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Autore: Lost In Donbass    27/12/2018    1 recensioni
Denis è arrogante, spaccone e attaccabrighe, ma in realtà cerca solo qualcuno da amare. E che lo ami a sua volta.
Valentina è depressa e devastata, ma riesce sempre a dipingersi un sorriso sulle labbra. Per ora.
Ylja ha una famiglia distrutta, un fidanzato disturbato e gli occhi più belli di tutta la Russia. Però è tremendamente stanco.
Valerya ha tanti demoni, lo sanno tutti. Nessuno però ha mai tentato di esorcizzarla.
Aleksandra sembra essere la ragazza perfetta, anche se nasconde un segreto che non la farebbe più sembrare tale.
Kuzma tira le fila e li tiene tutti uniti, è quello che li salva. Eppure sa che non farà una bella fine.
Sono arrabbiati e distrutti. Sono orgogliosi e violenti. Amano, odiano, bevono e si sballano.
Sono i ragazzi del Blocco di Ekaterimburg e questa è la loro storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO QUATTORDICI: LE RAGAZZE SI SALVANO
I kissed the scars on her skin
I still think you’re beautiful
And I don’t ever wanna lose my best friend
[Pierce The Veil – A Match Into Water]
 
Bombolette spray. Cappucci calati sul viso. Skateboard appesi agli zaini. Valentina e Aleksandra giravano lungo il perimetro della vecchia fabbrica in disuso firmando ogni centimetro del grosso muro di cemento armato, le casse portatili che sparavano l’ultima hit di Elvira T. – erano contente, come mai lo erano state, e ridevano, gettando il capo all’indietro, scambiandosi occhiate di fuoco mentre facevano quello per cui erano nate: le teppiste del Blocco.
Valya stava finendo di scrivere in un grande cuore le loro iniziali e si ritrovò a pensare alla loro situazione: stavano insieme? Non lo sapeva. Certo, non passavano minuto senza baciarsi platealmente, senza fare sesso selvaggiamente, senza dirsi “ti amo” ma secondo la mora quello non era la cosa di cui avevano bisogno. Non metteva in dubbio che fosse eccitante vivere quella storia clandestina con Sasha, lasciando la Banda nella più totale ignoranza, ma c’era qualcosa che non le andava. Perché, nonostante tutto, lei era innamorata di Sasha, amore che si rendeva conto non essere totalmente ricambiato. Era sempre più convinta che la bionda la vedesse sempre con un’amica e che si illudesse di amarla per cercare di vendicare la rottura con Denis. E questo, assolutamente, non andava bene perché quando si sarebbe spenta la fiamma di passione, cosa sarebbe rimasto? Imbarazzo, cenere e un cuore spezzato. Valya sospirò, aggiustandosi il beanie calcato in testa e guardò le loro iniziali intrecciate nel murales: perfette nella loro imperfezione, come loro due. Come se non si fosse accorta che Sasha fosse dimagrita ancora. Come se non fosse tornata a tagliarsi i polsi piangendo nel terrore che il suo cuore venisse preso a calci l’ennesima volta. Si era ripromessa di fare presente alla bionda quel suo ragionamento, cercare di farle capire quanto lei in realtà fosse innamorata ma ne era spaventata: cosa avrebbe fatto Sasha di fronte a una dichiarazione del genere? Forse le avrebbe tolto anche quel rapporto puramente fisico al quale Valya anelava disperatamente. Lei non aveva bisogno di una migliore amica in quel momento, ma di una ragazza, di un cuore che battesse al suo stesso ritmo.
-Amore, abbraccio!
Lo strillo di Sasha e l’abbraccio soffocante nel quale venne travolta la distolse per un attimo dai suoi tristi pensieri. Lasciò seguire uno dei loro baci tutti lingua e passione, e pensò a quanto fossero perfette le loro labbra intrecciate insieme: erano nate per essere una coppia, Valentina se lo sentiva, doveva solamente trovare il modo di farlo capire all’altra. Perché la desiderava anche con lo spirito, non solo col corpo, e non sarebbe stata tranquilla finché non avrebbe avuto quello che voleva.
-Sei bellissima.- mormorò, alzandosi in punta di piedi e baciandola ancora, arrotolandosi una di quelle ciocche biondissime attorno a un dito. – Ma stai mangiando, Sashen’ka?
Aleksandra arrossì un pochino, e accarezzò la guancia pallida dell’amica
-Sì, Valyoch’ka, tranquilla. Sto bene, non ti devi preoccupare sempre.
In realtà, non stava affatto mangiando. Vomitava il poco che ingeriva e ogni sera passava ore davanti allo specchio a piangere. Ma non aveva il coraggio di rivelarlo a nessuno, e benché meno a Valentina, perché sapeva quanto anche lei avesse i suoi demoni ed era terrorizzata dal caricarla anche con i suoi di problemi. Perché se Valya si fosse spezzata, Sasha sapeva che sarebbe caduta con lei. Non esistevano senza l’altra, non c’era storia, erano le ragazze del Blocco che non potevano essere separate.
Valya annuì distrattamente, giocherellando con le lisce ciocche rosa che le decoravano le punte e poi la prese per mano, obbligandola a seguirla in quella passeggiata malinconica lungo il perimetro della fabbrica ricoperta di graffiti. Sasha sapeva che quando faceva così era per iniziare un discorso serio, e dentro di sé sbuffò. Non se la sentiva di discutere, né di parlare – aveva un disperato bisogno di distrazione, di divertimento, non di altri problemi che si sommassero ai suoi. Rinsaldò la presa sulla mano della mora e la guardò di sottecchi, gli occhi blu abbassati e il capello calcato in testa. Amava Valentina? Non lo sapeva, e forse non voleva nemmeno saperlo.
-Valya.- iniziò, un  pochino titubante – C’è qualcosa che mi devi dire?
Le due ragazze si guardarono, e avevano gli occhi tristi entrambe. Tristi in maniera diversa, e devastati allo stesso modo, le ragazze del Blocco sapevano che non sarebbero mai uscite vive dalla loro adolescenza. “Non uccidete la mia infanzia”, c’era scritto su un murales accanto a loro e Sasha pensò che avrebbe tanto voluto averla avuta, un’infanzia, visto che erano stati scaraventati nel mondo senza nemmeno un minimo di preparazione, senza un aiuto, senza nessuno. “Non uccidete la mia infanzia” – non uccidete i ragazzi, per favore.
-Mi ami?- di punto in bianco, Valya spalancò i grandi occhi truccati e le strinse più forte le mani – Davvero, Sasha: mi ami?
La bionda rimase un attimo interdetta, e si morse il labbro. “Non uccidete la mia infanzia” – avrebbe di nuovo voluto essere bambina e non dover scegliere. Lei odiava scegliere, voleva sempre che ci fosse qualcuno a farlo per lei. Ma ora sei grande, Sashen’ka. Come faccio ad essere grande se non sono mai stata bambina?
-Io … dai, ma che domanda è, non …
-E’ semplice.- Valentina era ferma e dura nella sua dichiarazione – Sono innamorata di te. Sono pazza di te, Aleksandra. Ma voglio capire se il mio sentimento è ricambiato.
Sasha giocherellò nervosamente con i cordini della felpa e abbassò gli occhi ombreggiati dalle lunghe ciglia bionde. Non voleva sentirselo dire, non voleva perché aveva paura di quello che avrebbe comportato. Non si sentiva pronta ad amare davvero una persona, si sentiva ancora infantile, aveva paura di poter ferire davvero Valentina. Aveva percepito quanto fosse forte l’amore dell’altra, e ne era spaventata perché non voleva illuderla ma contemporaneamente non voleva che quella loro storia clandestina finisse. Aveva trovato una casa tra le braccia magre dell’amica, un nuovo sollievo nei loro baci alla fragola, una pace nuova nel tenersi per mano e nel chiamarsi “dolcezza”. Però non sapeva se il loro fosse vero amore o se per lei non fosse solamente una scoperta dopo la travagliata storia con Denis. Quando l’aveva baciata per la prima volta, era perfettamente cosciente di averlo fatto solo per cancellare l’immagine del ragazzo, sapeva di volersi solo sfogare, ma in quel momento stava mettendo in dubbio tutto. Forse lei e Valya erano davvero fatte per stare insieme, o forse no. Era ancora troppo presto per dirlo. Sasha voleva essere libera, si era stufata di essere tirata a fondo nella melma. “Non uccidete la mia infanzia” – rivoglio occhi innocenti e non più iniettati di sangue, di alcol, di fumo.
-Valya … anche tu mi piaci, ma …
-Non è più questione di piacere o meno!- Valentina si scostò il lungo ciuffo dal viso – Ti sto dando il mio cuore, per me ormai sei più di un’amica. Anzi, lo sei sempre stata, non posso fare a meno di amarti. Per favore, Sasha, dimmi che anche tu mi ami.
Le due ragazze respiravano profondamente e si guardavano nel profondo degli occhi. C’era tanto amore nelle loro iridi tormentate, c’era un legame ancora acerbo che però si sentiva pronto a sbocciare. Sasha si arrotolò una ciocca di capelli attorno al dito e abbassò lo sguardo. Poteva fare quel passo, forse avrebbe dovuto buttarsi, per la prima volta, in qualcosa di adulto. Aveva sempre fuggito gli impegni, ma si rendeva perfettamente conto che fare la bambina ormai non era più possibile. Stava parlando della vita della sua migliore amica, doveva essere in grado di darle una risposta matura. Era inutile dirle sì se sapeva che poi sarebbe collassato tutto. E sarebbe stato ugualmente inutile dirle no se poi in cuor suo non faceva che pensare a lei. Guardò Valya, e le accarezzò una guancia, sorridendo gentilmente. Conosceva quella ragazza meglio quasi di sé stessa, aveva toccato con mano i suoi demoni, le aveva asciugato le lacrime, e aveva cercato di lottare al suo fianco per sconfiggere la depressione che l’affliggeva. Si chiese se forse quello non fosse amore, in realtà, la sua dedizione incredibile, il suo sacrificarsi sempre per il benessere dell’amica, il suo sopportare i silenzi pesanti e le crisi isteriche. Sasha aveva sempre trovato giusto occuparsi di Valentina, lo sentiva come suo dovere e forse sapeva che quello era il motivo per cui era nata: salvare Valya da sé stessa. E l’avrebbe fatto fino alla fine dei tempi, perché il sorriso vero dell’amica era di quanto più bello potesse trovare. Questo è amore, Sashen’ka, le disse una voce nella testa. Sorrise tra sé e sé – sì, forse quello era amore. Il suo voler sempre vedere l’amica sorridere, il suo tranquillizzarsi quando era con lei, il suo sentirsi normale e bella solo quando glielo diceva Valya, il suo sentirsi coraggiosa con lei, erano tutte cose piccole ma che, sommate insieme, non facevano che renderle una coppia perfetta. Ferite, spezzate, doloranti, ma indistruttibili nel loro affetto.
Sì, si sarebbe data a quella storia con tutta la sua forza, ci avrebbe creduto, sarebbe cresciuta, sarebbe diventata finalmente una ragazza forte.
Strinse forte le manine di Valya e disse
-Valya, ti amo anche io. Sono pronta ad essere la tua ragazza. Probabilmente sarò infantile, imbranata e ti farò incazzare, ma sappi che ti amo e che mi impegnerò con tutta me stessa per starti vicino. Dammi tempo, tesoro, ma so che non ti abbandonderò mai. Mai, Valentina.
Poi, tremando appena, le sollevò le maniche della felpa oversize e scoprì quelle braccine ferite dai tagli autoinflitti. Valentina boccheggiò, e fece per ritrarsi, ma Sasha le strinse forte i polsi, impedendoglielo. Si chinò e posò un bacio su ogni taglio. Un bacio a fior di labbra, e ad ogni bacio, una lacrima scorreva sulla guancia di Valya. Due ragazze, un unico amore, un sacrificio condiviso. Sasha continuò a baciare i polsi feriti dell’amica, con delicatezza e fermezza. Voleva che si fermasse, voleva salvarla da sé stessa.
-Sasha … Sasha … - balbettò Valya ma la bionda le posò un dito sulle labbra.
-Va tutto bene. So che smetterai. So anche che è difficile, ma voglio aiutarti a farlo. Ti amo lo stesso, anche se ti tagli.
Fu lì che Valentina scoppiò a piangere. Un pianto liberatorio, selvaggio, rumoroso, il viso affondato nella spalla della ragazza e le braccia avvolte attorno alla sua vita. Rimasero strette per un po’, le casse che continuavano a pompare musica, le bombolette abbandonate per terra e i cappucci caduti. Erano sbagliate e dolenti, ma insieme, forse, ce l’avrebbero fatta a sconfiggere il Blocco di Ekaterimburg. Sapevano entrambe che il loro amore e la loro amicizia non potevano essere spezzate – c’era troppo tra di loro per poter collassare. Valya continuava a piangere, in silenzio, perché quel gesto valeva più di mille parole. Solo Sasha avrebbe potuto fare una cosa simile, solo lei sarebbe stata in grado di portarla fuori dall’inferno e Valya ci credeva con tutta sé stessa. Avrebbe lottato per il loro amore e non avrebbe mai lasciato andare la corda, per quanto difficile potesse sembrare.
Si staccarono leggermente e si sorrisero, tra le lacrime e la disperazione.
-Grazie, Sashen’ka.- sussurrò Valentina, accarezzandole i capelli – Ma sai che farò fatica a uscirne, vero?
-Non mi importa quanto ci metterai, tesoro, perché so che ce la farai. Ce la faremo. Siamo o non siamo ragazze del Blocco?- Sasha sorrise, aumentando la presa sulla mano della mora.
-Hai fatto come dice la canzone dei Pierce The Veil.- sorrise Valya, tirando di nuovo giù le maniche della felpa.
-Non ci capirò nulla di inglese, né di quella musica, ma questo l’avevo capito. E mi è sembrata la cosa più bella che potevo fare.- Sasha la strinse di nuovo a sé e le fece fare una giravolta – Perché ti amo, e voglio che tu sia felice.
Nessuna delle due si era mai sentita leggera come in quel momento. Era come se essersi dichiarate a vicenda non avesse sollevato una patina di dolore per lasciare spazio a quello che davvero volevano essere. Si sentivano il cuore leggero, e avevano voglia di ridere, di piangere, di ballare sino al mattino, di suonare e cantare fino a perdere la voce. Avevano voglia di continuare a vivere insieme e combattere contro una vita che le voleva morte, ma sapevano anche che insieme avevano una chance in più di farcela veramente. Sarebbero scappate per mano fino ai confini della Siberia, se fosse stato necessario, perché insieme completavano la melodia. Sarebbero state una il sostegno dell’altra, fino alla fine, e se una avesse perso, beh, l’altra sarebbe andata fino alla fine dell’Inferno per recuperarla.
-Mi puoi fare una promessa, però?- chiese Valya, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Aleksandra annuì, incoraggiandola a continuare.
-Per favore, puoi ricominciare a mangiare?
Un attimo di silenzio calò tra loro, e Sasha si prese un attimo prima di sussurrare
-Ci proverò, Valyoch’ka. Ci proverò con tutta me stessa, ma non so se ce la farò.
Si guardarono ancora negli occhi, e poi si baciarono, nuove lacrime che cominciarono a scorrere disperate sui loro visi pallidi. Ma, questa volta, le lacrime erano di gioia.
 
  
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