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Autore: Kimando714    21/12/2018    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 23 - VALENTINE'S DAY



 
Il suo respiro contro la federa del cuscino cominciava a farsi più rapido, velocizzato per il nervosismo che gli stava montando per quella mancanza di sonno. Nel buio della sua stanza, Nicola si rigirò per l’ennesima volta tra le lenzuola e le coperte del suo letto; era passata almeno mezz’ora da quando si era svegliato, parecchio prima del consueto suonare della sveglia, come se il sonno si fosse esaurito improvvisamente. Erano appena le cinque della mattina, e se solo fosse riuscito ad addormentarsi avrebbe potuto godere ancora di un’ora di sonno, prima di doversi alzare per andare a prendere la corriera.
Sbuffò seccato, rimanendo disteso supino, l’ombra scura della mattina che ancora non rischiarava la stanza attraverso gli spiragli della persiana semiabbassata.
Si ritrovò a realizzare che quelle erano le prime ore del 14 febbraio. Per un attimo rimase quasi immobilizzato, in preda allo stupore.
Nei giorni passati non aveva pienamente realizzato l’arrivo imminente di quella giornata, e dell’anniversario che avrebbe portato con sé. Aveva passato più tempo a chiedersi quando Caterina sarebbe tornata a parlargli, dopo tre giorni di totale silenzio in cui, dopo la sera della festa, non si era fatta viva nemmeno per messaggio.
Pensare di festeggiare il loro primo anno insieme con quell’atmosfera tra di loro lo fece quasi pentire di essersi ricordato di che giorno fosse.
 
My insides all turned to ash, so slow
And blew away as I collapsed, so cold
 
Chiuse gli occhi per un attimo, senza il vero intento di riaddormentarsi, ormai sconfitto di fronte all’insonnia. Per un attimo ripensò alla stessa giornata, solo di un anno prima: nella memoria rivide velocemente tutto quello che era successo, tutto ciò che aveva portato inevitabilmente al primo bacio che si era scambiato con Caterina. Era uno dei ricordi più preziosi che aveva, quello a cui poteva aggrapparsi nella speranza che, prima o poi, almeno in quel giorno, Caterina avrebbe smesso di ignorarlo.
Ricordava ancora perfettamente la sensazione d’imbarazzo che l’aveva accompagnato per tutto l’intervallo durante il quale era rimasto con lei, indeciso se dichiararsi o lasciar perdere per l’ennesima volta. Lo ricordava così bene che gli sembrava quasi di averlo appena vissuto, tanto era vivido ancora il senso di agitazione e insicurezza che si era sentito addosso. Ricordava altrettanto bene quanto fosse stato provvidenziale l’arrivo di Alessio sulla Galliera, le sue parole che inconsapevolmente lo avevano spinto ad avvicinarsi definitivamente a Caterina.
Rimpiangeva un po’ che, per quell’anno, non sarebbe bastato Alessio o chiunque altro per sistemare le cose. Era sicuro che, per quanto potesse provare a chiamarla, a scriverle o cercarla a scuola, Caterina non avrebbe ceduto fino a quando non si sarebbe sentita meno in collera con lui.
Erano tre giorni che si malediceva per ciò che aveva detto su Lorenzo davanti a lei. Tre giorni di vuoto totale in cui non aveva fatto altro che pensare che, in fondo, doveva pur esserci un qualche modo per riparare all’errore.
 
A black wind took them away, from sight
And held the darkness over day, that night

 
Non sapeva che fare. Il giorno che aveva atteso così tanto per un anno era finalmente giunto, e ora l’avrebbe passato malissimo, e potendo biasimare soltanto sé stesso. Arrivati a quel punto non aveva nemmeno idea se anche la gita a Ferrara che Caterina aveva organizzato una settimana prima sarebbe saltata o meno.
Nicola si girò lentamente verso il comodino, accanto al letto, prendendo in mano il cellulare. Non nutriva alcuna speranza di potervi leggere qualche notifica di un messaggio: lo sbloccò unicamente per interrompere la sveglia prima che potesse suonare alle sei, già deciso ad alzarsi definitivamente e porre fine a quel continuo rigirarsi sul materasso.
Quasi si bloccò, i polpastrelli a mezz’aria, quando si rese conto che sul display ora acceso lampeggiava effettivamente la notifica di un messaggio non ancora letto. Strabuzzò gli occhi nel notare che gli era arrivato pochi minuti dopo la mezzanotte. Rimase ancor più stordito quando vide che il mittente era proprio Caterina.
Per qualche attimo non fece nulla. Non era del tutto sicuro di voler sapere cosa ci fosse scritto in quel messaggio. Era sicuro che non fosse un caso che Caterina gli avesse scritto proprio poco dopo la mezzanotte, quando il 14 febbraio era appena arrivato. Per un secondo ebbe quasi la tentazione di cancellarlo, prima di rinsavire e trattenersi dal farlo.
Si prese qualche secondo per cercare di calmarsi, pensare razionalmente. Doveva sapere cosa gli avesse scritto, che fossero cose negative o meno. Chiuse gli occhi di nuovo, anche se solo per un attimo: era così insolito per lui sentirsi in balia degli eventi, che in quel momento si sentiva solamente disorientato.
Fece un respiro profondo, prima di riaprire gli occhi, e raccogliere coraggio per aprire finalmente il messaggio.
 
“Ho iniziato a scrivere questo messaggio quando mancano ancora pochi minuti alla mezzanotte. Non so quando lo leggerai, se deciderò di inviartelo. So che se domattina leggerai queste parole, avrò deciso che ne sarò valsa la pena, che avrò passato queste ore insonni per qualcosa.
Sto ripensando a quando due anni fa nemmeno mi sfiorava l’idea che avrei potuto vivere con te tutto quello che, effettivamente, abbiamo vissuto nell’ultimo anno. All’epoca le cose erano così diverse! Mi ignoravi, e io non avevo il coraggio nemmeno di avvicinarti. Sembravi così irraggiungibile … Almeno fino a quando non ti sei deciso a farti avanti, pur a modo tuo. Ti ricordi quel giorno ai distributori? Ti ho risposto così male che mi sono meravigliata io stessa di ciò che ti avevo detto. E pensavo di aver rovinato tutto definitivamente, proprio quando finalmente ci stavamo parlando.
Evidentemente il fato, o qualunque altra cosa sia, ha voluto che le cose andassero diversamente. Non è un caso che stia per scattare la mezzanotte, e che il giorno che sta per arrivare sia anche il nostro primo anniversario. Credo ricorderò sempre il momento prima di baciarmi, quello in cui ancora non sospettavo nulla di quello che sarebbe successo di lì a poco, l’ultimo attimo prima che le cose cambiassero definitivamente. Sono sicura che anche tu ci ripenserai.
Forse ti stai anche chiedendo come mai non ti ho ancora parlato da sabato. Sei troppo intuitivo per non aver capito cosa mi abbia dato fastidio: so che hai capito che lo sto facendo perché non avrei voluto sentirti dire quelle cose su mio fratello. Lo so che non dovrebbe trattarti così, e hai tutte le ragioni per sentirti umiliato ed arrabbiato con lui, ma non per questo devi metterti sul suo stesso livello. Non voglio che Lorenzo influenzi quello che abbiamo costruito in un anno intero, ma non voglio nemmeno dover decidere tra uno di voi due. È l’ultima cosa che voglio. So anche che non voglio perderti, nonostante tutto.
È scoccata la mezzanotte proprio ora: è ufficialmente un anno, Tessera. È il nostro primo anniversario, e nonostante i problemi che abbiamo avuto per avvicinarci, non credo potrei esserne più orgogliosa.
Buon San Valentino!
Ricordati che ti amo.”
 
Nicola dovette rileggere quelle righe almeno un paio di volte prima di realizzare ciò che Caterina aveva scritto, e riuscire a calmare, a poco a poco, i battiti accelerati.
Quando finì nuovamente di leggere il messaggio, abbassò il telefono sulle coperte, portandosi una mano al viso. Riusciva a sentire il sorriso nascergli sulle labbra, il primo durante quelle giornate passate lontano da Caterina.
Si sentì improvvisamente felice. Aveva dimenticato il timore e la paura che aveva avuto fino a poco prima di aprire il messaggio, con l’ansia che lo attanagliava nel poter scoprire parole che sarebbero potute essere molto più pessimistiche.
 
And the clouds above move closer 
Looking so dissatisfied 
But the heartless wind kept blowing, blowing
 
 
Nicola scostò le coperte pesanti, alzandosi dal letto con un brivido causato dal freddo improvviso. Posò di nuovo il cellulare sul comodino, ed avanzando nell’oscurità arrivò fino alla finestra, per alzare la persiana.
Fuori il sole non era ancora sorto, e Torre San Donato era ancora addormentata nell’oscurità mattutina: i lampioni illuminavano le strade deserte e buie, le fronde degli alberi dall’altra parte della strada si muovevano con il vento che soffiava leggero. Il cielo, scuro e nuvoloso, sembrava guardare dall’alto quello spettacolo tetro, imperscrutabile.
Si fermò per qualche minuto a pensare, mentre osservava il paesaggio dalla finestra: era sicuro di voler rispondere a Caterina scrivendole qualcosa a sua volta. Era abbastanza certo che quel giorno sarebbe riuscito anche a parlarle, ma mettere per iscritto almeno una parte dei suoi pensieri gli sembrava essere l’idea migliore per cercare di farle capire quanto ci tenesse.
Scrivere una lettera in quelle condizioni – senza aver dormito troppo e nel poco tempo che gli rimaneva prima di doversi preparare per uscire di casa- non era forse la migliore delle cose, ma voleva provarci in ogni caso. Il fatto che fosse per Caterina era più forte di qualsiasi altro ostacolo che avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Quando si avvicinò alla scrivania, camminando lentamente nella penombra per non inciampare, non sapeva bene cosa avrebbe le scritto. Anche quando si sedette sulla sedia girevole non aveva ancora organizzato le idee; sapeva solo che, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscito a scrivere qualcosa. 
 
‘Cause my path has lost direction, somehow
A black wind took you away, from sight
And held the darkness over day, that night
 
*
 
And the clouds above move closer 
Looking so dissatisfied 

And the ground below grew colder 
As they put you down, inside 

But the heartless wind kept blowing, blowing
 
Nicola sbuffò esasperato, quando dovette fermarsi fuori dall’entrata della Mantova in attesa che l’afflusso di studenti calasse. Non aveva calcolato che, facendo da navetta fino al Virgilio dalla stazione di Piano, avrebbe dovuto prendere a spallate più di qualcuno per non rischiare di rimanere imbottigliato nel corridoio della corriera; arrivato a quel punto stava quasi per perdere qualsiasi speranza per trovare Caterina lì, prima di entrare a scuola.
Picchiettò un piede a terra, nervosamente, mentre attendeva che la calca calasse: la maggior parte della gente era già riuscita a salire in poco tempo, e il suo turno si stava avvicinando. Quando riuscì a salire i gradini dell’entrata posteriore della corriera, Nicola dovette trattenere un altro sbuffo: i sedili erano già quasi totalmente occupati, ed anche una buona parte del corridoio era affollato da studenti che avevano preferito rimanere in piedi.
Cercò di farsi spazio e trascinarsi verso la zona anteriore della corriera, lanciando occhiate veloci a qualsiasi sedile già occupato. Più di una volta gli parve di riconoscere Caterina, sbagliandosi sempre. Sembrava non essere lì, e che anche le sue ultime speranze fossero destinate a sfumare sempre di più ad ogni fila di sedili che superava e in cui lei non c’era.
Era arrivato alla terza fila, quando si bloccò per un attimo, prima di realizzare che, invece, Caterina era proprio lì. La riconobbe subito, anche se non poteva vederla direttamente in volto: era girata verso il finestrino, i capelli ricci e scuri che le ricadevano oltre le spalle, e il sedile accanto a lei ancora libero.
Cercò di trattenere un sorriso vittorioso, anche se dentro di sé si sentì enormemente sollevato: non credeva sarebbe riuscito ad attendere ancora a lungo per parlarle.
Caterina non si era ancora accorta di lui quando Nicola le si accostò, aspettando però a sedersi:
-Posso farti compagnia?-.
Caterina si destò di colpo, voltandosi di scatto verso di lui, gli occhi sgranati. La vide stupita ed incredula per qualche secondo, prima di tornare ad essere più esitante:
-Sì, certo- risposte, schiarendosi la voce e spostando la sua tracolla dal sedile ancora vuoto – Non ti avevo visto salire-.
-Ti stavo cercando-.
Nicola le si sedette di fianco, continuando a guardarla e senza mai staccare gli occhi da lei. Caterina sembrava in attesa, e anche nel caso in cui doveva sentirsi curiosa di cosa si sarebbe ritrovata ad ascoltare, non sembrava darlo troppo a vedere.
Nicola cercò di trattenere un sospiro nervoso. Si torturò appena le mani, mentre si costringeva ad aggiungere:
-Volevo vederti, e parlarti-.
Caterina lo interruppe inaspettatamente:
-È per il messaggio di stanotte-.
Non era una domanda, né c’era qualche nota dubbiosa nella sua voce: l’aveva detto come se fosse già una certezza, come se fosse sicura che fosse dovuto a quello. Nicola si morse il labbro inferiore, pentendosi in parte di non essersi preparato un discorso migliore prima.
-Non è solo per quello- mormorò esitante, nonostante, al contrario di quel che si era aspettato, non ci fosse tensione tra di loro – Ho letto quello che mi hai scritto stamattina alle cinque, e mi sono messo a rifletterci-.
-Alle cinque di mattina?- Caterina lo guardò scettica, prima di scuotere il capo incredula – Tu sei pazzo-.
Lo disse sorridendo, segno che Nicola colse come un segnale più che positivo.
-Non riuscivo a dormire- si giustificò, sorridendo a disagio anche lui. Per qualche secondo né lui né Caterina dissero altro: in un certo qual modo, Nicola capì che era quello il momento giusto per darle ciò che aveva scritto qualche ora prima.
Si chinò sul proprio zaino, aprendone la cerniera. Pochi secondi dopo la mano che aveva infilato tra i quaderni e libri era già riemersa, la lettera ripiegata su se stessa ordinatamente, stretta tra le dita. Cercò di non mostrare troppo il tremore alla mano, mentre la porgeva a Caterina.
-L’ho scritta praticamente subito dopo aver letto il tuo messaggio-.
Caterina prese la lettera delicatamente, rigirandosela tra le mani con gesti lenti, osservandola:
-Una lettera?-.
-Sì. Ho trovato carina l’idea di risponderti per iscritto. Sarà qualcosa che rimarrà nel tempo- rispose nervosamente Nicola. Nonostante il freddo cominciava a sentire la fronte sudata, nell’esatto istante in cui Caterina apriva finalmente il foglio, lisciandone le pieghe.
-Posso leggerla?- sussurrò appena, lanciando a Nicola un’occhiata come a chiedergli il permesso.
Pur con il cuore a mille e il respiro corto, Nicola annuì con più convinzione possibile:
-Sì, certo-.
La corriera partì alla volta del Virgilio nel momento in cui Caterina abbassò gli occhi sulle parole tracciate a penna da Nicola.
Per un attimo ebbe la tentazione di distogliere lo sguardo, troppo in soggezione all’idea di scorgere ogni piccola sfumatura sul viso di Caterina che le sue parole avrebbero potuto far nascere. Non lo fece comunque: rimase con lo sguardo su di lei, osservandone gli occhi attenti e le iridi scure che si spostavano da un’estremità all’altra del foglio di carta.
Non riuscì a decifrare il viso di Caterina: la vide alzare gli angoli delle labbra solo alla fine, gli occhi raddolciti e meno distaccati di prima. Riuscì a parlare solo quando la vide rialzare il capo, e tornare a guardarlo:
-Mi dispiace per quello che ho detto sabato- Nicola lo disse a mezza voce, consapevole di star arrossendo visibilmente – Non ho pensato prima di parlare-.
Caterina annuì impercettibilmente, abbassando le mani e ripiegando la lettera, poggiandola sul grembo:
-E a me dispiace non averti parlato fino ad oggi. Avevo paura che qualcosa si fosse incrinato tra di noi-.
Prima di poter pensare razionalmente a qualsiasi gesto o parola da dire, Nicola agì d’impulso per la seconda volta in quella mattina: si avvicinò al viso di Caterina, e quando la vide non scostarsi portò una mano alla sua guancia, in una muta carezza.
-Siamo ancora qui, dopo un anno- mormorò, scostandole con un movimento calcolato una ciocca di capelli – Ho tutta l’intenzione per far sì che questo sia solo il primo di molti-.
Caterina si sporse verso di lui senza preavviso, baciandolo esattamente come era stato l’anno precedente, a parti invertite. Solo quando si staccarono Nicola si lasciò andare ad un sorriso pieno, realizzando finalmente che le cose, con le giuste parole, potevano sempre riaggiustarsi:
-E Buon San Valentino anche a te-.
On a Valentine's Day
 On a Valentine's Day
 
“È strano trovarsi qui, con l’alba non ancora arrivata e seduto alla scrivania per scrivere una lettera. Lo sai, non sono molto bravo con le parole. Forse molte volte non lo sono nemmeno con i gesti; di certo non lo sono stato negli ultimi giorni.
Se adesso sono qui a scrivere questa lettera, che sono sicuro finirà per essere sconclusionata e confusionaria, è solo per te. Perché tengo a te più di chiunque altro, e perché meriti delle spiegazioni.
Tuo fratello e io non abbiamo buoni rapporti, ma mi sto pentendo di aver detto quelle parole. Non avrei dovuto dirle, almeno non davanti a te. E so anche che dovrei fregarmene di quello che dice, cercare di essere superiore, ma a volte è difficile persino per me.
Scusami.
So che la situazione ferisce anche te, e so anche che non è facile. E in questo momento vorrei solo poterti vedere subito per potertelo dire a voce, una volta per tutte.
So anche che oggi ti verrò a cercare, a costo di dover guardare in ogni angolo della corriera o della scuola, solo per darti questa lettera e per poterti fare i miei auguri di San Valentino dal vivo.
È vero, in un anno ne sono successe di cose, ma credo che tutto ciò che è successo non abbia fatto altro che rafforzarci.
Stavo giusto ripensando, poco prima di leggere il tuo messaggio, a quanto questa giornata dello scorso anno fosse stata improvvisata: non era andato nulla come avevo pianificato. È andata ancora meglio.
Se potessi tornare indietro, rifarei tutto esattamente nello stesso modo.
Ti amo anch’io.
 
Nicola”
 
*
 
La pioggia scendeva da ore, e non sembrava sarebbe calata d’intensità entro breve. Pietro sbuffò annoiato, mentre si calava il cappuccio della giacca sui capelli per ripararsi, poco prima di varcare la soglia dell’uscita sul retro del Virgilio. La campanella dell’ultima ora era suonata da nemmeno due minuti: era difficile riuscire ad aprire un ombrello nella ressa che si stava formando in quella zona, tutti ammassati com’erano in pochissimi metri.
Non sapeva nemmeno bene come aveva fatto a ritrovarsi di fianco proprio Caterina e Giulia: se ne era accorto del tutto per caso, quando percorrendo gli ultimi metri di corridoio si era sentito poggiare una mano sull’avambraccio destro, ritrovandosi il ghigno di Caterina davanti agli occhi non appena si era girato.
L’incontro con loro, in fin dei conti, era stato anticipato solo di pochi minuti: c’era la visita a Ferrara che li attendeva nel pomeriggio, con Nicola e Filippo. Pietro si era domandato a lungo per quale esatta ragione si fosse ritrovato ad accettare l’invito di Caterina. Forse, semplicemente, non ne aveva nemmeno trovato una valida per lasciare perdere.
In ogni caso, in quel momento, aveva appena trovato un motivo più che valido per essere felice della scelta: Giulia, appena varcata la soglia verso l’esterno, aveva alzato in fretta l’ombrello che teneva in mano. Lo aprì tenendolo in alto, sopra le teste di coloro che le erano vicini, portandolo poi più al centro per riparare sia Pietro che Caterina.
-Andiamo- borbottò Giulia, accennando a qualche passo, verso la strada che portava alla fermata delle corriere, scendendo i pochi scalini che portavano sia al parcheggio sia alla strada da percorrere.
-È una bella fortuna che dobbiamo fare la stessa strada proprio oggi- annuì Pietro, parecchio compiaciuto del fatto di essere rimasto straordinariamente all’asciutto. Non credeva di essere mai stato più felice di dover condividere la stessa corriera con Giulia come in quel momento.
-Un po’ di culo non guasta mai- commentò Caterina, stretta in mezzo a Giulia e Pietro. Camminarono non troppo speditamente, impacciati sotto l’ombrello e imbottigliati in mezzo alla ressa.
-Nicola e Filippo dove sono?- chiese stavolta Giulia, stranita.
-Devono essere già sulla Galliera- rifletté Pietro, concentrandosi per cercare di evitare quante più pozzanghere possibili – Almeno loro devono essere riusciti ad evitare questo casino-.
Tenendosi incurvato sotto l’ombrello, Pietro fece del suo meglio per non finire gambe all’aria a causa del fango che rendeva scivolosa la strada. Si sentì sollevato e piuttosto tranquillo solo quando raggiunsero la porta posteriore già aperta della Galliera.
Alcune file di sedili in fondo alla corriera erano ancora libere: Pietro non fece alcuna fatica a scorgere, sui sedili della penultima fila, Filippo e Nicola che li osservavano sogghignanti.
-Alla buon’ora!- esclamò Filippo, mentre Giulia, davanti a Pietro, accelerava il passo per raggiungerlo.
-Pensavamo che non sareste più arrivati- gli fece eco Nicola, alzandosi dal suo posto per andare ad occupare quello della fila davanti, con Caterina.
-C’era un po’ di casino all’uscita- sospirò stancamente Giulia, lasciando l’ombrello fradicio a terra e salutando Filippo con un bacio a stampo. Pietro dovette reprimere una smorfia, anche se dovette fare meno fatica del solito.
-Io dovrei sedermi qui davanti in solitudine? Che ingrati- sbottò, anche se, dentro di sé, non si sentiva troppo dispiaciuto di potersi evitare di vedere le smancerie degli altri quattro.
-Sta tranquillo, ti troveremo qualcuno che ti faccia compagnia- gli rispose Caterina, maliziosa. Pietro non volle nemmeno indagare oltre, lasciandosi cadere sul sedile dall’altro lato del corridoio rispetto a quello dell’altra e di Nicola.
Per un attimo si ritrovò a chiedersi se Caterina avesse detto quella frase in maniera casuale, o sottintendesse davvero qualcosa. Si domandò – non seppe neppure lui se definire con più curiosità o speranza- se quel qualcuno potesse essere Alessio Bagliore.
Pietro si ritrovò a sospirare, lasciando ricadere la testa all’indietro, contro il sedile. Era piuttosto sicuro che, almeno per poco, l’avrebbe incrociato sul serio, quel giorno. Se poi si fosse trattenuto fino a Ferrara con loro, quello non gli era dato sapere: non credeva neppure di avere la sfrontatezza necessaria per chiederlo a Caterina.
Si riscosse dai propri pensieri solo perché, con un certo trambusto, Caterina e Giulia presero posto nella fila davanti alla sua, seguite da diverse proteste:
-Ma dove state andando?- chiese Filippo, confuso. Pietro si voltò verso lui e Nicola, piuttosto divertito dal notarli disorientati allo stesso identico modo.
-Dobbiamo parlare solo di una cosa veloce- li liquidò Caterina, con un gesto della mano – Stai tranquillo, poi ti restituisco la tua ragazza-.
Quando la Galliera partì dalla scuola, abbastanza vuota per essere una giornata di inizio settimana, Pietro tornò a rilassarsi contro il sedile. Chiuse gli occhi per un attimo, cercando di scacciare i primi sentori di mal di testa che cominciava ad accusare.
-Non mi hai ancora detto che ti ha regalato Filippo-.
Per quando Caterina avesse mormorato piano, Pietro riuscì ad udirla abbastanza distintamente.
-Una scatola di cioccolatini- le rispose Giulia, altrettanto a bassa voce. Anche se non poteva vederla in viso, Pietro riuscì ad immaginarsela benissimo sorridente, quasi raggiante.
-E una rosa- proseguì ancora Giulia – Non sarà stato romantico come Nicola con te, ma non mi lamento-.
Pietro ricordava distintamente, poco prima di uscire a fumare al primo intervallo, di aver scorto Filippo aspettarla in corridoio, con in mano i cioccolatini e la rosa di cui Giulia aveva appena parlato. Non aveva idea di cosa invece avesse regalato Nicola a Caterina: per un attimo l’immagine di un gesto così romantico, come Giulia l’aveva descritto, stonò fin troppo con l’idea della persona fredda e distaccata quale Nicola era.
-Ma smettila!- Caterina rimbrottò l’amica, anche se con una vena compiaciuta nella voce – Tu e Filippo siete molto più melensi-.
Giulia non demorse:
-Parla quella che ha scritto un messaggio strappalacrime che ha inviato subito a mezzanotte-.
“È ora di finirla”.
-Volete piantarla di cercare di capire chi di voi due ha avuto il miglior San Valentino di sempre?- Pietro si sporse d’impeto verso il sedile davanti, stizzito come poche altre volte. Giulia e Caterina, colte di sorpresa, gli restituirono uno sguardo a metà tra lo scioccato e l’incredulo.
-C’è gente single da queste parti- proseguì lui, cercando di ignorare l’impressione di star sembrando fin troppo isterico – E mi state facendo venire il diabete-.
Ritornò a sedersi compostamente prima ancora di sentirle replicare. Sapeva di avere addosso anche gli sguardi di Nicola e Filippo, ma non si voltò verso di loro.
Per quanto brusco poteva essere sembrato persino a lui il modo in cui le aveva zittite, Caterina e Giulia non proseguirono la conversazione. Tornarono ai loro posti, accanto a Filippo e Nicola, parlando di qualcosa a cui Pietro nemmeno badò.
Per un attimo gli balenarono in mente ricordi di San Valentino passati, quando ancora doveva passare i giorni prima a scervellarsi per trovare qualcosa da regalare a Laura. Ricordava ancora quando, anche solo l’anno prima, aveva ricevuto le rose che le aveva regalato con un sorriso raggiante, così distante dai ghigni delusi e canzonatori che aveva cominciato a rivolgergli quando le cose avevano preso una piega negativa.
Cercò di scacciare quei pensieri, spostando lo sguardo al finestrino. La corriera in pochi minuti era giunta in stazione, parcheggiandosi dietro ad un altro autobus ed aprendo di nuovo le sue porte.
Pietro si mise meglio a sedere, osservando chi saliva. C’era una confusione immensa all’esterno delle porte: riuscì a vedere fin troppi studenti accalcati tutti insieme, qualcuno che teneva ancora l’ombrello aperto sopra le teste di tutti, sotto la pioggia che si faceva sempre più battente; chi riuscì a salire per primo fu tra i pochi fortunati che riuscirono anche ad aggiudicarsi gli ultimi posti liberi.
Pietro rimase ad osservare chi compariva nel corridoio, ogni tanto spostando lo sguardo, come ad aver davvero timore di poter vedere Alessio da un momento all’altro.
Il gruppo all’esterno delle porte cominciava a sfoltirsi, ed anche le file di sedili vuote dietro la sua vennero occupate.
Abbassò gli occhi per l’ennesima volta, ancora indeciso se sperare di rivederlo o sperare che per quel giorno non ci fosse: più gente saliva senza rivelarsi Alessio, più le possibilità si assottigliavano.
-Che ti è successo per ridurti in questo stato?-.
Pietro udì Caterina parlare a metà tra il divertito e l’incredulo, rivolta a qualcuno che, evidentemente, doveva appena essere arrivato.
Quando si voltò non si sorprese più di tanto di riconoscere Alessio, più fradicio che mai. Se ne stava in piedi in mezzo al corridoio, il volto che tradiva una certa vena seccata. I capelli umidi gli ricadevano scomposti sugli occhi, mentre cercava di scostarli con gesti bruschi.
-È successo questo- Alessio alzò la mano destra per dimostrazione, tenendo tra le dita un ombrello dall’aria sgangherata – Devo dire che è stato parecchio utile per prendersi più pioggia possibile-.
-Ti si è girato l’ombrello?- chiese Filippo, allungando il collo per vedere meglio.
Alessio sorrise ironicamente:
-Esattamente-.
Pietro dovette trattenere una risata, risultando in un sorrisetto divertito. In un modo o nell’altro, di cui nemmeno lui era totalmente consapevole, riusciva a trovare dolce persino il broncio che stava tenendo Alessio in quel momento.
-Hai deciso se essere dei nostri oggi?- intervenne Nicola, prima che Alessio potesse dire o fare qualsiasi altra cosa. A quella domanda, prima ancora di ascoltare la risposta, Pietro sentì il respiro accelerare.
Alessio alzò le spalle, già meno arrabbiato rispetto a prima:
-Potrei sempre cambiare di nuovo idea all’ultimo-.
Caterina sbuffò sonoramente, ma fu Giulia la prima a parlare:
-Avanti, Raggio di sole, come potremmo fare senza di te?- disse con voce fintamente supplichevole. Alessio li fissò tutti per secondi interminabili, prima di sospirare sconfitto:
-Non fatemene pentire- borbottò infine, scuotendo il capo.
-Ti abbiamo anche lasciato un posto a sedere- aggiunse subito Caterina. Pietro fino a quel momento non aveva nemmeno aperto bocca: non si stupì affatto di rendersi conto che solo in quel frangente Alessio si rese conto della sua presenza.
Quando si voltò verso di lui, sbuffò sorpreso:
-Chi non muore si rivede-.
Pietro sperò enormemente di non arrossire, mentre gli restituiva lo sguardo:
-Ciao anche a te- si limitò a rispondere, muovendo la mano in un cenno di saluto.
-Sul serio, cominciavo a chiedermi se fossi sparito dalla faccia della terra- Alessio si sporse appena verso di lui, mentre continuava a parlargli con lo stesso sarcasmo con il quale aveva esordito – Non ti ho più rivisto da Capodanno-.
“Ti sono mancato?”.
Pietro si morse il labbro, prima di lasciarsi andare e dire qualcosa di così sciocco.
-Sei tu che non sei venuto alla festa di compleanno mia e di Filippo- gli rinfacciò. La frecciatina sembrò andare a buon fine, perché Alessio sciolse il sorriso ironico che aveva tenuto fino a quel momento per ridere lievemente:
-Anche questo è vero- ammise, prima di fare un cenno col capo al sedile di fianco a Pietro – Vuoi farmi un po’ di spazio?-.
Pietro non ci mise molto a spostare la propria tracolla per lasciarlo sedere, un gesto di riverenza ad indicargli il sedile ora libero:
-Sua maestà, prego-.
Alessio non si fece attendere oltre: si sfilò lo zaino nero dalle spalle, facendolo scivolare sul pavimento, vicino al suo sedile.
Pietro si strinse appena nelle spalle: era strano ritrovarselo di nuovo vicino – anche se non quanto a Capodanno-, quando fino a pochi minuti prima ancora era indeciso se sperare in una sua assenza o meno.
-La tua schiena si è ripresa?-.
Pietro alzò appena gli occhi verso il biondo, un attimo dopo che gli ebbe posto quella domanda; Alessio lo guardava con quegli occhi grandi ed azzurri, limpidi di una vivacità che Pietro non aveva potuto notare la sera in cui l’aveva conosciuto, nella penombra della palestra.
-A fatica, ma sì- rispose, schiarendosi la voce – Il tuo ginocchio?-.
Alessio gli sorrise divertito:
-Cammino ancora-.
Per un attimo Pietro ebbe il sentore delle sue guance arrossire: si dette dell’idiota mentalmente, cercando di pensare a qualsiasi altra cosa che non fosse il sorriso ammiccante che Alessio gli stava rivolgendo a così poca distanza.
-Allora possiamo dire di esserne usciti discretamente bene- disse, cercando di simulare più nonchalance possibile – Anche se mi stavi stritolando contro il pavimento-.
Per un attimo nessuno di loro due disse altro: quando Pietro abbassò gli occhi sul proprio telefono, con la scusa di leggere un qualche messaggio, si sentì comunque lo sguardo dell’altro addosso. Quando rialzò il volto, ne ebbe la conferma:
-Levami una curiosità- Alessio iniziò con fare pensieroso, quasi a bassa voce – Hai sempre la risposta pronta con chiunque?-.
-Veramente a me sembri più tu ad essere così- borbottò Pietro, più burbero di quello che avrebbe voluto. Ora percepiva chiaramente il viso incominciare ad imporporarsi, sotto il ghigno divertito del biondo:
-Sicuro?- insistette, scuotendo il capo – Comunque fa niente, te lo posso perdonare. In fin dei conti mi sei simpatico-.
Nonostante il sentore del proprio cuore che perdeva un colpo, Pietro cercò di dissimulare qualsiasi gesto di disagio. Represse un sorriso a fatica, mentre replicava con fare volutamente sollevato:
-Adesso che me l’hai detto mi sento molto più tranquillo-.
Anche se non era più voltato verso di lui, sentì Alessio ridacchiare ancora una volta:
-E poi dici che non sei il tipo che ha sempre una risposta pronta-.
Si ritrovò a ridere a sua volta, mordendosi il labbro inferiore per non farsi sentire troppo dall’altro e dargli anche quella soddisfazione.
 


-Ci siamo perse qualcosa, per caso?-.
Caterina si era voltata indietro verso di lei con fare confuso, aggrottando la fronte ancor di più davanti al sorriso malizioso e curioso di Giulia.
Aveva parlato a bassa voce per non farsi sentire troppo né da Filippo né da Nicola, che di certo non avrebbero condiviso quello spettegolare su un loro amico. Giulia fece cenno con il capo verso il sedile occupato da Pietro ed Alessio, ma Caterina continuò a guardarla senza capire dove volesse andare a parare:
-A che ti stai riferendo, esattamente?- chiese, dopo aver lanciato a sua volta un’occhiata veloce ai due.
Giulia si sporse un altro po’ dal suo sedile, avvicinandosi all’amica per poter parlare con voce ancor più bassa:
-Da quando Pietro fa tanto l’amicone con Alessio?- disse ancora, alzando le sopracciglia – Non si conoscevano a malapena?-.
Era da quando Alessio era arrivato che Giulia aveva notato la stranezza di Pietro. Per quel poco che aveva imparato a conoscerlo negli ultimi mesi in cui la loro tregua procedeva placidamente e senza intoppi, difficilmente le era capitato di vederlo così amichevole con qualcuno che conosceva appena. Non aveva idea di che stessero parlando, ma da quando Alessio gli si era seduto di fianco erano stati rari i momenti in cui, dal loro sedile, non era arrivato il loro chiacchiericcio.
Caterina si voltò ancora una volta verso di loro, stavolta per più tempo, prima di girarsi ancora verso Giulia:
-Credo si siano visti solamente a Capodanno, prima di oggi-.
-Appunto- annuì Giulia – Secondo te è Alessio che riesce a far essere meno odioso persino Pietro, o è Pietro ad avere particolare feeling con Alessio?-.
Caterina rise sommessamente, scuotendo il capo:
-O forse stanno solo conversando come due persone che si conoscono poco e stanno condividendo il sedile- replicò, anche se con meno convinzione rispetto a prima.
Non dubitava che Caterina avesse ragione, non sul serio. Trovava comunque strano che l’atteggiamento distaccato e tutt’altro che disponibile di Pietro con i nuovi arrivati fosse improvvisamente venuto meno, senza una vera ragione apparente.
Forse Alessio stava riuscendo davvero nell’impresa di renderlo meno insopportabile, o come aveva suggerito Caterina, era solo questione di cortesia. Giulia lanciò loro l’ennesima occhiata, non potendo però vedere distintamente i loro visi, coperti dal sedile.
Per un attimo, un lungo attimo durante il quale persino lei si dette della pazza, si domandò se ci fossero altre ragioni che potevano spingere Pietro ad essere così in sintonia con qualcuno.
Non credeva davvero fosse così, ma non poté nemmeno negare che una spiegazione simile avrebbe giustificato molte più cose di quanto non si era resa conto prima.
-Ma di che state parlando, voi due?-.
La voce di Filippo giunse piuttosto incuriosita alle orecchie di Giulia. Sia lei che Caterina alzarono lo sguardo: gli occhi scuri di Filippo le stavano squadrando disorientati, e quando Giulia spostò lo sguardo un po’ più in là, si rese conto che anche Alessio e Nicola si erano voltati verso di lei e Caterina. Molto probabilmente, anche se non riusciva a notarlo, anche Pietro doveva aver rivolto la sua attenzione a loro.
-Niente, tranquilli!- Caterina anticipò Giulia, candidamente e con l’aria più innocente che potesse assumere – Solo cose tra ragazze-.
Un’ultima occhiata complice con Giulia, e si rimise seduta compostamente, rialzandosi dalla posizione scomoda che aveva mantenuto fino a quel momento per avvicinarsi al sedile dietro occupato dall’amica.
-Tipo pavoneggiarvi dei mazzi di fiori che avrete ricevuto oggi?- le prese in giro amichevolmente Alessio, girato ancora verso di loro.
-Niente fiori, ma qualcosa di più bello-. Caterina, nel dirlo, si voltò velocemente verso Nicola, avvicinandoglisi per lasciargli con uno schiocco un bacio sulla guancia.
-E tu, invece?- Giulia colse la palla al balzo, rivolgendo ad Alessio un sorriso malizioso – Qualcuno ti ha fatto qualche dichiarazione appassionata?-.
Alessio alzò le spalle, con nonchalance:
-Non direi- disse, semplicemente – Non ancora, almeno-.
 
*
 
Anche a Ferrara pioveva a dirotto, come poterono constatare una volta scesi dalla corriera. Erano appena le tre e mezza di pomeriggio, eppure faceva freddo come se fosse tarda serata, e il cielo era ormai plumbeo.
Mezz’ora dopo l’arrivo in città si trovavano ancora al bar della stazione, vicino alla fermata della corriera alla quale erano scesi, fermi a rifocillarsi e ad aspettare – e a sperare- che la pioggia calasse almeno un po’.
-Abbiamo scelto la giornata giusta per una scampagnata- osservò con sarcasmo Pietro, mentre teneva gli occhi scuri fissi fuori dalla grande parete a finestra del bar, dopo aver finito il suo bicchiere di coca cola. Si girò verso gli altri, ancora in silenzio, soffermandosi qualche secondo di più su Alessio: i capelli gli si erano finalmente asciugati, ma senza riprendere la piega ordinata che ricordava di avergli sempre visto.
-Il meteo indicava sole per oggi- borbottò Filippo, addentando un altro morso del suo panino.
Pietro sbuffò ironico:
-Davvero un gran bel sole- rise amaramente, scuotendo il capo – Quasi mi sembra di essere ad agosto-.
-In ogni caso non possiamo rimanere qui per sempre- intervenne Caterina, incrociando le braccia sul tavolino che avevano occupato, in un angolo del bar.
-No, infatti- convenne anche Giulia – Abbiamo qualche ombrello, Alessio ne può comprare uno per sostituire il suo … Ce la possiamo fare-.
-In fondo il centro città non è molto distante- Nicola annuì, come a voler dimostrarsi d’accordo – E magari la pioggia calerà-.
“O forse saremo noi a morire affogati” pensò con amara ironica Pietro, senza però dar voce a quelle parole.
Dieci minuti dopo si trovavano già fuori dall’affollata stazione ferrarese, gli ombrelli in mano ed aperti, mentre tentavano di oltrepassare la strada senza impigliarsi con quelli della gente che veniva in senso contrario.
Pietro non si meravigliò affatto nel rendersi conto, ancora una volta, di essersi ritrovato a condividere l’ombrello con Alessio, che aveva seguito il consiglio di Giulia e si era fermato in uno dei negozi della stazione per comprarne uno nuovo, più resistente del precedente.
Si teneva comunque a distanza, evitando di scontrare il proprio braccio destro con quello di Alessio, in una vicinanza che continuava a farlo sentire strano. Si era calato di nuovo il cappuccio sulla testa per ripararsi almeno un po’, anche se la pioggia continuava a tormentarlo su tutto il lato sinistro del corpo.
Nell’attraversare un nuovo incrocio, Pietro rimase appena poco più indietro del resto del gruppo: non appena rimise piede sul marciapiede cercò di individuare subito gli ombrelli di Giulia e Filippo, e di Caterina e Nicola. Riuscì a distinguere abbastanza velocemente anche quello di Alessio, a poco più di un metro davanti a lui.
Accelerò appena il passo, tenendo il viso abbassato per non lasciare che la pioggia gli sferzasse troppo la pelle, e le mani in tasca al caldo. Era quasi riuscito a raggiungerlo in pochi passi: ora era dietro ad Alessio, appena fuori dalla traiettoria dell’ombrello.
Teneva ancora il viso abbassato, e non si curò troppo di spostare altrove lo sguardo: lo lasciò vagare per alcuni secondi sulle spalle ampie del biondo, lungo la schiena, fino a …
-Dove sei finito?-.
Pietro rischiò quasi di accecarsi con una punta dell’ombrello, quando rialzò in tutta fretta gli occhi verso quelli azzurri di Alessio, che si era appena voltato indietro verso di lui, rallentando il passo.
Lo vide scrutarlo confuso, in attesa di una qualche risposta, mentre Pietro allungava ancor di più il passo per raggiungerlo definitivamente.
-C’era troppo casino quando abbiamo attraversato la strada- cercò di giustificarsi, affiancandolo e sperando che Alessio non notasse il rossore del suo viso: difficilmente sarebbe riuscito a dare una spiegazione altrettanto valida per le sue guance arrossite.
-In effetti girare in due con un unico ombrello non è la cosa più comoda- disse Alessio, dopo alcuni interminabili secondi in cui Pietro aveva quasi temuto di non essere stato per niente creduto – Comunque cerca di star sotto, poi se ti becchi l’influenza mi sentirò in colpa-.
Pietro trattenne a stento uno sbuffo: era incredibile l’agilità con la quale Alessio passava dalla premura al cinismo nel più breve tempo possibile.
-Come sei premuroso- lo canzonò sottovoce, ora più sicuro una volta che l’imbarazzo sembrava essersi dissipato.
Alessio si girò verso di lui, riservandogli un sorrisetto astuto:
-Dovresti ringraziarmi che ti faccio stare all’asciutto-.
Pietro tacque, chiedendosi – per l’ennesima volta nell’arco di poche ore- se Alessio sfoggiasse quel sorriso come asso nella manica per vincere qualsiasi discussione che iniziava.
Proseguirono a camminare affiancati, senza che nessuno di loro dicesse nulla per vari minuti; avevano quasi raggiunto viale Cavour, quando Pietro udì Alessio canticchiare a bassissima voce, quasi inudibile.
Si voltò verso di lui aggrottando la fronte:
-Che stai cantando?-.
Alessio non si giro: si limitò ad alzare appena la voce, giusto il poco che serviva per far capire a Pietro le parole che stava cantando.
-“Loving you forever can't be wrong, even though you're not here won't move on”-.
Alessio sfumò a poco a poco la voce. Pietro si ritrovò ad ammettere che avrebbe voluto che continuasse: aveva una voce gradevole.
-E poi?- cercò di farlo proseguire, ma Alessio abbassò per un attimo gli occhi, senza riprendere:
-E poi niente- rispose, lievemente arrossito – Il resto è troppo triste per essere cantato adesso. Ci basta già la pioggia per deprimerci-. 
 
*
 
Nonostante le loro speranze, solamente verso sera aveva smesso finalmente di piovere. Per quasi tutto il pomeriggio si erano ritrovati a vagare per il centro di Ferrara con la costante presenza della pioggia, costretti a tenere gli ombrelli in mano. Avevano comunque camminato per parecchie ore: nulla di strano che ora, poco prima dell’ora di prendere il treno di ritorno, si ritrovassero tutti collassati sulle sedie di un bar di un centro commerciale piuttosto vicino alla stazione.
C’era parecchia gente lì intorno, ed erano riusciti a trovare un tavolo libero solamente per un caso fortuito. Pietro si sentiva i piedi ancora ghiacciati per il freddo, nonostante lì dentro, nel grande locale del bar, ci fosse un tepore piacevole. Era consapevole che, quando sarebbe arrivato il momento di rialzarsi per avviarsi verso la stazione, tutte le sue articolazioni irrigidite avrebbero protestato.
-Se non fosse stato per il brutto tempo, oggi sarebbe stata una giornata ancora migliore- borbottò tra sé e sé Filippo, tenendo tra le mani una tazza di cioccolata calda fumante. I ricci castani gli si erano appiattiti a causa del berretto che aveva indossato così a lungo per gran parte della giornata.
-Già. Ma ormai è andata così- convenne Caterina, seduta tra Filippo e Nicola. Anche lei aveva un’aria particolarmente stanca: Pietro ne osservò il viso cereo e tirato, pensando che non si sarebbe meravigliato affatto se si fosse beccata un’influenza.
-Non piangiamoci troppo addosso- cercò di tirar su il morale Giulia, che tra tutti sembrava quella che aveva mantenuto maggiormente il buonumore – Potremo sempre replicare la scampagnata quando farà più caldo e ci sarà meno pioggia. Alla fine ci siamo divertiti lo stesso, comunque-.
-Questa frase mi è famigliare- rise piano Filippo. Per un attimo tutti si voltarono verso di lui, le stesse facce confuse per richiedere una qualche spiegazione. Filippo si ritrovò a gesticolare in imbarazzo, prima di spiegarsi meglio:
-L’aveva detto anche della festa di compleanno. Che era stata divertente, intendo-.
Pietro si girò verso Giulia, spostando poi lo sguardo a Caterina e Nicola, riservando a tutti lo stesso sguardo truce:
-Divertente? Sul serio?-.
Li vide scoppiare a ridere tutti quanti, Filippo compreso, ma prima che potesse iniziare con gli insulti, fu Alessio a interromperlo:
-A proposito, me ne stavo completamente scordando: come è andata la festa di compleanno?-.
-Un successo!- rispose immediatamente Giulia, entusiasta. Pietro faticò a reprimere la voglia di prenderla a male parole, ancor di più quando gli tornò in mente che erano state lei e Caterina a vestirlo e truccarlo.
Filippo la guardò per un lungo attimo, prima di contraddirla:
-Un calvario, semmai-.
A quel punto, a Pietro venne quasi da ridere:
-E a te non hanno fatto praticamente niente- replicò, puntando un dito contro di lui – Io che dovrei dire?-.
-Oh, è vero- Alessio sembrò improvvisamente ricordarsi di qualcosa, e mentre puntava gli occhi azzurri su Pietro, a lui venne il terribile sospetto di sapere già cosa stesse per dire – Come si stava vestiti da donna?-.
Per i primi secondi Pietro tentò di non sembrare irritato, almeno non quanto lo era sul serio. Si stupì, però, di rendersi conto che, in fin dei conti, non si sentiva affatto sorpreso di scoprire che il biondo aveva in qualche modo collaborato alla sua umiliazione da neo diciottenne.
-È stata una tua idea?- articolò lentamente, ricambiando lo sguardo di Alessio, seduto di fronte a lui. Non ricevette una risposta da lui, ma da Nicola:
-Veramente è stata mia-.
Pietro sgranò gli occhi, ora del tutto colto di sprovvista:
-Tu hai partorito quell’idea malata? Tu?-.
Di fronte all’annuire di Nicola, si ritrovò ammutolito.
-Inizialmente era per Filippo- aggiunse Giulia, tranquillamente, provocando uno sgranamento di occhi anche da parte del diretto interessato.
-Poi però abbiamo chiamato qualcuno di più esperto per farci dare qualche consiglio- continuò Caterina, trattenendo a stento le risate. A quel punto la parola passò di nuovo ad Alessio, che tornò a rivolgersi unicamente a Pietro:
-E io ho detto loro di far travestire te-.
Pietro lo guardò di nuovo nel modo più truce che gli era possibile, indicando sia lui che Nicola con l’indice:
-Quindi devo ringraziare voi due?-.
Rise per un attimo, scuotendo la testa: era evidente che li aveva sottovalutati entrambi. C’era ancora una cosa che, però, non gli era del tutto chiara.
-Che ti ho fatto di così spiacevole per farmi riservare un trattamento del genere?-.
Lo disse quasi ridendo, ai limiti della frustrazione; quando incrociò il sorriso candido che Alessio gli stava rivolgendo, si chiese cosa potesse mai trattenerlo dall’andare verso di lui e strozzarlo una volta per tutte.
-Era solo una piccola vendetta per avermi investito e quasi azzoppato a Capodanno- gli rispose lui, semplicemente, allargando le braccia come se la cosa fosse totalmente ovvia.
Pietro si morse il labbro inferiore, indeciso se insultarlo o se cercare di trattenersi ulteriormente:
-Potevi più semplicemente chiedermi di farti un massaggio per farmi perdonare-.
Udì distintamente i risolini in sottofondo di Giulia e Caterina, ed era convinto che anche Nicola e Filippo lo stessero guardando increduli. Non tolse comunque gli occhi da Alessio, né dal suo sorriso – il tipico sorriso di chi la sapeva lunga- per accertarsene.
-Allora la prossima volta che mi butti a terra te lo chiederò-.
In quel momento, oltre ad avere la certezza che alla prima occasione utile avrebbe cercato di cogliere la sua vendetta, Pietro ne ebbe una seconda: sì, era piuttosto evidente che quel sorriso Alessio lo usasse come asso vincente per avere l’ultima parola su chiunque.








*il copyright della canzone (Linkin Park - "Valentine's Day") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Siamo miracolosamente sopravvissute ai banchetti di Natale 🎅🏻🎄 Siamo alla prima pubblicazione del 2019, e già concludiamo il capitolo 23 con il botto 😎

Come vi avevamo anticipato, a qualche giorno di distanza dalla festa di compleanno di Filippo e Pietro, è finalmente giunto San Valentino, nonchè primo   anniversario di Caterina e Nicola. In fin dei conti, nonostante alcuni intoppi, la giornata per loro non è iniziata così male: sono riusciti a riappacificarsi, e a parlarsi apertamente proprio durante il loro anniversario. Dite che stavolta saranno chiarimenti definitivi?
Nel frattempo sembra proprio che a qualcuno tutte queste effusioni, nel giorno di San Valentino, non siano piaciute... S', stiamo parlando di te, Pietro. Alla fine ha scoperto chi deve ringraziare per il meraviglioso regalo di compleanno avuto nel capitolo precedente, e ha giurato vendetta. Secondo voi lo farà sul serio? E cosa ne pensate di questa amicizia che sembra stia nascendo con Alessio? Secondo voi è Giulia a farsi troppi castelli in aria, o Pietro è davvero diverso con lui? Causa sessione invernale (sigh) ci rivedremo ancora una volta tra due settimane. Quindi appuntamento al 16 gennaio, con il capitolo 24!
Kiara & Greyjoy

PS: e prima di dimenticarcene, facciamo a tutti voi lettori silenti o meno tantissimi auguri di buon Natale e buon anno nuovo! Grazie per averci letto in questi lunghi mesi del 2018, e speriamo di tenervi compagnia anche nel 2019!:)

 
   
 
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