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Autore: jayp    05/01/2019    5 recensioni
Il primo incontro tra due donne in una situazione piuttosto comica. L'agente Clarke Griffin riceve una telefonata e ordine dal suo capo. Deve capire cosa succede. Ma non si aspetta di certo di trovarsi faccia a faccia con una ragazza così particolare. Cosa avrà mai fatto di così misterioso?
[Dal testo:]
"Una cosa era certa: non era pazza. Lexa parlava da sola in casa, ma non era pazza."
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono giorni in cui forse sarebbe meglio non uscire di casa, forse addirittura dal proprio letto e saperlo con netto anticipo. Bisognerebbe staccare la sveglia la sera prima, mentre ci si sta preparando per andare a letto, bere un qualcosa di caldo e addormentarsi consapevoli del fatto che il giorno dopo non si esce di casa.

Ma purtroppo non è così. Per Lexa, non fu così.

Per lei questi giorni, nell’ultimo semestre si sono moltiplicati. Non sa nemmeno lei quante volte ormai ha maledetto per 10 minuti di fila quella dannatissima sveglia.

Ma questo non era un giorno brutto come tanti, questo era Il Giorno. Quello più brutto e sfigato tra i più brutti e sfigati. Tutti almeno una volta nella vita ci siamo passati.

La parte divertente, che poi tanto divertente non è, è che Il Giorno parte male proprio dalle prime luci del mattino. Lexa, appena aperti gli occhi, lo ha percepito subito. Ha percepito che quella sarebbe stata una giornata davvero pesante che avrebbe prosciugato ogni briciolo delle sue energie e voglia di vivere.

Di certo svegliarsi con questo pensiero in testa.. non è esattamente considerato un buon inizio, ma è anche vero che questo era nulla a confronto di quello che è successo dopo.

Mentre si stava preparando per affrontare un’altra stressante e pesante giornata di lavoro, la sua caldaia ha pensato bene di smettere di funzionare e quindi di non fornire acqua calda per la sua doccia mattutina. Ma infondo una bella doccia fredda fa bene alla propria circolazione, no? La risposta è, no. Non fa bene. Soprattutto se ci si trova nel bel mezzo dell’inverno e si è molto freddolosi di natura, proprio come Lexa.

Poi è arrivato il momento del trucco. Anzi mi correggo, il momento del trucco e della colazione. Sì, contemporaneamente. Perché grazie alla stupenda doccia ghiacciata, si è fatto tardi e la donna era decisamente in ritardo.

Stava mettendo il mascara, quando per sbaglio con un movimento del gomito fece rovesciare tutto il suo bicchierone di caffè sacro sul tavolo. Ed ecco altro tempo ed energie sprecate.

Ma di certo le sfighe non potevano finire lì, e quindi qualcuno ha avuto la brillante idea di chiamarla sul proprio cellulare che iniziò a squillare incessantemente mentre tentava di pulire l’enorme macchia di caffè.
E chi poteva essere se non sua sorella, Anya.

Rispose ovviamente, ma non di certo in modo calmo e pacato. Non quando Anya le chiese dove si fosse cacciata e le ricordò che si sarebbero dovute incontrare  per andare insieme al meeting della loro azienda che si sarebbe tenuto quella mattina dall’altra parte della città.

All’alba delle 08:03 de Il Giorno, Lexa si ritrovò ad urlare (quasi) per farsi sentire da sua sorella che al telefono continuava a metterle pressione.
Una volta arrivate a destinazione, vennero informate del guasto che il riscaldamento del palazzo aveva subito due giorni prima e che sfortunatamente non avevano ancora risolto.

Non poteva andare peggio di così.
O forse sì?
 
Tra grafici assai complicati, discussioni tra colleghi, scuse e spiegazioni del suo sfogo mattutino a sua sorella, la giornata di Lexa passò davvero lentamente ma almeno era finita.

Così pensava lei.

Si trovava in macchina con sua sorella, che ovviamente la stava riaccompagnando a casa.
“Non si sa ancora perché la tua auto abbia deciso improvvisamente di non partire?” chiese la maggiore delle due mentre svoltava nella via dove si trovava l’appartamento di Lexa.

“Ancora no purtroppo. Sono ormai passati 4 giorni e il meccanico non ha ancora scoperto nulla di utile.” Rispose mentre raccoglieva le proprie cose e apriva la portiera per uscire dalla macchina. “Ma ti ringrazio per il passaggio…An.”
“Ugh, lo sai che odio quel soprannome, te lo ripeto ormai da anni.” Disse Anya con tono disgustato ma divertito. “Beh vedi di cambiare meccanico, perché questo mi sembra un incompetente e non ho più voglia di dover scarrozzare il tuo bel sedere in giro per la città, arrivando in ritardo. Potresti fare un salto dalla mia amica Raven, to lo avevo già detto!”
Lexa, troppo stanca per formulare una frase degna di essere chiamata tale, optò per una semplice risatina e mandò gli occhi al cielo. Chiuse la portiera e si diresse con le chiavi in mano verso il portone del suo palazzo.

Una volta superata la soglia della propria porta d’ingresso, Lexa lasciò cadere sul tavolo le chiavi e appoggiò sul divano il cappotto beige che per tutto il giorno è stato il suo unico riparo dal freddo.

Adesso che era arrivata a casa, non sarebbe successo più nulla di male e si sarebbe rilassata, giusto?

Si diresse in cucina, con ancora indosso i vestiti da lavoro e alzò lo sguardo verso l’orologio.

“Le 00:06, perfetto” disse ad alta voce molto ironicamente “Vedi te se una persona deve cenare in orari simili, grazie al cielo è venerdì”

Una cosa era certa: non era pazza. Lexa parlava da sola in casa, ma non era pazza.

Avere un partner o un cane con cui dividere l’appartamento, avrebbe cambiato sicuramente la situazione. Anya si era pure offerta per comprarle un cagnolino e farla sentire meno sola e apparire meno pazza. Ma Lexa non aveva nemmeno il tempo di prepararsi per andare a lavorare, figuriamoci mantenere un cane.

Non avendo il tempo e la voglia di cucinarsi qualcosa di decente, decise di prendere i suoi cereali preferiti, la scatola del latte e una tazza.
“Però oggi ho voglia del latte caldo” così dicendo, con una mano, impostò il tempo del microonde senza guardare e con l’altra controllò tutti i messaggi ricevuti quel giorno.

Passarono i minuti, Lexa non sa quanti di preciso ma nel mentre si era spostata in salotto. Fu troppo tardi quando le passò per la mente il primissimo dubbio.


*BOOM*


Dopo l’esplosione e il silenzio che l’ha seguita, la ragazza iniziò ad imprecare non ricordandosi che quello di certo non era l’orario per alzare la voce.
 
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“Griffin, non scappare!”

Dopo aver sentito quelle parole, Clarke si immobilizzò a due passi dalla porta d’uscita degli uffici della stazione di polizia.

“Ha chiamato pochi secondi fa un signore preoccupato per i rumori che sente provenire dall’appartamento sopra il suo” continuò a spiegare Markus Kane, il suo superiore “So che il tuo turno finisce fra 10 minuti e proprio per questo lo affido a te. Devi solo andare a controllare che sia tutto okay, poi potrai andare direttamente a casa.”

Clarke, senza scelta, accettò. Amava il suo lavoro, l’azione, l’adrenalina ma soprattutto aiutare le persone. Quindi non le pesava molto questo incarico e poi era solo un controllo, nulla di troppo impegnativo.

Si fece dire l’indirizzo e salì in macchina.
 

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Un forte bussare, ma non esagerato.

Erano passati 10 minuti dal forte rumore dell’esplosione e Lexa non si era ancora mossa di un centimetro, ancora confusa da ciò che era appena accaduto. Sospirando ormai disperata, si girò verso la porta d’ingresso fissandola.

“Signorina Woods per favore apra la porta” una voce si fece sentire.

Lexa si avvicinò e con calma aprì la porta.

Le due si fissarono per almeno mezzo minuto. La persona dietro la sua porta era una donna, di bel aspetto, bionda, di qualche centimetro più alta di lei grazie agli scarponcini ai suoi piedi. La proprietaria di casa si accorse solo dopo aver fissato per almeno 5 secondi quegli occhi così azzurri, che la donna indossava anche una divisa color blu scuro, pantaloni neri e una cintura piuttosto grossa munita di pistola e walkie talkie a tenerli su.

“è tutto okay?”

Lexa non rispose nei 3 secondi seguenti.

“Uhm.. signorina?”

“Sì. Sì, è tutto okay”

“Ne è sicura? A me non sembrerebbe” Rispose Clarke aggrottando leggermente le sopracciglia.

“Se pensa di sapere già la risposta, allora perché me lo ha domandato?” disse la mora ricordandosi solo dopo aver finito la frase che forse non era saggio usare un tono simile con un agente che si è presentato davanti alla propria porta di casa.

“Beh, è il mio lavoro” fece una pausa “Ed è anche educazione” nelle sue parole non c’era cattiveria, anzi sembravano amichevoli. Così come il suo viso. Lexa ringraziò velocemente che al posto suo non si sia presentato uno di quegli agenti che non aspettano altro che notare un particolare per poterti incriminare.

“La casa? é tutto okay?” continuò l’agente.

“è una casa” rispose sempre seria e con lo stesso tono Lexa.

La bionda rise leggermente confusa: “Intendevo, non succede nulla di male? Liti, violenze o magari sta passando un brutto periodo?”

“Sono dell’opinione che grazie agli elementi di cui è costituita, la casa non abbia la capacità di rispondermi o provare emozioni. Quindi di conseguenza non posso avere discussioni con lei e nessuna delle due sta passando un brutto periodo colmo di violenze”

“Oppure potevi semplicemente dirmi: la mia casa non prova emozioni.”

“oppure sì, quello”

“Usa sempre parole così… grandi?”

“Lei mi ha capita comunque, o sbaglio?”

“Sono un agente di polizia, non un’idiota”

“Allora che problema c’è se uso parole ‘grandi’?”

“Che problema c’è nell’usare quelle più comuni?”

Lexa accennò ad un sorrisetto: “Ha risposto in maniera intelligente, Agente”


“Griffin. Clarke Griffin.”

“Lexa”

“Il piacere è mio, Lexa.” Disse Clarke provando a guardare velocemente dietro la figura della donna di fronte a lei e dentro la casa.

“I suoi vicini mi hanno riferito che l’hanno sentita parlare con un tono di voce piuttosto alto sia sta mattina che sta notte.” Ci fu una pausa “A meno che lei non sia pazza e urli contro la casa, mi vuole spiegare cosa è sueccesso?”

“Non sono pazza”

“E la casa non può risponderle” ribadì Clarke

Si ma questo non mi toglie la possibilità di parlare a me stessa mentre cammino per il salotto, perché sono una povera donna sfigata e senza compagnia che pensa solamente al lavoro. Ma questo Lexa non lo disse, lo pensò e basta.

“è… complicato” disse alla fine

Clarke aggrottò nuovamente le ciglia.
“è ubriaca?”

“No”

“Fa uso di droghe? Cocaina? O droghe leggere?

“No”

“E allora quale sarebbe questa storia complicata?”

“Mi farà un controllo del sangue o saliva per esserne sicura?”

“Se lei lo desidera” rispose la bionda alzando le spalle. Era divertita ma non poteva darlo troppo a vedere.

Le due si fissarono per secondi che parvero infiniti. Lexa si avvicinò di più verso l’uscio che dava sul corridoio e stava per chiudere la porta pronta per qualsiasi cosa le avrebbe fatto fare l’agente.

“Non le ho chiesto io di farlo lo sa, vero?” non la chiuse completamente dietro di sé perché all’improvviso Clarke parlò.

“Non devo?”

Clarke scosse la testa: “Non è ubriaca”

“Ne è sicura?”

Clarke ricordando tutte le ‘grandi parole’ che la mora ha utilizzato prima rispose semplicemente: “Piuttosto sicura”

Lexa rimase in silenzio contemplando. “Beh, meglio così, almeno evito l’imbarazzo di quelle assurde prove. Non mi va di saltellare su una gamba sola con il dito sul naso”

Clarke sogghignò.

“Oh no prego, lo faccia pure!”

Lexa alzò il sopracciglio

“Non starà dicendo sul serio?”

“Forse. Non sei ubriaca, mi sarebbe solo piaciuto vederlo fare” si fermò un secondo “Ma per ora vorrei solo sapere cos’è successo”

“Lei non è  come gli altri agenti”

“Mangio ciambelle e bevo caffè in macchina!”

Lexa accennò nuovamente ad un sorriso: “Buono a sapersi Agente Griffin”

“Quindi, che cosa è successo?”

“Niente, non è successo niente.”

“Cazzate” Lexa si stupì nel sentire quella parola “Un vicino non chiama a caso”

“Magari è lui il pazzo”

“Cosa è successo?” chiese di nuovo la bionda

“Non la smetterà di chiederlo vero?”

“E lei non la smetterà di girarci intorno e guadagnare tempo, vero?” Clarke osservò il volto della donna davanti a lei. Sembrava stanca, ma allo stesso tempo sveglia. Troppo sveglia. I suoi occhi verdi la incuriosivano, per non parlare dei suoi modi di fare e pensare. Era davvero bella, con i lunghi capelli raccolti in una coda alta. “Beh posso continuartelo a chiedere oppure posso portarti in stazione con me e tenerti lì sotto sorveglianza tutta la notte”

“Mi sta minacciando?”

“Preferisco definirlo: usare il mio potere di persuasione”

“è molto persuasiva” disse Lexa non sapendo più che altro inventarsi per evitare di parlare del motivo principale per cui alle 00:25 del mattino, un agente di polizia era davanti alla sua porta.

“è stato il microonde”

“Come scusi?”

Lexa sospirò

“è stato--… ho avuto una giornata davvero pesante e piena di inconvenienti, questa mattina ho alzato la voce con mia sorella al telefono perché ero in ritardo. Sono tornata mezz’ora fa a casa e ho deciso di preparare qualcosa di veloce come latte e cereali, usando il microonde.

“Il…microonde?”

“Sì, è esploso”

“Quindi il suo vicino ha chiamato perché pensa che lei sia pazza, quando in verità è solo colpa di una tazza di latte”

“Sì, ora la potrebbe smettere?”

Clarke fece una pausa, assimilando le informazioni appena ricevute. Sapeva che, anche se il suo turno era finito, lei era lì in veste ufficiale e che avrebbe dovuto essere professionale. Lo sapeva bene, ma era tardi, la donna davanti a lei era così particolare e la sua storia assolutamente ridicola. Non ha potuto resistere.

“Potrebbe smetterla di ridere?” disse a denti stretti Lexa, guardando Clarke mentre provava a soffocare le risate che continuavano a sfuggirle. “Davvero. Lei è un agente, dovrebbe aiutarmi o almeno chiedermi se sono ferita o meno"

“Mi scusi, davvero, è che… il microonde?”

“Sì! Il microonde! La tazza nel microonde! Non è così divertente.”

“Oh sì che lo è”

“No che non lo è” Lexa sospirò. Stranamente, non era esattamente arrabbiata con l’agente. Era semplicemente molto stanca.

“Okay, okay, mi scus—“ la bionda si bloccò.

Lexa vide lo sguardo di Clarke superarla, improvvisamente attirata da qualcosa dentro il suo appartamento.

Improvvisamente tornò seria e anche.. preoccupata?

“Lo sente anche lei?” domandò la poliziotta inspirando con forza “Poco fa non era così forte”

Lexa chiuse gli occhi e inspirò a sua volta, spalancandoli poco dopo mentre realizzò cosa stava sentendo. Non ebbe il tempo di fare nulla che Clarke l’aveva già superata e si era fiondata all’interno della casa senza dire nulla. La mora la seguì e insieme si trovarono di fronte ad un pezzo di microonde che, una volta esploso, è andato a finire sul piano della cucina vicino al lavello.

Era in fiamme.

Non esagerate, ma era in fiamme.

Clarke, veloce come sempre, prese uno straccio appoggiato sul tavolo e lo bagnò tutto nel lavello, per poi utilizzarlo per provare a spegnere la fiamma.
Ci riuscì dopo un 5 minuti buoni. Del fuoco nessuna traccia, ma del danno che ha lasciato… sì

Rimasero in silenzio, una affianco all’altra.

“Non fiati, la prego” disse incredula Lexa mentre fissava la cucina.

“Ma non ho detto nulla”

“Lo stava per fare, la prego non dica nulla su questo argomento. La vergogna che sto provando basta e avanza”

“Son piuttosto sicura che non sia esattamente quello il modo di rivolgersi ad un agente.” Disse Clarke divertita, non voleva fare una predica alla ragazza. Era già troppo sconvolta di suo e poteva capirlo. Così per alleggerire un momento la situazione, si guardò intorno: “Beh, guardi! Almeno la sorpresa dei cereali è intatta.”

Lexa si girò lentamente verso di lei con un sopracciglio alzato, per poi ritornare a fissare la cucina sospirando disperata per la centesima volta quel giorno. Non avendo nemmeno le forze di rispondere a tono

“Perfetto, ora non ho più nemmeno una cucina”

“Io ne ho una” disse con prontezza Clarke “Funzionante , anche”

Si fissarono per qualche secondo. Lexa più insistentemente di Clarke, incredula e con le sopracciglia aggrottate.

“Si sta forse prendendo gioco di me?”

“è questa l’impressione  che ho dato?”

Con le braccia incrociate davanti al suo petto e un lento cenno con la testa, Lexa rispose alla domanda.

“Domani lei lavora?”

“E questo che cosa c’entra ora?”

“C’entra, la mia non era una presa in giro. Ma più un invito a cena. Allora, lavora o no?” disse come se nulla fosse alzando le spalle

“Non... lavoro” rispose Lexa divertita e assai sorpresa da questa svolta improvvisa della  situazione

“Bene, allora a lei la scelta” fece una pausa “Preferisce vederla come una presa in giro o un invito a cena?”

“Lei non lavora domani?”

“Nope”

“è un appuntamento?”

“Ah si chiama così?” disse Clarke con un sorrisetto malizioso.

Lexa non riuscì a trattenersi e si fece scappare, non un sorriso, ma una risata. Non esagerata, ma bastò per far ridere anche la bionda.

“è molto sfacciata per essere un agente di polizia lo sa questo vero?”

“In mia difesa posso dire che il mio turno è finito 30 minuti fa, anche se in teoria sono in veste ufficiale.”

Più i secondi di silenzio passarono e più Clarke era convinta che Lexa avrebbe detto di no. Insomma, era una situazione davvero assurda e lo sapeva benissimo anche lei.

“Va bene Agente Griffin. La vedo come un invito”

Clarke sorrise e strinse iil pugno in segno di vittoria. A Lexa piacque quella reazione. Molto.
 “Perfetto, allora ci conviene andare o sennò si farà davvero troppo tardi”
 
 
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Un quarto d’ora dopo, la coppia di donne si trovava seduta sul divano del salotto dell’agente. Con un cartone di pizza appoggiato sul tavolino di fronte e la tv accesa.

“Non aveva mica detto di possedere una cucina funzionante?” chiese Lexa con tono giocoso “Non l’ha usata”

“Dopo quello che è successo a casa sua, ho pensato che sia meglio tenerla lontana da qualsiasi cucina. Non so se mi spiego”  rispose prontamente Clarke per poi aggiungere

“Quindi, Signorina Woods..”

“Lexa”

“Okay, Lexa.” Enfatizzò appositamente il suo nome “Oltre ad essere brava a far esplodere tazze e un microonde, cosa fai nella vita?”

Lexa alzò gli occhi al cielo mentre masticava la pizza e scuoteva la testa: “Ho a che fare tutti i giorni con  numeri e grafici, sto lavorando ad un progetto con l’azienda per cui lavoro, per migliorare certe…cose

Cose?” fece da eco Clarke sentendo quella parola

“Non ti piaceva quando usavo parole ‘grandi’, o sbaglio?”

L’agente  rise di gusto, mentre Lexa la osservava divertita.

“Sei particolare lo sai questo?” disse una volta smesso di ridere

“Mi conosci da meno di mezz’ora”

“E mi interessi già”

Lexa si girò per vedere bene il volto di Clarke

“Buono a sapersi Agente Griffin”

“Clarke”

Lexa non riuscì a fare altro che sorridere divertita

“Buono a sapersi Clarke


Alla fine, dopo tutti questi inconvenienti e pasticci uno dietro l'altro, Lexa ammise a se stessa che Il Giorno non è poi finito così male, anzi!
   
 
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