. Alzò un braccio, cercò il muro vicino e lo toccò. Tenendo la mano sul muro, seguì quella direzione. Uno, due, tre passi. Infine inciampò su un pezzo di pietra e cadde riverso sulle macerie. Sentì qualcosa uscire dal palmo della mano. Forse si era ferito, forse usciva del sangue. Avvicinò il palmo della mano al naso, ma sentiva solo un soffocante puzza di calcestruzzo. Coprì il naso con l'altra mano e mise la punta della lingua sulla parte che credeva una ferita. Sapore metallico: era sangue.

Non sembrava grave. Per Freeman era di primaria importanza uscire da quel corridoio. Poi avrebbe controllato meglio la ferita. Si alzò con un mano e sempre con quella cercò qualcosa di solido davanti a sé. Rischiò di inciampare diverse volte. Toccò di nuovo il muro. In un primo momento credette di tornare indietro, ma poi si lasciò guidare dal suo intuito. Arrivò dall'altra parte del corridoio e tastò il muro. Era piatto, liscio. Nessuna porta. Poi sentì un esplosione fortissima. Il pavimento tremò. Cadde della polvere dal soffitto assieme a qualche piccolo pezzo di muro. Poi sentì il frastuono di prima e il tetto crollò. Instintivamente Freeman si protesse la testa con le mani. Alla sua sinistra si aprì una voragine nel muro. Un fascio di luce intenso ci penetrò dentro. Il tetto stava per crollare ancora, ma Freeman fu svelto nel correre verso quella crepa. Rimase incastrato con il piede e cercò in fretta di libersi. Il soffitto del corridoio venne definitivamente giù, ma Freeman fece in tempo a liberarsi. Una nube di polvere fuoriuscì dalla crepa, colpendo in pieno. Freeman tossì fortemente. Poi pian piano si mise in piede. Si voltò diverse volte circospetto e osservò la stanza in cui era entrato per salvarsi la pelle. Era un magazzino. Molte casse sparse in giro, tre muletti, due container rossi e una piccola stanza di guardia all'angolo. Camminò circospetto, scoprì che alla sua destra, si apriva a un enorme stanzone. Freeman preferì entrare nella stanza di guardia. Appena toccò la maniglia della porta grigia, questa cadde a terra. I pannelli dei Computer erano ancora intatti. Vide dalla schermo centrale che le telecamera esterne erano ancora in funzione, quelle interne non più. Una sedia d'ufficio girevole giaceva a terra. Poco distanti da questa, un cartellino di riconoscimento. Freeman lo raccolso e scrutò l'uomo nella foto. Un viso ovale, quasi grasso; capelli neri rasati e sopracciglie folte. Una mascella prorompente e un lieve doppio mento. Il suo nome: Bob Hall. Freeman posò il cartellino di riconoscimento sull pannello del computer e si mise a guardare le telecamere esterne. 

Un camion militare era parcheggiato vicino alla recinzione di ferro. Un soldato era appoggiato su di esso. Legato sulla spalla destra, un fucile d'assalto. Freeman capì che avevano tolto la corrente per le scariche elettriche che la recinzione usava come difesa. Vide un altro militare avvicinarsi a questo e dargli una sigaretta che accesso subito dopo. I due fumarono insieme e sembravano chiacchierare. Freeman ricordò che le telecamera avevano i microfoni. Una scelta del direttore che sospettava che gli scaricatori oziassero tutto il giorno invece di lavorare. Trovo il pusante, lo premette e dopo un fastidiso ronzio, la frequenza fu chiara.

<< Troppi soldati secondo me >> disse il miltare senza casco << Sono tutti scenziati. Teste d'uovo. Basta un commando di cinque uomini per mettere tutti a tacere, non credi? >> il militare inspirò la sigaretta.
<< Beh, non credo >> rispose il militare con il fucile d'assalto << Sono più di mille scenziati. Ci vorrebbe un eternità per trovarli tutti, sopratutto per stanare chi si nasconde. Io avrei optato per dei missili >>.
<< No, troppo casino. I media avrebbero scosso l'opinione pubblica. Questo è un lavoro segreto. Duecento soldati pronti a trucidare i migliori sapientoni del pianeta. Non so nemmeno del perché siamo qua >>
Il militare con il fucile d'assalto inspirò il fumo della sigaretta. Un secondo dopo espirò. Il fumo fuoriscì dal naso. Poi disse << Non ho mai fatto domande. Non m'importa chi mi dicono di uccidere. Per me sono tutti uguali. Siamo soldati. Non pensatori >> sorrise falsamente.
<< Ho il vizio di pensare >> Il militare senza casco buttò la cica della sigaretta per terra << Questo posto è una fortezza se ci pensi. Siamo sperduti nell'artico in mezzo alla neve. Qui fanno qualcosa di grosso. Quel tipo di cose che tengono segreto a noi comuni mortali, capisci? >>
<< Guarda, a me non m'importa >> Il militare con il fucile d'assalto guardò oltre la recinzione, per poi guardare il soldato di fronte << Siamo venuti su un elicottero. Non ho nemmeno potuto salutare la mia famiglia. Mi hanno letteramente sbattuto su quell'affare e fatto volare qua. Niente domande. Solo un obbiettivo: ammazzare tutti gli scenziati. Per il nostro silenzio 300.000 testoni. Non male come lavoro. E poi pensaci: Il lavoro duro lo stanno facendo gli altri. Noi siamo solo di guardia al vento e alla neve. Qua fuori non c'e' anima viva. Vorrei che mi pagassero sempre così profumatamente quando si tratta di ammazzare gente >>
Il miltare senza casco sbuffò, dicendo << Sei troppo materialista e poi... >>

Improvvisamente le telecamera si spensero uno dopo l'altra. Le luci della stanza di guardia però rimasero accesse, anche quelle nel grande magazzino. Forse le telecamere si erano guastate? Qualcuno le aveva bloccate? Forse i militari? I servizi segreti? Gli stessi scienziati o guardie? Poi Freeman udì un leggero gemito provenire fuori dalla stanza di guardia. Rimase impassibile, fermo. Guardò l'entrata. Il gemito divenne più intenso. Sembrava un lamento, come qualcuno che chiede aiuto. Freeman puntò la pistola davanti a sè. Le mani stringevano precisi il calcio dell'arma. Il respiro divenne più intenso. Il cuore betté forte. Poi un fortissimo gemito; un lamento, una supplica.



 
   
 
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