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Autore: Rebi_7_24    15/12/2018    0 recensioni
Se avesse saputo a cosa stava andando incontro, se qualcuno le avesse detto in anticipo cosa sarebbe venuto poi, se avesse potuto prevedere anche un singolo frammento di ciò che sarebbe diventata la sua vita....
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°°°°°°°°°Dal°°primo°°capitolo°°°°°°°°°°°°
「Quell'amore, si era promessa, avrebbe fatto in modo di guardarlo dritto in faccia almeno una volta. Voleva che lui sapesse. Doveva sapere che, tra l'infinità di gente che lo acclamava, che lo supportava e lo amava, c'era anche lei.」
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....avrebbe desiderato che accadesse molto prima.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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“Idiota. In questo mondo è uccidere o ESSERE uccisi. Perché mai qualcuno dovrebbe darti un’opportunità come questa!?”
In un attimo si ritrovò completamente circondata da quegli strani petali.
L’espressione di Flowey mutò di nuovo, in un sorriso ancora più malato, con occhi neri illuminati solo da minuscole pupille bianche.
“Muori.”
Il cerchio prese a stringersi attorno a lei, e presto l’avrebbe raggiunta. Pensava disperatamente ad un modo per scappare, mentre il fiore la osservava in attesa della sua fine e intanto rideva, rideva di gusto.
Cosa si poteva trovare di tanto divertente della sofferenza altrui? Se lo chiedeva da sempre. Ma era la sua ora, stavolta sul serio, non aveva dubbi. Si accucciò a terra, facendosi più piccola che mai, chiudendo gli occhi aspettandosi il peggio.



Errore suo, o ci stava mettendo troppo?
Sbirciò davanti a sé, appena in tempo per vedere una palla di fuoco colpire Flowey che, scaraventato da tutt’altra parte, svanì.
Al suo posto, si ritrovò di fronte un altro mostro, con sembianze molto più umanoidi. Pareva una… capra… una capra antropomorfa. Era una donna, lo si capiva dai lineamenti del viso. Indossava una lunga veste viola, con rifiniture bianche, maniche del medesimo colore e al centro, sul petto, lo stesso simbolo che aveva visto sulla porta, anch’esso bianco.
Era…molto bella.
Si sorprese a fissarla incantata, fin quando non la sentì parlare.
“Che creatura orribile, prendersela con una povera innocente come te..”
La vide avvicinarsi e tendere una mano verso di lei. Istintivamente si ritrasse, ma la donna le sorrise.
“Ah, non aver paura, bambina mia. Io sono Toriel, custode delle Rovine.”
 
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“Come ti chiami?”
“I-Io.. Mi chiamo Diana.”
“Piacere di conoscerti! E tu, piccola?”
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“Passo di qui ogni giorno per vedere se qualcuno è caduto giù, tu sei la prima umana a venire qui dopo tanto tempo.”
 
 
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“Che bel nome!”
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“Vieni! Ti guiderò per le Rovine”, le porse nuovamente aiuto per rialzarsi e Frisk si lasciò tirare su.
“Da questa parte”, Toriel si voltò e si diresse verso una nuova porta, quasi identica alla precedente.
 
 
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“A questa signorina piacerebbe passare un po’ di tempo assieme?”
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In silenzio, la ragazza la seguì.
Giunsero in un enorme atrio con mura in mattoni e, più avanti, due scalinate laterali che andavano ad unirsi in cima, dov’era situata un’altra porta ancora. Ogni cosa richiamava svariati toni del viola.
 
 
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I muri bianchi con angoli e spigoli delimitati da assi di legno scuro e lucido, stesso materiale che costituiva gran parte dell’arredamento.
Di fronte a lei e ad entrambi i lati c’erano entrare che portavano ad altre zone della casa. Inoltre, sempre li davanti, vedeva due scalinate che, partendo dagli angoli delle pareti, si incontravano in cima, da dove si intravedeva un corridoio estendersi in entrambe le direzioni.
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In alcune zone del pavimento erano ammucchiate delle foglie rosse. Toriel era già accanto alla prossima soglia e l’aspettava per proseguire.
Stava per prendere una delle gradinate, ma la sua attenzione cadde su una piccola luce tra le due. Era molto intensa, e non sembrava provenire da qualcosa, come se avesse un’origine propria.
Incuriosita, tese la mano fino a toccarla e, non appena lo fece, si sentì pervasa da una strana energia. Si sentì come…’ricaricata’.
In ogni caso, Toriel l’attendeva di sopra, quindi si affrettò a raggiungerla.
La stanza a seguire appariva piuttosto spoglia, tralasciando delle specie di pulsanti grigi a terra e una leva dorata sul muro di fronte.
“Benvenuta nella tua nuova casa.”
 
 
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Riusciva solo a pensare: “Questa è Neverland, casa mia”.
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“Consentimi di istruirti sul funzionamento delle Rovine”, la donna camminò su alcuni dei tasti formando una sequenza, dopodiché spostò la leva verso il basso e la porta affianco si spalancò.
“Le Rovine sono piene di puzzle. Si tratta di antiche combinazioni tra passatempi e apri porte. Bisogna risolverli per muoversi di stanza in stanza. Ti chiedo, per favore, di prenderci la mano.”
Si ritrovarono in un altro spazio, stavolta continuo verso destra.
“Per poter proseguire, dovrai attivare molti interruttori. Non preoccuparti, ho evidenziato quelli giusti.”
Passarono per un piccolo ponticello su un vascone d’acqua e Frisk tirò una leva indicata da frecce gialle disegnate attorno ad essa; degli spuntoni in ferro che ostacolavano il passaggio si abbassarono.
“Splendido! Sono fiera di te, tesoro. Andiamo nella prossima stanza.”
 A seguire, vi era solo un manichino (ovviamente non umano).
“Essendo un’umana nel Sottosuolo, i mostri potrebbero attaccarti. Devi essere preparata per questa situazione. Ma non preoccuparti! È un processo semplice. Quando incontri un mostro, entri in battaglia. Quando sei in una battaglia, intraprendi un discorso amichevole. Guadagna tempo, verrò io a risolvere il conflitto. Allenati a parlare con questo manichino.”
La ragazza non sembrava molto convinta ma, d’altronde, chi era lei per sapere come funzionasse da quelle parti? Si piazzò di fronte alla figura. Apriva e chiudeva la bocca, provando a dire qualcosa ma ripensandoci subito dopo. Non aveva idea di cosa dire ad un oggetto inanimato. Guardò Toriel in cerca di un consiglio.
“Ha bisogno di trovare un argomento di conversazione?” Lei annuì.
“Beh, di solito io chiedo ‘come va?’ Gli puoi domandare dei suoi libri preferiti… E le battute sono utili per rompere il ghiaccio. Ascolta questa… Qual è il colmo per uno scheletro?... Avere un amico per le ossa!”
Frisk rimase un po’ perplessa. Adorava le battute tristi, ma quella era davvero pessima. Accennò comunque una risatina per farle piacere, ma la sua vera impressione fu evidente alla donna.
“…Beh, credevo fosse divertente”, sorrise imbarazzata e le indicò nuovamente il manichino.
La ragazza vi tornò davanti e mise insieme qualche parola secondo i consigli di Toriel, che ne fu soddisfatta.
“Ah, bravissima! Sei molto brava.”
 
 
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“Mi insegni il moonwalk?” gli chiese quasi sottovoce, e lui non si fece attendere nel rispondere. Si alzò e le porse la mano per aiutarla. Lei accettò di buon grado, e tutti e tre si posizionarono al centro del palco. Ebbero quindi inizio le lezioni di danza.
Andarono avanti tra spiegazioni, prove, risate e qualche caduta. Michael aveva insegnato loro diversi altri passi, dopo quello iniziale.
Frisk non si divertiva così da… Nemmeno lei ricordava da quanto.
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Passarono oltre.
“C’è un altro puzzle in questa stanza… Mi chiedo se riuscirai a risolverlo da sola…”
Vide davanti a lei una lunga distesa degli stessi spuntoni trovati poco prima. Era quello?
“Questo è il puzzle, ma… Prendi la mia mano per un attimo.”
Delicatamente, circondò le dita della ragazza con le sue.
 
 
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In quel momento non erano necessarie parole che esprimessero le emozioni che la bambina dimostrava con il solo tenere la bocca spalancata, mentre stritolava la mano del cantante.
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La guidò attraverso il puzzle seguendo un preciso percorso, nel quale i ferri si abbassavano al loro passaggio, e arrivarono all’altra sponda.
“I puzzle sembrano essere un po’ troppo pericolosi per ora.”
Il prossimo era un lunghissimo corridoio vuoto.
“Sei andata benissimo fin qui, tesoro. Però… Ho una richiesta difficile da farti. Vorrei che camminassi fino alla fine di questa stanza da sola. Perdonami”, Toriel si voltò e schizzò via, tanto che Frisk la perse di vista in un istante.
Ma non era niente di che passare per un corridoio, quindi semplicemente iniziò a muoversi.
Avanzando, vide un’unica colonna di marmo alla sua sinistra e dalla quale venne fuori la donna. Per poco non urlò dallo spavento.
“Bambina mia, non preoccuparti. Non ti ho abbandonata. Sono stata dietro questa colonna per tutto il tempo. Grazie per esserti fidata di me. Comunque, c’è una ragione importante per questo esercizio. Dovevo testare la tua indipendenza”, Frisk annuì.
“Ho del lavoro da fare, e dovrai stare da sola per un po’. Rimani qui, per favore, è pericoloso esplorare da soli.”
Prima di andarsene, si voltò di nuovo.
“Ho un’idea. Ti darò un cellulare. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami.”
Le consegnò quello che Frisk avrebbe considerato tutto meno che un cellulare. Sembrava più primitivo del fisso dell’orfanotrofio.
“Fai la brava, va bene?” E si allontanò.
   
 
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