“The whole
night through, feels like the truth | I
was meant to be with you | I can’t
get you off my mind, I think
about you all the time | I don’t
even have to try, I just think of you”
Jack Savoretti. Jackie Blue
Starbucks coffee, Shaftesbury
Ave, Londra, 9 settembre
Ore 3:19 PM
Quando Ewan
entrò al caffè era il primo, situazione che sarebbe stata celebrata dagli
amici come un avvenimento, se solo fossero stati presenti. Aveva appuntamento
lì per le tre e mezza con Chase, Chris e Trent e, dopo la sera precedente,
anche con Amelia. Era stato il pensiero di lei a spingerlo a uscire di casa. La
sera prima si era trovato benissimo in sua compagnia; avrebbe voluto dirglielo
ma la cosa lo faceva sentire come un tredicenne alle prese con la prima
infatuazione amorosa. Non si sentiva così da tempo, perché era da un po’ che
non approfondiva a tal punto la conoscenza con una ragazza. Di solito veniva
incluso nella “lista amici” ben prima di avere la possibilità di sfiorare le
labbra della persona in questione una sola volta. Con Amelia era diverso. Non
sapeva se fosse dovuto al fatto che lui era il cantante della sua band
preferita, ma era abbastanza sicuro non fosse per quello. Si era aperto
totalmente a lei, le aveva fatto conoscere se stesso, quello che per molti
rimaneva nascosto sotto il ruolo di cantante che ricopriva. Sentiva che alla
ragazza lui piaceva per quello che era.
Per quanto lo riguardava, invece, Amelia iniziava a piacerle davvero molto.
Quella ragazza era stata una sorta di bellissima maledizione, per lui. Si era
insinuata nella sua testa prima ancora di saperne le fattezze e il suo pensiero
non l’aveva mai abbandonato. Dopo averla vista per la prima volta, dopo quella
pioggia di coriandoli che lei aveva pensato bene di provocare, qualcosa nel
ragazzo gli aveva urlato che fra loro c’era un legame, quasi fossero
predestinati, e lui, che confidava in modo ostinato al destino, vi aveva
creduto. Per questo si era sentito rattristato quando Amelia non gli aveva più
scritto, al punto da spingerlo a cercare sue notizie in qualche modo. Ora che lei
si trovava a Londra, che stava donando una parte di sé per realizzare le
grafiche nuove e che stava trascorrendo insieme a lui del tempo, sentiva di
aver compiuto tutte le scelte esatte.
Si passò una mano fra i capelli, sorridendo a quel pensiero. Aveva altro
tempo da trascorrere con lei, tempo per farle scoprire ancora più della sua
persona e per approfondire ulteriormente la figura della ragazza. Tempo per
innamorarsene; perché forse era proprio quello che voleva quando pensava ad
Amelia: innamorarsi di lei. Così, almeno, le sue canzoni non sarebbero stati
più testi di storie che altri vivevano, ma avrebbero potuto essere rapportati
anche alla sua vita, elemento che teneva sempre escluso da gran parte del suo
processo di scrittura. Voleva raccontare storie, non parlare di sé, ma se per
una volta una di quelle storie si fosse riuscita a ricondurre alla sua vita gli
avrebbe fatto piacere.
La figura di Trent entrò nel suo campo visivo. «Domani nevica» disse
sarcastico il chitarrista, alludendo al fatto che Ewan fosse arrivato in
anticipo sull’orario di ritrovo.
«Ho dormito qui» replicò il cantante con un sorriso.
«Vedo che sei di buon umore. Che avete fatto ieri sera?»
«Penso di piacerle.» Ewan non rispose alla domanda dell’amico, andando
dritto al punto, il motivo per cui si sentiva così effervescente.
«Ovvio» replicò piatto l’altro.
Fu chiaro per Ewan che Trent si stava riferendo al fatto di essere il
cantante della sua band preferita, ma non diede segno di essere infastidito o
perplesso dalla cosa. «No, intendo, di piacerle veramente.»
«È per questo che sei tutto felice e, soprattutto, puntuale?» chiese il
chitarrista, alzando un sopracciglio, dopodiché capì tutto. «Viene anche lei,
vero?»
Non servì che Ewan dicesse qualcosa perché tutto fu chiaro e, ad ogni modo,
Chris e Chase comparirono come tornado prima ancora che gli altri due membri
degli Shards potessero prendere fiato.
«In orario?» esclamò Chris.
«In anticipo, vorrai dire, siamo puntuali noi» osservò Chase.
«Ciao ragazzi.» La voce di Amelia interruppe ogni cosa. Si voltarono tutti
e dal modo in cui lei e Ewan si guardarono fu chiaro che ci fosse del non detto
di tutto rispetto fra loro. L’espressione sorniona tipica di Chase gli si impresse
all’istante sul volto e il cantante cercò di ignorarla, così come di ignorare
il suo battito cardiaco irregolare. Il rossetto di Amelia faceva risaltare la
carnosità delle sue labbra e lui dovette tenere a freno la tentazione di
alzarsi e andare a baciarla davanti a tutti, in mezzo a quel caffè.
«Ti ho riportato questa» disse poi la ragazza, mostrando a Ewan la sua
felpa. Le dispiaceva separarsi da quell’indumento, ci avrebbe addirittura
dormito insieme se la cosa non fosse stata strana. Il cantante afferrò la sua
felpa e la ringraziò, mentre i tre amici osservavano la scena come spettatori
al cinema. Amelia iniziava a sentirsi sotto pressione. Chase, Chris e Trent
avevano sicuramente capito tutto e lei cominciava a essere nervosa a quell’idea.
Tuttavia, quando Ewan le sfiorò la mano nel riprendere la letterman,
parve riacquistare sicurezza. «Potreste smetterla di fissarci così? È
inquietante» disse.
Il cantante scoppiò a ridere, guardando gli amici divertito.
Chris si arricciò i baffi con fare altolocato. «Solo quando ci avrete
raccontato tutto, voi due» li bacchettò.
«Prima vorrei sapere dove andiamo. Come al solito non so nulla» proseguì
ostinata Amelia.
«Come “non sai nulla”?» esclamò Chase. Mise un braccio intorno alle sue
spalle, stringendola a sé. «Non sei una nostra fan?»
Lei stava per replicare che non capiva il senso del suo discorso, essere
una fan di un gruppo non significava conoscere ogni abitudine a riguardo, ma
venne attraversata da un pensiero. «L’intervista alla BBC Radio 1» disse tutto
d’un fiato.
«Ding! Indovinato. Vinci un caffè» esultò il
batterista e andò a prendere da bere per entrambi.
«V-volete davvero portarmi con voi? Ma potete farlo?» domandò Amelia.
Sembrava sconvolta e Ewan sperò che fosse un bene.
«Tecnicamente no» rispose Chris. «Ma lo abbiamo già fatto.»
«Più di una volta» aggiunse Ewan. «Se non ti va non sei costretta a venire»
volle rassicurarla.
«No mi va, eccome» esclamò. Cercò di darsi un contegno. Entrare in una
radio era una delle cose che avrebbe voluto fare prima di morire, ma che già
sapeva non avrebbe mai fatto, almeno prima di conoscere gli Shards. Troppe cose
impensabili le stavano succedendo; aspettava solo il momento del
risveglio.
«Così ti immergi un po’ nel nostro stile di vita» riprese Chris. «Ah,
giusto, come vanno le grafiche?»
«Vanno bene» rispose lei, che non riuscì a capire il senso della domanda
piazzata durante quella conversazione. «Forse non riuscirò a finire entro il 14
ma le ultime cose posso sistemarle anche a Glasgow.»
Notò Trent lanciare uno sguardo al proprio cantante e dedusse che doveva
esserci qualcosa sotto.
«C’è un’altra cosa» prese parola Ewan.
«Cosa? Insieme a voi ci saranno i Kodaline?» chiese la ragazza, cominciando
a sentirsi piuttosto in ansia. Si appoggiò allo schienale della sedia, pensando
che così avrebbe avuto tempo sufficiente per mettersi a sedere prima di
crollare a terra in caso di una notizia shock.
Il cantante si dipinse in volto un sorriso perfetto, che per un attimo fu
in grado di scacciare ogni sensazione opprimente dal corpo di Amelia. «Eddie ti
ha prorogato la permanenza di un altro mese. Vorremmo che lavorassi anche alle
grafiche del merchandising.»
Eccola la notizia shock. La ragazza si mise a sedere, gli occhi spalancati.
Non poteva credere a quello che le aveva appena detto. Un altro mese a Londra.
Altri trenta giorni in compagnia della sua band preferita, in compagnia di Ewan
e la possibilità di mettere la firma nei lavori grafici del merchandising
degli Shards, qualcosa che veniva venduta online in tutto il mondo, portata con
orgoglio dai fan, sfoggiato nei negozi.
«Non mi state prendendo in giro, vero?» domandò con un filo di voce,
incredula. I ragazzi scossero la testa. Era stato Ewan a insistere con il
manager. Il giorno prima, quando aveva dovuto salutare Amelia sotto all’ufficio
di Jacob per quell’appuntamento a cui era “già in ritardo”. Sapeva di
averlo fatto per trascorrere più tempo con lei, ma era innegabile che fosse più
che felice di avere anche la nuova merce degli Shards con la firma di quella
giovane artista scritta sopra. La trovava estremamente brava e il suo stile era
proprio ciò che cercava in quel periodo. Attraverso un detto si sarebbe potuto
sostenere che l’utile si univa al dilettevole.
«Di solito non scherziamo quando si parla di lavoro» disse Trent, austero.
«Jacob ti telefonerà domani mattina, fingiti sorpresa dalla notizia» le
suggerì il cantante, facendole l’occhiolino.
«Non so cosa dire» mormorò la ragazza, un ammasso di emozioni dentro in
grado di annichilirla. Era felice, tremendamente felice, ma sconvolta e
sorpresa al tempo stesso.
«Beh, dicci solo se accetti oppure no. E di’ la stessa cosa a Jacob domani
quando ti chiama» le rispose Ewan.
«Certo che accetto» replicò subito lei, ritrovando il controllo delle sue
sensazioni. Cercò di classificarle: gioia, stupore, incredulità, ansia,
gratitudine. Le mise tutte in fila e cercò di assimilarle, sebbene fossero
tutte emozioni difficili da controllare, soprattutto davanti a Ewan.
«Ecco il tuo mocaccino Ami» disse Chase appena ricomparve fra i quattro,
posando un bicchiere di carta sotto al naso della ragazza e canticchiando
parole a caso di quella che lui sapeva essere Jackie Blue di Jack Savoretti. Avevano bevuto caffè insieme più
volte e lui ormai sapeva cosa ordinava la ragazza. «Che mi sono perso?»
«Amelia ha deciso di accettare la proroga sul lavoro» lo informò Trent,
alzandosi poi dal suo posto a sedere. «Ora però è meglio se andiamo» concluse,
senza dare tempo al batterista di festeggiare la ragazza come avrebbe voluto.
Chase le regalò uno dei suoi sorrisi più contagiosi quando lei lo ringraziò per
il mocaccino. Mentre gli Shards si avviavano verso l’uscita Amelia disse loro
che li avrebbe raggiunti subito, giusto il tempo di zuccherare la bevanda.
Ewan rimase indietro con lei. «È tutto a posto?» le chiese, osservandola
versare una generosa dose di zucchero sulla schiuma.
Lei alzò lo sguardo sul cantante. Le era vicino, molto, al punto che le
sarebbe bastato allungare appena il collo per baciarlo; e aveva voglia di
farlo. Resisté alla tentazione – erano insieme al resto dei ragazzi ed era
anche sicura che nel caffè qualcuno li avesse riconosciuti – rispondendo alla
domanda che le aveva fatto. «Sì, è tutto a posto. Solo, beh, troppe belle
notizie tutte insieme. Mi hanno un po’ destabilizzata. In senso buono, intendo»
volle precisare. Il cantante le sorrise, dopodiché i due si ricongiunsero al
resto del gruppo, in attesa sulla strada. Si avviarono verso la sede della BBC
Radio utilizzando la metropolitana. Gli Shards si sentivano a loro agio a
muoversi per la città sui mezzi pubblici, il fatto di non essere riconosciuti
di frequente giocava in loro favore. Amelia passò il tempo a chiacchierare con
Chris e Chase, di cui le piaceva molto la compagnia, ma scambiava di continuo
sguardi con Ewan. Si sentiva al settimo cielo, per quello che era avvenuto con
il cantante, per la notizia che le aveva dato quella mattina sulla possibilità
di rimanere a Londra, per il fatto che la stessero accompagnando in una delle
radio britanniche più famose. Tutto ciò quasi la disorientava per quanto
la facesse stare bene. Sentiva un senso di leggerezza al petto e, quando
scambiò una nuova occhiata con Ewan, capì che stava succedendo: si stava
innamorando di lui; del vero lui, non del cantante degli Shards, ma del ragazzo
sempre in ritardo che amava la pizza, il canto e la musica. Quello che andava
ovunque in sella alla sua bicicletta, che comprava la birra nei negozi di
alimentari aperti ventiquattr’ore, a cui Londra piaceva molto più di notte che
di giorno. Quella consapevolezza la spaventò, perché ciò che portava con sé era
un’incognita. Sarebbe finita come con Eric? O, peggio, con Richard? Oppure ci
sarebbe stato un lieto fine, almeno per una volta? Il suo passato si ostinava a
non volerla lasciare in pace ed era come se qualcuno le premesse con forza un
pugno all’altezza dello stomaco. Tuttavia, alla vista di Ewan, quella
sensazione opprimente si affievoliva.
Amelia continuò a seguire i quattro fuori dalla Tube, lungo alcune strade
di Londra, finché l’edificio della BBC, sede delle radio, non comparì in
lontananza. Davanti agli ingressi c’erano alcune transenne e personale della
sicurezza e, lì vicino, un numero abbastanza nutrito di persone. Erano fan
degli Shards, in attesa della band. I quattro ragazzi non parvero affatto
turbati dalla cosa. Proseguirono con passo tranquillo, diretti proprio verso
quella schiera di persone e quando qualcuno li riconobbe e la voce si sparse
fra il resto dei presenti, li salutarono come fossero tutti loro amici.
Chiacchierarono con loro, si fecero foto insieme, ed erano socievoli e alla
mano. Si stavano comportando allo stesso modo in cui avevano fatto con Amelia
da quando l’avevano incontrata la prima volta. Erano quattro ragazzi
sorprendenti ed era chiaro che amassero stare insieme ai loro fan, gli stessi
per cui componevano le loro canzoni.
Si fermarono il tempo sufficiente per fare in modo di accontentare quante
più persone possibili, ma alla fine si avviarono oltre l’ingresso della sede
della radio, salutando tutti e seguiti da Amelia, che si sentiva più fortunata
che mai per l’occasione che stava avendo la possibilità di vivere. Come
varcarono la soglia dell’edificio furono subito accolti da una donna, la quale
si avvicinò sorridendo ai quattro. «Shards, benvenuti» disse. Scambiò una
stretta di mano con ciascun componente della band e arrivata ad Amelia si
bloccò, interdetta.
«Ehm, lei sarebbe con noi, se la cosa non crea disturbo» intervenne Chris,
con il suo tono più innocente, a cui risultava impossibile dire di no. La donna
– Elizabeth Woods – infatti, cedette subito. «Oh, no, nessun disturbo. Provvedo
a farti arrivare un pass da visitatore» le disse, scambiando una stretta di
mano anche con Amelia. Lei la ringraziò e se ne tornò in silenzio, ad assistere
da spettatrice a quell’aspetto della vita degli Shards.
Il pass che le diedero, con la scritta visitor a caratteri cubitali, le
dava la possibilità di girare liberamente per la sede, fatta eccezione
per alcuni luoghi – un po’ come l’ala ovest de La bella e la bestia. Tuttavia lei non aveva dubbi su ciò che
avrebbe voluto fare e seguì la band, guidata da Elizabeth, fino alle sale in
cui avrebbero avuto la diretta audio.
Prima che la trasmissione iniziasse fu tutto uno stringersi di mani,
scambiarsi convenevoli e sorridersi, al punto che tutto ciò quasi arrivò a
stancare Amelia. Per sua fortuna, però, quando gli Shards e il dj infilarono le
cuffie cambiò tutto. Lei rimase nella cabina di regia, oltre quel vetro che
separava il punto in cui il gruppo stava svolgendo l’intervista. In un angolo
della sala c’erano una chitarra acustica e una tastiera elettrica, cosa che le
permise di capire che, presto, ci sarebbe stata anche della musica. Rimase
ad ascoltare i ragazzi parlare del più e del meno, mentre l’intervistatore
sottoponeva loro tutta una serie di domande. Ridevano, rispondevano con
leggerezza e tirarono in ballo una serie di argomenti diversi. Parlarono della
tour che avevano concluso in luglio, di quella che avrebbero iniziato in
gennaio, negli Stati Uniti. Quando Ewan parlava di tutto ciò i suoi occhi erano
inondati di una luce vivace, eccitata. Era chiaro che amasse profondamente
girare per il mondo insieme alla sua musica, suonare dal vivo in quanti più posti
possibili, davanti ai propri fan. Quella era la sua vita, ormai e lui amava
viverla. Dopotutto, un’anima vitale e artistica come la sua non avrebbe potuto
fare altro se non scegliere una strada del genere, insieme a tre amici fidati e
tantissima voglia di non fermarsi mai. Amelia si chiese come sarebbe stato
passare i propri giorni accanto a Ewan, se fosse il tipo che portava con sé la
propria ragazza durante le lunghe tournée o se invece si facesse aspettare a
casa, telefonando ogni giorno per sentire se era tutto a posto. La sua mente
stava cominciando a correre troppo e lei pensò bene di fermarla prima che fosse
troppo tardi. Tornò a concentrarsi sull’intervista che si stava svolgendo sotto
i suoi occhi. Vi aveva appena teso l’orecchio quando l’intervistatore
disse: «Adesso in scaletta abbiamo una canzone.» Lasciò cadere la
frase, chiaramente volendo che fossero gli Shards a proseguire.
Ewan non si fece
attendere, segnale che ormai era avvezzo alle interviste e ai trucchi dei vari
giornalisti. «Sì, esatto. È il nostro ultimo pezzo. Lo abbiamo suonato una
sola volta dal vivo, a Glasgow. Si chiama Penelope.» D’istinto sollevò lo sguardo verso la cabina di regia,
dove avrebbe dovuto esserci Amelia, ma il vetro era oscurato e lui riuscì solo
a vedere il suo stesso riflesso. La ragazza, invece, lo vedeva alla perfezione
e si sentì arrossire.
I ragazzi si disposero
nei rispettivi posti mentre la regia mandava un po’ di pubblicità e quando
tornarono in onda il dj presentò il brano e lasciò alla band il giusto
spazio. Penelope iniziò in una versione acustica che tolse il
respiro ad Amelia. La voce calda e piena di Ewan ricamava le parole con
trasporto e lei riusciva a sentirlo prendere fiato a ogni nuova strofa. La
ragazza non poté fare a meno di pensare a tutto ciò che ruotava attorno a
quella canzone. A detta del cantante, Penelope era nata dopo
il disegno che lei gli aveva infilato in tasca durante il loro penultimo
concerto di Glasgow, per tale ragione sentiva di avere un legame speciale con
quel pezzo. Si ricordava ancora come si era sentita la prima volta che l’aveva
ascoltata, quando Ewan, dal palco, aveva detto che quella canzone era dedicata
alla persona che le aveva fatto quel disegno, chiunque fosse. Le era
sembrato che in tutta la The SSE Hydro ci fossero
stati solo loro due, la fan e il cantante. Il brano l’aveva toccata come nulla
prima di quel momento. Aveva sentito di esservi legata, come se parlasse di
lei, come se fosse la sua canzone, quella che racchiudeva nei propri versi la
sua intera vita. Per tale ragione quando il concerto era finito era corsa
a casa, a prendere il tubo di coriandoli che aveva lasciato nella sua stanza
per mesi, decidendo di fare la follia che, alla fine, l’aveva condotta fin
lì. Anche con tutta la spietata onestà di cui era in possesso, non avrebbe
mai potuto dire che sarebbe andata a finire così, né tanto meno che avrebbe
avuto il coraggio di attirare l’attenzione degli Shards a quel modo. Mentre la
voce di Ewan continuava a riempirle la testa con le meravigliose parole di
quella canzone, Amelia capì che se non avesse agito in modo impulsivo quella
notte a Glasgow, lei ora non sarebbe stata lì, ad ascoltare cantare dalla cabina
di regia della BBC radio il ragazzo che, un giorno alla volta, riportava dentro
di lei quei fremiti che sembravano averla ormai abbandonata.
Il suo cellulare prese
a vibrare nella borsa e la sua concentrazione venne meno. Imprecò mentalmente
contro chiunque la stesse chiamando, decidendo di non rispondere. Non voleva
perdersi una sola nota di Penelope, specie in quella versione
acustica in grado di lasciare senza fiato. Controllò per scrupolo chi la
stesse chiamando, ma appena lesse il nome in sovrimpressione capì che non
poteva rinunciare: era Edward Jones.