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Autore: sidphil    16/12/2018    0 recensioni
Durante la Guerra del Vietnam, Mickey viene arruolato e mandato ad addestrarsi sotto al comando del sergente Ian Gallagher. Ian è un giovane sergente che si preoccupa di conoscere i nuovi arruolati e di farli sentire al sicuro. Ma trova pane per i suoi denti quando si tratta di Mickey.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ian aspirò dalla propria sigaretta e sbuffò il fumo guardandolo dissolversi nell'aria. Di lì a poco l'autobus sarebbe comparso sul sentiero fangoso, carico di nuove reclute, ansiose o terrorizzate di andare in guerra. Scorse il mezzo in lontananza proprio quando il mozzicone cominciò a bruciare un pò troppo vicino alle dita, quindi lo buttò per terra e lo schiacciò con il tacco dello stivale. Si stiracchiò il corpo indolenzito e si avvicinò all'asta della bandiera, assumendo la perfetta posizione da soldato, riaggiustandosi il berretto e allacciandosi i bottoni dell'uniforme fino al collo.
L'autobus si fermò e le porte si aprirono cigolando. Giovani uomini cominciarono a scendere, guardandosi curiosamente intorno per cercare il sergente istruttore. Quei pochi che si accorsero di lui si avvicinarono, seguiti a breve dagli altri. I borsoni, che sembravano essere strapieni, oscillavano sulle loro spalle, colpendo gli uomini al loro fianco. L'autobus si svuotò, lasciando per un secondo tutte le portiere aperte. Ian piegò la testa in un cenno di saluto all'autista e gli uomini rimasero a fissarlo mentre le porte finalmente si richiudevano e il mezzo ripartiva con un'ampia inversione di marcia.
Lentamente, si voltarono tutti di  nuovo verso Ian con un'espressione incerta. Alcuni posarono le borse a terra, altri se le sistemarono meglio in spalla. Solo tre di loro erano sull'attenti ma erano comunque troppo nervosi per sollevare la mano in saluto.
- AT-TENTI!- ordinò Ian.
Scoppiò il disordine. Borsoni caddero a terra e piedi strisciarono sul suolo mentre cominciava a regnare la confusione generale quando nessuno sembrò riconoscere la differenza tra "Attenti" e "Riposo". Uno degli uomini che aveva eseguito la posizione corretta cambiò idea e si mise a riposo.
Ian fece scorrere svogliatamente lo sguardo sulla massa di uomini. Rimase con la schiena dritta, muovendosi a malapena per respirare. -"Attenti" è la posizione del saluto- disse casualmente.
Tutti cambiarono immediatamente. Quelli troppo nervosi per eseguire il saluto lo fecero così velocemente che Ian avrebbe potuto scommettere che il giorno dopo avessero una bruciatura sulla fronte. Alcuni non tenevano la schiena perfettamente dritta e altri avevano l'uniforme così stropicciata da sembrare come se avessero fatto la lotta sull'autobus o prima di salirci.
-Benvenuti- cominciò Ian, pentendosene immediatamente. -Sono il sergente Ian Gallagher. Questo campo, campo Waterloo, è attivo dalla Grande Guerra. Ha preparato soldati che hanno dato la vita per un nemico ancora più grande di quello che affronterete voi. Ha preparato più soldati che sono tornati a casa al sicuro, tutti interi e pronti a continuare con la loro vita che soldati morti per la propria patria. Sono qui per fare in modo che voi rientriate nel primo gruppo. Se mi darete ascolto e vi allenerete come se ne dipendesse la vostra vita, il che in effetti è così, tornerete a casa-
Una risata echeggiò non appena finì di parlare. Inarcò un sopracciglio. -Qualcuno ha qualcosa da dire?-
-Sì- rispose una voce. -Torneremo tutti a casa dentro sacchi per cadaveri, e tu lo sai-
Ian sorrise e annuì. - L'uomo che ha espresso questa opinione avrebbe voglia di presentarsi al resto del gruppo?-
Un fruscio provenì dall'ultima fila e un uomo si fece avanti, i capelli scuri in contrasto con lo sfondo rosato del cielo. Teneva la mano sollevata in un gesto ironico di saluto e si mordeva il labbro per trattenere un sorriso sarcastico. La sua uniforme era smessa e cosparsa di macchie scure, probabili bruciature da ferro da stiro, e il viso era velato da uno strato di sporcizia. Aveva l'aria di essere appena uscito proprio da uno di quei sacchi per cadaveri in cui era così sicuro di finire. - Sono proprio qui, signore-
-Il tuo nome, cadetto-
- Mickey-
Ian scosse la testa. - Solo cognomi qui-
-Milkovich-
-Milkovich- ripetè lentamente. Fece scorrere lo sguardo lungo il suo corpo per poi fermarsi sui suoi occhi incredibilmente azzurri. Il suo ardore non era nulla di nuovo, "rissoso" avrebbe potuto benissimo essere il suo secondo nome, e fu proprio quel sorrisetto spavaldo che cercava di mostrare disinvoltura che gli fece mancare un battito e lo costrinse ad esaminare con più attenzione l'uomo che aveva conosciuto solo attraverso le voci. Annuì, perlopiù a sè stesso, e fece un passo avanti, quasi pestandogli i piedi. Era più alto di lui di almeno dieci centimetri, il che rendeva facile guardarlo come se fosse un insetto che poteva essere schiacciato da un momento all'altro. -Magari potresti preoccuparti di mostrare più rispetto per i tuoi compagni e non diffondere credenze false e maligne su ciò che vi accadrà oltremare-
-Magari potresti preoccuparti di non darci false speranze- lo imitò Mickey.
-Il mio lavoro è quello di addestrarvi abbastanza da permettere al luogotenente a cui verrete affidati di riportarvi a casa vivi- replicò Ian. -E sono molto, molto bravo nel mio lavoro, Milkovich-
-Ah sì?- sorrise Mickey. E' per questo che non sei laggiù a farti sparare addosso dai Charlie? Perchè sei un istruttore così bravo? Hai una cazzo di idea di cosa succeda là e di cosa dovremo affrontare?  E prima di rispondere di sì, sappi che la propaganda dell'esercito non vale-
Ian lo spinse forte facendolo indietreggiare. Mickey ruzzolò contro la prima fila, finendo quasi per terra cadendo sul suo stesso culo, e il sorriso gli sparì dalle labbra come sapone sulla vernice. Occhi azzurri fissarono con aria di sfida quelli verdi di Ian, irremovibili, mentre l'uomo era ad un passo dal tirarsi su le maniche e mettergli le mani addosso. Fu Ian ad interrompere il contatto visivo, guardando invece il resto del gruppo. -Milkovich si è appena offerto di darvi una dimostrazione dei giri di corsa che dovrete fare tra tre settimane quando vi avrò messi tutti in forma- disse sorridendo amichevolmente. Si rigirò verso Mickey. -Dieci giri intorno al campo. Niente pausa, niente acqua-
- Vaffanculo-
-E vuole anche lavare la bandiera del campo- aggiunse. - Personalmente, io non avrei voglia di arrampicarmi sull'asta dopo dieci giri di corsa, ma se lui vuole io direi di accontentarlo-. Tornò a guardare il suo nuovo e decisamente sconfitto cadetto. Represse totalmente quella parte di sè che di solito mostrava ai nuovi arrivati, il calore, l'affetto, quella parte che voleva che si fidassero di lui, quella parte che li avrebbe aiutati a credere di tornare a casa vivi. Se Mickey pensava di essere destinato ad un sacco per cadaveri, Ian sarebbe stato felice di lasciarglielo credere. Sperava solo che quella credenza diventasse una premonizione.
Dopo un momento, Mickey abbassò lo sguardo, perdendo tutta la propria arroganza. Ian sbattè le palpebre, sorpreso nel vederlo arrendersi così facilmente alla sua autorità. Scacciò via quel pensiero e sorrise raggiante al gruppo. -Se volete andare in mensa per fare colazione, andate pure. Lì incontrerete il vostro cuoco, siate gentili. Cucina quello che vuole lui ma potrebbe arrivare a farvi sentire come a casa vostra se gli piacerete-. Gli uomini si dispersero e Ian si voltò di nuovo verso Mickey. -Comincia a correre-
Mickey lo mandò a quel paese e obbedì, mantenendo un ritmo regolare. Ian avvampò per la rabbia ma decise di lasciar perdere.
Dopo due giri, Mickey si tolse la giacca, buttandola da qualche parte sul terreno polveroso mentre Ian stava appoggiato all'asta della bandiera fumando una sigaretta. Lo seguì con lo sguardo: al terzo giro era coperto di sudore. Al quarto, cambiò ritmo, mantenendo quello di una camminata veloce. Al quinto trascinava i piedi con le gambe tremanti, tossendo e leccandosi continuamente le labbra per evitare che gli si spaccassero. Quando si avvicinò all'asta, guardò Ian senza degnarlo di una parola. Ian gli sbuffò il fumo in faccia. -Sei a metà-
Il fatto che Mickey non lo avesse mandato a quel paese di nuovo sarebbe stato un miracolo, se solo Ian avesse creduto che gli rimanesse ancora energia per poterlo fare. Era alla terza sigaretta mentre contemplava quel ragazzino di nove anni che aveva rotto il naso all'insegnante, lo stesso ragazzino che gli avrebbe sputato in faccia piuttosto che eseguire l'ordine e correre. Quando Mickey lo superò per la sesta volta, Ian urlò: -Ti darò una pausa se rispondi ad una domanda-
-Acqua- replicò invece Mickey. Cercò con tutto se' stesso di sembrare minaccioso ma la voce gli morì nella gola prosciugata. Ian scosse la testa.
-Non fa nemmeno caldo-. Mickey gli passò oltre sbuffando.
Il sole invernale sorse, esplodendo in tutta la sua potenza. Gli altri uomini uscirono di nuovo ed Ian fece segno loro di sedersi e restare a guardare. Trentanove uomini obbedirono, dividendosi in gruppetti. Ian memorizzò mentalmente le varie categorie: gli accaniti, quelli che si erano impegnati tutta la vita per riuscire ad entrare nell'esercito; i fuggitivi, coloro che usavano l'opportunità dell'esercito per lasciarsi alle spalle i problemi; gli ereditari, quelli che seguivano i passi del padre veterano di guerra, e i selezionati, coloro che erano stati arruolati dal governo. Mickey si sarebbe adattato bene.
Al nono giro Mickey si fermò momentaneamente per vomitare, facendone finire un pò sugli stivali di Ian. Quest ultimo imprecò sottovoce e rimosse la sigaretta dalle labbra per rimproverarlo, ma il moro se n'era già andato. Ora faceva davvero fatica, senza riuscire quasi a reggersi in piedi, ma nonostante questo proseguì. Ian lo fissò per un secondo per poi ripulirsi gli stivali sull'erba. Era un miracolo che stesse ancora correndo senza che Ian avesse preteso prima delle scuse.
All'ultimo giro, Mickey inciampò e ruzzolò a terra in una nube di polvere. Ian lo osservò poco più in alto dalla posizione in cui si trovava, seduto contro all'asta. I suoi occhi azzurri lo fissarono socchiusi, il sudore che gli colava dalla fronte che ne nascondeva ogni emozione. Allungò una mano con fare incerto e Ian gli passò una borraccia. Ci mise pochi secondi per bere, mettendosi seduto nonostante gli tremassero ancora le gambe. Ian gli avrebbe concesso una pausa ma c'erano ancora trentanove paia di occhi puntati su di lui, trentanove uomini che dovevano imparare a rispettarlo se volevano avere una speranza di poter tornare a casa vivi.
- Non stai dimenticando qualcosa, Milkovich?-. L'uomo fermò bruscamente lo sguardo su di lui e si trattenne dall'istinto di indietreggiare, lasciandosi invece impossessare dalla stessa impenetrabilità di poco prima.
Mickey deglutì e si rialzò con fatica, avvicinandosi poi all'asta e avvolgendole le mani intorno mentre Ian si faceva da parte. Si asciugò i palmi sudati sui pantaloni e ritornò in posizione, cercando con lo sguardo possibili punti di appoggio o su cui far leva, senza trovarne neanche uno. Solo un palo di legno con una corda per tirare giù la bandiera.
-Stai aspettando qualcosa?- lo incitò Ian, senza ricevere risposta. Mickey si sollevò sull'asta, agganciandosi con le gambe deboli per tirarsi su. Quando fu a metà Ian congedò il gruppo per l'ora di pranzo. Li seguì con lo sguardo mentre si avviavano verso la mensa per poi tornare su Mickey. Sulle sue mani erano comparsi dei nuovi segni rossi, distinguibili dai precedenti. Si schiarì la gola. -Puoi scendere, Milkovich-
Nessuna risposta, Mickey diede appena segno di aver sentito. Ian continuò a guardarlo per altri dieci minuti mentre saliva arrancando. Una volta in cima, staccò la bandiera e scivolò giù, pezzi di tessuto dei pantaloni che si staccarono per via dell'attrito con la ruvida corteccia, e consegnò la bandiera quando arrivò a terra.
-Avevo detto che potevi scendere-
-Mi hai detto di prendere la fottuta bandiera e io l'ho fatto- ribattè Mickey.
Ian fece per replicare ma Mickey si stava già dirigendo con nonchalance verso la mensa, come se nulla fosse successo. Camminava lentamente e con andatura instabile ma sembrava essersi ripreso con il minimo sforzo.
Dopo un momento, Ian riagganciò la bandiera e la fece risalire al suo posto in cima all'asta, svolazzante nell'aria. Si ripulì le mani dalla polvere e raggiunse gli altri in mensa per il pranzo.
   
 
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