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Autore: lady lina 77    03/01/2019    5 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quello verso Londra era stato un viaggio tanto noioso per Ross quanto eccitante per il piccolo Valentine. Il bimbo aveva guardato ad occhi spalancati i diversi paesaggi che scorrevano davanti ai suoi occhi durante il tragitto dalla Cornovaglia a Londra e aveva investito suo padre di mille e più domande, faticando a star fermo dall'emozione.

Ross era stupito nel vederlo così, Valentine era di natura molto pacato e timido, mai rumoroso e raramente di indole vivace ma da quando erano partiti da Nampara suo figlio gli stava mostrando lati del suo carattere che mai avrebbe sospettato. Era curioso e allo stesso tempo ingenuo, era palese che non aveva mai conosciuto altre realtà rispetto a quella in cui era nato e Ross era felice di vederlo tanto eccitato ma allo stesso tempo preoccupato dal pensiero che Valentine non fosse pronto ad affrontare la società di Londra. Non lo era nemmeno lui, dopo tutto... Era una città popolata da una varietà di gente immensa, con abitudini diverse e piena di persone assolutamente ricche che vivevano nel loro piccolo mondo dorato attorno ai palazzi reali, circondate da una moltitudine di poveri che campavano di stenti e nulla. La Cornovaglia sapeva essere povera ed impietosa ma era piena di gente pronta ad aiutarsi fra loro, i poveri di Londra erano poveri e disperati e basta e spesso soccombevano in mezzo al nulla, circondati dall'indifferenza di tutti.

Ross dubitava di riuscire ad abituarsi e probabilmente anche Valentine avrebbe fatto fatica, non era abituato al contatto con altri bambini e soprattutto non era preparato ai suoi coetanei di Londra.

Lord Basset aveva trovato per loro un grazioso appartamento in centro, a pochi isolati da Westminster, in una zona ricca e borghese della città. Posto al secondo piano, contava tre camere da letto – una per lui, una per Valentine e una per i Gimlet – una grossa e moderna cucina, un salone per gli ospiti con un piccolo studio adiacente per lui, una sala da pranzo e due stanze da bagno. Era grande, comodo per lui e grazie all'aiuto di Basset il trasferimento si concluse velocemente lasciando tutti soddisfatti.

Passò i primi dieci giorni a Londra al seguito di Basset che gli fece conoscere la città, i luoghi di ritrovo dei membri del Parlamento, gli mostrò i palazzi reali e lo iniziò ad introdurre nel ristretto circolo dei suoi amici fidati.

Lord Basset si dimostrò un buon amico e una brava persona. Ross ammirava il modo gentile che aveva di trattare con le persone, senza mai perdere le staffe, l'armonia famigliare che regnava a casa sua, il suo ruolo di marito devoto e di padre affettuoso. Tutte qualità che Ross in fondo gli invidiava e che se fosse riuscito a fare un pò sue, lo avrebbero reso sicuramente una persona migliore. Basset gli mostrò dove portare Valentine a svagarsi, lo lasciò giocare con la piccola Emily mentre loro discutevano di economia e politica e divenne, in quei primi giorni nella capitale che lo separavano dal debutto in Parlamento, il suo mentore.

"Che ne dite di Lord Flint?" - chiese Basset mentre passeggiavano in un pomeriggio assolato con Valentine nei giardini di Kensington.

Ross ci riflettè su. Fra due giorni avrebbe presenziato alla prima seduta a Westminster e quell'uomo incontrato mezz'ora prima, in un caffè, ne era un degno rappresentante. "Penso che sia un gran bevitore..." - osservò Ross con leggerezza, ricordando le guance rosso-vino dell'uomo. "Ma non ho capito se ci è nemico o amico".

"Né uno né l'altro. E' molto volubile e questo ci costringe ad essere gentili con lui più degli altri. E' nobile di nascita, è finito in Parlamento per diritto acquisito da suo padre, non se ne intende di politica e segue l'onda del vento, non ha interesse ai problemi del paese, per lui l'unica cosa che conta è il buon rhum che ha in cantina. E i suoi cani da caccia. E' un signorotto di poche qualità che va coccolato, convinto e trattato da amico. E se lo fai sentire amato, lui vota per te senza sapere nemmeno di cosa si stia parlando".

Ross rise. "Un idiota, in pratica!".

Anche Basset rise. "Un idiota potente, però. Il suo voto vale molto".

Ross sospirò. "Ah, Basset... Sapete, dubito che riuscirò mai a farmi piacere questo mondo fatto di sotterfugi e falsità".

"Siete la persona giusta nel posto giusto. Calamiterete su di voi l'attenzione di molti e sarete, se vi comporterete sapientemente, una guida e un punto di riferimento". Basset alzò lo sguardo, spalancando gli occhi dalla sorpresa. Indicò col braccio il vialetto che stavano percorrendo e alzò il cappello in segno di saluto a un uomo non più giovane che veniva dalla direzione opposta. "Diventerete uno che conta. Come lui".

Ross guardò nella direzione indicata da Basset e vide l'uomo, vestito elegantemente, sulla sessantina, che camminava con un cilindro in testa e col bastone, tenendo per mano una bambina biondissima che portava al guinzaglio... Ross strabuzzò gli occhi. Un lupo albino??? "Chi sono?".

Basset si avvicinò all'uomo, salutandolo con la mano. "Vi ho parlato di lui alle elezioni. Lord Falmouth, il rappresentante di una delle famiglie più potenti di Londra, a passeggio con la sua nipotina Clowance".

"Oh...". Ross guardò Valentine che guardava i nuovi arrivati, incuriosito quanto lui. Ricordava quando Basset gli aveva parlato di questo suo nemico-amico sornione, furbo come una volpe e terribilmente potente ma ora vedendoselo davanti, rimase un pò deluso. Aveva un aspetto ordinario, seppur vestito elegantemente, un fisico non particolarmente robusto e un viso piuttosto comune. Era la bambina accanto a lui che pareva brillare di luce propria. Capelli lunghissimi e biondi, una bellezza da lasciar senza fiato, una eleganza nei movimenti inusuale per una bimba che poteva avere l'età di suo figlio e dei lineamenti del viso talmente delicati da farla sembrare una bambola. Sembrava possedere il portamento di una principessa e Ross non ci avrebbe scommesso che non lo fosse. Aveva indosso un abitino azzurro di ottima fattura, bordato sul collo con del pizzo colorato, un nastro rosso fra i capelli e delle scarpette del medesimo colore. E il lupo, che portava al guinzaglio con la naturalezza con cui avrebbe portato a passeggio un barboncino, la rendevano unica nel suo genere.

Lord Falmouth sorrise, stringendo la mano di Basset appena l'ebbe davanti. "Vecchia canaglia, è un pò che non vi vedo! Credevo che la sonnecchiosa provincia che rappresentate vi avesse rapito per sempre".

Basset sollevò un sopracciglio. "Ve ne sareste dispiaciuto?".

"Niente affatto, un sognatore idealista in meno ad annoiarmi in Parlamento".

Basset rise, segno che quelle battute irriverenti fra loro erano la normalità nel loro rapporto. "Vi annoiate SENZA di me. E vi ho talmente a cuore che ho portato rinforzi".

Lord Falmouth guardò Ross, incuriosito. "Voi sareste...?".

Ross annuì, salutando con un cenno del capo. "Ross Poldark, nuovo membro del Parlamento".

Falmouth lo guardò stringendo gli occhi e studiandolo. "Oh, ho sentito parlare di voi. Pare siate un giovane promettente... Peccato per le amicizie che vi siete scelto..." - disse, mettendo ancora al centro dell'attenzione Lord Basset che ridacchiava. "Ci vedremo fra due giorni, a quanto pare. Sempre che io sopravviva al matrimonio di domani...".

Basset rise. "Oh, il matrimonio di Lady Margarita".

Falmouth sospirò. "Le donne di casa mi stanno facendo impazzire con gli ultimi preparativi! Son sei mesi che non dormo pensando al ruolo dei gemelli e in questo momento ho la casa invasa da paggetti e damigelle arrivati per le ultime prove del corteo, le mie ladies sono isteriche perché hanno finito i fiori per le coroncine e sono talmente disperato che mi sono offerto di uscire a comprarle io stesso pur di non sentirle! Ci sono schiamazzi ovunque, bambini ovunque e donne isteriche ovunque! Incredibile come non ci si riesca a nascondere dalle donne nemmeno se si vive in una casa enorme. Voi siete sposato, signor Poldark?".

Ross deglutì, guardando Valentine. "No, non più".

"Io non mi sono mai sposato, sapete perché?".

"No".

Falmouth gli diede una pacca sulle spalle. "Il fumo delle candele fa male ai miei occhi e ai miei polmoni, ho evitato la scocciatura di un'ora di funzione e soprattutto quello che ne viene dopo: la vita perenne con una donna che da fanciulla attraente si trasforma in una bisbetica isterica". Poi il suo viso si addolcì e la sua mano accarezzò dolcemente i capelli biondi della bambina al suo fianco, rimasta buona e ferma ad aspettare che finisse quella conversazione. "Escluse le presenti, ovviamente. Vero, Clowance?".

La bimba sorrise. "Vero, zio!".

Ross la guardò, ricordandosi dei racconti fatti di lei da Basset in Cornovaglia. E così era questa la famosa piccola Lady che era l'idolo di tutte le bimbe londinesi? Beh, ora che la vedeva, cominciava a capire il motivo per cui Emily la ammirava tanto. Era la perfezione fatta bambina, nessun capello fuori posto, altera, fiera, bellissima e perfettamente educata.

Basset si inginocchiò davanti alla bambina. "Clowance, Emily non vede l'ora di giocare con te. Ora è a casa con sua madre, ma da settimana prossima la troverai quì, al parco".

"Davvero?".

"Davvero. E tu, sei pronta per il tuo grande ruolo di domani?".

Falmouth intervenne. "Certo che è pronta, Clowance è nata per essere al centro dell'attenzione. Farà sfigurare la sposa, ne sono certo. Non che ci voglia molto, dopo tutto..." - concluse, tossicchiando.

A Ross venne da ridere davanti a quell'evidente orgoglio di zio per la nipote. Gli ricordava suo zio Charles quando parlava di Jeoffrey Charles appena nato...

Basset osservò poi il lupo. "Queen è cresciuta tantissimo. L'hai educata tu?".

Clowance annuì. "Sì, ovviamente".

"Posso accarezzarla?".

Clowance si voltò verso la lupa, accarezzandole il viso. "Queen, seduta. E lasciati accarezzare da Lord Basset".

Con grande sorpresa di Ross la lupa ubbidì, sedendosi composta, ferma e altera quanto la sua piccola padrona. Ma il suo stupore non era tanto nel comportamento della lupa, animale altamente intelligente che se addestrato diventava estremamente fedele, quanto nel vederla ubbidire a una bambina che aveva avuto talmente tanto carisma da farsi accettare come capo da un animale selvatico.

Basset accarezzò il muso della lupa che, guardinga, la fissava con quei suoi occhi color ghiaccio. "Animale splendido e perfettamente ammaestrato. Sei riuscita ad addestrare altrettanto bene la tua sorellina, per domani?".

Clowance rise. "Lì è più difficile".

Falmouth sospirò. "Non parliamo di questioni spinose che mi tolgono il sonno... Parliamo di affari, c'è la questione della mia strada privata che porta ai miei cottage di Dalston. Potremmo discuterne ad esempio ora, davanti a un buon bicchiere di brandy".

Clowance guardò Falmouth, imbroncinadosi. "Ma zio, e i fiori per le coroncine?".

"Già, e i fiorellini?" - chiese Basset, prendendo in giro il suo rivale.

Falmouth sospirò, alzando gli occhi al cielo. "I fiori! Vero, se non torno a casa subito con un cesto pieno, le mie ladies mi metteranno a dormire nella casetta sull'albero dei bambini. Che poi, pensandoci bene, visto il clima di oggi in casa, sarebbe il mio posto ideale per trovare pace".

Ross non riuscì a trattenere un sorriso. In fondo, ora che ci parlava, questo nobile di Londra tanto potente e austero non gli sembrava poi così mostruoso ma anzi, incredibilmente umano nella sua quotidianità. Era di certo un uomo colto, furbo, istruito e sornione, sapeva decisamente il fatto suo ma era anche affabile e un piacevole conversatore. Gli strinse la mano, vigorosamente. "Beh, visti i vostri impegni urgenti e improrogabili, vi saluto. E' stato un piacere conoscervi. Ci vedremo fra due giorni".

Falmouth sorrise. "No, venite domani mattina, tutti e due, a bere un brandy nel mio studio. Ci faremo una chiacchierata e ci accorderemo magari sul destino della mia strada privata".

"Che non avrete mai, se non scenderete a qualche compromesso" – rispose Basset.

Falmouth assottigliò i suoi occhietti azzurri. "Vedremo...".

Basset però, a quel punto, si accigliò. "Ma... domattina? Non c'è il matrimonio?".

"E' a mezzogiorno e ho intenzione di andarci quanto più tardi possibile, direttamente in Chiesa. Così eviterò di essere travolto da quella mandria di bambini che mi gira per casa da mesi. E poi ve l'ho detto, il fumo delle candele mi fa male".

Ross e Basset risero. "D'accordo, verremo a fare un breve giro domattina presto per salvarvi dai preparativi".

"Voi verrete al matrimonio?" - chiese Falmouth a Ross.

"No, non so nemmeno chi siano gli sposi".

"Gente importante, imparentata con i nostri sovrani, seppur alla lontana. Vi consiglio di assistere almeno alla cerimonia in Chiesa, di farci un salto. Incontrerete molta delle gente che conta a Londra e sapete, è più facile farsi un amico a un matrimonio che durante un litigio a Westminster mentre si discute del prezzo del grano".

Basset annuì. "Falmouth ha ragione, Ross, anche se mi spiace ammetterlo. Nemmeno io sono stato invitato ma farò un salto in Chiesa. Pensateci!".

Ross ridacchiò. "Come voi, Lord Falmouth, soffro il fumo delle candele".

A quelle parole, Falmouth sorrise e lo guardò con rinnovato interesse. "Vi aspetto domattina allora". Poi guardò Valentine, incuriosito. "Vostro figlio?".

"Sì".

Valentine, intimidito e silenzioso, annuì. "Buongiorno signore".

Falmouth gli sorrise, stringendogli la mano. "Benarrivato a Londra, giovanotto. Come ti chiami?".

"Valentine".

"Bel nome e bel ragazzo. Bravo Poldark!". Poi Falmouth accarezzò la testolina di Clowance. "Saluta, su. Magari diventerete amici".

Clowance guardò seria seria Valentine, soppesando il nuovo arrivato. Poi gli fece un perfetto inchino in segno di saluto. "Piacere di conoscerti" – disse, aspettando poi ferma e zitta una risposta.

Valentine la guardò, indeciso sul da farsi, poi cercò con lo sguardo l'aiuto di Ross che, rendendosi conto che suo figlio non sapeva nulla di buone maniere e di galateo, con un gesto veloce gli mise la mano sulla testa, obbligandolo a piegarla leggermente in avanti in segno di saluto.

Clowance lo guardò malissimo e Ross si rese conto che probabilmente la piccola doveva considerare suo figlio un selvaggio per quella mancanza di etichetta che aveva appena dimostrato.

Falmouth riprese per mano la piccola. "A domani".

"A domani" – rispose Basset. "Ciao piccola Clowance, è sempre un piacere vederti".

E finalmente, Ross la vide fare un sorriso genuino, da bambina, e alzare la mano per salutarlo. Come avrebbe fatto qualsiasi bambina del mondo! Poi Clowance osservò lui, annuì e fece un altro perfetto inchino in segno di saluto.

Falmouth la riprese per mano e con la piccola e la lupa, si allontanò mentre Ross riprese a camminare con Basset. "Che tipo singolare".

"Fa paura?" - chiese Basset.

"Non lui, sua nipote! Mai vista una bambina simile e tanto inquietantemente perfetta! Non è pericoloso che una bimba tanto piccola possegga un animale tanto pericoloso?".

"Come vedete, Clowance ha addestrato perfettamente la sua lupa" – ribatté Basset.

"Resta pur sempre una bambina, però. Anche se ha atteggiamenti davvero poco infantili... Generalemente, quando penso all'infanzia, mi vengono in mente bambini spettinati, sudati, sporchi e felici di scorazzare facendo baccano ovunque, non piccole Lady da esposizione".

Basset alzò gli occhi al cielo, osservandone l'azzurro intenso, pensando a come rispondergli. "Vedete, i Boscawen sono potenti e ogni cosa che fanno, ogni cosa che posseggono, è atta a dimostrare il grande valore del loro casato. La loro potenza. Compresi i cuccioli dei bambini. E per quanto riguarda la piccola Clowance, è una bambina deliziosa, ve lo assicuro".

Ross scosse la testa, continuando con la mente a pensare a quella singolare bimbetta che, con poche parole, era stata capace di assoggettare un animale selvatico. "Come ha fatto quella mocciosetta ad addestrare quella lupa?".

Basset rise. "Non ve ne siete accorto? Siete identici!".

Ross scoppiò a ridere. "Io e la piccola Lady? In cosa sarei identico alla nipote di Falmouth?".

"Avete il medesimo carisma, Ross, non ve ne siete accorto? Conoscendo entrambi, devo dire che è una cosa che vi accomuna. Avete la capacità di farvi seguire e rispettare da chiunque, anche da chi è apparentemente più forte di voi".

Ross ci pensò su e non aggiunse altro anche se quelle parole, unite allo strano incontro con quella bambina, gli mettevano addosso una strana ed indecifrabile sensazione. Basset aveva ragione, era dotata di un potente carisma che aveva colpito anche lui, anche se non ne capiva il motivo. Poi guardò Valentine che, silenzioso, gli camminava a fianco. "Sarà meglio che tu impari le buone maniere. Perché se saranno questi i bambini con cui vorrai giocare, temo che ti faranno a pezzi se non diventi più educato...".

Valentine annuì. "Faceva un pò paura quella bambina...".

"Già, anche a me" – rispose Ross, trovandosi d'accordo con suo figlio.


...


Era ormai buio, Prudie stava facendo il bagnetto ai bambini e Demelza, passeggiando nei lunghi corridoi della sua casa, arrivò alla porta di Lord Basset per portargli le fedi nuziali di Margarita ed Edward, da conservare nella sua cassaforte. Era ormai tutto pronto, aveva fatto del suo meglio per organizzare ogni cosa e adesso poteva solo sperare che gli otto bambini che aveva seguito in quei sei mesi si comportassero al meglio.

Bussò, trovando l'uomo seduto alla scrivania. "Ho portato le fedi".

Falmouth sorrise, le andò incontro, prese gli anelli e li portò nel retro dell'ufficio, nella cassaforte che teneva dietro una parete a scomparsa. "Nervosa?" - chiese quando tornò, sedendosi alla scrivania ed invitandola a fare altrettanto, offrendole un bicchiere di vino.

"Un pò... La piccola Grace piange spesso e vuole stare in braccio e quando la tengo con me, Demian fa i capricci e diventa geloso. E Daisy... Beh, lei è sempre imprevedibile ma sembra aver capito che deve imitare tutto quello che fa Clowance".

Falmouth picchiettò con l'indice sulla scrivania. "A proposito dei gemelli... Hai pensato alla mia idea di assumere Sir Gotfried?".

"Chi?".

"L'istitutore svizzero di cui ti ho già parlato il mese scorso. Usa metodi severi, non disdegna una bacchettata sulle mani se serve e ha educato i migliori rampolli di Londra".

Demelza lo guardò storto, MAI avrebbe permesso a un uomo del genere di avvicinarsi ai suoi bambini. "No, non ci ho pensato. Lo faccio adesso e... e no, non lo voglio".

Flamouth si mise le mani nei capelli. "Demelza, sono terribili. Hanno bisogno di disciplina. Mai visti bambini così. Sai che ha fatto Daisy, ieri?".

"No".

"Ha liberato i pulcini dalle gabbie, ha aperto la stalla e li ha portati in casa. I pulcini hanno fatto i loro bisogno sulla moquette del salone principale della parte di casa di Alexandra e quando ho chiesto spiegazioni a Daisy, sai che mi ha risposto?".

"Ehm... No...".

Falmouth sbuffò. "Che erano stati i pulcini ad aprirsi le gabbie da soli. Le ho detto che era una bugia e lei si è messa le mani sui fianchi, ha indicato i pulcini e mi ha detto di chiedere conferma a loro!!!".

Demelza, immaginando la faccina di Daisy mentre parlava con suo zio, rise. "Ai pulcini?".

"Sì, ai pulcini... Crede di farmi fesso e ha solo tre anni!".

Demelza sospirò, divertita dal panico con cui Falmouth analizzava il comportamento dei gemelli ma comunque decisa ad affrontare il discorso con Daisy e a prendere provvedimenti sulla sua impertinenza. "Sono bambini piccoli, sani e pieni di vita. Cresceranno e in loro non c'è nulla che non vada. Dove sono cresciuta io, era pieno di bambini anche peggiori di loro. Da grandi vi daranno soddisfazioni enormi, ne sono certa".

"Certo! Ma nel mentre demoliranno questa casa!".

Demelza gli strizzò l'occhio, ancora più divertita. "Beh, si esercitano a conquistare la Scozia, dovreste gioirne! E comunque Daisy sarà punita per la storia dei pulcini... dopo il matrimonio, ovviamente... Per ora meglio tenerla buona per evitare brutti scherzi, domani".

A quella battuta, Lord Falmouth gli riservò un'occhiataccia. "Fossero almeno bravi ed educati come Jeremy e Clowance...".

"Lo saranno!".

"Lo spero...".

Demelza si sporse in avanti, osservando incuriosita la mappa di Londra che Falmouth teneva sul tavolo. "Cos'è?".

L'uomo sospirò, indicando un punto sulla cartina. "La nostra strada, Demelza! Quella che vorrei costruire, che porta il grano dei nostri granai direttamente al mercato generale".

"Quella che dovrebbe partire dai nostri cottage di Dalston?".

"Esatto!".

Demelza sospirò, conoscendo ormai a menadito quella faccenda che tormentava Falmouth da ormai un anno. Voleva una strada privata che portasse in sicurezza il suo grano alla zona commerciale di Londra, quella dei mercati, trasportandolo in una strada privata tutta sua, ma il tragitto su cui sarebbe dovuta sorgere era disseminato di baracche e case popolari abitate dalla parte di popolazione più povera di Londra. Per costruire la strada, quelle baracche avrebbero dovuto essere abbattute lasciando in strada i suoi abitanti e la faccenda bloccava, in Parlamento, i desideri di Falmouth che riceveva secchi voti contrari dai suoi detrattori. "Dovreste dare qualcosa in cambio, fare una controproposta".

Falmouth divenne rosso in viso. "Controproposta? Voglio dare commercio alla città e dovrei anche giustificarmi per questo? La strada riqualificherà la zona, fra le più degradate della periferia!".

"Ma lascerà senza tetto tanti disperati" – ribattè Demelza.

"Potranno ricostruirsi le loro baracche da un'altra parte".

Demelza sospirò rendendosi conto che, benché gli volesse davvero bene, lei e Lord Falmouth avrebbero avuto sempre idee divergenti sulla povertà. Provenivano da due mondi e da due tipi di vita troppo diversi per avere un'opinione comune su certe faccende ma lei, negli anni, aveva anche imparato a conoscerlo e a guidarlo con furbizia dalla sua parte. "Sapete che è difficile anche costruire una baracca, se non si possiede denaro...".

"I poveri sanno sempre sopravvivere".

"E se..." - propose Demelza, bloccandosi pensierosa.

"Se?".

Lei sorrise, orgogliosa dell'idea appena avuta. "Se ad esempio trovaste loro un'altra collocazione?".

Falmouth alzò un sopracciglio. "Del tipo?".

Avvicinò il viso a quello dell'uomo, decisa a guidarlo in quella che le sembrava una buona soluzione per tutti. Era già successo in passato e trovava divertente parlare di questioni sociali con lui e riuscire a spuntarla. "La nostra fabbrica dismessa di lana, a Chelsea... La fabbrica è cadente e abbandonata, così come gli appartamenti e i cottage circostanti. Se la riaprissimo... Se affidaste gli appartamenti e i cottage agli abitanti del Dalston in cambio di lavori di ristrutturazione e impiego nella fabbrica rimessa a nuovo... Non credete che lascerebbero volentieri quelle vecchie baracche per una casa nuova e un lavoro sicuro? E voi potreste costruire la vostra strada".

Lord Falmouth si mise a ridere, a quella proposta. "Demelza, ristrutturare e rimettere in funzione quella fabbrica mi costerebbe molto denaro".

"Che abbiamo e che verrebbe comunque riguadagnato nel giro di poco tempo. La lana è un bene molto richiesto e l'investimento iniziale verrebbe ripagato con i profitti che perdureranno nel tempo. E i vostri cottage dismessi verrebbero rimessi a nuovo dal lavoro manuale dei lavoranti e delle loro famiglie, senza spese per noi. In cambio dell'alloggio gratuito potrete risparmiare qualcosa sugli stipendi e loro avrebbero una casa praticamente gratis e lavorerebbero per noi a prezzi modici, rimettendo in funzione una fabbrica che, ad oggi, per noi è solo un debito".

Lord Falmouth si bloccò, smettendo di ridere. La osservò come si osserva una creatura mitologica e rara e il suo sguardo alla fine divenne furbo e attento. "Sei un genio! Avrei la mia strada... e avrei allo stesso tempo risolto la questione sociale derivante dalla sua costruzione...".

"Esattamente!".

Falmouth si alzò in piedi, si avvicinò e le diede una pacca sulla spalla. "Mi piace! Basset resterà a bocca aperta quando tirerò fuori quest'idea in Parlamento, dopodomani!".

Demelza sospirò, soddisfatta e ancora un pò preoccupata. "Prima di dopodomani c'è il matrimonio. E il comportamento dei bambini...".

"Non pensarci, sono Boscawen! Va a letto e riposa!" - ordinò Falmouth, improvvisamente allegro come un bimbetto e assolutamente ottimista circa la vivacità dei gemelli.

Demelza annuì, era stanchissima e il giorno dopo l'avrebbe attesa una giornata campale. "Buona notte" – disse, aprendo la porta con animo più leggero di quando era arrivata.

Falmouth la richiamò. "E Sir Gotfried?".

Lei si voltò, guardandolo con lo stesso sguardo furbo. "Ci ho ripensato adesso. Ed è ancora NO!". E detto questo, chiuse la porta e si diresse verso la sua ala del palazzo, nella sua stanza.

Arrivò alla sua camera sbadigliando, si svestì e poi, con la camicia da notte, si mise a letto. Non aveva fatto in tempo a stiracchiarsi che la porta della nursery si aprì e Demian, in camicia da notte, fece capolino.

Mamma, posso venire nel lettone con te?” - chiese, come se facesse per la prima volta in vita sua quella domanda

Demelza si girò di lato, tirando indietro la coperta e poggiando il viso contro il braccio. Ecco, era ora di quella scena che si ripeteva ogni sera da quando era nato. “Cosa c'è?”.

Sono preoccupato” - disse lui serio, rannicchiandosi sotto le coperte ed affondando il viso contro il suo collo.

Demelza gli accarezzò i lunghi e sottili capelli biondi, baciandolo sulla fronte. “Preoccupato di cosa? Di aver rovesciato il barattolo di marmellata in testa a Miss Claire?”.

Demian rise. “C'aveva tutti i capelli incollati”.

Lo so”.

Però non sono preoccupato per Miss Claire”.

E per cosa, allora?”.

Demian divenne mortalmente serio. “Clowance dice che diventerò una femminuccia”.

A quell'affermazione, Demelza scoppiò a ridere. “Cosa?”.

Sì. Al matrimonio di Lady Margarita, mi metterai in testa le coroncine coi fiori che hai fatto oggi con la nonna, me lo ha detto Clowance. E io diventerò una femmina! Anche Jeremy”.

Santo cielo, Clowance era tremenda e Demian fin troppo credulone e ingenuo. “Amore, le coroncine non sono per te e Jeremy! E nemmeno per gli altri maschietti che faranno da paggetti! Sono per le tue sorelle e le altre damigelle”.

Allora rimango maschio? Non divento una femminuccia?”.

Scosse la testa, era da tanto che non era così divertita. “Amore, non credo ci sia questo pericolo”.

Demian sospirò, rinfrancato, sprofondando nel cuscino. “Mamma?”.

Sì?”.

Posso stare qui con te lo stesso?”.

Demelza gli diede un leggero pizzicotto sulla guancia. “Non è molto da maschietti, dormire con la mamma”.

Ma fa niente e io sono piccolo”.

Demelza sospirò, mascherando un sorriso e stringendolo a se. Gli uomini più importanti della sua vita, a parte Hugh, l'avevano ferita in mille modi diversi e abbandonata come un oggetto di poco valore. Ma Demian no... E nemmeno Jeremy! E mai, MAI lei avrebbe negato loro il suo letto e un abbraccio. “Certo amore, dormi qui!” - sussurrò, baciandogli la fronte e stringendolo a se. "E promettimi che domani farai il bravo".

"Sì, promesso".

Demelza lo guardò, orgogliosa di lui. Non lo avrebbe cambiato per nessuna ragione al mondo e nessun tutore svizzero si sarebbe mai avvicinato al suo piccolo principe. Era soddisfatta di lui, di come aveva organizzato le nozze di Margarita, dei suoi quattro bambini e di come era riuscita a trovare una buona via d'uscita per la strada di Falmouth. Si sentiva tranquilla e al sicuro e, stringendo a se il suo bambino più piccolo, si addormentò con la convinzione che nulla avrebbe potuto turbare la sua tranquilla routine e serenità.




  
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