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Autore: Feisty Pants    02/01/2019    1 recensioni
Seguito di "High School Holmes".
Anna, Kristoff, Judy, Nick, Elsa, Jack e amici hanno ognuno la propria vita. Lavoro, amicizia, famiglia, felicità ma anche tante difficoltà quotidiane. Ora, come protagonisti, ci sono i loro figli immersi nella scuola e in tutte le sue avventure. La ribelle Emma, la dolce Ariel, la calma Aurora, il musicista Michele e tanti altri vivranno dei momenti significativi per ogni adolescente. Anna, Kristoff e company riusciranno ad affrontare la missione più difficile di tutte, ovvero essere dei buoni genitori?
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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CAPITOLO OTTO

CONFORTO


Trascorsero altri giorni, parecchio bui.
Elsa si chiuse in casa e, per colpa dell’aborto spontaneo e del suo dolore psicofisico, fu costretta ad assentarsi dalla scuola per malattia.
Si odiava e odiava il mondo. Non sapeva dove trovare la forza per ricominciare da capo a vivere e a comportarsi normalmente. Nel suo cervello c’erano solo paranoie, paure, noia e rabbia. Jack cercava in tutti i modi di tirarla su, ma i due finivano anche per litigare visto che non riuscivano a far fronte a quella delusione che riguardava entrambi. I due si abbracciavano, urlavano, litigavano e poi Elsa ricominciava a piangere o ad abbattersi.

Anna e Judy provarono a parlare ad Elsa ma non riuscirono a tirarla su, in effetti nessuna delle due aveva mai provato un dolore simile… l’unica in grado di incoraggiare la donna era una persona che di schiaffi dalla vita ne aveva ricevuti parecchi: Rapunzel!

All’aeroporto…


Una donna bellissima dai setosi capelli biondi e dagli occhi verde smeraldo, camminava veloce verso l’uscita dell’aeroporto.
Il suo aereo era appena atterrato e lei conosceva bene quel momento.
Rapunzel era abituata a vivere lontana da casa, a prendere aerei, treni, pullman per raggiungere città, paesini, metropoli e altri stupendi posti per suonare la sua musica in tutto il mondo.

Il mondo l’aveva girato quasi tutto: Parigi, Tokyo, Bruxelles, Chicago, New York… posti magnifici dei quali custodiva ricordi meravigliosi.

Nessun posto, però, era paragonabile a quel momento vissuto in aeroporto: l’attimo in cui, sommersa da valigie e impregnata di sudore e smog, scorgeva due persone dai capelli bruni, uno più alto e l’altro che ogni volta pareva più grande, lì ad aspettarla tra la folla.
Vedere il volto del marito, osservare il figlio che si faceva sempre più bello, contemplare quei loro sorrisi per poi abbandonare i bagagli per terra e lasciarsi avvolgere dalle loro braccia non aveva prezzo: quella era casa, quello era il luogo più stupendo al mondo, quella era la sua famiglia che tanto aveva faticato a costruire.

“Pietro, stai diventando sempre più alto! Ho tanto da raccontarvi!” disse la donna emozionata staccandosi dal ragazzo per guardarlo meglio.

“Anche noi abbiamo tanto da raccontarti e molto da mostrarti una volta arrivati a casa!” aggiunse Flynn sorridendo ed avvicinandosi di nuovo alla donna per poi essere interrotto da una simpatica affermazione del figlio.

“Già, come la montagna di panni da stirare!” disse appunto Pietro interrompendo, sul più bello, i due genitori che stavano per scambiarsi un bacio.
“AMORE!” si indispettì Rapunzel allontanandosi giocosa per poi scuotere la testa divertita e riavvicinarsi al marito. Dopotutto Flynn era un uomo e faceva già tanto di suo per aiutare quella stupenda famiglia…non era di certo una pila di panni stropicciati a dividerli o a farli litigare.

“Allora come è andato il tour?” chiese Pietro una volta in macchina.

“Molto bene! Ho suonato tutti i miei nuovi brani ed eseguito varie opere di Bach ed altri compositori che tu reputi noiosi” rise Rapunzel girandosi verso il figlio che abbozzò un sorriso.

“E qui invece? Che mi raccontate? Avete visto i nostri amici ultimamente? Le mie cugine?” domandò Rapunzel notando subito il cambiamento nell’espressione dei due uomini al nominare le parenti.

“Mamma, non te l’abbiamo detto perché eri in concerto e sappiamo che la concentrazione è importante per te…poi non è nulla di grave, nessuno si è fatto male ma…” iniziò a dire Pietro con grande maturità per poi essere interrotto dal padre.

“Elsa e Jack hanno perso il bambino qualche giorno fa”

“Oh cazzo” riuscì a dire Rapunzel mettendosi una mano sul volto e chiudendo leggermente gli occhi. Le dispiaceva molto per la cugina ma, a differenza delle altre amiche, si fece vedere sicura e ottimista fin da subito.

“Riuscite a lasciarmi da lei? Sapete bene che conosco questi momenti e se non le parlo subito potrebbe cadere in una depressione che non la molla più. Va bene starle vicino, ma bisogna anche scuoterla!” aggiunse coraggiosa e determinata la donna che ricevette subito l’approvazione dei due uomini.

A casa di Elsa…


Rapunzel bussò alla porta dell’abitazione pensando, nel frattempo, a quali parole utilizzare per aiutare Elsa in quella brutta situazione.
“Rapunzel! Sei tornata?!” affermò Aurora spalancando la porta ed abbracciando forte la parente.

Rapunzel ricambiò l’abbraccio e si fece vedere sicura e sorridente, come in realtà si sentiva.

“Dov’è la mamma?” domandò poi la donna.

“In camera da letto…come sempre da quando è successo quello che probabilmente già sai” rispose Aurora abbassando lo sguardo e facendo accomodare l’ospite in casa.

Rapunzel bussò alla porta della stanza e, anche se non ricevette risposta, entrò lentamente.

Elsa era seduta sul letto intenta a leggere un libro. Aveva il viso smunto e gli occhi spenti, ma vedere la cugina davanti a lei dopo tanti mesi la fece stranamente sorridere.

“Che bel libro! L’ho letto anche io!” affermò Rapunzel sedendosi accanto alla maggiore e posandole un bacio sulla guancia.

“Sì, sarà anche bello se non fosse che non ricordo nulla di quello che leggo. E’ solo una distrazione dai pensieri…”

“Allora non dovresti nemmeno leggere. Elsa…ti stai rovinando!” disse Rapunzel andando dritta al sodo.

“Lo so, ma per quanto io provi a rialzarmi finisco sempre nell’oblio” rispose Elsa a braccia conserte distogliendo lo sguardo dalla parente.

“Forse significa che non vuoi rialzarti…” punzecchiò Rapunzel con l’intento di far riflettere l’altra.

“E se anche fosse vero?! Non ho il diritto di essere arrabbiata?!” cominciò ad infuocarsi Elsa vogliosa di esplodere e tirare fuori quella rabbia che covava da giorni.

“Non può sempre andare così! Cosa ho fatto di male per meritarmi sto schifo?! Questa non è la vita che immaginavo! E’ tutto brutto! Questo mondo è sbagliato e forse lo sono anche io…” cominciò a sbottare Elsa.

“Questo mondo è brutto e sbagliato? Ah sì? Spiegami il perché!” continuò sicura Rapunzel consapevole e desiderosa di far sfogare la cugina.

“Penso che questa sia la mia punizione. E’ tutto collegato non lo capisci?! Quello che mi fece Hans e la mia fatica a reagire e rialzarmi dopo quel trauma, la fatica nell’avere Aurora e adesso anche questo?! Innumerevoli tentativi, dieci anni passati con la speranza di instaurare una gravidanza, le paure e le aspettative per poi gioire, scoppiare di felicità per cosa?! Per poi avvertire lo spegnersi di quel piccolo dentro di me al quale avevo già sentito battere il cuore e che stava facendo battere il mio… ed ora cosa dovrei fare?! Rialzarmi e ricominciare?! No, sono stanca. Non sono fatta per fare la madre!”

Seguì un momento di silenzio interrotto solo dai singhiozzi di Elsa al quale la stessa Rapunzel esitò a ribattere.

“Aiutami tu Rapunzel! Che cosa dovrei fare?!” disse Elsa asciugandosi le lacrime e ponendosi in ascolto.

“Puoi fare tutto, ma non arrabbiarti con te stessa.”

 “Ognuno di noi cresce e nella vita deve affrontare delle situazioni che sembrano più grandi e impossibili da superare. La cosa importante è capire come rispondere a questi attacchi. Puoi decidere che non sarebbe dovuto toccare a te, incazzarti col mondo ed uscirne sconfitto. Oppure puoi scegliere di vedere la cosa in un modo diverso. Puoi cominciare a correre e pian piano accorgerti di non essere solo. Ci sono tanti altri partecipanti accanto a te! Da quello che ti risolleva, a quello che ti destabilizza fino a trovare quello che diventa il tuo primo fan… e se corri prima o poi a un traguardo ci arrivi.” Continuò Rapunzel sicura di sé.

Seguì una breve pausa di riflessione per poi continuare.

“Tralasciando questa affermazione che potrà sembrarti molto filosofica, quello che voglio dirti è che di schiaffi ne riceverai tanti Elsa e molti li hai già ricevuti! E fidati che non saranno mai abbastanza…ad ogni respiro di sollievo seguiranno altri mille momenti di apnea.”

“Lo so ma ora mi sento debole! Impotente! Non mi riesce nemmeno la cosa più naturale per una donna ossia essere madre!” disse Elsa senza rendersi conto di aver toccato un argomento delicato per la persona che aveva davanti. Rapunzel, infatti, incassò il colpo e reagì istantaneamente.

“Chi meglio di me può capire la perdita di un figlio? Per colpa di quello che ho avuto, io è come se ne avessi perduti mille” ricambiò la cugina facendo ragionare Elsa che, accortasi della frase inappropriata, cercò di scusarsi ma venne interrotta.

“Fidati Elsa… la sensazione che ora provi la capisco benissimo e la ricordo sia con affetto che con rabbia. Non devo stare qui a ricapitolarti la mia storia perché già la sai. Io non ho più niente dentro di me! Essere sterile e il dover patire una malattia proprio in quei punti del corpo che un giorno avrebbero potuto regalarmi un figlio, sono le cose più brutte.
Tu sai a quante speranze io mi sia aggrappata! Dalle cure ormonali, alle operazioni, agli innumerevoli tentativi con Flynn per poi non avere nulla!
E nonostante tutto in quel momento sono riuscita ad alzarmi. Inizialmente mi sono aggrappata alle certezze e alla realtà che avevo a disposizione: essere madre forse non faceva per me e il mio lavoro me lo confermava.
Viaggi, musica, viaggi e ancora viaggi mi tenevano la testa occupata. Poi ho capito che dovevo ricominciare e la forza è arrivata da sola, solo quando mi è venuta voglia di cambiare ed alzarmi in piedi.
Ed ho riscoperto tutto!
Pian piano non avevo più paura, non ci badavo più, facevo l’amore con Flynn senza pensare al fatto che quel gesto non avrebbe mai dato frutto e, proprio quando ho imparato a convivere con le mie cicatrici, ecco la telefonata più bella della mia vita attorno a quella lunga tavolata di tanti anni fa: Pietro… la mia ricompensa per aver sofferto”


“Cosa intendi dire con l’ultima frase?!” chiese Elsa scossa dal racconto della parente.

“Intendo che le cose arrivano quando meno te le aspetti, quando abbandoni la convinzione di poter risolvere tutto tu! A me è successo con Pietro e sono sicura che succederà anche a te… vedrai Elsa che questo bambino vivrà sempre nel tuo cuore e prima o poi riuscirai ad avere un altro figlio. Ci riuscirai, però, quando metterai da parte la rabbia, la paura, la preoccupazione e le paranoie. Adesso rialzati in piedi e cammina! Hai un marito che ti ama, degli ottimi amici, un lavoro che ti piace e…Aurora! Lei ha bisogno della sua mamma e tu di lei.”

Un abbraccio, un fazzoletto per asciugare le lacrime, un sorriso, una risata per sdrammatizzare e si concluse così quel lungo dialogo.
Per Elsa non fu facile superare lo sconforto ma, prima o poi, si sarebbe rialzata e avrebbe preso in mano la sua vita per davvero senza perdere nemmeno un secondo di essa.
  
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