Olaf decide di
agire per trovare la serenità della
dolce e triste Elsa. Si incammina verso il palazzo, non immaginando
che,
effettivamente, avrebbe attirato molto l’attenzione dei
paesani. Non è normale
vedere passeggiare per le strade di Arendelle un pupazzo di neve.
Lo spavento e le
grida di chi lo incontra non blocca
affatto l’omino magico, che ignora la gente, determinato a
dare aiuto alla sua
migliore amica.
Giunge rapido
davanti il castello. Fortuna vuole che
le guardie non notino la sua presenza, distratte da una paesana,
intenta
proprio a raccontare loro di aver visto un pupazzo camminare
normalmente per le
strade di Arendelle.
Olaf si
intrufola dall’entrata secondaria, quella
dalla quale entrano ed escono le domestiche.
“Accidenti”
– esclama notando la bellezza e maestosità
di quelle mura.
“Oh
mio Dio! E tu cosa sei?” – grida una cameriera,
svenendo pochi secondi dopo.
Olaf si avvicina
a lei, preoccupato, però le urla
della donna hanno già attirato l’attenzione di
altre persone.
Molte
lavoratrici si terrorizzano notano l’omino di
neve parlare e muoversi come un essere umano.
Chi fugge in
cerca d’aiuto, chi sviene come l’altra
domestica e chi rimane immobile con delle pentole o degli utensili da
cucina,
usati per difesa.
“Sono
confuso. Perché gridate tutte così?”
– si chiede
Olaf, stupito.
Dispiaciuto di
essere stato accolto in tale maniera,
riprende a camminare raggiungendo i corridoi.
Il caos ha
già allarmato l’intero palazzo.
Ad accorgersi
del pupazzo di neve è Idunn. La regina
si stava recando in biblioteca quando nota Olaf aggirarsi nei corridoi.
“Cosa
ci fai tu qui?” – gli corre incontro, stupita ed
agitata – “Non dovresti essere nel castello. Se ti
vedesse qualcuno…”
“Mi hanno visto già in molti. E stranamente hanno
avuto tutti la stessa
reazione” – commenta Olaf, dispiaciuto.
“Immagino”
– aggiunge la sovrana, tirandolo a sé e
chiudendosi dentro una delle sale da ricevimento.
“Posso
sapere perché sei venuto fin qui? Se cerchi mia
nipote, è alle prese con la sua lezione di
pianoforte”
“Cosa
è un pianoforte?” – domanda, curioso,
l’amico
magico.
“Ascolta…
non ho tempo e modo per darti spiegazioni.
Adesso devi nasconderti e quando sarà notte ti
farò uscire senza che nessuno ti
possa notare” – sostiene Idunn.
“Io
sono venuto per una faccenda importante. Non andrò
via fino a quando non potrò portare ad Elsa delle
risposte” – spiega deciso, il
pupazzo.
“Quali
risposte? Cosa vuole sapere Elsa?” – sentire il
nome della sua primogenita, attira l’attenzione e la
curiosità della
nobildonna.
“Signora,
la mia amica ha dei dubbi. Pensa di non
essere figlia dei Bjorgman per via dei suoi poteri magici”
“Oh!
Davvero?” – aggiunge, la regina, colpita dalle
riflessioni della ragazza.
“Già.
Mi è sembrata davvero giù di morale per questo
sono venuto a palazzo.”” – racconta Olaf.
“Come
mai proprio adesso ha queste perplessità? Cosa è
accaduto per farle pensare ciò?” – Idunn
è in pena per Elsa e vuole maggiori
informazioni circa il suo stato psicologico.
In quel momento,
qualcuno bussa alla porta e costringe
la regina a nascondere il pupazzo di neve sotto il tavolo.
“Sta
buono lì. Non deve vederti nessuno, capito?”
–
ordina la donna ad Olaf.
A quel punto si
avvia verso l’uscio e lo spalanca.
Di fronte a
sé c’è Anna, seguita da un paio di
domestiche.
“Tesoro,
tutto bene? che succede?” – chiede, notando
lo sguardo strano della figlia.
“Madre,
ho sentito le nostre cameriere raccontare
della presenza di un essere magico a palazzo” –
racconta la principessa, per
nulla sconvolta da tali dichiarazioni.
“Co…come?
ma è assurdo! Non esiste la magia. Lo
avranno sognato” – mente la sovrana, recitando in
maniera pessima.
“Madre,
sappiate che non siete brava a dire le bugie.
Vi conosco bene. Strano che vi siate addirittura chiusa qui dentro. Non
starete
mica nascondendo qualcosa o qualcuno?” – domanda
sospettosa Anna.
A quel punto,
Idunn trascina la ragazza dentro e
invita le due domestiche a riprendere le loro mansioni in
tranquillità perché
quanto visto è stato già sistemato.
“Si
può sapere che succede qui? Ho creduto subito alle
parole delle cameriere. Conosco i poteri di Elsa e non ci è
voluto molto a
capire che l’omino magico di cui si parla è
Olaf”
Appena
pronunciato quel nome, il pupazzo di neve esce
dal suo nascondiglio e sorridente corre incontro alla principessa.
“Anna!”
– urla felice lui.
“Shhhhh”
– lo zittisce Idunn – “Ti avevo detto di
rimanere lì”
Anna rimprovera
la madre con lo sguardo. Si
inginocchia all’altezza dell’amico magico e gli
dice – “Sophie sarà felicissima
di vederti. Anzi. Sai che ti dico? La sua lezione sta per terminare. Ti
porterò
da lei e potrete giocare assieme”
“NO!”
– la blocca subito la sovrana.
“Perché?”
– domandano in coro la fanciulla e l’omino
magico.
“Se vi
vedesse il re, sarebbe la fine”
“Sua
maestà non ama i pupazzi di neve?” –
chiede
dispiaciuto Olaf.
“Sua
maestà non deve sapere che la magia è tornata ad
Arendelle” – precisa Idunn, alquanto tesa e
spaventata dall’idea che suo marito
possa sospettare che Elsa sia di nuovo un pericolo.
“Ma
madre io…” – cerca di parlare, Anna.
“No,
tesoro. Il re reagirebbe come reagì vent’anni fa.
Non posso permetterlo. Non possiamo perderla di nuovo”
“Perché?
Cosa è accaduto venti anni fa?” –
domanda
ancora Olaf.
“Nulla.
Adesso tu rimarrai qui dentro e quando sarà
ora di andare, ti porteremo fuori senza farti notare”
– aggiunge la donna.
“Aspettate…non
lasciatemi solo” – le supplica l’amico
di neve.
“Porterò
Sophie così avrai compagnia. Tranquillo”
– lo
conforta Anna, lo abbraccia teneramente e assieme alla regina lasciano
la sala
ricevimenti.
Questo non prima
di chiudere a chiave e riporla in un
posto sicuro.
“Madre,
forse stiamo esagerando con la storia di Olaf.
Papà verrà a saperlo comunque dalla
servitù e che gli racconteremo?”
“Non
crederà alle loro parole. Li considera ignoranti
e penserà che la loro è solo follia”
– sostiene Idunn, sperando che le cose
vadano effettivamente come dice.
Olaf
è in solitudine, annoiato e trepidante per
l’incontro
con la sua amichetta Sophie.
La sua pazienza
però ha breve durata.
Servendosi del
suo braccino di legno e di tanta abilità
magica, Olaf riesce ad aprire la porta e a correre via.
Non sa dove
andare precisamente. Entra in una stanza
delle tante, stanco di vagare a vuoto.
È una
camera dove nessuno sembra mettere piede da anni
ed anni.
C’è
polvere e quadri alle pareti coperte da panni e
veli neri.
Olaf sobbalza
quando nota quell’inquietante luogo.
Sta per andare
via ma ecco che un particolare lo trattiene.
C’è
una vecchia culla in fondo.
Il pupazzo gli
va vicino. Posate dentro di essa ci
sono delle pregiate e antiche lenzuola bianche.
“Forse
sono di Anna” – pensa Olaf.
Ma la grande E
cucita con perfezione ed estrema cura
conferma il contrario.
“E? E
come Elsa?” – riflette lui.
Basta poco per
avere piena conferma.
Un paio di
guanti dello stesso colore delle lenzuola,
sono posati accanto al cuscino.
“Anche
Elsa indossa sempre dei guanti bianchi. Questi si
direbbe proprio che siano per un neonato. Magari erano
suoi…magari Elsa è
davvero una principessa…magari è davvero figlia
dei sovrani di Arendelle”
Alcuni rumori,
provenienti dall’esterno, costringono
il pupazzo di neve a nascondersi.
La camera, da
due decenni, abbandonata viene aperta da
qualcuno.
Olaf prega di
non essere scoperto da chi sta per
entrare.
Si cela in un
armadio e attende.
Il rumore di
scarpe su un pavimento che scricchiola
sono il segnale della presenza di una persona.
“Vieni
fuori. So che sei entrato qui” – una voce
maschile chiama Olaf.
“Chi
è?” – chiede l’omino magico,
incredulo e
spaventato, uscendo dal nascondiglio e mostrandosi alla persona.
Questa
è illuminata dalla luce della candela che ha in
mano.
“Ops”-
aggiunge il pupazzo, riconoscendo subito lo
sconosciuto.
La corona che ha
sul capo è chiaro segnale.
“Maestà…come
sapevate che ero qui?”
“Sono
o non sono il sovrano? Conosco ogni avvenimento che
accade ad Arendelle. Il tuo arrivo ha spaventato il mio regno e tutta
la mia
servitù. Inutili i tentativi di mia moglie e mia figlia di
nasconderti a me. Sapevo
già della tua esistenza”
“Da..da..davvero?”
“Vi ho
visti prima” – rivela lui.
“Chi?
Dove? Quando?” – domanda confuso Olaf.
“Ho
sentito la chiacchierata tra te e mia figlia,
quando lei si è sfogata con te sulla sua vera
identità”
“Eh?
Io non ho parlato di questo con Anna. A mala pena
ci siamo scambiati quattro parole” – esclama sempre
più sconvolto l’omino
magico.
“Infatti.
Non mi riferivo ad Anna”
Tale
affermazione spiazza il pupazzo di neve che
sembra aver fatto centro.
Le sue idee sono
realtà.
“Allora
avevo ragione. Elsa Bjorgman non è chi crede
di essere, vero?”
“Elsa
è mia figlia. La mia primogenita. La bambina che
è nata con una maledizione e che sono stato costretto ad
allontanare per il
bene di tutti”