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Autore: Manu_00    04/01/2019    6 recensioni
Il mondo è un luogo molto grande, e in un luogo molto grande sono presenti tanti, tantissimi individui, alcuni comuni, alcuni singolari, e alcuni estremamente particolari.
E poi ci sono io, che non saprei dire con certezza in quale di queste categorie inserirmi.
Se me lo avessero chiesto all'inizio di questa storia, avrei risposto senza esitare di appartenere alla prima, ma il tempo ti cambia, e anche se adesso dubito di potermi definire una persona particolare, di certo, quel che è successo, la mia storia, di “particolare” ne ha da vendere, o almeno così mi piace pensare.
Forse la risposta è che sono una persona comune a cui sono successe cose particolari, ma lascerò a voi che leggete il compito di giudicare, io, d'altro canto, mi limiterò a raccontare.
[Storia presente anche su Wattpad: https://www.wattpad.com/590152446-jiid-story-of-a-thief-prologo]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XVII

 

Nei giorni successivi alla battaglia di cibo non vi furono avvenimenti degni di nota che mi sento in dovere di annotare, le mie giornate in quel periodo erano scandite da una routine più tosto monotona e tranquilla, che alcuni potrebbero considerare come noiosa, ma nel mio caso era un insperato miracolo.
Tranquillità, pura e semplice tranquillità, da quando ero entrato a Beacon non credevo che ne avrei avuta un po', eppure mi trovavo, non si sa come, in un periodo inaspettatamente sereno.
Le mie giornate partivano con lo svegliarsi presto, fare colazione, andare a lezione, allenarmi con Caesar e poi passare il resto della giornata con i miei compagni in giro per Vale, ad ogni giornata che passava nuovi studenti giungevano da tutto il mondo, e nuovi stand aprivano per le vie cittadine.
Gli allenamenti di Caesar per quanti duri, stavano dando i loro frutti, ed anche l'asticella della mia autostima iniziava ad alzarsi, successo dopo successo, anche se non ebbi molte possibilità di mettermi alla prova contro un nemico reale.
Ma, se avete imparato a conoscermi, capirete che la cosa non mi dispiaceva affatto.
Riguardo Jack, dopo che venne beccato dalla Goodwitch, passò le successive giornate a scuola per assistere il catering del festival, e di conseguenza, Drake parve dissolversi nell'aria, Ivan benché più appariscente rispetto al leader, non sembrava intenzionato a infastidirmi, e Kojo forse si era nascosto nel fetido tombino da cui era emerso.
L'unica pecca era la presenza di Nick, che da quando mi aveva conosciuto, e di conseguenza era venuto a conoscenza di tutta la compagnia formata dal team di Brienne, dal mio, e dal team OMGA, aveva preteso di essere una compagnia costante nelle nostre uscite in città, non esitando a lanciarmi occhiatacce ogni qualvolta mi avvicinassi anche lontanamente all'ombra di Brienne.
E parlando di compagnia, ammetto che in quei giorni avevo iniziato, complice l'assenza di grandi problemi di sopravvivenza scolastica a cui far fronte, al mio rapporto con tutti questi giovani cacciatori.
Fino ad allora, il concetto di “amicizia” non aveva mai sfiorato l'anticamera del mio cervello, non avevo mai pensato che nome dare al tipo di rapporto che si era creato dai nostri tre team, né avevo ben chiaro il significato di “amicizia” in generale.
Potrebbe sembrare strano che un concetto così semplice (almeno per chi non sente il bisogno di approfondirlo e scrivere libri su libri che in molti consiglieranno ai loro amici affetti da depressione e magari metteranno in bella mostra sul mobile dei loro salotti senza però averne mai letto più di una pagina) possa essere stato così estraneo ad una persona.
Ma qui si parla del sottoscritto, e il sottoscritto era ed è tutt'ora ben lontano dall'essere una persona comune.
Ricapitoliamo ciò che era stata la mia esistenza fin'ora: ero nato, fatto innegabile, ero cresciuto in un orfanotrofio, ero fuggito dall'orfanotrofio con una quantità grottescamente ingombrante di lien nelle tasche, avevo perso la refurtiva in poco più di due giorni, ed avevo passanti i successivi sei anni a vagare per il pianeta commettendo furti con crescente maestria fino al giorno in cui venni catturato e mi ritrovai ad essere lo studente più debole in una rinomatissima scuola di cacciatori.
Ora, vi do qualche secondo per riprendervi dallo stupore che avrete certamente contratto di fronte a cotanta magnificenza.
Fatto?
Bene.
Il nocciolo della questione è che, come i più dotti di voi avranno certamente intuito, non ho avuto molto tempo per curarmi dei rapporti sociali in generale, beh eccetto quando ero all'orfanotrofio, ma dubito che si potesse parlare di amicizia.
All'epoca, quando il sottoscritto era ancora un innocente bambino dai capelli candidi e le mani svelte, i rapporti fra gli abitanti dell'orfanotrofio si basavano unicamente su fini pratici, non era raro che si formassero piccole bande per poter raggirare e derubare quanti più passanti possibile, chi non era capace poteva fare da palo o da esca e beccarsi (forse) una parte di ricompensa, mentre i più abili frugavano nelle tasche altrui con il rischio, al massimo, di finire in riformatorio, ma nella maggior parte dei casi i fallimenti portavano ad un sonoro schiaffone.
Ed anch'io, Ion Ascuns, cacciatore, mercenario, ladro su commissione, eccetera eccetera, è dovuto partire dal basso, facendo squadra con altri marmocchi per massimizzare i propri profitti.
Ma si può chiamare questa amicizia? I più direbbero di no, io invece non mi posi nemmeno il problema.
L'essere umano (e anche fauno) però è portato ad essere un animale sociale, ed in mezzo a questo continuo circolo di rapporti pratici e affaristici fra piccoli ladri, riuscì a stringere un rapporto vicino (ma non troppo) ad un'amicizia vera e propria.
Si chiamava Laszlo, ed era un grande piccolo stronzo.
Più alto e grosso della maggior parte dei bambini, Laszlo era il bulletto dell'orfanotrofio, se noi altri ci sporcavamo le mani rubando ai passanti, lui guadagnava rubando agli altri bambini, ogni qualvolta che le sue larghe orecchie da porco udivano il suono delle tasche appesantite dalla refurtiva, non esitava ad alzare le mani e rivendicare il piccolo tesoro come proprio.
Anch'io sarei potuto trovarmi fra le vittime delle sue estorsioni, ma dal momento che gli dei o madre natura mi hanno benedetto di un'astuzia superiore a quella dei miei coetanei, non solo evitai le sue estorsioni, ma lo resi il mio più affidabile alleato.
La nostra intesa era abbastanza semplice, io lo stipendiavo settimanalmente, attingendo ad una mia scorta segreta di lien di cui non svelai mai l'ubicazione, e in cambio di questa sicura fonte di guadagno, Laszlo acconsenti a diventare il mio guardaspalle personale, nonché un efficientissimo strumento per riscattare i debiti che molti dei miei coetanei contraevano con il sottoscritto.
Non per vantarmi, ma oltre all'abilità nel furto, sviluppai un forte senso per gli affari, prestando piccole quantità di denaro ai miei coetanei, in cambio della restituzione della somma con gli interessi.
Ovviamente non si trattava di niente che avesse un effettivo valore legale se non la parola data, ma Laszlo era una grande garanzia: o mi veniva restituito il denaro o Laszlo andava a riscuoterlo di persona, con le buone o con le cattive, certo, spesso non sempre avevano la cifra richiesta, ma mi rifacevo costringendoli, per mezzo di Laszlo, a fare da diversivi nei miei furti, o confiscando i loro pochi averi da rivendere al miglior efferente per pochi spiccioli.
Pensare che un bambino possa essere così cinico e astuto fa rabbrividire anche il sottoscritto, ma in mia difesa, eravamo praticamente lasciati allo stato brado: o ti facevi furbo, o era peggio per te.
Si può dire che fra me e Laszlo fosse nata una certa intesa, ma amicizia? Forse prima avrei detto di si, ma quei giorni a Beacon mi stavano facendo realizzare che l'amicizia avesse un significato ben differente da quello che era il nostro rapporto.
Inoltre credo mi abbia maledetto in decine di lingue diverse quando, fuggendo dall'orfanotrofio, mi portai via tutta la mia scorta di lien lasciandolo senza il suo “stipendio”.
Ma si può parlare di amicizia anche se quei ragazzi non conoscevano la verità sul sottoscritto? Mi avrebbero considerato ancora un amico (ammesso e non concesso che mi considerassero tale) se avessero scoperto chi ero e cosa era stata la mia vita fino a pochi mesi fa?
Si? No? Forse?
Decisi che la cosa non mi doveva turbare, loro non lo sapevano, e se avessero saputo, me ne sarei fatto una ragione.
Strano a dirsi, ma per quanto fossi diversi da quei ragazzi così forti, coraggiosi, altruisti e idealisti... mentirei nel dire che non mi stavo affezionando a loro.
Questo mio sentimentalismo improvviso mi stava spaventando, dovevo aver ingerito del cibo avariato...

Era una giornata come tante, quando io e i miei amici (sento di poter usare questo termine) stavamo passeggiando per Vale, come ogni giorno da quando era iniziato il periodo del festival.
Ero di umore inquieto, pochi giorni prima Ozpin aveva fatto radunare tutti gli studenti per avvisarli, dopo un noioso discorso sulla pace, fratellanza l'amore e tante cose ritrite e ritrite fino alla noia, condite da un singolare aneddoto riguardo gli abitanti di Atlas che si erano messi a chiamare i propri figli come colori e opere d'arte per protestare contro la censura introdotta dal governo prima della Grande Guerra (istinto lodevole, ma io non avrei mai perdonato i miei genitori, semmai li avessi avuti, se avessero osato soltanto pensare di chiamarmi Blue, o Red, o chissà che altro) per spiegare alla folla di fanciulli come disubbidire a leggi ritenute ingiuste possa essere giusto e bla bla bla (Per quanto saggio, Ozpin non era immune da difetti, e quello che sopportavo di meno, e che tutti i suoi discorsi ti rimanevano fissi nel cervello, anche quelli incredibilmente noiosi), ci aveva comunicato un'importante notizia: in questo periodo i vari team della scuola avrebbero, a periodi alterni, accompagnato un cacciatore esperto in una missione vera e propria.
Ora, come potrete immaginare nulla lo farebbe venire duro ad un aspirante cacciatore dalla mente annebbiata dall'orgoglio e dagli ormoni, più dell'idea di mettere alla prova le sue abilità (vere o presunte) contro un nemico degno di tal nome, fuori dai muri delle aule, dalle noiose esercitazioni di routine, e dalle lezioni soporifere di Port (ormai solo ricordare il suo nome ha il potere di indurmi a sbadigliare).
Ma, come dimostrato dalla statistica, maggiore è il numero di persone che concordano su un determinato argomento, maggiore è la possibilità che possa esserci una persona di opinione contraria.
Forse.
Ora che ci penso non ho mai studiato statistica.
O qualsiasi altra materia.
Il punto, è che c'era una persona contraria a tutto questo: io.
E dal momento in cui Ozpin fece l'annuncio, sentii l'impellente bisogno di trovare un bagno, ed era dai primi capitoli che non rischiavo di farmela sotto.
Maledetto, maledetto maledettissimo preside!
Riuscivo a ritagliarmi un po' di tranquillità e quello mandava tutto a puttane così!
Ecco, queste frasi riassumevano il mio stato d'animo in quell'afosa giornata, e se a questo aggiungente un fastidioso bambino coniglio che ti ronza intorno, potrete ben immaginare quanto prurito sentissi alle mie povere mani.
<< Max! >> << Cosa? >> mugugnò il forzuto del team OMGA con la bocca piena di udon << Ti sembra questo il momento di metterti a mangiare? >> Max deglutì il boccone << Dovreste assaggiare anche voi invece di lamentarvi >>
Eravamo fuori da una ventina di minuti, ma un languore improvviso dello stomaco di Max ci aveva costretto a fare una sosta nel negozio di udon più vicino, gestito da un vecchietto che si esprimeva a versi e mugugni.
Credo di avergli rubato il portafoglio almeno tre o quattro giorni durante la mia permanenza a Vale, e di avergli svuotato l'intera cassa in qualche occasione.
Adoro i vecchietti, resettano la memoria ogni settimana e non prendono mai precauzioni dopo aver subito un furto, forse sono convinti che non vivranno abbastanza per subirne un altro, stolti!
Mi ricordo di una volta che una vecchia signora di Mistral mi scambiò per suo nipote e soggiornai in casa sua per qualche giorno, con totale accesso alla sua carta di credito, poi purtroppo si spense nel sonno e i suoi eredi non sarebbero stati altrettanto contenti di avermi come ospite.
Ma sto divagando.
Però devo ammettere che non avevo mai mangiato così bene.
<< Concordo con Max al cento per cento, oggi sono pure scontati >> mediò il sottoscritto mentre finiva di gusto una ciotola di udon, pagata con gli stessi soldi che avevo rubato al vecchietto il giorno prima.
Ahh, i vecchi, che stupide e magnifiche creature.
<< Visto che tanto siamo in pausa >> propose Ellen, la più timida del team << Ditemi, qualcuno di voi ha intenzione di iscriversi al torneo? >>
Un violento brivido percorse la mia schiena, mi voltai verso Ellen con una velocità tale da farle prendere un infarto.
<< Torneo? Quale torneo!? >> biascicai prima di mandare giù il boccone finale << Beh sai, il torneo del festival, quello che faranno nel Colosseo Amity. >>
<< Il cosa? >> chiesi confuso << Il Colosseo Amity >> rispose Giada << Sai, quella grande costruzione volante che fluttua nel cielo da quando è iniziato il festival >> concluse Ashes con una punta di sarcasmo, mentre puntò il dito verso il cielo.
Alzai lo sguardo ed effettivamente notai la presenza di un'enorme struttura a forma di cono rovesciato che gettava un'ombra altrettanto grande sulla città.
Da quanto era lì!?
Che dire, a volte i miei neuroni fanno inaspettatamente cilecca.
<< … Confesso di non essermene accorto >>
Non è mai bello quando tutti i presenti prorompono in un facepalm collettivo, cioè lo è ma non quando è rivolto a te.
Ma mentirei se dicessi di non averlo meritato.
<< Certo che sei molto sveglio, vero Brienne? >> non ebbi bisogno di leggere il suo tono per capire il sarcasmo dietro le parole di Nick, né apprezzai le risatine del vecchio in sottofondo.
Decisi che quella sera stessa avrei rubato la paghetta al primo e la cassa al secondo.
Mi bastò rivolgergli un'occhiataccia per farlo arretrare fra le braccia delle ragazze, Marlee e Ellen in particolare se lo contendevano per stritolarlo, e semmai fosse morto asfissiato credo che le avrei ringraziate di cuore.
<< Il punto è: c'è un premio in denaro per questo torneo? >>
Ellen scosse la testa << Non credo... perché? >>
<< Curiosità... >> mi voltai per riporre la ciotola, sotto lo sguardo carico di aspettative dei miei compagni.
Non che fossi ammattito, ma l'idea di vincere un lauto premio in denaro mi eccitava non poco, d'altro canto l'idea che avrei dovuto lottare per averlo mi spaventava... ma decisi che mi sarei informato meglio, prima avrei scoperto se ci guadagnavo qualcosa a partecipare con il mio team, ma sopratutto come e in che modo si sarebbe svolto, non bisogna mai dire di no troppo presto.
Tranne quando ho accettato la commissione che mi ha portato alla cattura, lì un no avrebbe fatto comodo.
Dovrei smetterla di contraddirmi da solo.
<< Parlando d'altro >> propose la mia caposquadra << Voi quando partirete per la missione? >> << Credo dopodomani >> rispose Orion << Voi? >>
<< Noi domani stesso, e non ho idea di cosa ci aspetti >>
Altro brivido, con tanto di acqua di traverso e annessa tosse nervosa.
<< Sto bene... >> sussurrai quando si volsero verso di me.
Ma in realtà la prospettiva di andare in missione bastava per farmi correre d'urgenza al bagno.
Fottuto, fottutissimo Ozpin!
<< Anche noi dopodomani >> affermò Ashes << Finalmente un po' d'azione, non ce la facevo più >>
<< Giusto! >> si unì al coro Ilian << Finalmente avremo una possibilità di metterci alla prova solo noi quattro, e magari incontrare un nemico difficile da affrontare, non vedo l'ora! >>
Ecco, ora si che avevo bisogno di correre al bagno.
Lasciai lo sgabello e mi precipitai al bagno chimico più vicino, tappandomi le orecchie per non sentire i discorsi di Julia e Ilian su quanto non vedevano l'ora di affrontare un nemico pericoloso e magari rischiare di restarci secchi!
Entrai, chiusi la porta e mi accomodai sulla tazza, e dopo essermi goduto un po' di silenzio e disteso i miei poveri nervi, potei rilassarmi e iniziare a fare un bel deposito...
… finché il rumore di centinaia e centinaia di persone che corrono e urlano non mi costrinse a tapparmi le orecchie.
Ma se inizialmente pensai che si trattasse semplicemente di un'orda di ragazzine in piena fase di crescita intenta ad ascoltare la boyband del momento, mi dovetti ricredere quando alle urla si aggiunse il ruggito di un ursa alquanto incazzato.
Il primo sentimento che provai fu di terrore, poi sopraggiunse la confusione, seguita da un minimo di sollievo quando sentii gli spari delle guardie (almeno le forze di sicurezza non erano state travolte all'improvviso), ma infine, puntuale come un orologio atlasiano, sopraggiunse il mio senso di sopravvivenza.
A quel punto capii cosa dovevo fare.
Chiusi gli occhi, rizzai la schiena e feci il possibile per camuffare il mio respiro.
Se lo cose fossero andate bene, mi sarebbe bastato resistere al puzzo di guano di quell'angusta cabina e restare al suo interno fino a quando la situazione non si fosse stabilizzata, uscendone sano, salvo, e con l'intestino svuotato.
Ma mi ero scordato che io ero io, ed a me le cose non vanno mai molto bene.
Infatti dopo qualche minuto di pace (all'interno del bagno intendo, le urla all'esterno suggerivano una situazione molto diversa), qualcosa di molto grosso e arrabbiato urtò il bagno chimico spedendolo in aria come se fosse un pezzo di carta.
Per fortuna, avevo avuto il buon senso di abbassare la tavoletta dopo aver fatto i miei bisogni, perché la cabina atterrò orizzontalmente sul selciato, ed il sottoscritto si ritrovò ad essere sballottato a destra e a sinistra contra la parete di plastica, capii che stavo rotolando in discesa.
Riuscii non si sa come ad attivare la mia semblance ed abbandonare il bagno chimico, rimasi steso sul selciato, in mezzo a svariate dozzine di atlesian knight distrutti e corpi di grimm in procinto di evaporare, mentre la cabina proseguì la sua caduta, che si arrestò quando finii fra le fauci di un king taijitu.
Inorridii quando quella specie di serpente gigante chiuse le fauci sulla cabina, accartocciandola come se fosse di carta.
E inorridii ancora di più quando mi resi conto di essere l'unica cosa che respirasse davanti a quel bestione, che considerando dal modo in cui mi guardava pareva deciso a consumarmi in qualità di antipasto.
Che dire: una giornata di merda, letteralmente.
Almeno non mi serviva più il bagno.

   
 
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