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Autore: fiona3    17/12/2018    4 recensioni
L'atmosfera natalizia sembra il momento perfetto per fare dei grandi passi...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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…la mutagenesi è un fenomeno che è strutturalmente presente, anche se a bassa frequenza, in tutti gli esseri viventi ed è basato sulle imprecisioni o gli errori di replicazione del genoma durante i processi di divisione cellulare.

Cosa stava leggendo?

Dalla porta chiusa giungevano ovattati gli schiamazzi delle clienti del caffè e, da sotto, filtravano delle lucette colorate ed intermittenti. Sorrise. Anche quell’anno lei l’aveva avuta vinta: aveva convinto tutti ad addobbare un enorme albero di Natale, da tenere nella sala grande, davanti all’entrata, perché potesse rasserenare chiunque vi entrasse. Ed era persino riuscita a convincere Keiichiro ad aiutarla ad avvolgere un filo di luci colorate lungo tutto il corrimano delle scale che, dalla sala, portavano fino in camera sua. “Magari un po’ di spirito natalizio riesce a sciogliergli quel cuore di ghiaccio!”, si era giustificata. Un nuovo ghigno dolceamaro gli si dipinse sul volto, al ricordo dei bisticci che insieme avevano portato avanti dalla fine di ottobre, a causa di quelle decorazioni. In fondo, a lui non dispiaceva l’idea. Ma quello era il solo rapporto che avevano: se non litigavano, lui, per lei, non esisteva. E, a costo di farsi odiare, non riusciva più a fare a meno di quella misera, effimera, evanescente relazione.

Riprovò a concentrarsi.

Le mutazioni vengono poi sottoposte a selezione o dall'ambiente o dall'uomo e, se vantaggiose…

Niente, era inutile.

Era alla terza rilettura (o era addirittura la quarta?) di quelle insignificanti due righe, che non dicevano nulla che già non sapesse e, nonostante tutto, non riusciva ad afferrarne il senso.

“Maledizione…”

Si sfilò gli occhiali, in preda alla frustrazione, abbandonandoli sulla tastiera. Si passò due dita sugli occhi. Poi lo sguardo cadde su quel pacchettino rosa, con un allegro ma elegante fiocco rosso.

Non aveva scelto consapevolmente quei colori: era stato tutto spontaneo. Era stato come ricostruire Ichigo con le proprie mani e cullarsela per qualche giorno.

Quante gioiellerie aveva girato? Aveva perso il conto. Troppo infantile, troppo da “signora”, troppo impegnativo, troppo semplice, troppo appariscente, troppo brutto…

Niente era adatto a lei. Niente era alla sua altezza. Niente riusciva ad esprimere il suo affetto, senza offenderla o spaventarla. E senza farglielo apparire come l’ennesimo scherzo.

Finché non era stato attratto in quel negozietto di bigiotteria artigianale. “Attratto” forse non rendeva bene l’idea della vecchietta che l’aveva arpionato sull’uscio, tirandolo dentro mentre gli urlava in un orecchio “Vieni qui, bel giovane! Ho proprio qualcosa che fa per te: farai un figurone con la tua fidanzata, a Natale!”. Non aveva avuto il tempo di rispondere, in preda alla sorpresa e alla fitta di tristezza che quell’affermazione gli aveva provocato. Magari in un’altra vita… Ma poi era rimasto piacevolmente stupito dall’oggetto che l’esuberante negoziante gli stava proponendo: un ciondolo, o meglio: un filo metallico modellato a formare un gattino seduto. Era lei. L’aveva preso senza pensarci oltre.

Un improvviso infrangersi di piatti riuscì a distoglierlo. Retasu doveva essere nuovamente inciampata su un’acrobazia di Purin. E Mint aveva già iniziato a rimproverarle. Poteva immaginare Zakuro che cominciava silenziosamente a ripulire, mentre Keiichiro aiutava Retasu a rialzarsi e cercava di calmare la ballerina.

Lei ovviamente non c’era. Una scarica gli attraversò le tempie. Avevano litigato anche per quello. Ma non era stato altrettanto divertente. Gli aveva chiesto di uscire prima e lui aveva rifiutato senza nemmeno chiedere il motivo. Lo immaginava, il motivo. Poi, come sempre succedeva, Keiichiro aveva iniziato una delle sue prediche in difesa della rossa e lui si era arreso con un “va bene, va bene!”.

Erano cinque anni, ormai. Cinque anni che si tormentava nel cercare il regalo di Natale che più si confacesse al suo proposito. Ma ogni anno, alla Vigilia, il panico lo travolgeva: “Glielo dirò il prossimo Natale…”.

Cercò di immaginare come sarebbe potuta andare: l’avrebbe costretta a restare per degli straordinari dopo l’orario di chiusura, con la scusa dei suoi soliti ritardi; l’avrebbe aspettata fuori dallo spogliatoio, con il pacchetto in mano, ma di spalle, per nascondere il turbinio di emozioni che - lo sapeva – in quell’occasione non avrebbe saputo mascherare con la solita facilità. Ed avrebbe allungato la mano, porgendoglielo, solo quando l’avrebbe sentita arrivare, annunciata dai suoi passi maldestri e dal tintinnio del campanello, che la caratterizzava in modo così unico.

Un’epifania improvvisa lo lasciò di stucco, facendo svanire i suoi piani. Lei non avrebbe mai tolto il campanellino di Aoyama per indossare il suo gatto. L’avrebbe presa come una provocazione. Si sarebbe arrabbiata. Non avrebbe capito.

Si alzò, raccogliendo la scatolina rosa, ed aprì l’armadio. Spostò le felpe dal ripiano più alto e ne tirò giù un cofanetto di legno. Era all’incirca un anno che non lo riapriva: ospitava quattro pacchetti ancora da scartare. Vi pose anche quello che aveva in mano.

“Glielo dirò il prossimo Natale…”

  
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