“So you find yourself at this subway | When your world in a bag
by your side”
Keira
Knightley. A
Step You Can’t Take Back
Sala prove
degli Shards, Shaftesbury Ave, Londra, 14 settembre
Ore 11:17 AM
Trent posò
la chitarra in terra, così da avere le mani libere per allacciarsi la sneaker
sinistra. I capelli gli si erano ormai asciugati dopo quel veloce acquazzone
che si era battuto sulla città un paio d’ore prima, sorprendendolo quando stava
raggiungendo la sala prove. Mentre il resto degli Shards attendeva che lui
finisse di sistemarsi, i ragazzi si tennero impegnati strimpellando tastiere,
batteria e cantando un po’. A breve avrebbero avuto un’altra apparizione in
radio e non volevano farsi trovare impreparati, soprattutto perché avrebbero
suonato diversi brani. Quel tipo di comparsate – alle radio, in qualche show
televisivo – erano il modo migliore per tenersi impegnati e far parlare di sé fra
una tournée e l’altra, o durante la lavorazione del disco nuovo, e in alcuni
casi erano più efficaci dei sociale network. Servivano ai fan per non
dimenticarsi dal fatto che loro ancora c’erano ed erano operativi. A forza di
venire chiamati ospiti in alcune stazioni radio, inoltre, era diventati amici
dei dj.
Trent riprese in mano la chitarra e si accodò all’improvvisazione
che i tre compagni stavano svolgendo. Durò solo qualche minuto. Ewan si
interruppe dicendo che aveva bisogno di bere e andò a recuperare una
bottiglietta d’acqua dal frigorifero della sala. Durante quel lasso di tempo
nessuno degli altri disse una parola. Si scambiarono solo diverse e rapide
occhiate cariche di un significato comprensibile esclusivamente a loro. Quando
Ewan tornò a guardarli gli fu chiaro che qualcosa non andava. Osservò prima
Chase, poi Chris e infine Trent e, nonostante quest’ultimo fosse all’apparenza
quello più imperscrutabile, fu proprio grazie a lui che il cantante capì che
stava succedendo qualcosa.
«Cosa?» domandò, sollevando le
sopracciglia in modo confuso.
Batterista e tastierista spostarono in
fretta lo sguardo sul chitarrista, quasi a dirgli che, visto che Ewan aveva
capito tutto guardandolo, doveva essere suo compito rimediare alla situazione.
Trent replicò con uno sbuffo, ben conscio del fatto che sarebbe toccato a lui
mettere in chiaro la faccenda – come la maggior parte delle volte, oltretutto.
«Ci stavamo chiedendo dove fosse Amelia»
disse infine. «E per quale motivo da due giorni non la vediamo più in giro.»
Lasciò la frase sospesa, nella speranza che Ewan spiegasse il resto in tempi
celeri. Chris e Chase avevano fatto una serie di supposizioni a riguardo, ma
Trent non si era detto d’accordo con nessuna di esse. L’unica cosa su cui
concordava era che fra il cantante e la ragazza doveva essere successo qualcosa
di grosso, forse proprio l’ultima sera in cui erano usciti insieme – anche se
il giorno successivo lui era di ottimo umore.
Tuttavia, in quel momento, a sentire la
domanda dell’amico, Ewan si irrigidì. Fu un gesto appena percepibile, ma venne
notato da tutti . La verità era che nemmeno lui sapeva dove fosse Amelia o,
meglio, non sapeva perché non fosse lì con loro. L’aveva invitata a prendere
parte a quelle prove, dopotutto, ma lei aveva rifiutato con i suoi modi
gentili, dicendo che era presa da una delle tavole di grafica a cui stava
lavorando. Erano due giorni che si sentivano e basta, due giorni fatti di
sporadici messaggi e telefonate a cui il più delle volte lei diceva di non aver
fatto in tempo a rispondere.
Il cantante non sapeva cosa fosse preso
d’improvviso alla ragazza. Aveva pensato di andare a trovarla, ma non aveva mai
assecondato quell’idea, preoccupato di dimostrarsi troppo indiscreto. Amelia si
era allontanata da lui con una rapidità inspiegabile ed era piuttosto certo che
c’entrasse quello che era successo – o non successo – nella sua auto la sera in
cui Chase li aveva interrotti per annunciare del secret show. Già la
mattina successiva, infatti, aveva notato che in lei c’era qualcosa di strano;
era più silenziosa, meno partecipe ed era letteralmente scappata
via quando si era presentata la possibilità di trascorrere del tempo sola
con gli Shards, e forse proprio perché c’era lui. Aveva pensato a cosa tutto
ciò potesse significare, ma nessuna conclusione degna di essere definita tale
gli era venuta in mente. Sentiva solo di aver detto o fatto qualcosa di
sbagliato. La sua prima frequentazione seria da mesi rischiava di andare
in pezzi e sapeva di dover fare il possibile per risolvere lui stesso la
situazione. Non voleva perdere Amelia, ormai aveva capito quanto quella ragazza
significasse. Solo che lei sembrava non essere dello stesso avviso ed era
questo ciò che complicava le cose. Non poteva costringerla a provare
sentimenti di tale portata verso i suoi confronti.
Il suo silenzio stava durando da un po’
troppi secondi, al punto che Chris si sentì in dovere di incalzarlo per avere
una risposta. «Beh?»
Ewan si riscosse. Prese una boccata d’aria,
si passò un mano fra i capelli, infine si strinse nelle spalle, tutti gesti che
evidenziavano il suo nervosismo e che i tre compagni sapevano
identificare. «Mi ha detto che lavorava alle grafiche. È molto concentrata
su queste, al momento» rispose infine, ma era chiaro, dal tono della sua
voce, che non credesse alle sue stesse parole. E nemmeno gli amici.
«Ma è successo qualcosa?» lo
incalzò Chase.
Il cantante si lasciò cadere sul divano,
scavando nella mente alla ricerca di possibili motivazioni per l’improvviso
comportamento di Amelia. Tuttavia, se c’erano, lui non riusciva a trovarle. La
mente delle donne sapeva essere davvero un intricato mistero. «Non credo.
No» rispose alla domanda. «Voglio dire, l’ultima volta che siamo
usciti, quando l’ho riaccompagnata a casa in macchina...beh, per farla breve,
ci stavamo baciando quando tu mi hai telefonato» disse in direzione di
Chase.
Quest’ultimo si sentì sotto
accusa. «Ehi, mi avevi detto che non ti stavo disturbando» cercò di
scusarsi, sebbene non ve ne fosse bisogno. Ewan non era arrabbiato con lui.
«A ogni modo,» riprese parola il
cantante, sollevando le mani per far intendere all’amico che era tutto a
posto, «era chiaro che se non fossimo stati interrotti le cose sarebbero
potute andare in un modo solo. Era evidente per me e penso proprio lo fosse
anche per lei.»
Si aspettò di vedere dei sorrisetti
eloquenti da parte dei tre – da Chris e Chase soprattutto – ma nessuno mutò
espressione. Forse anche loro sospettavano che qualcosa fra lui e Amelia si
fosse incrinato proprio in quel momento. Forse la ragazza si sentiva in
imbarazzo per quanto avvenuto con il cantante, ma Ewan non riusciva a
spiegarsene la ragione.
«Perciò non è successo niente?» volle
sapere Trent.
Ewan scosse la testa. «È cambiato qualcosa
dopo. L’atmosfera, qualcosa, non lo so. Non mi sembra di aver fatto nulla di
male dopotutto. Non l’ho di certo costretta ad avere un rapporto» sbuffò,
davvero incapace di capire quale fosse
il problema, dove tutto si fosse complicato.
Chase stava per esordire con una delle
sue abituali battute, ma l’occhiata incrociata di Chris e Trent gli fece capire
che quello non era né il momento, né il luogo. Il cantante era visibilmente
turbato per ciò che era accaduto con Amelia, alla fine lo capì anche il batterista.
«Io le donne davvero non le capisco»
sentenziò Chris, sovrappensiero.
«E se fosse il contrario? Se lei ora ti
stesse evitando perché non ti sei dato da fare?» azzardò Chase nel silenzio
generale. Tutti lo guardarono perplessi e lui si sentì in dovere di continuare:
«Magari era quello che voleva. Forse il fatto che, dopo che vi ho interrotti,
tutto sia finito in un nulla di fatto l’ha convinta di non piacerti e ora preferisce
stare lontana, forse per la vergogna.»
Per quanto paradossale, il ragionamento
del batterista pareva avere un senso.
«Ma è palese che mi piace» esclamò Ewan
dopo aver ripensato alle parole dell’amico.
Chase allargò le braccia, come a dire
che la sua era solo un’ipotesi, ma Trent intervenne: «Non darlo così per
scontato, Ewan. Non dimenticare che siamo il suo gruppo preferito e tu il suo
cantante preferito. Forse Chase ha davvero ragione, forse il fatto che tutto si
sia interrotto a causa di una telefonata l’ha mandata in crisi. C’è il caso che
Amelia non si senta alla tua altezza.»
«È ridicolo» mormorò il cantante.
«Non così tanto, dopotutto. Magari ora
potete considerarvi amici, ma rimane il fatto che tu continui a ricoprire un
ruolo ben più alto per lei e forse non riesce a ignorare la cosa.»
L’altro ripensò a quelle parole. Sapeva
che quanto detto da Trent – e anche da Chase, alla fine – aveva un senso, ma a
lui sembrava tutto così inspiegabile. Aveva sempre fatto del suo meglio nel
mostrarsi per ciò che era: il fatto che amasse strinarsi la lingua mangiando la
pizza quando questa era ancora bollente non era certo una cosa che raccontava
ai giornalisti. Tuttavia quanto detto dai suoi amici era vero; per Amelia lui
sarebbe sempre rimasto il cantante degli Shards, indipendentemente da quanto di
sé avesse mostrato. Il problema, però, rimaneva lo stesso: se lei non si
sentiva alla sua altezza, anche volendo, lui cosa avrebbe potuto fare? Non era
tipo da imporsi, né da andare contro le scelte di qualcuno solo per avere un
tornaconto personale. Si passò le mani sul volto, sbuffando.
«Sai cosa? C’è da dire che sei proprio
sfigato» Chris spezzò l’aria tesa che si stava respirando da diversi minuti e
lo fece con il suo personale stile irriverente. Lo disse perché sapeva di
poterlo fare e anche perché sapeva che il suo cantante aveva bisogno di
sentirsi dire qualcosa del genere.
Quest’ultimo, infatti, sollevò lo
sguardo sul tastierista, lo osservò per un breve momento, infine si mise a
ridere. «Quella ragazza è una maledizione» mugugnò poi. «Insomma, tutta questa
storia, avete presente? Prima il disegno che mi sono trovato in tasca,
poi Penelope, il concerto a
Glasgow. È tutto assurdo.»
«Considerando che stiamo parlando di te
non penso proprio» gli fece notare Chris, strappando un nuovo sorriso a Ewan. «Le
cose semplici non ti sono mai piaciute. In fin dei conti il motivo principale
per cui sei ancora single è il fatto che aspetti di innamorarti, prima. Non mi
dirai che questa è una cosa semplice?» proseguì, un sopracciglio severamente
inarcato.
«Tutta questa storia con Amelia sembra fatta
su misura per te. Bisogna solo capire se lo stesso vale per lei» aggiunse
Trent.
«Sorvola sul fatto che sia “palese che
ti piace”, per citare te e diglielo» disse Chase.
Il cantante guardò i tre, sentendosi
sotto un fuoco incrociato. Per quanto potesse sembrare strano si sentiva
rincuorato dalle loro parole perché sapeva che, dopotutto, potevano benissimo
avere ragione.
«D’accordo, d’accordo» si arrese infine.
«Vedrò di fare qualcosa.»
«Sì ma qualcosa di concreto» scattò
Chase, apparendo rinvigorito dall’evolversi dei fatti. «Se necessario prendila
e sba–»
«Ok. Ho capito» lo interruppe Ewan, balzando
in piedi. Sapeva già come si sarebbe conclusa quella frase. «Le parlerò, d’accordo.»
Trent si lasciò sfuggire uno dei suoi
sporadici sospiri. «Bene, ora che abbiamo chiarito questa cosa possiamo
riprendere con le prove?»
Gli altri tre acconsentirono e Chris e
Chase ne approfittarono per dare la colpa di quella momentanea interruzione al
loro cantante, il quale abbozzò un sorriso stringendosi nelle spalle. Si
sentiva meglio rispetto a prima e gli faceva sempre particolare piacere
constatare come i suoi amici fossero in grado di aiutarlo ogni volta. Gli era
stato insegnato di circondarsi delle persone giuste e non aveva dubbi riguardo
al fatto di essere riuscito in quell’intento.
Ricominciarono a suonare e anche la
musica fu d’aiuto a Ewan. Cantare lo liberava sempre dai pensieri più negativi,
sia che si trovasse sotto la doccia, nella sala prove o in qualunque altro
posto. Stavano provando da circa una quindicina di minuti quando Amelia
entrò nella sala prove. Si era fermata sulla soglia, preoccupata di disturbare
e Chase fu il primo a notarla. Smise di suonare e di conseguenza anche gli
altri, finché non capirono per quale ragione il loro batterista si fosse
interrotto.
Quando il cantante vide la ragazza non
poté trattenere un sorriso, ma si rese conto subito che c’era qualcosa che non
andava. Lei teneva il cappellino di Ewan con entrambe le mani e sembrava
nervosa. Nonostante il trucco accurato che si era stesa sul volto – il consueto
eyeliner e rossetto – il ragazzo fu in grado di notare che aveva gli occhi
gonfi, quasi non avesse chiuso occhio per tutta la notte. Tuttavia la cosa che
più attrasse la sua attenzione, scatenando in lui un moto di preoccupazione,
era il fatto che lei, accanto a sé, avesse la propria valigia. Quest’ultimo
elemento era stato notato da tutti i presenti e, quando gli Shards salutarono
la nuova arrivata, l’atmosfera nella sala prove si fece più tesa.
«Ciao ragazzi» rispose lei al saluto.
Iniziò subito a sentirsi più agitata e nervosa di quanto già non lo fosse stata
prima, sulla Tube, mentre raggiungeva quel luogo. Si rigirò una lunga ciocca di
capelli bruni fra le dita in cerca di sicurezza, ma le fu impossibile. Si
sentiva irrequieta e, in un certo senso, anche spaventata. Da due giorni non
riusciva più a dormire bene, né a concentrarsi adeguatamente sul lavoro e
sapeva a cosa era dovuto tutto ciò.
Il pensiero di Ewan non le dava tregua,
in particolare tutto quello che aveva compreso ormai tre giorni prima a Piccadilly Circus. Da quella mattina non era riuscita a
sentirsi meglio un solo giorno e aveva capito che l’unica cosa che avrebbe
potuto aiutarla era allontanarsi da tutto ciò che le provocava quell’angoscia,
anche se quello significava allontanarsi dagli Shards e da Ewan. Aveva cercato
invano di trovare la forza per rimanere a Londra, insieme a lui, ma non c’era
riuscita. Continuamente si chiedeva a che scopo restare, perché sperare che le
cose con lui sarebbero andate in modo differente da tutte le altre volte. Non
era riuscita a trovare nulla in grado di farla sentire adeguata a quel posto e,
soprattutto, a quel ragazzo e sentiva che la cosa giusta da fare era proprio
andare via e conservare quanto le era accaduto fino a quel momento come lo
splendido ricordo che, a breve, sarebbe diventato.
«Perché la
valigia?» Chase per primo diede voce al quesito che si stavano ponendo i membri
della band.
Lei sussultò,
nonostante avesse saputo che quella domanda le sarebbe stata rivolta. «Torno a
Glasgow» disse in un sussurro.
Ci fu un “Cosa?”
generale che provenne da tutti, Trent incluso.
«Come sarebbe
torni a Glasgow?» chiese Chris, improvvisamente infervorato. Non gli piaceva
quell’idea, neanche un po’ e non solo per quello che si erano appena detti con
Ewan: la compagnia di Amelia gli piaceva e non voleva saperne di vederla andare
via prima del tempo.
Il tastierista
la colse impreparata, soprattutto perché non pensava di sentirlo formulare una
domanda del genere. Si strinse nelle spalle con fare colpevole, incapace di
nascondere il gesto di mordersi le labbra prima di rispondere: «Mi dispiace
davvero, ragazzi. È solo che ho accettato la proroga prima di sapere come
stavano le cose. Ho un altro lavoro a Glasgow e ho dato fondo a tutte le mie
ferie per venire qui, solo che, beh, mi ha chiamata il mio capo ieri e...ha
detto che se non rientro mi licenzia. Non so se può farlo ma non voglio
rischiare.»
Mentiva. Mentiva
sapendo di farlo. Non c’era più alcun lavoro ad aspettarla in Scozia, non dopo
che aveva mandato al diavolo Susan McFarland e il suo
infernale negozio in Buchanan Street. Tuttavia non era riuscita a trovare altro
modo o, meglio, altra scusa, per allontanarsi da Londra senza che il reale
motivo si venisse a sapere. Il senso di colpa la stava già divorando, ma non
sapeva che altro fare. Rimanere a contatto con i ragazzi aveva d’improvviso
iniziato a provocarle dolore, al punto da non avere la forza di guardare negli
occhi Ewan.
«Non può farlo»
esclamò Chase. «E poi, anche se fosse, tu ormai sei una grafica, no? Qualunque
sia l’altro lavoro di cui parli, a meno che non sia per altre grafiche
importanti, può aspettare» tentò Chase, formulando quella frase senza neanche
pensare a quanto stava dicendo.
«No, non c’entra
con nessuna grafica» si sentì in dovere di precisare lei. «Solo che, una volta
terminato quanto sto facendo per voi, non avrei più un’entrata garantita. Ho
anch’io delle spese da sostenere, come tutti.»
«Vorrà dire che
ti troveremo noi una nuova commissione. I Seafret
stanno lavorando al disco nuovo, magari hanno bisogno di grafiche» proseguì
ostinato il batterista. Sembrava l’unico, in quel momento, capace di formulare
qualche proposta per convincere Amelia a rimanere, per quanto potessero
apparire campate in aria. Da un lato la ragazza era sollevata dal fatto che
Ewan non stesse aprendo bocca per cercare di dissuaderla dalla sua decisione,
separarsi da lui sarebbe stato meno doloroso; dall’altro lato, però, non poteva
fare a meno di essere delusa dalla cosa, dal suo silenzio. Se solo l’avesse
guardato in faccia, però, si sarebbe resa conto di quanto fosse sconvolto. Lui
sentiva che c’era dell’altro, che quella del lavoro non poteva essere la reale
motivazione che la stava spingendo ad andarsene. Avrebbe voluto chiederglielo
ma non sapeva come.
«Allora vuoi che
chiediamo ai Seafret di ingaggiarti?» insisté Chase,
che non aveva alcuna intenzione di arrendersi.
Amelia gli
sorrise. «Sei molto dolce, Chase. Ma credo che il problema rimarrebbe. Almeno
finché non sarò una grafica di professione nel vero senso del termine» disse,
stringendosi nelle spalle.
Il batterista
stava per tornare alla carica, ma fu preceduto dal tono austero di Trent: «E
per i nostri lavori?»
La sua domanda
suonava più come un’accusa di tradimento. Tuttavia la ragazza si era preparata
anche a questo. «Ho già parlato con Jacob» replicò calma. «Non mi mancano molti
lavori e gli invierò aggiornamenti costanti. In fin dei conti Edward voleva che
lavorassimo così fin da subito. Quella di farmi venire a Londra è stato uno
strappo alla regola.»
Lanciò un’occhiata
fugace in direzione del cantante. Durò per pochissimi istanti, ma sentì una
violenta morsa chiuderle lo stomaco. Doveva andarsene in fretta da lì. Prese
una lunga boccata d’aria e proseguì: «Sono passata per salutarvi. E per
ringraziarvi di cuore per l’opportunità che mi avete dato. È una specie di
sogno che si avvera» rise.
«Non sei
costretta ad andare via, troveremo un modo» intervenne Chris. «Magari non con i
Seafret però–» Amelia lo interruppe: «Sapete che vi
adoro?» chiese retorica con un sorriso. «Mi dispiace davvero andarmene, ma
devo. Prometto che appena avrò le ultime bozze pronte sarete i primi a cui le
farò vedere.»
«Quindi vai?»
domandò Chase.
Lei annuì con un
gesto del capo e batterista e tastierista le si avvicinarono, stringendola in
un abbraccio. Quando si separarono Amelia raggiunse Trent. Non sapeva con
esattezza come salutare il chitarrista e per sua fortuna fu lui a prendere l’iniziativa.
Le tese la mano e si scambiarono una semplice stretta, perfetta per un
cavaliere come Linton, pensò la ragazza.
Infine si voltò
verso Ewan. I due si guardarono e Amelia si sentì mancare. Lui era bellissimo e
ferito, così come lei, che si sentiva schiacciata dal dolore e dal senso di
colpa per la decisione che aveva preso. Tuttavia non aveva trovato un’alternativa.
Sentiva che non avrebbe mai potuto funzionare con Ewan, ci sarebbe sempre stato
qualcosa in grado di farla sentire inadatta, qualcosa che costantemente le avrebbe
ripetuto di tenersi pronta per il prossimo cuore spezzato, per l’ennesima
ferita pressoché impossibile da ricucire.
Gli tese il suo
cappellino e il ragazzo lo afferrò. A Ewan non venne niente di sensato da dire,
non una parola uscì dalla sua bocca. Era sconvolto per quanto la ragazza stava
facendo, al punto di non sapere come comportarsi. Non poteva costringerla a
rimanere, ma cosa dirle?
«Ci vediamo al
prossimo concerto allora» gli disse. Lui non replicò e in quel silenzio
surreale Amelia si avvicinò, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.
Dopodiché guardò i quattro un’ultima volta e sorrise loro: «Grazie ancora di
tutto, davvero» fece un cenno di saluto con la mano e si avviò con la sua
valigia.
Ewan non fu in
grado di fare nulla. Si trovava in uno strano stato emotivo, come se fosse
dentro una bolla, circondato da ovatta, sordo al resto del mondo. Poi, quando
anche il profumo di Amelia sparì dalla stanza, si ridestò nello stesso modo in
cui ci si può svegliare da un brutto sogno. Spalancò gli occhi, il cuore
accelerò il battito e il cappellino gli sfuggì di mano. Perché se ne andava?
Perché glielo aveva detto così? Perché?
Chase, Chris e
Trent lo stavano fissando, incapaci di dire parole che potessero in qualche
modo aiutare l’amico, ma il cantante sapeva che toccava a lui fare qualcosa,
che se avesse permesso ad Amelia di andarsene senza prima averle detto cosa
sentiva per lei avrebbe fatto il più grosso errore della sua vita.
Senza dire
niente scattò in direzione della porta, correndo lungo il corridoio che dava
sull’esterno. Individuò la ragazza, con la valigia al seguito, a pochi metri di
distanza, sul marciapiede della soleggiata Shaftesbury
Ave.
«Amelia. Aspetta.»
Sentendo il suo
nome pronunciato con la perfetta voce di Ewan, lei si bloccò, voltandosi verso
di lui. Il ragazzo la guardò per un momento; appariva sorpreso, sconvolto, gli
occhi blu sgranati e il fiato corto – e non certo a causa della corsa.
«Che ti prende?»
Amelia si sentì
pugnalata da quella domanda, così come dal tono con cui era stata formulata.
Fece del suo meglio per riuscire a guardare il cantante negli occhi mentre
rispondeva, tentando di fare il possibile per non cedere davanti al suo sguardo
che sembrava implorarla. «Ve l’ho detto. Insomma, il lavoro e tutta questa
storia...» lasciò cadere la frase, incapace di aggiungere altro. Un nodo le si
stava formando in gola e una fitta di paura e tristezza le serrò lo stomaco. Sarebbe
potuta crollare da un momento all’altro, sentiva di doversene andare al più
presto.
«Ok, d’accordo»
rispose Ewan a denti stretti. «E riguardo a noi, allora?»
La ragazza
spalancò gli occhi, il cuore variò il proprio ritmo. Che bel suono aveva quel “noi”,
così bello eppure così doloroso; perché Amelia sentiva che nessun “noi” sarebbe
potuto durare fra loro, non finché ci fosse stata lei. Prese ad agitare
nervosamente le dita intorno al manico della valigia, sperando con tutta se
stessa che lui non la notasse. Cercò qualcosa da dire ma non fu in grado di
aprire bocca e, davanti a quel silenzio, Ewan prese l’iniziativa. «Andiamo, lo
sai che mi piaci. Davvero c’è bisogno che te lo dica?»
Fu al suono di
quelle parole che Amelia distolse lo sguardo, incapace di continuare a guardare
Ewan. Dio, stava così male, ma non sapeva come comportarsi altrimenti. Non
riusciva più a rimanere lì, a Londra insieme a lui, sentiva che avrebbe solo
reso tutto più complicato per entrambi. Non poteva ignorare quella paura
viscerale che ormai da giorni l’aveva presa, che le impediva di immaginare un
futuro sereno insieme a quel ragazzo. Lo avrebbe solo ferito, ben più di quanto
stava già facendo. Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma non le uscì nulla.
Si sentiva orribile, avrebbe voluto scomparire, scivolare fra le persone che
scorrevano accanto a lei e andare via, lasciando al ragazzo il tempo e il
silenzio per comprendere che era meglio che le cose fra loro fossero andate a
quel modo, perché sentiva che lui avrebbe potuto capirlo.
Davanti al
silenzio protratto di Amelia, Ewan non fu più in grado di resistere. Non ce la
faceva a sopportare quella situazione, voleva solo che finisse,
indipendentemente da quanto avrebbe scoperto. Era chiaro che quello che la
ragazza gli aveva raccontato aveva più l’aspetto di una scusa che altro e anche
Amelia aveva ormai compreso che il cantante sapeva la verità.
Lui prese fiato,
pronto all’affondo finale. Voleva delle risposte, sebbene sapesse già che lo
avrebbero ferito. «Sii sincera con me: c’entra davvero il lavoro? O sono io?»
Amelia si sentì
cedere. Stava sempre peggio e la morsa allo stomaco si era stretta, violenta
come mai. Avrebbe voluto dirgli la verità, tutta, racchiudendola in quella
frase all’apparenza priva di significato che aveva portato alla fine di
centinaia di storie diverse: “non sei tu, sono io”. Tuttavia non le riuscì
neanche di dire quelle poche e insulse parole.
Tentò di farsi
forza, sperando di non sentire la voce morirle in gola. «Mi dispiace»
disse solo, dopodiché lanciò un’ultima, incerta, occhiata al cantante e si
allontanò.
Non lo sentì
avviarsi per raggiungerla, né chiamare il suo nome per fermarla e una parte di
sé quasi morì per quello. Avrebbe voluto fermarsi, guardarlo ancora una volta,
trovare una soluzione, ma non fece nulla. Si affrettò per raggiungere la Tube,
diretta verso Euston Station, dove avrebbe preso un
treno per Glasgow un paio d’ore più tardi con il biglietto che aveva prenotato
la notte precedente, quando ancora l’insonnia era stata la sua più intima
amica.
Mentre aspettava
la linea blu, in mezzo a una folla costante di persone in arrivo e in partenza,
Amelia non poté fare altro che pensare a quanto appena accaduto con Ewan, al
modo in cui lei se n’era andata, a come lui l’aveva guardata, supplicandola con
gli occhi di restare. Cercò di canticchiarsi in testa qualcosa, nella
vana speranza di alleggerire il proprio stato d’animo. L’unica canzone che le
venne in mente fu A Step You Can’t Take Back, di Keira Knightley, ma quella
canzone era nella colonna sonora di Begin Again, lo stesso film da cui Ewan aveva preso spunto
per la passeggiata notturna per Londra ascoltando la musica, la notte in cui si
erano baciati la prima volta. Quel ricordo fu come una lama nella carne viva
della ragazza.
Sembrava una
statua, immobile, lo sguardo basso, un nodo in gola soffocante. Si sentiva
atterrata, nient’altro, e consapevole di esserlo per sua stessa scelta. In casi
simili solo la musica sapeva come aiutarla e, in particolare, note e parole
degli Shards. Tuttavia, in quel momento, come avrebbe potuto il quartetto
londinese esserle d’aiuto quando solo il pensiero di loro era in grado di
acuire il suo dolore?