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Autore: lady lina 77    26/12/2018    3 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Signore, avete visite".

Ross, intento a fare colazione, alzò lo sguardo accigliato. Visite? A quell'ora? Era presto, il sole non aveva ancora illuminato la brughiera, Valentine stava facendo baccano picchiando il cucchiaio nella ciotola con il latte e lui per questo era già di cattivo umore. Non sopportava Valentine quando faceva così, quando faceva rumore e capricci per attirare l'attenzione. E ora ci si metteva anche l'ospite mattutino? "Di chi si tratta?" - chiese a Jane.

"Zachy Martin. Sembra molto agitato".

Ross guardò di sbieco Valentine intimandogli in modo brusco, stavolta, di smetterla e poi, dopo averlo affidato alle cure di Jane, andò a vedere cosa portava il suo socio a casa sua a quell'ora.

Appena giunse alla porta, trovò Zachy sconvolto, pallido, sudato e in preda a un'inusuale agitazione che non aveva mai fatto parte del suo carattere. "Che succede, amico mio? Vieni dentro dai, non stare quì sulla porta".

Zachy scosse la testa, c'era una sorta di disperazione sul suo viso e nella sua espressione... "No, non ho tempo, non c'è tempo! Ross, aiutami" – sussurrò con la voce rotta dal pianto, aggrappandosi alle braccia dell'amico quasi come avrebbe potuto fare un bambino in preda a un incubo.

Ross entrò in allarme, se Zachy era in quello stato, doveva essere successo qualcosa di grave. "Non c'è tempo per cosa?".

"Per Jago" – disse l'uomo, accasciandosi a terra piangendo come un bambino.

"Jago?". Ross capì subito che, se Zachy si trovava in quello stato, suo figlio doveva averla combinata grossa. Jago era stato da subito, fin da piccolissimo, una testa calda sempre nei guai e sempre pronta a fare a botte e crescendo non era cambiato. Solo che c'era una bella differenza fra una scazzottata fra due monelli della Cornovaglia e guai con perfetti e pericolosi sconosciuti incontrati in giro per il mondo. "Cosa ha fatto? Mi avevi detto che era impiegato come mozzo su una nave...".

Zachy scosse la testa. "E' tornato la settimana scorsa. E' stato a casa solo pochi giorni, da quando sua madre è morta fugge lontano appena può e così è stato anche stavolta. L'altro ieri... Hai sentito dei disordini a Truro?".

Ross si oscurò in volto. "Sì, un gruppo di minatori e contadini ha aggredito delle guardie e una è stata uccisa. Non dirmi che Jago è implicato...".

Zachy annuì. "Era lì, ovviamente! Andare in Francia gli ha messo in testa idee strane e pericolose e lo avevo messo in guardia, gli avevo detto che si sarebbe messo nei guai! E' stato arrestato durante gli scontri e processato immediatamente. E' stato giudicato colpevole, assieme ad altri due ragazzi, di omicidio e incitazione alla sommossa".

L'animo di Ross divenne cupo, erano accuse gravi e non se ne poteva uscire con una semplice ammonizione da parte del giudice. Eppure non riusciva a credere che Jago, cresciuto da una famiglia sana e comunque buono d'animo, potesse aver fatto una cosa simile. "Hai parlato con lui?".

"L'ho potuto vedere solo pochi minuti ieri, prima del processo. Mi ha giurato che è innocente, che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e che voleva solo protestare con gli altri per un prezzo del grano più equo. Ha cercato di spiegarlo anche al giudice, ma George Warleggan non ha voluto sentire scuse".

Un brivido freddo percorse la schiena di Ross... Se George Warleggan era stato il giudice di Jago, la punizione doveva essere pesantissima e sapendo che i Martin erano amici dei Poldark, sicuramente ci era andato giù pesante. Era una situazione pessima, quella! "Warleggan...? Qual'è la sentenza?".

Zachy si accasciò a terra, piangendo come un bambino a quella domanda. "Lo impiccheranno stamattina alle undici a Bodmin, assieme agli altri due ragazzi condannati con lui". Gli prese la mano, stringendola convulsamente, cercando in lui una qualche soluzione a quell'incubo. "Ross, aiutami! E' solo un ragazzo".

Si sentì le gambe tremare, avrebbe avrebbe fatto qualunque cosa per lui ma se George era implicato e aveva emesso quella sentenza, c'erano poche direzioni da seguire per poter salvare Jago. E lui DOVEVA salvarlo! Perché era giovane, perché lo conosceva fin da quando era piccolo, perché era figlio di Zachy e perché era un bravo ragazzo pieno di energia e poco capace di prevedere le conseguenze delle sue azioni come tanti altri ragazzi della sua età. Non poteva morire, non così! Ma andare da George e implorare non sarebbe servito a nulla e aveva solo una strada da percorrere!

Si inchinò, aiutando Zachy a rialzarsi, poi gli diede una pacca amichevole sulla spalla e gli sorrise forzatamente. "Prendi uno dei miei cavalli e galoppa fino a Bodmin, Jago vorrà sentirti vicino. Io tenterò di parlare con una persona influente che forse potrà fare qualcosa per tuo figlio, ci vado subito e farò quanto in mio potere per fermare questa pazzia. Poi ti raggiungerò in quel luogo dannato dove pure io, anni fa, rischiai la stessa pena inflitta a Jago". Già, sembravano passati secoli da allora... Julia era appena morta, Demelza era sopravvissuta per miracolo alla gola putrida e nonostante il dolore per la malattia e per la perdita della loro bimba, aveva trovato la forza per stargli vicino durante quel dannato processo dove ancora una volta lui aveva messo il suo orgoglio davanti al suo amore per lei. Demelza... Pensarla, ogni volta, faceva molto male. Gli era stata sempre vicino e avrebbe meritato che lui le regalasse il mondo e invece era stato capace solo di ferirla e di farla soffrire. Ed era l'ultima persona al mondo che lo meritasse... Ora non poteva più fare ammenda con lei e coi suoi figli ma per Zachy e per Jago si sarebbe battuto fino allo stremo e anche oltre. Questo non avrebbe cancellato i suoi torti passati ma forse avrebbe potuto alleggerire il suo animo appesantito da tanti, troppi sensi di colpa.

"Con chi vuoi parlare?" - chiese Zachy. "Chi può avere il potere di annullare una sentenza già emessa?".

"Te lo dirò dopo, ora non c'è tempo. Va a Bodmin Zachy, ti raggiungo lì".

Zachy annuì dirigendosi, apparentemente più rinfrancato, verso le stalle. E Ross corse in casa per prendere il suo tricorno e avvertire Jane e John Gimlet che non si sarebbe recato alla miniera per quel giorno e che non sapeva a che ora avrebbe fatto ritorno.

Appena dentro spiegò tutto a John ma fu interrotto nuovamente da Valentine, in vena di fare capricci quella mattina.

"Papà".

Ross lo guardò di sfuggita, il suo cuore era in tumulto per il destino di Jago e non aveva tempo da perdere con suo figlio. "Non ora...".

"Ma devo dirti una cosa importante".

Ross sbuffò. "Dilla a Jane".

"NOOOO".

Santo cielo, quella mattina Valentine rischiava di prendersi una sculacciata! "Che c'è?".

Valentine gli si avvicinò, tirandogli la giacca. "Mi leggi una fiaba, stasera quando torni?".

Si sentì irritato, era un bambino insensibile e viziato che non sapeva vedere oltre i suoi desideri. Un ragazzo rischiava di venire impiccato e lui pensava alle fiabe. "Se il tuo unico pensiero è leggere una fiaba, sei un bambino davvero fortunato rispetto a tutti gli altri... Fattela leggere da Jane, non ho tempo per queste sciocchezze, soprattutto oggi!".

Gli occhi di Valentine divennero lucidi. "Ma papà... Lo avevi promesso!".

Il bimbo, non sapendo del tumulto e della disgrazia imminente che stava per abbattersi su una famiglia da sempre amica, scoppiò a piangere e Jane accorse per calmarlo. Ross non aggiunse altro, lo guardò con irritazione, gli voltò le spalle e poi corse verso le stalle per partire a sua volta al galoppo.

Destinazione: Lord Basset.

Galoppò come un forsennato, non c'era da perdere nemmeno un minuto e quando arrivò, nonostante fosse mattino ancora presto, fece irruzione nella grande casa di Basset interrompendo l'uomo che stava facendo colazione nel suo studio mentre leggeva delle carte.

Basset sollevò gli occhi su di lui, dando un cenno al maggiordomo che aveva dovuto seguire l'avanzata di Ross di congedarsi. "Ross Poldark... Che piacere vedervi quì, non aspettavo la vostra visita. Non stamattina almeno".

Ross si oscurò. "Non è una visita di cortesia, sono quì per chiedere di intercedere per un ragazzo condannato ingiustamente all'impiccagione. L'esecuzione avverrà fra poche ore a Bodmin e se la sentenza verrà eseguita, sarà il più grande crimine che possa essere perpetrato ai danni del popolo. Conosco il ragazzo e sono pronto ad intercedere per lui e a prendermi la responsabilità di seguirlo da oggi in poi".

Basset piegò le carte che teneva in mano, sospirando. "Parlate dei tre ragazzi condannati per i disordini dei giorni scorsi a Truro?".

"Sì".

L'uomo scosse la testa. "Sono stati condannati a morte tre giovani, accusati di aver ucciso una guardia. La guardia è effettivamente morta, qualcuno ha armato un fucile e loro sono stati riconosciuti come gli esecutori materiali dell'omicidio. Ross, non c'è nessun errore, questa è la legge".

Ross scosse la testa, doveva dannatamente fargli capire e chiarire cosa poteva aver spinto George ad emettere quel verdetto. "Non posso dire per gli altri due giovani, ma Jago Martin è innocente, si trovava lì per protestare e anche se è una testa calda, è un bravo giovane cresciuto da una famiglia sana e onesta, non sarebbe mai capace di uccidere nessuno. E' un ragazzo, solo un ragazzo che si è fatto trascinare dagli eventi e purtroppo paga lo scotto di appartenere a una famiglia amica dei Poldark. E questo, George Warleggan lo sa bene e ha inciso sul verdetto".

Basset alzò i suoi piccoli occhi azzurri su di lui, scrutandolo con furbizia. "Potevate essere voi a pronunciare una sentenza che poteva salvarlo, se aveste accettato la nomina a giudice di pace. Non lo avete fatto, George lo è diventato al posto vostro e ha emesso una sentenza attenendosi alla legge. Non c'è errore in questo, la procudura è corretta e purtroppo la grazia può essere data solo dal re".

"E' INNOCENTE!!!" - urlò Ross.

Lord Basset si alzò dalla sedia, andando davanti a lui viso a viso. "Se lo è, non è stato in grado di dimostrarlo. Ross, io conosco il vostro buon cuore e cosa vi ha spinto quì, ma non posso aiutarvi".

No, non poteva finire così e non si sarebbe arreso. "Erano povere persone riunite per protestare sull'aumento del prezzo del grano. Disperati che non sanno che cosa dare da mangiare ai propri figli... Gente senza diritti, che non sa se il giorno dopo avrà un lavoro e del cibo in tavola, che vive di stenti e che a volte si lascia guidare da una disperazione mossa più dalla fame che dalla cattiveria. Non hanno diritti, non hanno tutele... Voi lo sapete, voi ed io su questo la pensiamo allo stesso modo".

Lo sguardo di Lord Basset si fece severo. "Vero, abbiamo visioni simili ma io, a differenza vostra, espongo la mia faccia e lotto perché le cose cambino, in sede opportuna, mettendo anche a tacere la mia coscienza se necessario! E' vero, non esistono giustizia sociale, tutele e diritti per i lavoratori e soprattutto non esiste pietà verso chi non ha nulla ma per cambiare le cose, gli uomini GIUSTI devono andare a dire le GIUSTE cose nelle sedi opportune. Voi non salverete quel ragazzo, Ross. Ad oggi nulla può esservi d'aiuto ma se vi metteste in gioco, forse salverete quelli che verranno dopo di lui".

Ross scosse la testa, non voleva sentire quel genere di discorsi, non in quel momento. "Vi prego... Mi metterò in ginocchio se servisse a qualcosa...".

"Non servirebbe a nulla Ross e voi lo sapete".

Lo guardò, vedendo in lui e nel suo volto il segno della sconfitta. Anche Basset si sentiva impotente in quel momento e poteva leggergli in faccia il dolore di non poterlo aiutare davanti a quell'ingiustizia. "Suo padre è il mio braccio destro... Un brav'uomo che ha cresciuto tanti bravi figli, onesti lavoratori che si spaccano la schiena nelle nostre miniere. Siamo padri anche noi, cosa faremmo al suo posto?".

Basset abbassò il viso. "Saremmo semplicemente disperati. Se siete amico di quell'uomo Ross, andate da lui e stategli vicino. L'esecuzione sarà fra poco e avrà bisogno di voi".

Ross lo guardò, pensando a Jago e ricordandolo bambino, quando giocava ad inseguire le lepri fuori dalla Wheal Leasure e faceva i dispetti alle bambine del distretto. Era giovane, aveva davanti una vita... E ora gli sarebbe stata strappata. Mise il tricorno in testa, annuendo e capendo che non poteva chiedere nulla e che la legge legava le mani di Basset quanto le legava a lui. "Scusate se vi ho disturbato".

"Di nulla, Ross".

Fece per andare ma Basset lo richiamò ancora una volta. "Ci penserete?".

Ross si voltò. "A cosa?".

"A ciò che vi ho detto, ad arrivare a discutere di queste tematiche nelle sedi opportune, con me".

Ross non rispose, non era il momento per discutere di cose simili e non aveva tempo di pensare. Salutò con un cenno del capo, uscì dalla stanza e dalla casa e poi montò in sella al cavallo, galoppando come un forsennato verso la prigione di Bodmin.


...


La folla gremiva la piccola piazzetta adiacente alla prigione dove si trovava il palco coi tre cappi.

Gente che urlava, che cercava di concludere affari approfittando della gran folla, gente venuta fin lì pensando di godersi uno spettacolo macabro. Ross era nauseato da tanta crudeltà ed insensibilità ma non poteva andarsene. E fianco a fianco di Zachy aspettavano l'inevitabile, lui con lo sguardo di pietra mentre guardava George Warleggan osservare il cappio con aria trionfante e Zachy con il viso rigato da lacrime che non poteva trattenere.

Ross gli poggiò la mano sul gomito per dargli coraggio. Sapeva come si sentiva, era come fu per Julia mentre la teneva in braccio dopo che Dwight gli aveva detto che non c'era niente da fare. Era la disperazione di un uomo che guarda suo figlio non per vederlo crescere ma aspettando di vederlo morire. Era terribile, un dolore da cui nemmeno lui si era mai rialzato del tutto e che forse aveva creato le prime crepe nella felicità perfetta dei primi anni di matrimonio con Demelza. Non c'era nulla da dire, c'era solo da stare accanto a Zachy come a suo tempo Dwight era stato vicino a lui.

Dwight, Julia, Demelza... Tutte persone belle a cui aveva voluto bene e che aveva perso... E ora guardando Jago salire sul palco e il boia mettergli attorno al collo la corda, il senso delle sue perdite tornava prepotentemente davanti ai suoi occhi con ferocia.

"Ross...".

Zachy si aggrappò a lui, affondando il viso nella sua spalla e Ross lo sorresse. "Zachy... Sarà un attimo, solo un attimo. Perdonami se non posso aiutarti, perdonami per non essere stato...". Si bloccò, rendendosi conto che per salvare Jago non avrebbe potuto far nulla quel giorno, tutto quello che poteva fare era decidere altro in passato. Ma per orgoglio aveva rifiutato un ruolo che poteva portarlo a fare del bene, mettendo in mano a George Warleggan un potere che gestito da lui diventava morte e distruzione.

Osservò quei tre giovani a cui non fu concesso nemmeno di dire un'ultima parola, i loro occhi pieni di vita ma terrorizzati, il futuro che non avrebbero avuto più.

E quando la botola sotto i loro piedi si aprì, l'urlo di Zachy lo trascinò a terra in un pianto disperato.

Lo abbracciò, gli tenne tenuto il viso contro il suo petto per non fargli vedere nulla di quello spettacolo magro e in quell'istante ritoccò con mano quel dolore atroce vissuto quando morì Julia.

Tutti coloro che avevano attorno urlavano esaltati. Ma per Ross e Zachy era come se non esistessero, il loro era un faccia a faccia intimo e solitario con morte e dolore e niente e nessuno avrebbe potuto toccare quel momento in cui i fantasmi della loro vita tornavano a tormentarli.

George Warleggan, assieme agli altri due giudici che avevano emesso il verdetto, se ne andò soddisfatto e senza alcun rimorso verso la sua carrozza e Ross lo osservò con odio, rendendosi conto che non poteva fare niente.

Non poteva fare niente... Per adesso...

Ripensò alle parole di Basset di quella mattina e dei mesi precedenti, alla sua cocciutaggine, a quanto valeva il suo orgoglio rapportato al bene che avrebbe potuto fare per gli altri, se avesse imparato ad accettare qualche compromesso...

La Cornovaglia era la sua terra, la sua vita, lì era nato e lì vivevano e avevano vissuto le persone che più amava. Ma era il momento di guardare anche oltre, cercando di non snaturare se stesso.

Guardò le salme di quei tre ragazzi a cui povertà e ingiustizia avevano strappato la vita, le lacrime disperate di un padre che aveva appena visto morire un figlio, ripensò alla vita di stenti dei suoi minatori, brava gente resa feroce dalla fame e dalla miseria. E decise...

Sorresse Zachy, lo costrinse ad allontanarsi da quel luogo di morte dove nulla poteva più salvare Jago e lo accompagnò a casa, vegliando su di lui con gli altri suoi figli finché non si addormentò, stremato.

E poi salì nuovamente a cavallo, galoppando verso la casa di Lord Basset in quella lunga giornata che sembrava infinita.

Lo trovò che era in giardino, intento a guardare sua moglie e sua figlia che giocavano con un gattino bianco. Un'immagine di serenità e pace dopo l'orrore visto poco prima, un qualcosa di piacevole ma stridente in quella giornata di morte e dolore.

Quando arrivò, Basset non parve troppo sorpreso. "Vi aspettavo, Ross. Sapevo che sareste tornato...".

"Il ragazzo è morto" – gli rispose, glaciale.

"Lo so, sono stato informato, fate le mie condiglianze alla famiglia".

Ross deglutì, strinse i pugni e si rese conto che la sua vita sarebbe cambiata da quell'istante. "E' ancora libero quel posto che volevate assegnarmi, come vostro compagno d'avventura alle prossime elezioni della Contea per due seggi a Westiminster?".

Basset lo guardò mentre un lampo di orgoglio gli attraversava gli occhi. "Ovviamente".

Ross annuì. "Beh, da ora non è più libero. Lo prendo io quel posto vacante".

"Finalmente! Sapevo che avreste ceduto, che avreste capito che quello era il posto da cui siete atteso, da sempre!". Basset gli si avvicinò per stringergli vigorosamente la mano. "Londra non vi terrà lontano da queste terre tutto l'anno, come me potrete tornarci quando vi aggrada, la strada non è così lunga come sembra. Apparterrete sempre a queste terre e potrete continuare a gestire le vostre miniere".

Ross annuì, non aveva bisogno di essere confortato su quegli aspetti, sapeva che nulla lo avrebbe mai potuto strappare definitivamente dalla Cornovaglia. "Vinceremo?".

"Se ci prepareremo a dovere".

"E quando inziamo?".

Basset sorrise di nuovo sotto i baffi. "Domani".


...


Quando tornò a casa era esausto e la fatica e il dolore di quel giorno terribile erano un fardello talemente enorme che voleva solo farsi un bagno e mettersi a letto, dimenticando il mondo attorno a lui per qualche ora. Aveva fatto una scelta che lo avrebbe costretto a cambiare vita, ad accettare compromessi e atteggiamenti, aveva deciso che il suo mondo sarebbe stato anche Londra e aveva assistito alla morte crudele di tre ragazzi. Era tanto, troppo...

Appena dentro casa, Jane gli andò incontro, prendendogli mantello e tricorno. "Bentornato signore".

Ross si guardò attorno, notando che la casa era insolitamente più silenziosa di come l'aveva lasciata quella mattina. "Valentine dov'è?".

Jane scosse la testa. "A letto, oggi ha avuto un pò di febbre".

Sospirò entrando subito in allarme, quel bambino era fonte perenne di preoccupazione. "E' qualcosa di preoccupante?".

"No, credo sia perché ha pianto tanto...".

Spalancò gli occhi. "Pianto? Ancora per la storia della fiaba?".

Jane lo guardò con una strana aria di rimprovero che mai gli aveva visto in volto. "E' solo un bambino, è piccolo e sta crescendo senza madre e con un padre perennemente assente. E' di salute delicata, vive in un posto isolato ed è normale che cerchi attenzioni. Credo, signore, che il piccolo Valentine sia il bambino più solo al mondo".

Ross abbassò lo sguardo, a disagio. Sapeva le sue pecche di padre ma era la prima volta che Jane gliele sbatteva così brutalmente in faccia. "Ho molte cose e molti problemi da gestire, Jane... E la tua presenza, assieme a quella di John, è importante per me e Valentine. Voi e vostro marito siete i punti di riferimento più importanti di mio figlio".

"Ma siete voi suo padre, non noi! Signor Poldark, se posso permettermi...".

"Dite".

"Fate in modo che voglia più bene a voi che a noi. Valentine vuole solo un pò di tempo con il suo papà".

Ross annuì, colpito da quelle parole. Poche ore prima aveva visto le lacrime di un padre che aveva perso un figlio che non avrebbe visto diventare uomo e lui invece sprecava il tempo che gli era concesso facendo tutto eccetto che stare con Valentine. Zachy non avrebbe avuto altre chances e lui non poteva dire con certezza se quel tempo sprecato con il suo bambino gli sarebbe stato restituito in futuro. Ci era già passato da errori simili e aveva perso tutto, non poteva non aver imparato la lezione! "Grazie Jane, ora vado da lui".

Prima passò dalla biblioteca per prendere un libro e poi salì le scale, stancamente, entrando nella stanzetta del figlio.

Valentine era seduto sul letto, pallido, intento a giocare con alcuni soldatini sparsi sulla coperta. "Papà...".

Si avvicinò, sedendosi accanto a lui. "Jane mi ha detto che hai avuto la febbre oggi".

Il bimbo annuì. "Non è stata una bella giornata".

"Nemmeno per me" – ammise Ross – "A volte il mondo di noi grandi è complicato e difficile".

"Anche quello dei bambini" – rispose Valentine, incredibilmente serio per i suoi cinque anni.

Gli accarezzò i ricciolini neri, guardò i suoi occhi scuri, erano identici loro due. Eccetto che gli occhi di Valentine erano sempre colmi di una tristezza che spesso lui fingeva di non vedere. "Mi spiace per averti parlato male questa mattina ma ero...".

"Cosa?".

"Niente... Niente di cui tu avessi colpa. Vuoi che ti legga qualcosa?".

Valentine osservò il libro nelle sue mani. "Solo se vuoi..." - disse, timidamente.

Gli sorrise. "Voglio! Ma sai, le fiabe credo siano per bambini più piccoli, questo libro è meglio" – concluse, alzando il volume dalla copertina rossa che aveva in mano.

"Che libro è?".

"Un libro sui pirati. Sai chi sono?".

Valentine rise. "Gente con una bella vita interessante".

Ross annuì, era d'accordo. "Te lo leggo, allora?".

"Sìììì" – esclamò lui, sorridendo finalmente. Gli si rannicchiò sul petto, lo abbracciò e Ross per la prima volta da quando era suo padre lesse qualcosa per lui.

  
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