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Autore: Fanni    01/01/2019    0 recensioni
Capo Cod era sempre stata una cittadina molto tranquilla, si poteva vivere in una serenità assoluta conducendo una vita semplice, se lo si voleva.
Era piena di pescatori, l'attività primaria li, e tutti si conoscevano tra loro; Quindi un 'piccolo' scandalo navigava alla velocità della luce, in un solo minuto tutta la cittadina era a conoscenza di quello che era accaduto ed i giudizi non mancavano mai.
Emma Jane lavorava nel piccolo pub del padre accanto al porto, lo aiutava a gestirlo, e passava quasi tutto il suo tempo li dopo la scuola; amava dipingere e lo faceva ogni volta che ne aveva l'occasione.
Adrian era un soldato appena tornato da una missione, giovanissimo, ma aveva quel viso di chi ha già visto tanto, aveva una storia da raccontare.
Tutto succede un po' per caso, un po' per assenza di accortezza, per quell'ingenuità che caratterizza i giovani, che li rende cosi impulsivi e irresponsabili.
Proprio cosi, giorni dopo, l'intera cittadina sapeva, conosceva quanto accaduto e puntava loro il dito contro.
Genere: Generale, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La maglia si era attaccata alla pelle, il caldo era diventato insopportabile, mi sarei buttata volentieri in acqua e sarei rimasta li delle ore, se solo fosse stato possibile.
Il tempo sembrava essersi bloccato, le lezioni sembravano interminabili e di secondo in secondo i miei occhi si chiudevano sempre di più.
“Em, svegliati, dobbiamo tornare a casa.” Mi scuoteva per una spalla, avrei dormito volentieri per un’altra ora, ma dall’insistenza presente nella sua voce capii che non fosse possibile.
Strofinai le mani sugli occhi, tenendoli chiusi ancora per qualche secondo. “Dio, le lezioni di Mr. Humprey sono soporifere.”
Mi alzai goffamente trascinandomi lo zaino dietro e seguendo Sarah verso l’uscita, le ultime ore erano sempre quelle più pesanti, ma lei riusciva sempre ad essere bella pimpante.
La voglia di fare un bagno non era ancora passata, ed il mare era davvero a due passi dalla scuola, era calmo ed era davvero invitante.
“Sarah, non trovi sia davvero insopportabile questo caldo?” Mi girai verso di lei, alcune ciocche dei suoi capelli le si erano arricciati sul collo e ed alcune goccioline di sudore le percorrevano le tempie.
“Abbiamo solo dieci minuti, poi devo davvero scappare okay?”
Ci conoscevamo da quando eravamo bambine, ci capivamo subito, non servivano parole, bastava solo qualche gesto o uno sguardo; Era davvero una sorella per me, ci conoscevamo perfettamente.
Corremmo verso la spiaggia, a quell’ora non c’era mai nessuno in quel lato della spiaggia, era piuttosto isolata, alcuni credevano addirittura che fosse maledetta e chiunque ci fosse andato sarebbe stato colpito dalla maledizione e perseguitato dai suoi fantasmi.
Tutte stronzate, ovviamente.
Era il nostro posto, ci venivamo da bambine.
Rimanemmo in intimo e ci buttammo in acqua, era gelida ed a parte qualche alga era completamente limpida.
Il rumore delle onde mi rilassava, sembrava cullarci.
“Che dici, la maledizione ci colpirà?” Sarah aveva un sorriso stampato sulle labbra, era una persona molto superstiziosa e per molto tempo aveva creduto alla maledizione; continuava a sognare suo nonno che la osservava da un angolo della sua stanza che continuava a dirle di aver peccato e lei era terrorizzata alla sola idea che potesse diventare reale.
“Oddio Sarah, non di nuovo, ti supplico.” Risi, mi sentivo più leggera, Sarah stava raccogliendo i suoi capelli in uno chignon piuttosto disordinato, l’acqua li aveva increspati tutti ed ogni tanto sentivo qualche imprecazione uscire dalla sua bocca a causa di alcune ciocche di capelli che le si erano annodate.
“Dovremmo andare, si sta facendo tardi e domani abbiamo il compito di storia e devo assolutamente recuperare.” Sbuffò ed iniziò ad uscire dall’acqua, non era stata una buona idea non portare un asciugamano.
“Va’ avanti, ti raggiungo più tardi.” Le rivolsi un sorriso e le mandai un bacio con la mano che lei finse di afferrare.
Dovevo sbrigarmi anch’io, mio padre mi stava sicuramente aspettando, ma non riuscivo a muovermi, il mio corpo si era completamente rilassato.
Non rimasi molto, forse qualche minuto in più, andai verso la riva e strizzai i capelli per rimuovere l’acqua in eccesso; mi vestii velocemente, si era davvero fatto tardi.
Percorsi la strada a passo veloce, sperando di arrivare a casa il prima possibile.
I vestiti mi si erano incollati alla pelle, forse avrei fatto prima a non indossarli, tanto si vedeva comunque tutto, cosa che avevo capito dagli sguardi di dissenso delle persone che continuavano a bisbigliare tra loro lamentandosi di questa nuova generazione che non aveva nemmeno un po’ di pudore.
Corsi a casa e feci una doccia piuttosto veloce, papà non era li e mamma era sicuramente in ospedale, lei era un’infermiera ed amava molto il suo lavoro.
Lasciai i capelli umidi, infilai i libri nello zaino e mi diressi al pub, fortunatamente non era molto distante da casa, forse dieci minuti a piedi.
Il pub non era molto affollato a quell’ora del giorno, ciò mi dava la possibilità di riuscire a studiare un po’ senza dover correre avanti e indietro ogni due secondi.
“Ciao papà.” Lo abbracciai da dietro e gli stampai un sonoro bacio sulla guancia, alzò un sopracciglio verso l’alto, mentre preparava due caffè.
“Sei in ritardo, Emma, sei andata a Lamb Beach?” Si girò rivolgendomi un ampio sorriso notando i capelli ancora umidi che mi si erano attaccati alle spalle; annuii velocemente prendendo i due caffè e portandoli al tavolo che mi aveva indicato.
“Sono passata prima a casa, ero piena di sabbia e quindi ho fatto una doccia veloce.” Allacciai il grembiule in vita e tornai al bancone tamburellando con le dita su quest’ultimo aspettando il prossimo ordine.
“A che ora stacca mamma?” recuperai i panini che aveva poggiato sul bancone e li portai al tavolo, rivolgendo ai clienti un sorriso.
“Ha il turno di notte, quindi stasera siamo io e te, tesoro.” Gli sorrisi ed annui; i clienti erano impegnati a consumare il loro cibo o a bere i loro caffè; tirai fuori i libri, la storia mi è sempre piaciuta molto, l’apprendevo in maniera piuttosto veloce.
Vidi papà correre verso di me, scostò la sedia e si asciugò il sudore con un fazzoletto.
“Forse stasera non riusciremo a tornare presto, avremo una bella folla.” Annuì in maniera piuttosto frenetica, corrugai la fronte finendo di trascrivere gli ultimi appunti di storia.
“Perché?” Tenevo lo sguardo sul quaderno cercando di scrivere nella maniera più ordinata possibile.
“Stasera tornano, saranno tutti qui.” Aveva un sorriso a 32 denti, si portò addirittura una mano sul petto, aveva il fiatone.
“Chi torna, papà? Mi stai confondendo.” Richiusi i quaderni riponendoli nello zaino, aveva uno sguardo esasperato, come potevo non saperlo? Giusto? Nell’ultimo periodo avevo un po’ la testa fra le nuvole.
“I militari, i ragazzi che sono partiti due anni fai, come fai a non ricordartelo?” Alzai le spalle e le mani verso l’alto in segno di resa.
“Beh non avevo capito, e non sapevo sarebbero tornati oggi.”
Iniziai a ripulire i tavoli, papà correva a destra e sinistra cercando di sistemare tutto al meglio mentre canticchiava qualche canzone che non riuscivo a capire.
Quei ragazzi erano considerati degli eroi, erano partiti giovanissimi per l’Iraq e finalmente stavano tornando a casa, dalle loro famiglie, tornavano alle loro abitudini; probabilmente niente sarebbe stato come prima, avevano vissuto comunque una realtà terribile che avrebbe disturbato il loro sonno per chissà quanto tempo, la guerra cambiava le persone, le segnava nel profondo.
Qualche persona iniziò ad entrare nel pub, alcuni avevano le lacrime agli occhi, per la gioia, avrebbero rivisto i loro fratelli, i loro figli.
Iniziai a capire l’ansia che provava mio padre, strofinai le mani sul grembiule ed andai dietro il bancone, ormai tutto il locale era ben pulito e ordinato.
Raccolsi i capelli in una coda di cavallo alta, non volevo che i capelli mi ricadessero sul viso, sarebbe stata una serata piuttosto frenetica.
“Ritorneranno tutti?” Mi appoggiai con i gomiti al bancone, e guardavo mio padre; anche lui aveva prestato servizio militare, stava per morire in guerra, una granata l’aveva quasi preso in pieno.
Vidi il suo viso incupirsi per qualche secondo, scosse lievemente la testa stringendosi nelle spalle, le comunicazioni erano state interrotte un po’ di tempo fa, troppo pericoloso.
“Lo spero tanto, tesoro.” Annuii asciugando in maniera distratta uno dei bicchieri, il mio sguardo era diretto verso il porto; c’era una gran folla, sentivo i battiti del mio cuore accelerare, il pensiero che non tutti potessero essere tornati ti faceva mancare il respiro.

Sembrava uno di quei vecchi film dove certe scene vengono riprodotte a rallentatore; c’erano persone che piangevano, persone che si abbracciavano…
era un caos totale.
Il pub era pieno di persone, non riuscivo nemmeno a sentire la mia voce o quella di mio padre.
“Puoi occuparti tu di quei tavoli?” Annuii, presi il mio block notes e mi diressi verso i tavoli che mio padre aveva precedentemente indicato.
C’era un gruppo di soldati con le rispettive famiglie, almeno credo.
Sorridevano, erano felici di essere a casa anche se nei loro occhi si percepiva una certa lontananza.
Avevano ordinato tutti da mangiare, in gran quantità anche; mi ero abituata a portare più piatti, ma pregavo di continuo di non far cadere nulla e di non fare io stessa qualche brutta figura.
Erano quasi le dieci e il pub iniziava a svuotarsi, erano rimaste davvero poche persone che una volta terminato le loro consumazioni sarebbero andati via, erano tutti stanchi.
Preparai qualche panino da portare a casa, almeno non avremmo dovuto cucinare nulla, misi tutto in un paio di sacchetti.
“Chiudo io qui, inizia ad andare a casa, ti raggiungo tra poco.” Mi stampò un bacio sulla fronte, ritornò dietro il bancone finendo di sistemare le ultime cose; aprii la porta del locale, il caldo si era calmato, l’aria era decisamente più fresca. “Aspettami per mangiare.” Urlò prima che richiudessi la porta.
Le strade erano quasi deserte, c’era solo qualche gruppetto di ragazzi ancora in divisa seduti sulle panchine, scherzavano tra di loro anche se di tanto in tanto i loro sguardi si perdevano nel vuoto.
Ero rimasta a fissarli per qualche secondo, forse uno di troppo, un ragazzo si avvicinò ridacchiando; era giovane, alto, i suoi capelli erano scuri ma non riuscivo a distinguere bene il suo viso a causa del buio.
“Lavori al pub, giusto?” Aveva una voce sicura, un po’ fastidiosa in realtà, presuntuosa. “Ti serve qualcosa?” Alzai un sopracciglio verso l’alto, scossi la testa “No, grazie.”
Mi capitava spesso di fissare le persone, non ci facevo caso, mi perdevo nei miei pensieri, iniziavo a fantasticare magari immaginando le loro storie e spesso la cosa poteva sembrare inquietante, ma non lo facevo di proposito.
“Mi stavi fissando, ero curioso.”
“Non ti stavo fissando, ovvero si, ma non fissavo solo te e se adesso vuoi scusarmi devo proprio andare.” Feci per andarmene, ma sentivo i suoi passi dietro di me, sarò apparsa sicuramente come una stupida ragazzina.
“Dio, serve a te qualcosa?” Sbuffai girandomi di nuovo verso di lui ed incrociando le braccia al petto.
La sua giacca evidenziava i muscoli delle braccia, a quanto pare si dedicava molto all’aspetto fisico.
Lo vidi ridere, scosse più volte la testa e continuò a camminare, credevo stesse andando nella mia stessa direzione ma dopo qualche metro svoltò a sinistra.
Forse non stava seguendo davvero me, stava semplicemente tornando a casa sua, stavo diventando paranoica?


Era stata una giornata pesante, ero felice fosse finita.
Capo Cod è sempre stata una cittadina molto tranquilla, non capita mai nulla di eclatante, qualcosa di eccitante o travolgente; il ritorno di questi ragazzi avrebbe portato alla città un po’ di vita in più, forse sarebbe stato meno noioso.
Mi rigiravo il diario tra le mani, la penna sul foglio, ma non ero sicura di cosa poter scrivere, questa volta non avevo molte idee.


‘8 Maggio’
Vorrei qualche cambiamento, mi piacerebbe vedere qualcosa di nuovo,
mi piacerebbe provare qualcosa di nuovo.
Qui è sempre la stessa storia, vado a scuola e cerco di dare il meglio di me
cerco di avere una borsa di studio per l’università di arte e cerco di convincere
mia madre che l’arte sia la strada giusta per me, anche se crede che la medicina
sia la mia vera strada, inoltre papà crede che dopo la scuola dovrei decisamente
prendere le redini del pub.
Mancano due mesi alla fine di tutto questo, la fine delle superiori, so cosa voglio
ma credo che deluderò un po’ tutti.
Voglio una bella fine, voglio che quest’anno sia speciale.
Voglio vivermela bene, senza paranoie
Ok, ho scritto abbastanza stupidaggini per oggi, buonanotte
credo…









SPAZIO AUTRICE:
Inizio questo spazio sempre dicendo che non scrivo da tempo, cosa vera, ma questa volta 
vi chiederò solo di lasciarmi un piccolo parere.
Baci, effe.
  
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