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Autore: Yuki Delleran    13/12/2018    3 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 4

 

Nonostante quanto riferitogli da Shiro sulla situazione di Marmora avesse scatenato in lui un irrefrenabile desiderio di rivalsa, Keith fu costretto da Coran a trascorrere a letto i due giorni successivi.
Il suo spirito era forte, ma il suo corpo era ancora debilitato dal veleno e aveva dovuto, suo malgrado, rendersene conto.
A rendere meno frustranti quelle ore di riposo forzato era Shiro, che lo andava a trovare regolarmente e si fermava finché qualcuno non lo trascinava via per qualche impegno improrogabile. A ogni visita, però, aggiungeva particolari alle sue spiegazioni: gli aveva mostrato la pianta della base, indicato dove sarebbe stata la sua stanza, raccontato del comunicato di Lotor e lo aveva rassicurato sul fatto che sua madre fosse viva, altrimenti il principe galra non avrebbe potuto godere di quei poteri.
Keith si sentiva al sicuro in sua compagnia, ogni diffidenza riguardo la sua lealtà completamente scomparsa. Shiro era l'eroe che gli aveva salvato la vita e questo non faceva che accrescere la già smisurata ammirazione che Keith provava nei suoi confronti.
Non solo, si era ritrovato più volte, nei momenti di solitudine, a fantasticare sulle sue braccia che lo stringevano, le sue mani che lo accarezzavano, le sue labbra che...
Keith scosse la testa furiosamente, strappandosi da quelle fantasie che lo accompagnavano ormai da troppo tempo. Aveva creduto che quelle circostanze tragiche avessero finalmente messo a tacere l'attrazione che provava per il capitano, ma non era stato così. L'immagine dell'eroe che lo salvava dalla situazione più difficile della sua vita non aveva fatto altro che accrescere la fascinazione nei suoi confronti. Nella sua mente ripercorreva i momenti in cui aveva sparato alla guardia per aiutarlo e poi Shiro si era precipitato in suo soccorso, come lo aveva sollevato di peso per portarlo nella navicella, come lo aveva curato e aveva messo a rischio la sua reputazione, la sua carriera, tutto per lui.
Keith era cresciuto senza un padre ma avendo comunque davanti agli occhi il miglior esempio di amore romantico che si potesse desiderare, rappresentato da Thace e Ulaz, le guardie del corpo personali di sua madre. Immaginare sé stesso e Shiro stare insieme in quel modo era diventata la più dolce e ricorrente delle sue fantasie.
Una volta riconquistato il suo pianeta e il suo trono, avrebbe confessato a Shiro quello che provava, decise. Gli avrebbe chiesto di regnare al suo fianco come consorte, sarebbero stati la miglior coppia di sovrani che Marmora avesse mai avuto.

La mattina del terzo giorno Coran lo trovò in piedi e, dopo un veloce controllo, non potè far altro che acconsentire a lasciarlo uscire.
« Ho bisogno di muovermi. » gli spiegò Keith. « C’è un posto dove possa fare un po’ di allenamento con la spada? »
Dopo avergli raccomandato di non esagerare, viste le sue condizioni appena ristabilite, Coran gli spiegò dove trovare una delle sale adibite all’addestramento delle truppe.
« Anche se è probabile che a quest’ora sia occupata. C’è qualcuno che ha l’abitudine di farci un salto quando ha la mattina libera. »
Fingendo una noncuranza che non provava affatto, Keith chiese se si trattasse di Shiro, non riuscendo tuttavia a camuffare del tutto la nota speranzosa nella voce.
« No, mi dispiace. Shiro è uscito all’alba in missione. È molto probabile che si rechi dal comandante Kolivan a fare rapporto e non sarà una visita piacevole. Intendevo Lance, il giovanotto che hai conosciuto due giorni fa. Di solito usa armi a lungo raggio, ma sono certo che gli farebbe piacere fare pratica in uno scontro più ravvicinato. »
Keith trattenne a stento una smorfia: non aveva grande interesse ad allenarsi con un estraneo e di quel ragazzo, a conti fatti, non sapeva nulla. A parte che si era imbarcato in una missione ad alto rischio solo per procurargli l'antidoto – per salvargli la vita. Chissà perché lo aveva fatto?
Seguendo le indicazioni di Coran e sempre rimuginando su quei pensieri, Keith raggiunse la sala di allenamento che cercava. Dall'interno proveniva l'inconfondibile suono di un'arma laser e, preso dalla curiosità, si sporse per dare un'occhiata a quello che stava succedendo.
Quello che stava strenuamente combattendo contro un bot era effettivamente il ragazzo dell'infermeria. Non aveva più il braccio al collo, nonostante una benda fosse ancora visibile sotto la manica arrotolata, e imbracciava un fucile di precisione di quelli che Keith aveva sempre visto solo da lontano. Nonostante il droide lo attaccasse ripetutamente, riusciva a evitarne i colpi senza apparente difficoltà, rotolando sul pavimento e mettendosi immediatamente dopo in posizione di tiro. Ogni colpo centrava il bersaglio con una precisione millimetrica che lasciò Keith senza parole.
Quindi era quella l'abilità di un cecchino.
Rimase a osservarlo per alcuni minuti finché quello non mise in pausa la sequenza e non si voltò verso di lui.
« Ehi! » esclamò, portandosi indice e medio della mano destra alla fronte nella parodia di un saluto militare. « Buongiorno! Intendi stare lì a spiarmi ancora per molto? »
« Non stavo spiando! » s'indignò Keith. « Volevo usare la sala per allenarmi ma non voglio interromperti. Verrò più tardi. »
Coran gli aveva consigliato di esercitarsi con Lance ma, lì per lì, non se l'era sentita di proporglielo. Non dopo quello sfoggio di abilità. Keith non aveva esperienza diretta del campo di battaglia, tutto quello su cui poteva contare era una tecnica di spada dignitosa e una certa dimestichezza nei duelli, niente che potesse reggere il confronto con un soldato addestrato. Non ci teneva a fare una misera figura davanti a quel tipo, per questo girò sui tacchi e fece per allontanarsi nel corridoio.
« Aspetta, non andartene! » sentì esclamare alle sue spalle. « Possiamo allenarci insieme! Shiro ha detto che avevi una pistola, scommetto che sei un buon tiratore. »
Keith tornò sui propri passi ma scosse la testa.
« Quella la portavo solo perché mia madre era preoccupata che potesse succedere qualcosa durante la cerimonia, come poi infatti è successo. In realtà io non... »
Si bloccò per un attimo e sviò lo sguardo, suo malgrado imbarazzato.
« Io non so sparare. » borbottò infine. « Me la cavo meglio con le lame. »
Questo non scoraggiò minimamente Lance.
« Posso insegnarti! Oppure possiamo fare un po' di pratica con la spada. Non è la mia arma migliore, ma posso farti da partner, se ti va. »
Keith si chiese da dove arrivasse tutto quell'entusiasmo e, di nuovo, perché a quel tipo importasse di lui. Alla fine liquidò tutto con un'alzata di spalle e accettò l'invito: un allenamento con la spada, per lo meno, non lo avrebbe messo in una posizione di svantaggio.
Estrasse il pugnale di luxite che aveva alla cintura e in un attimo materializzò la consueta lama violacea: un peso familiare nella sua mano che lo fece sentire immediatamente più a proprio agio.

Lance assistette alla trasformazione con sguardo stupito e ammirato. Un attimo prima Keith stringeva un pugnale, un attimo dopo nelle sue mani si trovava una spada ricurva dalla lama traslucida, che mandava suggestivi riflessi violacei.
« Wow... » mormorò ammirato. « È proprio un bel giocattolino. Luxite? È un minerale raro. »
Keith annuì.
« Già. Su Marmora viene consegnato un pugnale a tutti i giovani che intraprendono la carriera militare. Chi è in grado di risvegliare la lama può aspirare ai gradi superiori. »
Sembrava che parlare della propria arma lo facesse sentire più tranquillo e meno incline a darsela a gambe, quindi Lance si mantenne su quel discorso per familiarizzare almeno un po'.
« Pensi che potrei tenerla in mano per un attimo? Ha una forma strana ma sembra una spada molto ben bilanciata. »
L’espressione che Keith gli rivolse fu tra lo stupito e l’ironico.
« Credi davvero di riuscirci? » chiese.
« Pensi che non sappia tenere in mano una spada? Sono un soldato addestrato, io! »
« Oh. Certo, prego. »
Il tono sarcastico passò del tutto inosservato a Lance, perso nelle sfumature violette che i riflessi della lama regalavano ai suoi occhi. Come poteva esistere un colore così bello?
« Allora? »
Lance si riscosse quando vide la spada tesa davanti a sé.
« Oh, certo! »
Afferrò l’impugnatura con un gesto deciso ma, appena lasciò la mano di Keith, il bagliore si affievolì fino a spegnersi. La spada mutò forma e tornò alle sembianze di un semplice pugnale.
Lance fissò l’arma esterrefatto.
Keith azzardò uno sbuffo divertito.
Stava ridendo? Di lui? Beh, pazienza, era bello vederlo ridere.
« Solo chi ha sangue galra può risvegliare la lama. » spiegò. « Nelle mani di chiunque altro è un normalissimo coltello. »
Lance glielo restituì annuendo.
« Ok, ok, è il tuo asso nella manica. Vorrà dire che mi accontenterò di una spada normale, di quelle che non cambiano forma. »
Così dicendo, scelse un’arma dalla rastrelliera in fondo alla stanza e si mise in posizione, pronto a parare un attacco.
Si studiarono per alcuni istanti, girando attorno alla stanza in ampi movimenti, fino a quando Keith non scattò in avanti.
Un attimo prima brandiva un coltello, quello dopo Lance veniva raggiunto dalla lama di una spada, che riuscì a parare a malapena.
« Wow... te la cavi bene. » commentò, facendo forza sulla propria impugnatura per sostenere l'impeto dell'altro.
« E non sai ancora quanto! »
Lance ghignò e si preparò a contrattaccare.
Quel genere di allenamento era divertente e stimolante: in un modo che non si aspettava, gli permetteva di vedere una lato della personalità di Keith diverso da quello che aveva immaginato. In quei giorni aveva pensato a lui come al principino sotto la campana di vetro, arrogante ma poco capace sul campo e con in mente sempre e solo Shiro.
Forse l'ultima parte del suo pensiero non era così distante dalla realtà, ma Keith ora gli sembrava tutto tranne che poco capace. Si muoveva bene, aveva un fisico allenato e veloce, stare al suo passo era difficoltoso e ben presto Lance si rese conto che, in uno scontro reale, probabilmente non sarebbe stato alla sua altezza.
Dopo diversi minuti di combattimento, si trovavano ancora alla pari, con Lance che reggeva a fatica la lama sopra la testa e Keith che vi spingeva sopra tutto il suo peso, le sopracciglia corrugate e il fiato corto per lo sforzo.
« Ti arrendi? » gli intimò il principe.
Illuso.
« Nei tuoi sogni! » esclamò Lance, scartando velocemente per fare sì che tutto lo slancio di Keith si esaurisse a vuoto.
Purtroppo anche Keith si mosse in avanti e finirono per inciampare a vicenda nei piedi dell'altro, crollando miseramente a terra.
La lama di Lance schizzò lontano, quella di Keith si piantò nel pavimento poco distante dalla sua spalla, mentre il peso del principe gli precipitava addosso.
Lance sbattè la testa sul pavimento e, quando riaprì gli occhi, per un attimo ebbe l’impressione che la stanza vorticasse attorno a lui. Il volto di Keith era a breve distanza dal suo, poteva distinguere le sue ciglia abbassate sugli occhi serrati.
Alla sua sinistra, quasi alla stessa distanza, si trovava la lama affilata della spada marmorita.
« Oh, quiznak! »
Quando tornò a guardare il suo avversario, questo si stava rialzando portandosi una mano alla fronte e accomodandosi come se nulla fosse sul suo stomaco.
Lance lo scrutò, focalizzandosi su di lui per schiarire la propria mente e, quando vide che si riprendeva a sua volta, non riuscì a frenare la lingua.
« Se fossimo in un romanzetto rosa di bassa lega, questo sarebbe il momento in cui perdi la testa per me! » esclamò, facendogli l’occhiolino.
Keith s’irrigidì, accigliandosi, e i suoi occhi lampeggiarono di irritazione. Con un gesto brusco sfilò la spada conficcata nel pavimento.
Lance alzò le mani.
« Ehi, scherzavo. Scherzavo, non ti scaldare! »
« Uno scherzo idiota. » brontolò Keith, puntellandosi sulla lama per alzarsi in piedi.
Lance aveva fatto appena in tempo a mettersi in ginocchio, quando lo vide barcollare. Si mosse d’istinto, senza pensare, e un attimo dopo se lo ritrovò tra le braccia.
Era crollato come un sacco di patate senza nessun preavviso e si ritrovò a parlargli con tono preoccupato.
« Ehi, stai bene? »
Keith riaprì gli occhi e lo fissò dal basso verso l’alto, stranito.
« Io… sì… credo. È stato solo un capogiro. »
Quelle parole ricordarono a Lance che, in effetti, il principe era ancora convalescente e avrebbe fatto meglio a tenerlo presente durante lo scontro. Non che lui ci fosse andato leggero, ma questa non era una giustificazione.
« Ti porto in infermeria. » si offrì quindi.
Keith scosse la testa, assumendo con quel gesto un’espressione ancora più frastornata.
« Non è necessario, è solo un po’ di debolezza. Accompagnami nella mia stanza. »
Lance lasciò che quelle parole cadessero per un attimo in un vuoto attonito, prima di rendersi conto che Keith le aveva pronunciate come se l’interlocutore fosse un maggiordomo o qualcosa del genere: nessuna malizia nei confronti del giovane che lo stava tenendo tra le braccia, solo una sorta di ordine.
Troppo stupito anche solo per ribattere con una battuta, lo sollevò e fece in modo che gli passasse un braccio attorno alle spalle per reggersi in piedi. Lance sapeva dove si trovava l’alloggio che gli era stato assegnato e vi si avviò lentamente, senza commentare.
Fu Keith stesso a spezzare il silenzio a metà di un lungo corridoio.
« Perchè l’hai fatto? Non riesco a spiegarmelo. »
Lance gli lanciò un’occhiata obliqua e ghignò.
« Intendi perchè non ti ho lasciato per terra nella sala di allenamento? »
Uno sbuffo seccato gli giunse in risposta.
« Anche. Ma soprattutto perchè ti sei offerto per una missione ad alto rischio solo per salvare qualcuno che nemmeno conosci, per una causa che non è la tua. »
« Come sarebbe? Salvare gli oppressi dell’Impero è la causa della Ribellione, quindi è anche la mia. Anche se l’oppresso in questione è un principino arrogante che arriva più morto che vivo da un pianeta ai confini della galassia. »
Keith gli rifilò una smorfia che venne prontamente ignorata.
« Sai, qui crediamo tutti nella profezia che salverà l'universo da questa tirannia. » continuò. « La Resistenza si è letteralmente costruita attorno alla principessa Allura, lei è la prescelta che sconfiggerà Zarkon e metterà fine all'Impero. »
Allura era stata la luce, il motivo che l'aveva spinto a lasciare l'esercito galra anni prima, a disertare facendosi credere morto per non mettere in pericolo la sua famiglia, in favore di un ideale che avrebbe portato la pace nell'intero universo.
Keith invece non sembrava particolarmente impressionato, come se avesse appena sentito solo uno dei tanti gossip che giravano nelle sale delle alte sfere di governo.
« Quella della profezia è solo una leggenda metropolitana, no? Una volta ne ho sentito parlare da Thace, una delle guardie di mia madre, ma erano solo chiacchiere. Cose come le profezie e i prescelti che salvano l'universo sono solo favole per bambini. »
Il tono era disincantato e piatto, tipico di chi sapeva che, se voleva ottenere qualcosa, doveva rimboccarsi le maniche e darsi da fare: nessuno gli avrebbe magicamente regalato nulla. Pensarlo dalla voce di un principe che, in teoria, avrebbe dovuto avere tutto servito su un piatto d'argento, era strano. Lance faticava a soprassedere.
« Non si tratta di una favola, ne abbiamo davanti la prova vivente. »
La principessa, spiegò, era la figlia di re Alfor di Altea e quindi erede al trono se il pianeta non fosse stato occupato dai Galra, ma non si trattava solo di questo. Anni prima, nel periodo della prima espansione dell’Impero, Alfor aveva vissuto come ostaggio politico su Daibazaal, pianeta natale della razza galra e sede della corte dell'imperatore. All’epoca i rapporti non erano così tesi e la guerra non era ancora scoppiata. Honerva, una scienziata del suo seguito, aveva ottenuto il permesso di portare avanti le proprie ricerche su Daibazaal e, proprio lì, aveva scoperto una fonte di quintessenza. In preda all'estasi dovuta all’assorbimento di tale potere, aveva pronunciato delle parole che sarebbero rimaste scolpite nelle menti di tutti per gli anni a venire come una profezia assoluta: la stirpe di Alfor avrebbe messo fine all'Impero.
Proprio per questo motivo la nascita di Allura, avvenuta poco tempo dopo, era stata tenuta nascosta e la bambina era stata portata in salvo su Altea da Coran, unica persona di cui Alfor si fidava per una simile missione. La Resistenza si era radunata attorno a loro spontaneamente e la principessa era stata allevata e riconosciuta da tutti come la prescelta. La fine dell'Impero era diventata il suo scopo e la sua ragione di vita. L’intera Resistenza guardava a lei come al leader che avrebbe messo fine alla guerra e riportato la pace nell'universo.
Quelle spiegazioni suscitarono in Keith una tiepida reazione e per il momento Lance rinunciò a insistere. Era ovvio che non si sarebbe fidato solamente delle sue parole e al momento non era nemmeno nelle condizioni di farlo. Aveva bisogno di riposare e tutto quello che lui doveva fare era accompagnarlo nella sua stanza.
E l'avrebbe fatto subito se svoltando l'angolo non avesse sentito una voce nota.
Doveva averla sentita anche Keith perché si staccò bruscamente da lui e corse avanti.
« Shiro! »
Lance lo seguì a passo svelto e scorse Shiro in fondo al corridoio in compagnia di un'altra persona: una figura minuta rispetto alla corporatura robusta del capitano, che la circondava con le braccia quasi facendola scomparire contro di sé. Non ne vedeva il volto, ma la riconobbe immediatamente e non impiegò più di un istante a rendersi conto che Shiro la stava baciando.
« Bentornato, capitano! Pidge, quando sei arrivata? » esclamò giulivo, per niente a disagio nell'interrompere il momento di intimità della vecchia amica.
Si rese conto con un istante di ritardo che Keith, accanto a lui, era immobile, rigido, gli occhi spalancati. Le sue guance avevano perso ogni colore.
Per un momento pensò che sarebbe crollato di nuovo, poi Shiro alzò la testa e mosse un passo verso di loro.
« Keith! » esclamò, ignorando la presenza di Lance per concentrarsi solo sul principe. Si schiarì la voce e recuperò una parvenza di contegno. « Altezza! Sono felice di vedervi in piedi e in salute. »
Pidge invece fissava entrambi, con le mani sui fianchi e l'aria seccata di chi era stato interrotto in un'attività piacevole.
« Discrezione è il tuo secondo nome, Lance. » brontolò.
Tuttavia Lance non ci fece quasi caso, stupito dall'improvviso cambio di espressione di Keith.
Lo vide forzare un sorriso tirato, nonostante non stesse facendo il minimo movimento per andare incontro a Shiro. La sua postura restava rigida, i pugni chiusi.
« Ti ringrazio per l'interessamento. Mi auguro che anche la tua missione non abbia incontrato problemi. » disse in tono piatto, formale.
Non era stato maleducato o brusco, ma la sua voce tradiva una freddezza inaspettata, al punto che Shiro stesso rimase interdetto.
Lance spostò lo sguardo dall'uno all'altro, mentre veniva colto dalla consapevolezza che quelle che aveva finora considerato poco più che frivole supposizioni fossero invece una realtà.
Sperò, pregò che Shiro aggiungesse qualcosa, qualunque cosa, ma il capitano rimase in silenzio. Keith superò entrambi con passo deciso, svoltando l'angolo e scomparendo alla vista.

 

 

 

Yuki - Fairy Circles

   
 
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