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Autore: Etali    31/12/2018    0 recensioni
-Perché siamo alla mia cabina?
-Perché non intendo sprecare un letto in infermeria per qualcuno affetto per metà da semplice influenza e per metà da cocciutaggine.
(Kabby)
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abigail Griffin, Marcus Kane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduti a un tavolo della mensa di Arkadia, la dottoressa Griffin e il dottor Jackson si scambiarono uno sguardo di corrucciata intesa. Abby sbuffò silenziosamente, mentre il suo assistente le rivolse una tanto solidale quanto sconfortata scrollata di spalle, come a dire: “Che ci vuoi fare? Se ha la testa dura non è colpa tua.”
La donna asserì suo malgrado, sistemandosi meglio sulla sedia rigida e relegando il suo nervosismo al frustrato tamburellare delle dita sulla superficie fredda del tavolo. Rimase così per qualche minuto, sotto lo sguardo scettico di Jackson, in mutismo assoluto e squadrando in cagnesco l’uomo in piedi dall’altra parte della mensa, che discuteva con quelli che sembravano membri di una pattuglia appena rientrata.

- Basta. - Decretò Abby a un certo punto, alzandosi di scatto e dirigendosi verso di loro a grandi falcate.

- Abby… - cercò debolmente di fermarla il ragazzo, senza troppa convinzione. – È soltanto testardo.

La donna gli rivolse un’occhiata battagliera.
- Vedremo chi lo è di più. – Rispose, riprendendo la sua traiettoria.

Quando gli arrivò alle spalle, Marcus Kane, col colorito di un cadavere e scosso da capo a piedi da brividi malcelati, stava congedando la pattuglia.
-…bene, speriamo che la situazione rimanga tranquilla.

- Cancelliere Kane – lo interruppe Abby, formale. – è richiesta la tua presenza in infermeria.

Marcus le rivolse uno sguardo febbricitante.
- Dovrei controllare i livelli d’acqua potabile nelle cisterne… - protestò incerto.

- Urgentemente. – Insistette Abby con fermezza.

- D’accordo. Facciamo veloce. – Cedette infine l’uomo dopo un attimo di esitazione.

Si avviarono per i corridoi di Arkadia, Marcus andava dietro ad Abby, senza prestare particolare attenzione a dove svoltavano e quali corridoi imboccavano, cercando di ignorare il cerchio che gli stringeva le tempie. Solo quando lei aprì una porta che sembrava molto più familiare di quella dell’infermeria, Kane, piuttosto stordito, si rese conto Abby lo aveva portato da tutt’altra parte.

- Perché siamo alla mia cabina? – Chiese frastornato.

- Perché non intendo sprecare un letto in infermeria per qualcuno affetto per metà da semplice influenza e per metà da cocciutaggine.

- Andiamo Abby, questa è una sciocchezza. – Protestò Marcus.

- La sciocchezza è il tuo rifiuto a riposare quel minimo che possa permettere al tuo fisico di riprendersi. Non si parla mai di eroi con le placche in gola, eppure neanche voi siete immuni a quei piccoli batteri terrestri, rassegnati. – Disse, cercando di sospingerlo dentro la cabina.

- Ma devo…

- Le cisterne sono piene, i boschi sono tranquilli, nessun attacco incombe, la nostra gente sta bene… va tutto bene, Marcus. Concediti di prendere fiato.

Il successivo contatto visivo fra i due sembrò concentrare in pochi istanti tutti i secoli di guerre e conflitti dell’intera umanità, esplosioni atomiche e razzi annessi. Alla fine Kane abbassò gli occhi con un sospiro.

- Va bene. Risposo. Ho capito.

Con un cenno di resa fece per entrare e richiudersi la porta alle spalle, ma questa venne fermata dal braccio della donna. Marcus la guardò interrogativo.

-Che c’è, non ti fidi?

-Tutt’altro. Ma chi è il medico fra noi due? – chiese retorica in risposta, varcando la soglia e avvicinandoglisi.

Scottava di febbre, lo sentiva anche da quella minima distanza. Gli poggiò un palmo sulla fronte bollente e lui socchiuse istintivamente gli occhi al tocco delle sue dita fresche.

- E tu che volevi continuare a trascinarti in giro per il capo. – Gli mormorò in un tentato tono di rimprovero. –A letto, subito.

Seguendo l’ordine perentorio della dottoressa Griffin, Marcus non poté evitare di indugiare sul pensiero di quanto quello stesso ordine, dato per di più dalla stessa donna, magari con una finalità leggermente diversa, gli sarebbe stato gradito.
Si stese sul materasso seguendo con la coda dell’occhio la figura della donna. Lei dopo aver preso una scatoletta di medicinali dalla tasca della giacca, si appoggiò al bordo del letto e gliela porse.

- Ci vorrà molto? – Azzardò a chiedere Kane prima di buttare giù la medicina. Abby lo guardò canzonatoria.

- A cosa mi tocca assistere? Lo stoico cancelliere Kane, che si farebbe marchiare a fuoco senza battere ciglio, che fa le bizze per una giornata di convalescenza. Stai tranquillo, domani starai già meglio. E poi non riusciremo a mandare in rovina quel che resta della razza umana in 24 ore di tua assenza.

- Non sottovaluterei il nostro popolo. – Ribatté Marcus con un mezzo sorriso stanco.

- Ci penso io per un po’, d’accordo? – Disse piano Abby, consentendosi, visto che lui aveva abbassato le palpebre, di abbandonare l’espressione dura che si era imposta fino ad allora.

Osservò il volto dell’uomo distendersi al ritmo del respiro. Qualche capello che gli ricadeva sulla fronte, le ciglia scure abbassate a celare lo sguardo, le labbra socchiuse, che avrebbe potuto sfiorare con tanta facilità.
La voce ragionevole nella sua testa cercava esasperata di farle notare che non avrebbe dovuto stare lì, avrebbe dovuto uscire da quella cabina e rendersi utile in infermeria, fare qualcosa, qualunque cosa che non fosse starsene lì seduta sul bordo del letto di Marcus Kane con quella compromettente dolcezza dipinta sul viso.

- Grazie Abby. – Mormorò lui a un certo punto, quando la donna lo credeva già assopito. Si sollevò appena per poterla vedere meglio. – Avresti mai pensato che ci saremmo trovati in una situazione di questo genere? Abby… abbiamo cercato di incastrarci a vicenda in ogni modo possibile, ti ho condannata alla pena capitale, ti ho fatta frustare…

- Shh… - lo zittì Abby, toccandogli un braccio.

Accantonò l’idea di alleggerire l’atmosfera con una battuta allusiva a quanto avrebbe potuto trovare accattivante una situazione analoga (Marcus e una frusta) in un altro contesto, ma né la malizia né tantomeno il senso dell’umorismo erano mai stati il suo forte, meglio non addentrarsi in territorio sconosciuto.

-Abbiamo sempre cercato di fare ciò che reputavamo giusto. – Disse solamente, realizzando di avere ancora la mano posata sul suo avanbraccio.



Più tardi, nel febbricitante dormiveglia, Marcus avvertì il calore di un altro corpo assopito accanto al suo, esile, rannicchiato contro di lui. Cingendolo delicatamente con un braccio, si chiese poco lucido se fosse possibile che quello non fosse soltanto un sogno.
   
 
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