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Autore: vali_    19/12/2018    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Eccomi qui!
Due paroline al volo: intanto spero che il capitolo vi piaccia. C’è tanta roba e c’ho messo tutta l’anima (e forse anche di più) per scriverlo. Spero che il risultato vi sembri soddisfacente. Io ho un’ansia che non vi dico *si nasconde*
Seconda cosa, la prossima settimana Ellie non ci sarà. Ha detto che deve fare l’albero e quindi sarà un po’ impegnata XD no, a parte gli scherzi, evito di ammorbarvi il giorno di Santo Stefano, quindi ci vediamo il mercoledì successivo, ovvero il 2 gennaio :)
Ne approfitto, dunque, per augurarvi buonissime feste! (spero di tornare prima del 2 con una cosina ma ancora non so, quindi mi avvantaggio XD)
Un abbraccio fortissimo, a presto! :**

Capitolo 16: Everything must have an end
 
And how you tried to make it work
Did you really think it could?
How you tried to make it last
Did you really think it would?

 
(Famous final scene – Bob Seger)
 
 
Siede sul divanetto della stanza che finalmente si sono decisi a cambiare, il gomito destro appoggiato sul bracciolo e la mano a sorreggere il cellulare che ha appoggiato all’orecchio. La gamba sinistra piegata su quella destra, ascolta attentamente le parole di Bobby, all’altro capo del telefono.
 
«Quindi non hai consigli? Non… non credi che ci sia altro da fare?»
La voce di Bobby gli arriva stanca, seguita da un grosso sospiro «Figliolo, cosa vuoi che ti dica? Io credo che stiate facendo ciò che è giusto… con una creatura del genere c’è poco da fare oltre ad andare per tentativi e fare appostamenti. Piuttosto, cercate di stare attenti quando lo troverete… Caleb me l’ha descritta come una bestia immonda».
«Sì, anche Ellie» i suoi occhi si posano su di lei che, seduta accanto al tavolo, lo guarda accigliata, le braccia conserte.
Non è stata d’accordo con questa sua scelta di chiamare Bobby e chiedergli un consiglio su tutta questa storia. Dean non ci ha visto niente di male, soprattutto considerando che l’ha fatto spesso anni indietro, ma Ellie non voleva coinvolgerlo e si è arrabbiata, molto più di quanto avrebbe dovuto.

È sempre più nervosa, a maggior ragione adesso che si sente a un passo dal far fuori quel maledetto.
Questo non ha fermato Dean dal chiamare Bobby, però, perché è convinto che abbiano bisogno di tutto l’aiuto possibile per portare a termine questa cosa che si è rivelata decisamente più difficile del previsto – almeno per lui.
 
Sbuffa aria dal naso, stringendo gli occhi con l’indice e il pollice della mano sinistra. «Va beh, se pensi che ce la stiamo cavando bene è già qualcosa».
«Vuoi che venga lì? Avete bisogno di una mano?» a quelle parole, Dean si volta nuovamente verso Ellie che è accigliata, il pugno chiuso della mano destra su cui appoggia la testa, il gomito sul tavolo, gli occhi rivolti su un foglio di carta e un’espressione sconsolata sul volto. Gli farebbe comodo una mano in più, senza dubbio, ma Dean teme che poi lei faticherebbe a perdonarlo se trascinasse Bobby ancora di più in questa cosa. Non si dà ancora pace per aver coinvolto loro, figuriamoci aggiungere un’altra persona a lei cara alla rosa di possibili morti ammazzati da quel mostro immondo.
«No, tranquillo. Ti faccio sapere quando lo facciamo fuori».
«Sì, tienimi aggiornato. E state attenti».
«Come sempre».
 
Chiude la chiamata, appoggiando il telefono sul divano, alla sua sinistra. Sammy, seduto accanto ad Ellie ma girato di spalle, si volta verso di lui «Che ha detto?»
Dean si passa la mano destra sulla bocca «Niente che non sapevamo già. Dice che… che dobbiamo continuare a cercare».
 
Ellie alza la testa e lo guarda male, come a rimproverarlo per averlo chiamato quando non gli ha detto niente di nuovo, ma non pronuncia una sola parola. Dean avrebbe tanta voglia di dirle che l’ha fatto per lei, per accelerare un po’ i tempi di questa caccia che li sta logorando, ma non lo fa quando vede Sam – ancora voltato nella sua direzione con le mani a stringere il bordo della sedia – scuotere lievemente la testa e guardarlo in modo strano per intimargli di non parlare.
Deve aver capito solo guardandolo che stava per fare una cazzata e non c’è da stupirsi: Sammy ha sempre avuto questi “poteri”. Il suo intento è chiaramente quello di non generare un’altra tempesta; effettivamente ne hanno già avute parecchie in questi ultimi giorni, meglio evitare di aggiungerne altre.
 
Ellie si è appoggiata molto a Sam in questi giorni e non solo per farsi aiutare nelle ricerche. L’altra sera, ad esempio, sono stati più di mezz’ora fuori a chiacchierare mentre Dean si faceva una doccia e chiaramente non può che esserne contento. Fortunatamente vanno parecchio d’accordo e stanno legando sempre di più e, sotto questo punto di vista, non poteva desiderare di meglio.
 
Dopo aver mangiato, sono tornati a Walden per riprendere le loro cose e si sono “trasferiti” qui, nel più piccolo motel che abbiano mai visto: è praticamente composto da un solo piano suddiviso in sei o sette stanze che, a giudicare dall’esterno, sembrano una più piccola dell’altra. Quando sono entrati in una di esse, la sensazione è stata pienamente confermata: appena l’ingresso, sulla destra c’è il divanetto su cui è seduto Dean adesso; di fronte, i due letti che sono quasi attaccati tra loro, tanto da fargli rischiare di doverli appiccicare per guadagnare un po’ di spazio. Più avanti, alla sinistra del secondo letto, c’è la porta per il bagno e, in fondo alla stanza, il tavolo di legno chiaro con quattro sedie intorno.
Non c’è neanche un armadio, perciò Ellie non ha potuto perdere il solito quarto d’ora abbondante per togliere tutti i suoi vestiti dal borsone e metterli a posto lì dentro, ma non pensa che l’avrebbe fatto, troppo presa dal provare a controllare le ultime cose prima di stasera, quando riprenderanno l’Impala e andranno a controllare nei posti segnati con le croci rosse sulla cartina. Sono tornati qui apposta.
 
L’atmosfera è parecchio tesa. In un certo senso, Dean si sente come in un film d’azione, quando si percepisce nell’aria che il cattivo è vicino. Forse sono le spalle concentrate di suo fratello a farglielo pensare – perché, a giudicare da come sta piegato in avanti, può già immaginare quale sia la sua faccia: cupa, gli occhi bassi e la fronte aggrottata – o il viso scuro di Ellie che Dean, per certi versi, non riesce a capire. All’inizio, paura a parte, era molto più agguerrita, più determinata a trovare il mostro che ha fatto a brandelli suo padre; ora, nonostante siano sempre più vicini, è più spenta, meno… reattiva di come dovrebbe essere. Dean vorrebbe parlarle e affrontare il problema, perché inizialmente era solo una sensazione che aveva addosso, adesso invece è molto più forte; evita solo perché non vuole un’altra sfuriata, un altro litigio. Non pensa che le faccia bene, soprattutto in un momento delicato come questo.
 
Le sei del pomeriggio arrivano in un battibaleno ed ora Dean è seduto al tavolo insieme a loro, tra Ellie e suo fratello. Osserva le carte sparse lì sopra: tutti gli appunti che aveva raccolto Jim durante le sue indagini, il diario di papà, i nuovi fogli scritti da Ellie, aggiunti alla pila di quelli del padre… è tutto lì, il lavoro di giorni e giorni e Dean, a fissare quelle carte, si sente ancora di più alla resa dei conti. Magari si sbaglia, ma ha questa sensazione addosso che gli dà una grande carica.
 
Guarda suo fratello che ha gli occhi fissi su un paio di fogli, i capelli castani che dalla fronte gli ricadono sul viso. «Che dite, andiamo a mangiare qualcosa? Così prendiamo un thermos di caffè e andiamo a cercare quel figlio di puttana».
Ellie stringe le spalle «Io non ho fame».
Dean la guarda un po’ sconsolato «Non ti fa bene saltare i pasti. E avremo una lunga nottata, non—»
«L’idea mi mette ancora meno fame» inspira forte e lo guarda un po’ mortificata «Non insistere, per favore».
Dean stringe nuovamente le spalle, le labbra tirate in una linea sottile; almeno non gli ha urlato contro. Il suo umore è un’altalena continua, ultimamente, e Dean spera che una volta risolta questa faccenda si torni alla normalità, perché non riesce a starle dietro.
Sicuramente adesso fa così perché, anche lei, non ha voglia di discutere ancora. L’hanno fatto troppo spesso di recente.
 
Segue un silenzio lungo qualche minuto ed è Sam a interromperlo con un paio di colpi di tosse. «Beh credo che dovremmo… pensare a un piano».
Ellie arriccia il naso, stringendo le spalle «Io l’ho già fatto» punta gli occhi su Sam, poi su Dean e viceversa. Prende fiato «La notte che… che papà… » deglutisce, abbassando lo sguardo per qualche istante per poi guardarli di nuovo dopo aver preso fiato «Insomma, noi… noi avevamo deciso di rinchiudere il Formichiere nel capanno del bosco dove vagava. Caleb avrebbe fatto da esca mentre io e papà avremmo aspettato lì per chiuderlo dentro. Poi io mi sarei occupata del bambino e l’avrei portato in salvo, come ho fatto. Anche se non ce la siamo cavata tutti come speravo» si morde le labbra; è visibilmente nervosa. «A parte un paio, i magazzini che abbiamo trovato sono tutti situati nei pressi della riserva [1], per questo ho pensato di procedere così: uno di noi si addentra nel bosco, un altro rimane fuori a chiudere la porta del magazzino per intrappolarlo e il terzo aspetta all’interno, così da cogliere il Formichiere di sorpresa e sparargli una prima siringa piena di veleno. Dobbiamo essere veloci, l’effetto non durerà a lungo».
Dean si lecca le labbra, pensieroso. Sembra un buon piano. Osserva suo fratello Sam, anche lui pare stia riflettendo su ciò che Ellie ha appena detto. Poi la guarda di nuovo «Non mi sembra una cattiva idea».
«Sì, infatti. Spareremo tutti e tre le siringhe. Più veleno avrà in circolo, più rimarrà addormentato» anche Sam è dalla parte di Ellie che annuisce, gli occhi bassi.
 
Dean continua ad osservarla, un’espressione seria dipinta sul volto; sa che quando Ellie fa così ha qualcosa da nascondere e ha paura di scoprire cosa non vuole dirgli.
La guarda alzare la testa, gli occhi ancora rivolti sul legno del tavolo. «Io… io andrò dentro il magazzino. Voglio essere pronta quando lo intrappoleremo e voglio… voglio essere io a farlo fuori».
 
Dean espira dal naso, le labbra strette in una linea sottile. Se lo aspettava, l’aveva capito dal primo momento che hanno intavolato questo discorso che sarebbe venuta fuori una cosa del genere e non sa se arrabbiarsi o provare a capire, perché sa benissimo che Ellie ha assoluto bisogno di avere vendetta e di portarla a termine da sola, ma non vuole che corra alcun pericolo.
Ellie lo fissa e Dean non può continuare a rimanere in silenzio. Stringe la mascella, nervoso, e deglutisce. «Non sono d’accordo».
Lei lo guarda negli occhi «Con cosa? Perché sul fatto che voglio farlo fuori di persona sono irremovibile. Voglio… voglio essere io a stenderlo».
Dean guarda Sammy che, in questo momento, ha la classica faccia da attento a come parli, fratello, perché potresti far scoppiare il finimondo. È d’accordo con lui, per una volta, perciò cerca di andarci piano, ma non può fare a meno di dire la sua perché è una faccenda importante. «L’hai detto tu che quella bestia è veloce e imprevedibile e per di più è fuori controllo. Non possiamo prevedere come si comporterà con—»
«L’alternativa è che io faccia da esca. Dimmi cosa preferisci» non c’è nessuna inflessione sulla sua voce, neanche un tremolio, nulla. È così decisa da mettere i brividi a Dean che deglutisce nuovamente, rendendosi conto che non riuscirà mai a convincerla a cambiare idea. Ellie si avvicina appena, gli occhi decisi nei suoi «Senti, ti… ti fidi di me?» lo guarda così intensamente che Dean si sente quasi tremare. Sposta lo sguardo su suo fratello che ora è più rassegnato che preoccupato e, anzi, ha la netta sensazione che si senta di troppo, perché Ellie lo guarda in modo così intenso, come se vedesse solo lui e nessun altro in questo momento, tanto che Dean si sente quasi in imbarazzo. Deglutisce e la guarda ancora; lei non si muove, ha lo stesso sguardo magnetico rivolto verso di lui che annuisce con decisione.
 
Sì, si fida. All’inizio non sapeva perché uno come lui – che ha sempre diffidato delle persone in generale, soprattutto quelle al di fuori della sua famiglia – stimasse tanto una ragazzina frizzante e stravagante che però sembrava capirlo fino in fondo. Non sapeva perché, ma sentiva che era giusto, che la fiducia cieca che nutriva nei suoi confronti Ellie se l’era guadagnata col tempo e che si meritava qualcosa di così importante e prezioso. Adesso, invece, il perché gli è più chiaro: gli è stata vicina nel momento in cui ha avuto più bisogno di qualcuno, ha saputo sostenerlo quando non c’era nessun altro a farlo e l’ha ascoltato quando Dean si sentiva fragile e solo, quando la mancanza di Sammy l’aveva ridotto allo stremo delle forze. Perciò sì, in un modo molto contorto e forse poco comprensibile, si fida davvero di lei che piega le labbra in un sorriso minuscolo, quasi impercettibile. «Allora… allora lasciami fare. Ho… ho pensato a questo piano da tanto e ho tutto sotto controllo. Non farò nessuna sciocchezza, te lo prometto».
 
Dean stringe appena le spalle; sa di non poterle impedire praticamente nulla: è la sua vendetta ed è giusto che sia lei a compierla, ma non riesce a non preoccuparsi.
Ellie lo guarda ancora, come in attesa di una sua obiezione che, invece, non arriva. L’unica cosa che aggiunge è «Allora sarò io l’esca» e lei lo fissa stralunata mentre Dean le sorride spavaldo, alzando una mano nella sua direzione prima che lei possa dire qualsiasi cosa. «E non accetto un no come risposta».
 
Non prenderà neanche in considerazione l’idea di ripensarci: non è per spirito di sacrificio o stronzate simili che ha preso una decisione del genere, ma piuttosto perché questo è il suo modo di rendersi utile, di proteggere due delle persone che ha più care al mondo. Che non sono molte di più, quindi a maggior ragione deve tenersele strette.
 
Sam prova a intervenire «Ma Dean—» e lui lo blocca subito «Senti, se è pericoloso per me, lo è anche per voi. Non posso sapere cosa farà quel figlio di puttana quando vi vedrà, almeno posso provare a limitare i danni» sorride sghembo, cercando di placare la loro preoccupazione «E poi corro più velocemente di voi schiappette». Nessuno dei due sorride; anzi, Ellie lo guarda più preoccupata di prima e Dean allunga una mano nella sua direzione, per stringerle il polso sinistro «Sammy lo sa e anche tu: ho ucciso cose più grandi di questa, me la caverò».
Il suo sguardo è puramente di rimprovero «Non fare il gradasso. Sei bravo, è vero, ma questa cosa ha fatto fuori papà e anche lui sapeva il fatto suo. Non c’è da scherzare, è pericoloso».
Sorride più convinto «Ce lo hai già detto».
«Sì, ma… ma io non voglio che voi ci rimettiate la vita. Se vi succede qualcosa—»
Dean stringe il suo polso un po’ più forte «Ne abbiamo parlato un’infinità di volte. Andrà. Tutto. Bene». Lei continua a fissarlo non tanto convinta, ma lo è lui per tutti e due. Andrà tutto bene davvero. Deve andare bene, perché se succedesse qualcosa a lei o Sammy sotto il suo controllo non se lo perdonerebbe mai.
 
*
 
La notte è arrivata prima del previsto per Dean. Forse perché, dopo il fatidico discorso tu ti occupi di questo e quest’altro e mi raccomando cerchiamo di uscirne vivi, lui e Sam hanno cenato e, insieme ad Ellie, hanno parlato di argomenti un po’ più leggeri. Innanzitutto per scaricare la tensione – o almeno provarci, che dalla faccia di Ellie si vede lontano un chilometro che è preoccupata perché sta per affrontare qualcosa di grosso – e per non focalizzare troppo l’attenzione su ciò che li aspetta. Si stanno preparando da settimane, deve andar bene per forza. Sanno più cose di quante ne sapeva Jim quando è morto, quindi Dean, in un certo senso, si sente sicuro. Nonostante la paura fottuta che sente alla sola idea che Ellie voglia uccidere quel coso con le sue mani – è vero che cercheranno di addormentarlo, ma non hanno idea di quanto potrebbe durare l’effetto del veleno e, data la velocità di quella bestia, corre un grandissimo rischio ad avvicinarsi tanto –, ha il sentore che ce la faranno. E spera seriamente di non sbagliarsi.
 
Sono partiti con l’Impala già da una mezzoretta. Fortunatamente, Cowdrey non è una metropoli, perciò non sarà difficile perlustrare le zone cerchiate di rosso in tempi utili.
Al suo fianco, come sempre, c’è Sam che, con la cartina spiegazzata in mano, lo guida e dietro Ellie che è rimasta in silenzio da che sono saliti in macchina. Il suo atteggiamento è strano rispetto al solito, ma Dean non può dirle nulla. Sa che è nervosa e che ha paura che finirà male – più per loro che per lei, Dean ne è certo. Spera solo che questo nervosismo non la induca a fare qualche sciocchezza, che sia ferma, risoluta e decisa come è stata nelle ultime cacce, dove Dean ha visto proprio una differenza nel suo atteggiamento nei confronti dei mostri da far fuori. Stanotte a maggior ragione dovrebbe essere aggressiva e non permettere alla paura di paralizzarla; spera vivamente che non succeda, che se la cavi al meglio. Vuole darle fiducia, la stessa che lei gli ha chiesto con quello sguardo sicuro e combattivo. E poi, se qualcosa dovesse andare storto, sarà ben felice di intervenire.
 
Cominciano dal posto più vicino al luogo dell’ultimo delitto. Dean chiude lo sportello alle sue spalle e si guarda intorno: il cielo è una cupola scura sopra le loro teste e il piccolo spiazzo di terra dove ha parcheggiato l’Impala si dipana davanti ai suoi occhi, trasformandosi in un piccolo sentiero che si inoltra tra gli alberi, per lo più alti abeti. [2] Alla sua sinistra, un vecchio capannone dismesso a qualche metro dalla macchina, con il tetto grigio pieno di buchi e la porta scorrevole spalancata che non si sa come faccia a tenersi sulle guide per quanto è malridotta. Un posto perfetto per far fuori un mostro pezzo di merda.  
 
Si dirige verso il bagagliaio e lo apre mentre Sam ed Ellie smontano dall’auto e lo affiancano, gli occhi di entrambi fissi sul doppiofondo aperto e tenuto su da un fucile. Dean apre un sacco marrone chiaro dove prima di partire hanno riposto tutte le armi di cui hanno bisogno e se le spartiscono in silenzio, sapendo già quale spetta ad ognuno. Sam e Dean, oltre alle pistole di sempre, tengono a portata di mano quella per il veleno e un fucile a testa già caricato; Ellie, invece, in più ha il coltello di suo padre che infila nello stivaletto destro. Lo sfoggerà alla fine, per colpire il cuore di quel maledetto e la sola idea gli mette tanta ansia. Non vuole darlo a vedere, soprattutto non vuole scoraggiare Ellie che è determinata a porre fine a questa storia una volta per tutte, perciò non le dice nulla mentre la guarda con la coda dell’occhio, il cuore che gli martella nel petto al pensiero di quanto stanno rischiando. Ricaccia indietro i brutti pensieri – o almeno ci prova – e passa a lei e a Sam le loro rispettive cartucciere piene di un numero imprecisato di siringhe.  
 
Mette il fucile a tracolla e si volta verso Ellie che ha la testa ancora bassa mentre allaccia la sua cintura e vi infila un altro paio di siringhe «Pronta?» lei annuisce senza guardarlo, gli occhi bassi, e Dean sposta lo sguardo sul fratello che lo guarda comprensivo. Ha già capito cosa vuole domandargli e infatti non fa storie quando Dean semplicemente gli chiede «Ti… ti dispiace darci un minuto?»
Sam non dice niente, si limita ad abbozzare un sorriso prima di allontanarsi un po’, accendendo la torcia e incamminandosi più avanti, alla ricerca di qualche traccia.  
 
Quando Sammy è abbastanza lontano da non poterli più sentire, Dean si volta verso di lei e la trova ancora nella stessa posizione, con la testa bassa e gli occhi fissi sul doppio fondo dell’Impala. Le si avvicina e allunga la mano destra verso di lei per sollevarle il mento e fare in modo che lo guardi. Ellie non oppone resistenza e Dean la osserva a fondo, scrutando nei suoi occhi che sono un po’ spenti, stanchi. Non sa cosa darebbe per vederli accesi e brillanti come un tempo, come quando era solo una ragazzina stramba e spensierata – anche se, sotto sotto, bolliva tutt’altro – il cui unico pensiero era quello di rendere orgoglioso quel bastardo del suo papà. Chissà se, una volta chiuso con questo maledetto mostro, tornerà quella di una volta. Dean lo spera con tutto il cuore.
 
Abbozza un sorriso, spostando la mano più su per accarezzarle la guancia sinistra. «Lo sai che andrà tutto bene, non è vero?» Ellie lo guarda senza rispondere, accostando più il viso alla sua mano, come una gatta alla ricerca di coccole. «Stasera o domani o quando sarà, faremo fuori quel pezzo di merda e andremo a festeggiare. Io, te e Sammy, perché filerà tutto liscio. Tutto quanto». Ellie sorride mesta a quelle parole e chiude gli occhi un lungo istante. Quando li riapre non è cambiato niente e continua a non rispondergli, a non dirgli nulla; si limita solo a guardarlo. Dean comprende che è tanto tesa e che l’ansia che sta sicuramente provando, così come la paura di fallire o, peggio, di non trovare proprio il Formichiere, non l’aiuta, così si fa più audace, cercando di trovare le parole giuste per scioglierla un pochino, per tranquillizzarla. Deve stare calma e concentrata se vuole portare a termine questa cosa. Fa un altro passo in avanti, gli occhi di Ellie addosso; le prende le mani tra le sue e le fissa, cercando di farsi coraggio e parlare di qualcosa che voleva dirle da un po’. «Ricordi quando… quando ci siamo scontrati da Bobby e mi accusavi di fregarmene della morte di tuo padre?»
Alza la testa per guardarla negli occhi e la vede annuire e schiudere le labbra per rispondergli. «Dean, ti sei già scusato, per questo e per le altre cose, non c’è bisogno di—»
«Fammi finire» accarezza il dorso delle sue mani con dolcezza, prendendo un bel respiro «Beh, ecco, non è proprio così. Jim non era una delle mie persone preferite al mondo, soprattutto quando ho visto come trattava te e… e di certo l’opinione che avevo di lui non è migliorata quando mi hai detto cosa ti ha fatto. Ed è vero, forse mi dispiace più per quello che stai passando tu che per lui, anche se lo conoscevo da tanto. Ma, se non stanotte, sono convinto che presto avrai la tua vendetta e… » prende ancora fiato, stringendo di più le sue mani, gli occhi di lei attenti e concentrati sul suo viso, le orecchie tese per captare ogni parola «E volevo dirti che ammiro molto quello che stai facendo per lui. E il fatto che tu sia riuscita a perdonarlo nonostante quello che ti ha fatto. Forse non riuscirò mai a capire come hai fatto, ma ti ammiro, davvero» sorride appena e vorrebbe aggiungere qualcos’altro, tipo ripeterle che non deve preoccuparsi perché non ci rimetterà la pelle e neanche Sammy, che staranno attenti e se la caveranno, ma non riesce, e non solo perché Ellie lo guarda intensamente, gli occhi fissi nei suoi. Deglutisce, cercando di allentare il groppo alla gola senza riuscirci e lei non dice nulla, semplicemente si avvicina e si alza sulle punte per poi stampargli un bacio sulle labbra. È il suo modo di ringraziarlo, Dean non ha alcun dubbio a riguardo.
 
Si scosta appena dopo un lungo istante e lo guarda, spostando le mani dalla sua presa e appoggiandole sul suo petto. Si morde le labbra e stringe entrambi i lembi della sua giacca di pelle tra le dita, mettendoli vicini e facendoli combaciare. Non lo guarda, la testa bassa, e a Dean non sfugge che è nervosa, le dita un po’ tremolanti sulla stoffa.
 
La vede sorridere appena «Anch’io devo dirti delle cose» si lecca le labbra «Innanzitutto, grazie per tutta la pazienza che hai avuto con me in questo periodo. Dopo tutto quello che ti ho fatto non meritavo niente, invece non mi hai abbandonata» alza gli occhi e il suo sorriso è un po’ più convinto adesso, ma non troppo «Grazie davvero».

Dean afferra le sue braccia e le stringe. Vorrebbe dirle che ne hanno parlato un milione di volte e che il dolore che sentiva è praticamente sparito adesso, rimpiazzato da qualcosa di più dolce e dal calore del suo affetto e delle sue carezze, che tutto quello che stanno passando insieme ha cancellato tutto, ma c’è qualcosa di strano nel tono di Ellie, nel modo in cui gli sta dicendo quelle cose ed è che vuole porre l’attenzione. «Cosa stai cercando di dirmi?»
Lei lo guarda e nei suoi occhi Dean legge un po’ di confusione, ma poi le si disegna un sorriso mesto sulle labbra «Non ti sfugge niente».
Dean scuote la testa «No, visto che mi stai parlando come se fossi convinta che è l’ultima volta che mi vedi».
Ellie si lecca nuovamente le labbra; il suo sorriso svanisce «Siamo arrivati alla resa dei conti… spero. Voglio far fuori quello schifoso» la sua voce è sicura e incazzata e Dean annuisce, stringendo le sue braccia più forte «E… beh, non so come andrà a finire. Perché voglio farlo fuori ad ogni costo».
Lui dapprima stringe gli occhi, cercando di capire con precisione a cosa sta alludendo, poi li allarga quando comprende quello che vuole dirgli. «No, non ci pensare neanche. Te lo lascerò far fuori, ma questo non significa che ci dovrai rimettere la vita perché farò di tutto per—»
Ellie appoggia una mano sulle sue labbra, zittendolo. «Lo so. C’è la possibilità che qualcosa possa andare storto, però» scosta la mano da lì, trasformando quel gesto in una carezza sulla sua guancia sinistra. «C’è sempre, Dean. Lo devi mettere in conto».
«Non stavolta. Andrà tutto bene e tu tornerai indietro tutta intera, con me e Sam».
«Potrebbe succedermi qualcosa. Fa parte del gioco».
«No, invece».
Ellie sorride appena, una strana tristezza traspare dai suoi occhi «Dean, quel mostro ha ucciso papà. Che speranza ho io di farla franca?»

Gli occhi le brillano di commozione e sbatte le palpebre più velocemente, come se stesse per scoppiare a piangere. Continua a non avere fiducia in se stessa quando ha affrontato cose altrettanto grandi da sola e ora ha chi può aiutarla, perciò deve solo stare tranquilla. Dean sa che questo mostro le fa particolarmente paura perché ha ucciso suo padre, ma ce la possono fare. Hanno fatto un sacco di ricerche e sanno come comportarsi e affrontarlo. È pericoloso, ma staranno attenti.
 
Le prende il viso tra le mani «Tuo padre era un grande cacciatore, è vero. Ma tu non sei da meno» Ellie fa per dire qualcosa ma Dean non la lascia parlare «Ricordi com’eri quando ti ho conosciuta? Sapevi tante cose, ma non avevi idea di come colpire un nemico o come uccidere qualcosa. Avevi tanta grinta, però, e non ti sei data per vita. Guardati adesso: sei brava perché hai dato il meglio di te e hai sputato sangue pur di migliorare e posso assicurarti che ci sei riuscita. Perciò per una volta fidati: non ci succederà niente».
 
Ellie lo guarda, gli occhi ancora lucidi e forse non è convinta al cento per cento, ma sentire quelle parole le ha fatto bene, Dean ne è sicuro.
Annuisce dopo un po’, tirando su col naso. «A prescindere da come finirà, però, io voglio che tu sappia due cose. La prima è che queste ultime settimane insieme sono state bellissime» gli sorride, sincera e un po’ commossa, e Dean sente la vista appannarsi perché glielo sta dicendo come se fosse un addio «Anche se abbiamo litigato qualche volta e gli ultimi giorni sono stati un po’ strani, io… io sto davvero bene con te. E ti sono grata per tutto quello che hai fatto per me. Avrei dovuto accorgermi prima che le cose potevano aggiustarsi se ti avessi parlato, ma ero troppo arrabbiata per ragionare lucidamente. Tu… tu sei una persona splendida, Dean. E sono così contenta che stiamo così, adesso». Sorride ancora e Dean non sa cosa risponderle. Vorrebbe dirle che deve piantarla con queste dichiarazioni da “Titanic [3], che può dirgli queste cose in un altro momento e che adesso deve solo stare zitta e dargli retta, ma è troppo emozionato per spiccicare una sola parola. «E la seconda è che se… se stasera dovesse andare male, devi portarmi dalla mamma» prende un bel respiro, gli occhi ancora più lucidi, e stringe forte i lembi della giacca di Dean tra le dita «Ho sempre pensato che quando arriverà il mio momento è giusto che io mi riunisca a lei. Non importa come, ma devo tornare da lei. È quello il mio posto».
Sta dicendo queste cose con una lucidità impressionante; chissà da quanto le pensava, da quanto ha nella testa queste maledette idee. «Smettila con queste stronzate».
Il suo tono è duro, ma lei non si scompone «No, Dean, è importante che tu lo sappia. Perché col lavoro che facciamo potrebbe succedermi in qualsiasi momento» è troppo calma e lui vorrebbe solo urlarle di smetterla «Devi portarmi dalla mamma e trovarmi un posto accanto a lei. E me lo devi promettere».
«Col cazzo. Tu uscirai da quel maledetto capannone tutta intera, con me e Sam».
«Promettimelo e basta. Per favore».
Dean distoglie lo sguardo, buttando fuori l’aria dal naso. Nonostante capisca la sua richiesta e ciò che gli sta chiedendo, non può farle una promessa del genere perché non può neanche pensare ad una simile evenienza e non fa in tempo a risponderle che i passi di Sam lo distraggono, facendogli alzare la testa nella sua direzione. Non è mai stato tanto felice di vederlo.  
 
Suo fratello ha un’espressione piuttosto enigmatica, ma tendente al preoccupato «Scusate, ho trovato una cosa… venite a vedere».
Dean si volta per un attimo a guardare Ellie che ha gli occhi sorpresi; chiude il bagagliaio, la prende per mano per infonderle un po’ di tranquillità e si dirige verso il fratello.
 
Ellie è al suo fianco quando, pochi secondi dopo, Sam illumina qualcosa a terra che Dean riconosce essere un’impronta: la forma scavata nel terreno è quella di una bestia piuttosto grande, con le unghie lunghe – tanto che se ne vedono le tracce sopra le quattro dita, un po’ come succede ai cani – e la pianta piuttosto larga. Seguono Sam che si allontana un altro po’, tenendo la torcia puntata sul terreno e ne illumina altre a qualche centimetro di distanza.
 
«Ne ho trovate altre più avanti. Credo si sia inoltrato nel bosco».
Sam lo guarda e nel suo sguardo c’è la stessa consapevolezza sua e di Ellie, qualcosa che cresce quando sentono un verso simile a un ululato risuonare tra gli alberi, come un lamento gridato. Ellie stringe la sua mano più forte e Dean fissa suo fratello, mordendosi le labbra.
 
Dopo tanto cercare, finalmente hanno fatto centro.
 
*
 
Cammina veloce senza badare troppo al rumore che provoca o a ciò che calpesta.
 
Con il lettore EMF stretto nella mano destra puntato di fronte a lui e gli occhi ben aperti, Dean si muove velocemente tra gli alberi, cercando di percorrere un sentiero che lo porti dritto tra le fauci del Formichiere. Si fa luce con la torcia che tiene nella mano sinistra e non si cura di spegnerla per dare meno nell’occhio.
L’idea è proprio quella di farsi trovare e di correre il più velocemente possibile, poi, per non farsi raggiungere. La pistola carica di una siringa piena di veleno è infilata nel dietro dei pantaloni e pensa che sarà utile per stordire il mostro inizialmente, così da farlo incazzare e, al contempo, da rallentarlo un po’, data la sua innata velocità.  
 
È un piano studiato troppo nel dettaglio perché possa fallire, c’hanno lavorato fino alla nausea, per questo Dean è convinto che le cose andranno bene, che ne usciranno tutti e tre sani e salvi.  
 
Continua a camminare, la torcia ben in vista che gli illumina la via e l’EMF che non dà segnali, segno che il Formichiere è ancora lontano.  
 
Ripensa alle parole di Ellie di poco fa che l’hanno spaventato abbastanza. Lei sarebbe pronta a sacrificarsi per onorare suo padre, per rendergli giustizia, e questo è un gesto nobile, davvero, ma Dean non ha alcuna intenzione di seppellirla. È ancora giovane, ha tutta una vita da vivere – possibilmente insieme a lui, anche se è un pensiero che lo spaventa un po’ e che non esprimerà mai a voce alta – e se l’è cavata altre volte, perciò lo farà pure stasera. Dean ci vuole credere, non vuole avere alcun dubbio a riguardo perché altrimenti si farebbe prendere dall’agitazione e sarebbe solo peggio.
La regola numero uno per ogni buon cacciatore che si rispetti è “mantenere la calma in ogni situazione”, soprattutto quelle più avverse perché è solo col sangue freddo che puoi uscirne più o meno illeso. Anche stavolta, quindi, è ciò che ha intenzione di fare: stare il più tranquillo possibile. E per fare questo, tra le altre cose, deve concentrarsi e non pensare che Ellie e Sam sono praticamente da soli ad aspettare un mostro veloce e incazzato. Fortunatamente lui arriverà insieme a quel coso merdoso e la cosa già lo tranquillizza il tanto che basta.
 
Al contrario di Ellie – che, nonostante sia molto migliorata dalle prime cacce, è comunque più inesperta –, Dean non ha troppa paura per Sam. Non perché non tema che si faccia male o non sia preoccupato, ma perché è praticamente cresciuto in questo mondo – anche se poi è voluto scappare per un po’ – e sa meglio come comportarsi. È meno probabile che agisca d’impulso, insomma. Di certo è quello che spera Dean, che non vuole assolutamente farsi prendere dall’ansia anche per lui in un momento simile.  
 
Sospira forte, intenzionato a scacciare quei pensieri, e cammina ancora a lungo, facendosi strada tra gli alberi. Cerca di seguire la direzione da cui proveniva quel lamento, ma non è affatto semplice. Forse di giorno si sarebbe orientato meglio, ma l’unico momento della giornata in cui è possibile cogliere di sorpresa quel verme e sperare di uscirne vivi è la notte, perché gli occhi del Formichiere vedono di meno al buio, perciò non avevano alternative.  
 
L’EMF non dà alcun segnale, è tutto morto, fino a quando si inoltra in un altro sentiero e le prime due lucine su cinque cominciano a illuminarsi di rosso, seguite dal solito suono di allarme.  
Dean sorride tra sé – Bingo – e cammina più veloce, seguendo la direzione che l’EMF gli indica con il suo gioco di luci rosse che si accendono o spengono a seconda se il nemico è più lontano o vicino. È un po’ come urlare acqua o fuocherello quando si cerca qualcosa. [4]
 
Va ancora avanti, il segnale che si fa sempre più intenso, pregando di ricordarsi almeno un po’ il sentiero percorso finora. Ha cercato di andare sempre nella stessa direzione, così da non rendere troppo complicato il ritorno, ma non è sicuro di averlo fatto bene e cerca di distrarsi da quel pensiero, arrivato nella sua testa quando il mostro è troppo vicino per rifletterci su. Se la caverà, in qualche modo. Prosegue ancora e deglutisce, cercando di riacquistare serenità e non fa in tempo a soffermarsi troppo a lungo a pensare che le cinque lucine sono tutte accese e la piccola sirena d’allarme diventa continua. Un lamento – molto più forte di quello che aveva sentito quando era ancora con Sammy ed Ellie – gli arriva alle orecchie e Dean alza la testa, fissando un punto di fronte a lui e trovandosi faccia a faccia con il bestione che prima d’ora aveva visto solo nella raffigurazione trovata da Sam. A poco più di un centinaio di metri da lui, gli occhi arancioni iniettati di sangue, due grosse zanne fuori dalla bocca, il naso simile a quello di un drago – o almeno come Dean ne immagina uno – e due piccole orecchie appuntite sopra la testa, il Formichiere lo fissa sbuffando aria dal naso, qualcosa che Dean percepisce come una piccola folata di vento, tanta è la forza che mette nel buttarla fuori.
 
Mette l’EMF nella tasca posteriore dei pantaloni lentamente, facendo qualche passo indietro. Sorride spavaldo, cercando di mascherare il nervosismo «Ehi, bruttone» afferra la pistola carica e la sfila dai pantaloni, continuando a indietreggiare lentamente per poi puntarla contro il Formichiere «Perché non vieni a prendermi?» spara e spera solo di aver mirato bene, proprio in mezzo a quegli occhi storti che si ritrova, perché non appena lo fa comincia a correre, sperando di aver acquistato con questa mossa almeno qualche secondo di vantaggio e di averlo rallentato un po’.
 
Continua a correre e mentre lo fa estrae un’altra siringa dalla cartucciera legata intorno alla vita per poi inserirla nella pistola, pronta a spararla in caso di necessità.
Un altro lamento gli giunge alle orecchie e Dean corre ancora, rendendosi conto velocemente che il mostro è già alle sue calcagna. Merda.
Si volta un istante solo per sparare ancora e va avanti, sentendo il petto alzarsi e abbassarsi furiosamente, il respiro terribilmente pesante. Non può permettersi neanche di pensare di fermarsi adesso, nonostante abbia corso così forte da sentirsi già quasi al limite, ma il suo spirito di sopravvivenza ha la meglio e Dean continua a correre come un pazzo tra gli alberi, riuscendo a sparare un altro paio di siringhe – una delle quali non riesce a centrare l’obiettivo, però – e a rallentare il Formichiere il tanto che basta per riuscire ad arrivare sano – anche se con mezzo polmone in meno – alla porta del capannone dove c’è Sam ad attenderlo.
 
Gli dà un’occhiata veloce: è in piedi accanto alla grande porta scorrevole, l’espressione concentrata di chi è pronto a qualsiasi cosa e Dean gli fa l’occhiolino prima di entrare e nascondersi sul lato destro dell’ingresso, appoggiandosi al muro e chiudendo gli occhi per una manciata d’istanti, cercando di ritrovare un minimo il respiro.
Quando raddrizza la schiena e li riapre, trova Sam sull’altro lato della parete, alla sinistra del grosso portone, nascosto in modo da non farsi beccare dal mostro così in bella vista; toccherà a lui chiuderli dentro, trascinando il grosso portone di ferro fino all’altro lato mentre Dean, ancora una volta, dovrà distrarlo così da permettergli di svolgere il suo compito. Cerca con gli occhi anche Ellie, che è in fondo al lungo stanzone praticamente vuoto, con la maggior parte delle finestre che ne costeggiano le pareti rotte e qualche vecchio strumento da lavoro parcheggiato agli angoli. È nascosta dietro a un paio di attrezzi arrugginiti: lo fissa con uno sguardo quasi incredulo, così pieno di sorpresa mista a gratitudine e Dean le sorride, tentando di rassicurarla e di dirle che sta bene.
 
Il tempo di rilassarsi non è molto, però. Dean carica nuovamente la pistola – e spera che le scorte di Ellie e Sam bastino, perché le sue non dureranno per molto se il mostro non avesse voglia di cedere – e si mette in posizione, perché, come previsto, nel giro di poco il Formichiere sfreccia all’interno del capannone, inseguendo l’odore di quella che crede essere una sua preda. È lui, in realtà, ad essere in trappola e Dean si muove verso il centro della stanza e gli si avvicina, un sorriso spavaldo a incorniciargli il volto.
«Cercavi me?» il mostro si guarda intorno e, quando lo trova, Dean allarga il sorriso ed è pronto quando il Formichiere scatta in avanti per aggredirlo. È più lento di quando l’ha incontrato nel bosco, il veleno deve aver fatto almeno un po’ di effetto, per fortuna.
 
Dean gli spara nuovamente e il Formichiere accusa il colpo, piegando quel brutto collo rugoso che si ritrova, ma non si ferma e, anzi, avanza, prima che un grosso tonfo – quello del portone scorrevole che Sammy è riuscito a chiudere – lo distragga nuovamente. È frastornato e visibilmente disorientato e il fatto che ora anche suo fratello ed Ellie siano usciti allo scoperto per sparargli a loro volta altre dosi di veleno non lo aiuta.
 
Dean sorride ancora, soddisfatto del risultato che stanno ottenendo e guarda Ellie che, a qualche metro di distanza da lui, ha la pistola alzata e gli occhi pieni di fuoco e rabbia, qualcosa di così intenso che non le aveva mai visto in volto.
 
Quando hanno litigato, suo padre John l’aveva criticata – tra le altre cose – perché era una debole, perché addirittura provava pietà per le creature che cacciavano. In parte, probabilmente, aveva ragione, ma a ripensare a quelle parole in questo momento Dean si rende conto di quanto Ellie sia agguerrita contro la bestia che gli ha portato via l’ultimo pezzo della sua famiglia. Non è così con tutti e, anzi, probabilmente quando smaltirà questa rabbia tornerà a dubitare di questo mestiere e ad essere attenta a cosa c’è da uccidere, ma in questo momento Dean non può che essere fiero di lei, perché ce l’ha messa tutta per arrivare fin qui e, finalmente, riuscirà a pareggiare il conto in sospeso che più l’ha tormentata.
 
*
 
Le labbra strette tra i denti e una rabbia cieca che le scorre nelle vene, Ellie fissa il muso del Formichiere e lo guarda negli occhi mentre gli spara un altro colpo. Ricarica velocemente la pistola inserendo un’altra siringa, spara ancora per un altro paio di volte e così fanno anche Sam e Dean finché quest’ultimo non le finisce e spiana il fucile, in caso ce ne fosse bisogno.
 
Fortunatamente non è così, perché il Formichiere cade a terra sotto gli occhi vigili di Ellie che lo fissa con orrore e odio. Vorrebbe non provare pietà per questa bestia, vorrebbe godere della sua disfatta proprio adesso che è lì, stesa al suolo apparentemente senza un minimo di forza e le sembra quasi troppo semplice quando estrae il coltello d’acciaio – quello di papà, colui che è morto per portare a termine questa missione quasi suicida – e si avvicina velocemente, approfittando dello smarrimento della creatura così imponente e in questo momento così fragile davanti ai suoi occhi.
Impugna il coltello con entrambe le mani e non riflette troppo a lungo quando, come un automa addestrato, alza le braccia e si sporge in avanti per bucare il petto del Formichiere colpendolo al cuore. Il mostro spalanca gli occhi ed Ellie lascia la lama lì per poi allontanarsi di qualche passo, fissandolo mentre si lamenta, in preda agli spasmi.
Il suo supplizio non dura molto: ha tanto di quel veleno in corpo che, unito alla ferita al cuore che gli ha dato il colpo di grazia, nel giro di pochi secondi smette di muoversi e si accascia definitivamente, gli occhi arancioni ora spenti e vitrei.
 
Ellie continua a fissarlo, le mani strette a pugno. Una mano le accarezza la spalla sinistra; sa che appartiene a Dean e che questo è il suo modo di congratularsi con lei, di dirle che ha fatto un buon lavoro quando lei, in realtà, raramente si è sentita più uno schifo.
 
Si allontana di qualche passo da Dean, avvicinandosi di più al cadavere per osservarlo meglio.
Ha desiderato per settimane questo momento, eppure è stato troppo veloce, troppo semplice, non così soddisfacente come sperava. Credeva che avere vendetta gli avrebbe riportato indietro un po’ della serenità perduta, ma non sente niente, nemmeno un briciolo di contentezza nel suo corpo stanco e spossato dalle lunghe giornate di caccia e ricerche.
Fa qualche passo in avanti, avvicinandosi nuovamente al mostro che ha appena fatto fuori e si abbassa per estrarre dal suo petto il coltello pieno di sangue. Si alza in piedi ma rimane a fissarlo e ne osserva ogni millimetro, cercando di imprimere nella mente tutti i dettagli, di mettere a fuoco ogni cosa del bastardo che gli ha portato via l’unica cosa che assomigliava a una famiglia, l’unico pezzo che le era rimasto.
Nessuno sa quanto ha faticato a farsi accettare da quell’uomo, a provare ad essere una figlia per lui e non un semplice sacco di pulci da portarsi appresso per dovere, per una promessa – se così la si può chiamare – fatta a una donna in fin di vita che si era scopato anni prima. Ellie non ha mai parlato di sua madre con lui, ma sapeva benissimo che era esattamente questa l’opinione che lui aveva della mamma, anche se per lei non aveva importanza.
 
Gli ha perdonato tutto, anche questo. Gli ha perdonato i silenzi, l’indifferenza, tutte le volte che l’ha lasciata con Dean perché si era stancato di averla intorno, perché Ellie sapeva che quei tre anni in cui l’ha tenuta sotto una campana di vetro servivano solo per farle imparare le basi di un mestiere complicato quanto imprevedibile. Non per affezionarsi a lei, a quella figlia perduta che non ha mai voluto; per quello Jim Davis non ne ha mai avuto davvero l’intenzione. E forse è successo, alla fine, quando è stato costretto a passare del tempo con lei che non voleva altro, solo farsi conoscere e apprezzare e voler bene da quel padre che aveva sempre desiderato avere nella sua vita.
Una parte di lei sapeva benissimo che le cacce con John Winchester erano ordinarie, niente di speciale, solo un modo per affidarla a qualcun altro, ma non le importava perché per una volta, dopo tante discussioni e attriti, aveva creduto di poter costruire qualcosa con quell’uomo schivo.
 
Gli ha perdonato anche quello, così come le botte, nonostante a volte, quando si passa le dita su quella cicatrice che le ha lasciato, senta la pelle bruciare al pensiero che l’uomo che più di tutti avrebbe dovuto proteggerla le ha lasciato quel segno, un marchio indelebile, qualcosa che si porterà addosso per tutta la vita, uno dei motivi per cui non riesce più a lasciarsi andare con l’unica persona che la faccia sentire viva davvero. Non ancora, almeno.
 
Sente la sua voce chiamarla in lontananza – così bassa e calda, la cosa che più ha il sapore di casa e affetto –, ma non ha intenzione di raggiungerlo, non adesso. È ancora troppo impegnata a fissare quel corpo inerte, senza vita, e a pensare alla sua, di esistenza, a tutto quello che quel maledetto gli ha portato via.
 
Ellie ha passato gli ultimi due mesi a cercare e sperare di ottenere vendetta, ma la sensazione che prova adesso a guardare quel cadavere non le dà nessun conforto, nessun appagamento, nessuna pace.
È stato diverso quando è morta la mamma: adesso aveva davvero qualcosa contro cui scaricare tutta la rabbia, ma ciò che è successo stasera non l’aiuterà a dimenticare, non le ridarà indietro quello che ha perduto per sempre.
 
Si chiede come facciano i Winchester ad aver sacrificato le proprie vite, tutto quello che avevano, per inseguire qualcosa che li porterà alla morte o che forse non troveranno mai. Si domanda se per loro è diverso, se riusciranno a trovare la pace che Ellie avrebbe voluto sentire. Non è mai stata una persona vendicativa, ma era così accecata dal dolore e dal senso di colpa – di non essere intervenuta in tempo e di averne perso tanto prezioso – da pensare che sarebbe stata meglio, poi.
Non è così, non adesso.
 
È stata fredda, spietata, più di quanto non sia mai stata da che ha intrapreso questa strada e pensava che fosse giusto, che avrebbe ottenuto un po’ di pace perché, sicuramente, questo è ciò che suo padre avrebbe voluto: finire il lavoro. È di questo che si è trattato, stanotte, di portare a termine qualcosa che lui aveva dovuto lasciare a metà a causa della sua dipartita. Niente di più.
 
Fa qualche passo verso quella figura esanime, il rivolo di sangue che gli scende dalla bocca e la colpisce con un piede, quasi per sbaglio. Il corpo del Formichiere non si muove ed Ellie lo colpisce di nuovo, stavolta con più convinzione, finché non comincia a farlo sempre più forte, a sferzargli calci sulle costole e sulle zampe e il mostro è morto e non può più farle del male, ma lei vuole farne a lui e vorrebbe odiarlo di più perché le ha portato via l’ultima cosa che poteva essere una famiglia per lei, l’unica persona che ne aveva più o meno le sembianze.
 
Alcune lacrime le scendono dagli occhi appannandole la vista, ma Ellie non le toglie nemmeno e si abbassa per sferzare pugni al muso di questa bestia facendosi anche male alla mano destra, ma non le importa niente del dolore fisico, perché l’unica cosa che vorrebbe sentire è qualcosa di appagante al centro del petto, la sensazione calda di aver fatto di più che aver semplicemente finito il lavoro.
 
Gli dà un altro paio di pugni finché un paio di braccia la prendono e la portano indietro. Ellie tenta di divincolarsi mentre lui la chiama, chiedendole di calmarsi – la voce ferma e pacata, una carezza sulla sua pelle. Non vuole ascoltarlo, però, e lotta con lui senza guardarlo perché non deve rimanere niente del figlio di puttana che gli ha ammazzato suo padre, neanche una briciola. Forse allora si sentirà davvero soddisfatta, forse troverà la pace che cerca.
 
Gli urla di lasciarla, ma Dean non cede e alla fine è lei a lasciarsi vincere e si abbandona contro di lui che la stringe forte – le mani ad accarezzarle il capo, la voce pari a un sussurro che la prega dolcemente di calmarsi. Si volta e si aggrappa alla sua camicia per poi nascondersi contro la sua spalla e lasciarsi andare a un forte pianto.
 
*
 
Il sangue non va via. Macchia le mani e rimane addosso anche per qualche giorno nonostante ci si passi l’acqua di continuo.
 
Ellie è davanti al lavandino da quasi un quarto d’ora, a cercare di togliere quelle macchie – e quell’odore, così fastidioso e nauseante – da sotto le unghie e dalla pelle.
Non si era neanche accorta di essersi sporcata così, prima. Quando è riuscita a calmarsi e a smettere di piangere, i ragazzi l’hanno esortata a liberarsi del cadavere del Formichiere, così da cancellare ogni traccia del loro passaggio come ogni volta. L’hanno cosparso di benzina e gli hanno dato fuoco, rimanendo poi a contemplare le fiamme ardere e quel corpo squamoso diventare cenere. Anche se, in realtà, neanche quello ha aiutato Ellie a sentirsi meglio.
 
Chiude il rubinetto e smette di sciacquarsi le mani. Adesso le sembrano più pulite e chiude gli occhi, appoggiandosi al bordo del lavandino sospirando forte. Si sente stanchissima, la testa pesante affollata da una miriade di pensieri.
 
Le è dispiaciuto farsi vedere in quel modo prima, in quel magazzino, ma non è proprio riuscita a trattenersi. Non le è mai piaciuto che gli altri la vedessero piangere; Dean, in fondo, un altro paio di volte si è imbattuto in una scena simile e con lui Ellie si vergogna di meno, ma con Sam non è così e non voleva fare la parte della frignona. Lui è stato molto carino, però: le ha chiesto più volte se aveva bisogno di un fazzoletto e ha cercato di parlare per tutto il viaggio di ritorno dal magazzino al motel per cercare di distrarla. Lei non ha risposto a tutto e per lo più è rimasta ad ascoltare lui e Dean parlare tra loro, ma ha apprezzato molto il gesto.
 
Dopo aver bruciato il cadavere di quel mostro, infatti, sono tornati qui. Ellie si è chiusa subito in bagno; voleva farsi una doccia, per distendere i nervi e togliersi l’odore di caccia di dosso, ma ha finito col provare a lavare via tutto con un po’ di olio di gomito.
 
Non si vergogna di quello che ha fatto, della crudeltà che ha riservato a quel maledetto sacco di pulci che gli ha strappato via il papà. Solo non pensava di riuscire ad essere tanto spietata, ma è stata la rabbia a guidarla fino a farle conficcare quel coltello sempre più a fondo, finché non è riuscita a strappare di netto la vita di quell’essere.
 
Non si è sentita forte o potente. Crede di aver fatto il suo dovere e questo le basterà per andare avanti. Vorrebbe solo pensarci domani, che adesso è troppo presto e non le va di rimuginarci su, ma non sta riuscendo tanto nell’intento.
 
Si guarda intorno: l’ambiente che la circonda non è esattamente il più pulito e grande che abbia mai visitato, ma deve accontentarsi, considerando che altre volte hanno trovato di peggio.
È più lungo che largo: la porta bianca alla sua sinistra, dietro di lei la vasca adibita anche a doccia, circondata da una tenda verde chiaro che stona un po’ con il color bottiglia delle mattonelle; alla sua destra il water. Di fronte, sopra il lavandino, uno specchio che evita di guardare per troppi secondi di fila. Non è sicura che l’immagine che vi è riflessa le piaccia, stasera.
 
Al di là della porta, qualcuno bussa un paio di volte. Ellie sa perfettamente di chi si tratta – Sam si è buttato sul suo letto non appena sono tornati; era davvero sfinito – e mormora un «Avanti» che viene accolto immediatamente, in quanto Dean entra nella stanza con un sorriso mesto e gli occhi pieni di preoccupazione.
Si chiude la porta alle spalle e le si avvicina; Ellie afferra un asciugamano e tiene la testa bassa mentre strofina le mani con forza, cercando di togliersi almeno quel fetore di dosso.
 
Le tocca una spalla e la spinge a voltarsi verso di lui. Ellie lo scruta velocemente, stanca; vorrebbe dirgli che va tutto bene e dargli qualche rassicurazione, così magari smetterebbe di guardarla in quel modo, con tutta quell’apprensione così percepibile nel verde meraviglioso dei suoi occhi, ma le parole non le escono dalla gola e si limita ad appoggiarsi con la schiena al bordo del lavandino, sviando lo sguardo.
 
Dean si posiziona di fronte a lei «Non vieni a dormire?» che annuisce «Tra cinque minuti».
Tiene la testa bassa, appoggiando l’asciugamano sul lavandino e portando istintivamente la mano sinistra su quella destra che le fa un po’ male – il muso del Formichiere era un po’ troppo duro e si è accorta del nuovo gonfiore da che è salita in macchina. Dean parla prima che possa farlo lei. «Stai bene?»
Ellie stringe le spalle «Volevo farmi una doccia, ma… ma non mi va. Sono troppo stanca» continua a massaggiarsi la mano quasi involontariamente e Dean deve accorgersene, perché allunga la destra verso la sua per afferrarla. Ellie alza lo sguardo su di lui per capire le sue intenzioni.
Dean la fissa attento, muovendo il pollice sul dorso dolorante «Ti sei fatta male?»
«Un po’. Adesso ci metto una pomata e poi vengo a letto».
 
Il suo è un invito a uscire e ad aspettarla fuori, ma Dean non sembra intuirlo o curarsene perché guarda sul mobiletto posto proprio accanto al lavandino e deve notare il piccolo astuccio arancione dentro il quale Ellie tiene gli strumenti per le medicazioni – garze, bende, la pomata per le contusioni e un rotolino di scotch per tenere le fasciature ferme – perché lo prende in mano e lo apre, rovistandovi dentro ed estraendovi la pomata.
 
Ellie lo guarda mentre lui apre il tubetto e lo spreme appena, facendo uscire la crema incolore dalla consistenza un po’ gelatinosa. La prende con l’indice destro e lo spalma delicatamente sul dorso della mano di Ellie che lo guarda ammirata, incapace di dire anche una sola parola.
Dean sorride appena «Per fortuna non ti sei tagliata. Avrei dovuto disinfettarti con l’alcol e non sarebbe stato molto piacevole. Chiedi a Sammy, a lui l’ho fatto un sacco di volte». [5]
 
Lei non riesce a replicare; si limita a osservarlo ancora, in silenzio.
Dean non è mai stato un chiacchierone. Anzi, da che lo conosce, l’ha sempre presa in giro perché è lei, tra i due, quella che non riesce a stare mai zitta. Ora, invece, sembra aver bisogno di dire qualsiasi cosa gli viene in mente, sicuramente perché vorrebbe dirle qualcos’altro e non sa come fare. Le labbra di Ellie si piegano in una minuscola smorfia divertita al pensiero. Ormai lo conosce bene.
 
Una volta finito, Dean chiude il tubetto della pomata, la ripone nel suo astuccio e alza la testa, guardandola negli occhi con un sorriso appena accennato sul volto. Ellie si sente così grata per il fatto che lui non l’ha abbandonata quando poteva benissimo farlo, per esserle rimasto accanto nonostante tutti i casini e tutta la forza con cui Ellie ha lottato per allontanarlo quando credeva di meritarselo di meno e per essere qui, adesso, e non ha idea di come dirglielo a parole, così si allunga verso di lui, gli prende il viso tra le mani e lo bacia, attirandolo a sé per sentirlo il più vicino possibile. Dean, preso un po’ alla sprovvista, afferra il bordo del lavandino per riacchiapparsi, ma poi risponde senza esitazioni, le sue mani che salgono ad accarezzare i fianchi di Ellie da sopra la maglietta.
 
Non si baciavano così da quella sera che hanno discusso e che Dean ha scoperto l’esistenza della sua cicatrice; non che non ne avessero avuto l’occasione, poi, ma quel litigio li ha allontanati, alterando l’equilibrio acquistato dopo tante incertezze ed è bello ritrovarsi adesso, riassaporarsi e riscoprirsi così. Era troppo presa dal mostro e dal cercare di far capire a Dean le sue ragioni per rendersi conto di quanto ne avesse bisogno.
 
Si scosta quando sente mancarle il fiato, la mano destra dietro la nuca di Dean che appoggia la fronte sulla sua e la guarda.
Ellie si morde il labbro inferiore prima di alzare gli occhi e incontrare i suoi. «So cosa stai cercando di fare, ma non… non ho voglia di parlare adesso. Non—»
Dean la guarda serio «Non voglio parlare, voglio solo sapere se stai bene».
Lei gli sorride appena «Sì. La mano è una cavolata, passerà presto» affonda il viso nel suo petto e Dean la stringe forte, carezzandole la schiena, le mani grandi e calde. Hanno così tante cose in sospeso, così tanti discorsi lasciati aperti, così tante cose da dire e di cui parlare, ma Ellie non desidera nient’altro che le sue braccia a stringerla e il suo calore addosso. Strofina appena la guancia sinistra contro il suo petto «Tienimi stretta stanotte».
Lo sente sorridere – un piccolo sospiro che segue le sue labbra schiudersi – e non ha bisogno di parole per sapere che lo farà.
 
Quando escono dal bagno e si infilano sotto le coperte, infatti, Ellie si ritrova sdraiata su un fianco a guardarlo. Dean le sorride, in quel modo semplice e genuino che la rassicura tanto e la stringe a sé, lasciandole un bacio sulla fronte e poi sul naso. Ellie si rifugia tra le sue braccia e si addormenta come una bambina, ascoltando il ritmico tu-tum del cuore di Dean nelle orecchie e realizzando ancora una volta che, a ritrovarlo, è stata davvero tanto fortunata.
 
*
 
«Quindi lei non era a conoscenza di nessuna… stranezza
 
Seduto su un divanetto sgangherato di un altrettanto malconcio salotto, Sam fissa attento l’uomo seduto sulla poltroncina di fronte alla sua, cercando di studiare le sue espressioni facciali per capire quanto di quello che gli sta dicendo è vero o no.

Si trova nel salotto – non molto spazioso e quasi angusto, arredato con mobili antichi color mogano – della casa che, durante la sua infanzia, è stata di Anthony Collins, la vittima del Formichiere a Walden, il caso che li ha portati qui.
Lui, Ellie e suo fratello sono venuti appena sono saltati giù dal letto stamattina, con i bagagli pronti e tanta voglia di fuggire da un posto che ormai li ha conosciuti fin troppo.

Ellie ha bisogno di cambiare aria, glielo si legge in faccia che necessita di un po’ di riposo e di andare il più lontano possibile da questo posto, ma Sam aveva bisogno di risposte, di provare a capire perché le sue visioni stavolta erano collegate a quel ragazzo morto ammazzato da un mostro violento. Per questo sono venuti qui, nell’umile dimora di Gil Collins, padre di Anthony, e di sua figlia Julie, più grande del fratello di un paio d’anni. Lei – i capelli tinti di nero con delle ciocche grigie, un paio di occhiali con la montatura colorata e addosso una salopette scura – è in piedi accanto al padre, come una specie di guardiano; lui, pochi capelli grigi sulla testa, fitte rughe intorno agli occhi e un’espressione contrita dipinta sul volto, Gil Collins stringe forte il bastone marrone scuro che dovrebbe aiutarlo a rialzarsi e scuote la testa per rispondere alla sua domanda.
 
Sam è sicuro che ci sia un legame tra lui e quel ragazzo, che non è stato un caso se tra tutte le persone che muoiono al mondo abbia avuto una visione proprio su di lui. È per questo che ha chiesto se gli fossero successi degli episodi singolari, un po’… oscuri. Ma il padre non ne era a conoscenza, a quanto pare.
 
Stringe le labbra in una linea sottile e si alza, avvertendo dal rumore che gli giunge alle orecchie che anche Dean ed Ellie, seduti sul divano dietro il suo, hanno fatto lo stesso.
Sono venuti qui spacciandosi per dei giornalisti intenzionati a scrivere un necrologio sul giornale locale. Gli sembrava un ottimo modo per estrapolare informazioni – il più veritiere ma anche positive possibili, a detta loro, per lasciare ai cittadini di Walden un bel ricordo del defunto – e per vestirsi sportivi, senza scomodarsi a mettere in giacca e cravatta.
È luglio e fa caldo, perciò ogni scusa è buona per non indossare robe pesanti.
 
Salutano il signor Collins e si dirigono verso l’esterno, ringraziando calorosamente anche se non hanno avuto nessuna delle informazioni che più gli servivano, perché del fatto che Anthony amasse i cani di piccola taglia e che avesse una collezione di tappi di bottiglie di birra non se ne fanno nulla.
 
Sam sospira forte mentre percorre il vialetto di quella tipica villetta a schiera americana, rassegnato, quando sente la porta d’ingresso scattare. Si volta, così come Ellie e Dean al suo fianco, e osserva sorpreso Julie Collins corrergli incontro.
Li guarda seria «Scusate, devo dirvi una cosa» Sam non risponde, aspettando che finisca di parlare «Non so perché ci abbiate chiesto delle stranezze di Anthony. So solo che… che non dovevo rimanere in silenzio, perché lui era a tanto così dallo smettere di farlo. Mi sono contenuta solo per non spaventare papà, che non era al corrente di nulla» la ragazza fa un grosso respiro sotto l’espressione accigliata – e terribilmente confusa – di Sam. Lo guarda ancora «Anthony aveva degli strani presagi, ultimamente. Ha sempre dato la colpa alla stanchezza, perché si sentiva spossato e spesso e volentieri aveva come delle… allucinazioni. Fissava un punto per qualche istante e vedeva succedere delle cose a delle persone. Che spesso finivano male, tra l’altro. Non voleva badarci più di tanto, perché come sbatteva le palpebre l’immagine spariva e tornava tutto come prima, ma ultimamente gli succedeva alquanto spesso. L’avevo quasi convinto ad andare da uno specialista, ma non ne abbiamo avuto il tempo» Julie Collins prende ancora fiato, toccandosi il polso sinistro con l’altra mano in un gesto nervoso. Si aggiusta gli occhiali sul naso «Non so se può esservi utile per tracciare un profilo o qualcosa, magari no, ma… ma era un bravo ragazzo. E non meritava di morire in quel modo».

Le ultime parole di quella ragazza suonano sincere alle orecchie di Sam che però è distratto, la mente concentrata su qualcos’altro. Guarda suo fratello che lo fissa con altrettanta insistenza e sa che anche lui ha capito, che non aveva torto a pensare che ci fosse un legame.
Un altro come me. E, proprio come quando era successo con Max Miller, non sa se esserne compiaciuto o terrorizzato.
 
 

[1] La parte di bosco a cui faccio riferimento appartiene alla “Medicine Bow National Forest”, una riserva naturale che si estende tra il Colorado e il Wyoming, situata a nord di Cowdrey.
[2] Guardando delle fotografie sulla riserva descritta, ho scoperto che la vegetazione più frequente è quella degli abeti, in grado di resistere al freddo degli inverni.
[3] Riferimento a una delle scene finali del film, quando Jack, comprendendo la sua fine, chiede alla sua amata Rose di vivere appieno la sua vita, anche se sarà senza di lui.
[4] Riferimento a un gioco che facevo quando ero bambina. Si giocava minimo in due: uno nascondeva un oggetto e l’altro doveva cercarlo. Per far sì che lo si trovasse, il primo dava indicazioni, usando acqua e parole derivate per indicare che era molto lontano dal trovarla o fuoco per dire che l’oggetto era vicino a lui.
[5] Piccolo riferimento all’episodio 7x02 “Hello, cruel world” e a tutte le altre volte in cui vengono mostrati i metodi poco ortodossi di medicazione praticati da Dean a scapito di Sam e viceversa.
  
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