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Autore: FreddyOllow    18/12/2018    0 recensioni
Il cielo casca sul mondo ignaro dell'imminente distruzione. La musica del silenzio prepara l'ascesa al caos. Case, strade, città, tutto viene distrutto, bruciato dalle fiamme, disintegrato dalle bombe. L'odio affligge i sopravvissuti e la speranza rincuora i forti. Il cielo dipinge colori tetri, anneriti dal dolore e dal canto di mille tuoni. La terra muore, lacerata dall'uomo avido, corrotto. Sorge una nuova Era, come un alba splendida tra le fessure del male...
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nathan si svegliò nel letto. Gli occhi faticavano ad aprirsi e rimase lì per qualche secondo. Poi si alzò lentamente col busto, rimanendo seduto. Si stropicciò gli occhi. Per quanto aveva dormito? Infine prese gli scarponi di fianco al letto e le mise ai piedi. Poi si alzò e scrutò dalla finestra. Nello spiazzo la gente camminava, parlava e correva verso i parenti feriti. Il cielo era plumbeo con qualche lampo muto all'orizzonte. Uscendo dalla stanza, vide Patrick, a pochi metri da lui, seduto su una roccia. 

Nathan si avvicinò "Patrick!" L'uomo si girò verso di lui. "Che ci fai qui?"
"Stai bene?" Patrick lo squadrò per accertarsi che non fosse ferito.
"Molto meglio di altri..." Nathan sbadigliò e coprì la bocca con una mano "Perché sei qui? Non che mi dispiaccia averti intorno".
"Ieri notte abbiamo sentito degli spari. Così ci siamo organizzati per venirvi in soccorso, ma nessuno voleva partire in piena notte. Abbiamo aspettato il mattino per farlo... Potevamo aiutarvi... se solo avessi convinto un gruppo armato a partire, non avreste perso tanta gente". Patrick abbassò lo sguardo. 
"Incamminarsi di notte è un suicidio" Nathan cercò di tenere gli occhi aperti, ma faceva una fatica assurda.
"Sicuro di stare bene?" Patrick lo guardò negli occhi "Ehi! Stai bene?" Mise le mani sulla spalla di Nathan "Non hai una bella cera".
"Sto bene" Nathan indietreggiò per levarsi di dosso le mani di Patrick "Sei venuto da solo?" L'uomo fece finta di niente.
"Sono venuto con un gruppo armato. Te lo detto prima" Patrick continuò a fissarlo.
"Giusto..." Nathan spalancò gli occhi. Le immagini apparivano annebbiate. Sbatté più volte le palpebre. Poi indietreggiò come se stesse correndo e cadde a terra. 

Patrick si precipitò ad aiutarlo. Nathan vide il suo volto sgranato, la sua bocca gridare, ma non riusciva a sentire niente. Tutto era muto. Tutto divenne grigio, senza colori. Poi l'oscurità. Quando riprese i sensi, non riusciva a muoversi. Era come intrappolato nel suo stesso corpo. Non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. Non sentì nulla per un breve istante. Poi lentamente ritornò l'udito. Sentiva la voce di Patrick e Julien. Suoni distorti, ma con tonalità chiare.  

********

"Al diavolo!" La voce di Patrick era più profonda, quasi penetrante "Non voglio che un altra comunità segua il destino di Rockstod. Siete degli idioti! Completi idioti! Come farete a resistere? Con cosa vi difenderete? Con sassi e bastoni? Non hai scelta, Julien. Dovete venire con noi. Sarete accolti dalla mia comunità. Perché vuoi lasciare la tua gente indifesa? Se stanotte vi attaccheranno di nuovo, non sopravviverete. Lo sai tu, come lo so io". L'udito stava lentamente tornando. Ora sentiva perfettamente i suoni attorno a sé.
"Non lascerò indietro i feriti, Patrick" rispose Julien "Molti di loro vogliono rimanere qui. Hanno figli, padri, nipoti nell'infermeria. Non voglio lasciarli in balia di quei cosi la fuori. Sai perfettamente cosa succederebbe. Lo sai bene, Patrick..." Julien aggrottò gli occhi.
"Vuoi sacrificare l'intera comunità per dei feriti?" disse Patrick "Non hanno scampo, Julien. Sono spacciati! Hai visto le loro ferite? Sono stati morsi e graffiati. Amputare un braccio, una gamba non servirà a niente. Non avete nemmeno le medicine adatte, ne gli attrezzi. Moriranno in preda a convulsione e forse si trasformeranno in Runner. Uccideranno tutti, sempre se stanotte un altra orda non vi attacchi prima". Patrick si accorse che stava urlando e abbassò lievemente il tono di voce.  "Allora come difenderete i feriti?" domandò infine.
"Proprio non vuoi capire" rispose irritata Julien "Molta gente vuole rimanere. Se questo significa morire stringendo le mani a un proprio cario, ben venga. Non posso costringerli a venire con te".
"Non vuoi o non puoi?" disse serrando gli occhi Patrick "Non ti sono mai piaciuto, Julien. Non è una novità. Ma qui parliamo di vite umane. Non sopporto l'idea di vedere brava gente morire per qualcuno già diretto alla morte" Patrick si interruppe e guardò per un momento Nathan "Lo vedi, vero?" indicò Nathan steso sul letto. Lui poteva sentirli bene, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe detto qualsiasi cosa per farli tacere, se solo riuscisse ad aprire gli occhi "Non è stato ferito eppure, in qualche modo, il fetore marcio dei Runner è penetrato fin dentro ai suoi polmoni. Forse tra qualche minuto potresti perdere i sensi anche tu, o qualcun'altro. Questo posto è compromesso. Non potete più viverci".

Julien fissò il viso pallido e sudaticcio di Nathan. Sembrava morto in un primo momento. Il suo lento respiro era impercettibile e il suo battito sembrava immaginario, come se da un momento all'altro dovesse cessare del tutto. Lei buttava spesso gli occhi sul suo petto, per vederlo gonfiare e sgonfiare quel poco che bastava per farla rimanere tranquilla. Era diventato quasi ossessivo controllare il suo respiro. Ma ancora più ossessiva era Eva, che era rimasta con lui tutto il pomeriggio ed ora anche di sera. Se ne stava a disparte proprio affianco a Nathan; silenziosa, immobile, come una delle belle statue greche prebelliche. Ogni tanto accarezzava con la mano il volto di Nathan, ma lui non ne sentiva il tocco. Non sapeva nemmeno che era lì, poiché non aveva mai parlato. Julien e Patrick invece, erano seduti su degli sgabelli vicino alla finestra. Ogni tanto guardavano fuori, ma erano più impegnati a discutere che andare fuori e fare qualcos'altro; aiutare, riparare il cancello o pulire il sangue nero vicino ad esso, che poteva infettare tutti se fosse rimasto lì a lungo; come i corpi che rilasciavano piccole dosi di radiazione che potevano diventare letali, ma quelli erano già stati bruciati a un km di distanza. Se ne erano occupati personalmente Hellis e Cassandra. 

"Allora?" disse Patrick.
"Allora cosa?" rispose Julien.
"Partirete?".
"No".
"Volete morire? Morite allora" Patrick si alzò e uscì dalla stanza.

********

Julien rimase seduta, guardando Eva. Ella si volse, ma non disse nulla. Poi ritornò a guardare il viso di Nathan. Patrick furente, camminava e barbottava fra sé. La gente lo vide, ma con quello che c'era da fare non gli diedero poi tanta importanza. Poi si fermò e voltandosi, andò verso lo spiazzo della comunità. Salì un rialzo in pietra, un piedistallo, dove Julien teneva in suoi discorsi alle persone. E gridò "Ascoltatemi!". Una manciata di persone si voltarono verso di lui "Vi offro una possibilità. Una possibilità per far sopravvivere i vostri cari! Volete davvero che muoiano? Ci tenete tanto a vederli dilaniati dai Runner?" Molta gente si riversò vicino a lui, bisbigliando e guardandosi in faccia confusi. Alcuni scossero la testa, altri serrarono gli occhi. "Vi offro la possibilità di vivere! Di vederli felici e tranquilli nella mia comunità. Noi vi accoglieremo tutti quanti, ma..." Patrick si interruppe per un momento. Julien assisteva alla scena dalla finestra, totalmente indifferente. Infine aggiunse "I feriti non verranno. Non possiamo rischiare". La gente iniziò a parlare tra loro contrariata. "Dovete ascoltarmi. Potete sopravvivere. Potete vivere con noi. Vedere i vostri figli al sicuro. Vederli crescere. Non volete questo?" Molta gente andarò via. Rimasero solo quattro persone, ma non del tutto convinti, infine pure loro andarono via. "Dove andate? Volete davvero morire?!" Tutte le persone tornarono alle loro faccende. Patrick scese dal piedistallo e uscì fuori dalla comunità. Si sedete su una roccia, aspettando l'arrivo di Hellis e Cassandra. In lontananza i lampi squarciavano muti il cielo plumbeo.

*******

"Respira ancora?" disse Julien, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a Eva. Non riusciva a nascondere la sua ossessività. Non aveva lasciato la stanza nemmeno per un secondo perché il suo impulso di controllare che Nathan respirasse, era più forte di tutto quanto. Eva l'aveva capito, ma non aveva detto niente. Iniziò a pensare che Julien fosse innamorata di Nathan per quanto attenzioni gli stava dando. Non era da lei. La conosceva bene. Non si affezionava a nessuno. Non dopo la morte di Scott. Non sapeva che Julien aveva strappato un bacio a Nathan. Se l'avesse saputo, avrebbe reagito d'impulso e forse avrebbe preso a pugni Julien. Ma Eva, non era forte quanto lei. Julien l'avrebbe stesa senza problemi. Era una donna forte, robusta e dalle forme sensuali. Eva aveva solo le forme, non la forza e la robustezza per affrontarla. Era ignara dell'accaduto e forse non l'avrebbe mai saputo. 
"Sì" rispose lei, senza guardarla negli occhi. 
Nathan sentì la sua voce. Fu pervaso da un senso di serenità che si espanse in tutto il corpo. Era felice di udirla. Lei era sempre rimasta lì, ma lui non lo sapeva. Cercò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì. La mano di lei scivolò delicatamente sullo zigomo di Nathan. Una dolce carezza che lui non sentì. Julien assistette alla scena e un formicolio inteso si propagò in testa. Provava una forte rabbia, frustrazione, amalgamata con il rimorso. Non dovevo baciarlo? Perché l'ho fatto? Che stupida che sono? pensò. Trattenne le lacrime e si volse dall'altra parte. Eva era troppo impegnata ad accarezzare Nathan, per notare che la donna forte che aveva sempre visto in Julien, era crollata per la seconda volta. Julien si sedette e guardò dalla finestra. Il cuore batteva impazzito e il nodo alla pancia gli aveva fatto venire un forte senso di nausea. Avrebbe vomitato in quella stanza se non ci fosse stato nessuno. Ma cosa avrebbe vomitato? Ansia? Dolore? Rabbia? Cercò di distogliere il pensiero di Nathan, ma era troppo forte, insistente.

********

Hellis e Cassandra arrivarono a bordo di un Jeep Cherokee nera. Le gomme erano sporche di fango, così come tutta la parte bassa dell'auto. La Jeep si fermò a pochi passi da Patrick. Hellis, che guidava l'auto, abbassò il finestrino impregnato di terra. Ebbe qualche difficoltà nel farlo, ma poi ci riuscì.

"Ehi, tutto bene?" disse Cassandra. Hellis rimase in silenzio, osservando la faccia di Patrick.
"Ti sembra che stia bene?" Patrick era irritato dalla domanda "Mi prendi per il culo?!"
Cassandra sospirò, scese dalla Jeep e andò da lui. Hellis spense il motore. 
"Che succede?" domandò Cassandra "Hanno rifiutato o accettato?".
"Rifiutato" rispose secco Patrick "Sono degli idioti. Vogliono morire insieme ai loro feriti".
"Hanno fatto la loro scelta" Hellis fece spallucce.
"Non capiscono a cosa vanno incontro" disse Patrick "Sembrano accettare volentieri la morte. Non li capisco. Perché vogliono morire tutti?"
"E' inutile pensarci" rispose Cassandra "Noi abbiamo fatto la nostra parte. Hanno scelto di restare. Ora dobbiamo tornare a casa prima che diventi buio".
"Cassandra cuore di pietra" disse sarcastico Hellis; sorrise lievemente.
Cassandra lo fulminò con gli occhi, ma non disse nulla.
"Okay. Sarà meglio andare" rispose Patrick "Vai a chiamare gli altri. Ci vediamo qui tra cinque minuti".
Hellis girò la chiave nel cruscotto e il motore si accese. "Faccio retromarcia" chiuse il finestrino per non far entrare la polvere.
 

********

Patrick e Cassandra entrarono nella stanza in cui si trovava Nathan. Eva e Julien erano ancora là. Quest'ultima sorrise a Cassandra, ma non si alzò per salutarla. Cassandra ricambiò e andò verso il letto in cui era steso Nathan. Eva si alzò dalla sedia e l'abbracciò. 

"Sono felice di vederti" disse Eva "Grazie per aver bruciato i corpi dei Runner" gli sorrise.
"Volevamo dare una mano" rispose Cassandra "Come sta Nathan?"
"Non lo so" Eva si sedette "Respira... Oltre questo non so niente. Non sono un medico" rimase per un momento in silenzio "Patrick ha detto che è il tanfo dei cadaveri l'ha fatto ammalare. Lo pensi anche tu?"
Patrick abbassò gli occhi e sospirò. Nathan stava ascoltando tutto.
"Può darsi..." rispose Cassandra "Ha la febbre, giusto?" con due dita toccò la fronte sudata di Nathan "Se si è ammalato di febbre nera, lui può sentirti, ma non può muoversi".
Eva spalancò gli occhi. Il suo viso assunse un nuovo colorito, più roseo; sulle sue labbra si dipinse uno splendido sorriso. "Davvero?" guardò dapprima Cassandra, poi Patrick e Julien. 

Julien non aveva mai avuto casi di Febbre nera. Nessuno si era mai ammalato, ne aveva visto i sintomi. Patrick aveva ignorato del tutto i sintomi durante il battibecco con Julien, ed aveva dimenticato che Nathan poteva ascoltare. Quando Nathan cadde a terra privo di sensi, Patrick fu il primo a soccorrerlo, ma dopo aver cercato di persuadere Julien e gli altri a partire, si era dimenticato di dire a Julien ed Eva di cosa si trattasse.

Eva baciò le labbra di Nathan. "Mi ascolti, Nathan? Sono qui. Non andrò da nessuna parte. Ti starò affianco finché ti riprenderai".

Julien si voltò dall'altra parte. Un nodo in gola le bloccò un attimo il respiro. Non riusciva a guardarli. Nei suoi pensieri si materializzò il viso sorridente di Scott. Non aveva avuto il tempo di salutarlo, ne di salvarlo. Provò una forte invidia verso Eva. Lei poteva toccare Nathan, aspettare che si riprendesse, dirgli addio qualora fosse morto. "Devo andare" disse Julien, uscendo senza salutare, ne aspettando risposte.

"Ma che gli è successo?" domandò Patrick a Eva, non appena Julien ebbe chiuso la porta.
"Niente. Perché?" rispose lei senza voltarsi.
"La vedo diversa. Le sue parole sono diverse, anche il modo di pensare è diverso".
"Forse è solo stanca. Ieri abbiamo avuto una brutta nottata. Molta gente è morta".
"Pensi che si senta colpevole?" 
"Non lo so" Eva fece spallucce.
Patrick aveva in parte ragione. Julien si sentiva in colpa, ma lottava contro sentimenti contrastanti per Nathan. Eva non sapeva. Patrick nemmeno. Cassandra poteva intuirlo, poiché era brava a capire le persone.
"Credo sia giunta l'ora di andare, Cassandra" disse Patrick.
"Sì" rispose la donna. Eva si alzò e abbracciò Cassandra. "Sei sicura di voler restare?" 
"Il mio posto è affianco a Nathan" disse Eva "Non posso lasciarlo da solo. Fate buon viaggio" poi girò il viso e sorrise a Patrick. Lui annuì. 

Poco dopo Eva rimase da solo con Nathan; gli strinse dolcemente le mani. "Se Cassandra ha ragione, credo tu abbia sentito tutto. Ti prego, Nathan. Svegliati. Tutti noi abbiamo bisogno di te. Julien forse non ci sta più con la testa. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi. La gente si fida di te. Patrick ha tentato di convincere le persone a lasciare la comunità, ma si sono rifiutati" rimase in silenzio qualche secondo "Patrick sostiene che questo posto è compromesso. Io gli credo. Lui ci tieni a salvarci, ma non può salvare chi non vuole essere salvato. Tu puoi fargli cambiare idea. Magari ti verrà in mente qualche idea geniale. Io credo in te. Allora ti prego, svegliati". 
Nathan ascoltò ogni parola e lottò con tutte le sue forza contro il suo stesso corpo. Ma questo, sembrò avere vita propria. Non servì a niente. Perfino il battito del cuore rimase regolare, dopo che ebbe provato una forte emozione di rivalsa in tutto il corpo. Come poteva aiutare se non era neanche in grado di muovere un dito?

********

Julien passeggiò per la comunità. La gente al suo passaggio accennò un sorriso, ma lei non contraccambiò. Era immersa nei suoi folli pensieri; prigioniera del suo passato. Odiava e amava Nathan. Non sapeva come, ma sentiva qualcosa di pesante nel petto; un macigno. Era amore? Gelosia? Invidia? Odio? Forse voleva solamente che Scott ritornasse, che non fosse morto per salvare lei, Nathan ed Eva, che spuntasse dietro un angolo facendola spaventare come soleva fare lui. Ma questo non si avvererà mai e lo sapeva. Faceva di tutto per respingere dai suoi pensieri il viso sorridente di Scott. Non voleva dimenticarlo, ma ricordarlo gli faceva troppo male. Il dolore era insopportabile, penetrante e spezzava ogni sua forma di resistenza mentale. Entrò nella sua stanza arredata in modo spartano, confronto alle altre; una sedia, un letto e un comodino rotto le cui mensole erano a terra da diversi mesi. La stanza era spoglia, vuota, come il suo cuore. Odiava andare a dormire, odiava stendersi in quel letto e ricordare il sapore delle labbra di Scott, il suo corpo su di lei, il suo respiro intenso, la sua voce, i suoi occhi marroni seguire le curve del suo corpo e poi guardarlo negli occhi fino a perdersi in esso. Non aveva mai provato più nulla dopo allora. La sua compassione, era freddezza; la convinzione nel fare del bene come avrebbe fatto Scott. Lei non avrebbe salvato nessuno, nemmeno lei stessa dai pericoli del nuovo mondo, ma si sentiva in dovere di farlo. Per Scott. Lui avrebbe messo gli altri al primo posto ed era morto proprio per questo. Ma cosa avrebbe detto Scott? ripeteva spesso. Non avrebbe accettato il mio suicidio. La mia arresa. Non avrebbe permesso che molassi. Non avrebbe permesso che portassi con me la gente a morire. Ma ora? Cosa dovrei fare Scott? Ora che la gente ha deciso di morire insieme ai loro parenti feriti? Come potrei allontanarli da loro? Non sono nemmeno riuscita ad allontanarti da me? Ogni giorno sento penetrare il ghiaccio nel mio cuore. Le mie braccia si allungano per toccarti e trovano il vuoto. Come posso dimenticarti, Scott? Come?

 
   
 
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