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Autore: MadAka    06/01/2019    2 recensioni
Tutto ha inizio con un disegno. Perché è proprio un disegno quello che si trova Ewan, cantante degli Shards, nella tasca dei pantaloni al termine di un concerto. Due figure ben rappresentate su carta, lui e una ragazza e nessun indizio per risalire all'autrice.
Contro ogni previsione, il pensiero di individuare chiunque gli abbia dedicato quel piccolo bozzetto si appropria di lui, portandolo a incontrare una persona che sentiva già di conoscere.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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So you find yourself at this subway  When your world in a bag by your side

Keira KnightleyA Step You Can’t Take Back

 

 

 

Sala prove degli Shards, Shaftesbury Ave, Londra, 14 settembre

Ore 11:17 AM

 

Trent posò la chitarra in terra, così da avere le mani libere per allacciarsi la sneaker sinistra. I capelli gli si erano ormai asciugati dopo quel veloce acquazzone che si era battuto sulla città un paio d’ore prima, sorprendendolo quando stava raggiungendo la sala prove. Mentre il resto degli Shards attendeva che lui finisse di sistemarsi, i ragazzi si tennero impegnati strimpellando tastiere, batteria e cantando un po’. A breve avrebbero avuto un’altra apparizione in radio e non volevano farsi trovare impreparati, soprattutto perché avrebbero suonato diversi brani. Quel tipo di comparsate – alle radio, in qualche show televisivo – erano il modo migliore per tenersi impegnati e far parlare di sé fra una tournée e l’altra, o durante la lavorazione del disco nuovo, e in alcuni casi erano più efficaci dei sociale network. Servivano ai fan per non dimenticarsi dal fatto che loro ancora c’erano ed erano operativi. A forza di venire chiamati ospiti in alcune stazioni radio, inoltre, era diventati amici dei dj.

Trent riprese in mano la chitarra e si accodò all’improvvisazione che i tre compagni stavano svolgendo. Durò solo qualche minuto. Ewan si interruppe dicendo che aveva bisogno di bere e andò a recuperare una bottiglietta d’acqua dal frigorifero della sala. Durante quel lasso di tempo nessuno degli altri disse una parola. Si scambiarono solo diverse e rapide occhiate cariche di un significato comprensibile esclusivamente a loro. Quando Ewan tornò a guardarli gli fu chiaro che qualcosa non andava. Osservò prima Chase, poi Chris e infine Trent e, nonostante quest’ultimo fosse all’apparenza quello più imperscrutabile, fu proprio grazie a lui che il cantante capì che stava succedendo qualcosa.

«Cosa?» domandò, sollevando le sopracciglia in modo confuso.

Batterista e tastierista spostarono in fretta lo sguardo sul chitarrista, quasi a dirgli che, visto che Ewan aveva capito tutto guardandolo, doveva essere suo compito rimediare alla situazione. Trent replicò con uno sbuffo, ben conscio del fatto che sarebbe toccato a lui mettere in chiaro la faccenda – come la maggior parte delle volte, oltretutto.

«Ci stavamo chiedendo dove fosse Amelia» disse infine. «E per quale motivo da due giorni non la vediamo più in giro.» Lasciò la frase sospesa, nella speranza che Ewan spiegasse il resto in tempi celeri. Chris e Chase avevano fatto una serie di supposizioni a riguardo, ma Trent non si era detto d’accordo con nessuna di esse. L’unica cosa su cui concordava era che fra il cantante e la ragazza doveva essere successo qualcosa di grosso, forse proprio l’ultima sera in cui erano usciti insieme – anche se il giorno successivo lui era di ottimo umore.

Tuttavia, in quel momento, a sentire la domanda dell’amico, Ewan si irrigidì. Fu un gesto appena percepibile, ma venne notato da tutti . La verità era che nemmeno lui sapeva dove fosse Amelia o, meglio, non sapeva perché non fosse lì con loro. L’aveva invitata a prendere parte a quelle prove, dopotutto, ma lei aveva rifiutato con i suoi modi gentili, dicendo che era presa da una delle tavole di grafica a cui stava lavorando. Erano due giorni che si sentivano e basta, due giorni fatti di sporadici messaggi e telefonate a cui il più delle volte lei diceva di non aver fatto in tempo a rispondere.

Il cantante non sapeva cosa fosse preso d’improvviso alla ragazza. Aveva pensato di andare a trovarla, ma non aveva mai assecondato quell’idea, preoccupato di dimostrarsi troppo indiscreto. Amelia si era allontanata da lui con una rapidità inspiegabile ed era piuttosto certo che c’entrasse quello che era successo – o non successo – nella sua auto la sera in cui Chase li aveva interrotti per annunciare del secret show. Già la mattina successiva, infatti, aveva notato che in lei c’era qualcosa di strano; era più silenziosa, meno partecipe ed era letteralmente scappata via quando si era presentata la possibilità di trascorrere del tempo sola con gli Shards, e forse proprio perché c’era lui. Aveva pensato a cosa tutto ciò potesse significare, ma nessuna conclusione degna di essere definita tale gli era venuta in mente. Sentiva solo di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. La sua prima frequentazione seria da mesi rischiava di andare in pezzi e sapeva di dover fare il possibile per risolvere lui stesso la situazione. Non voleva perdere Amelia, ormai aveva capito quanto quella ragazza significasse. Solo che lei sembrava non essere dello stesso avviso ed era questo ciò che complicava le cose. Non poteva costringerla a provare sentimenti di tale portata verso i suoi confronti.

Il suo silenzio stava durando da un po’ troppi secondi, al punto che Chris si sentì in dovere di incalzarlo per avere una risposta. «Beh?»

Ewan si riscosse. Prese una boccata d’aria, si passò un mano fra i capelli, infine si strinse nelle spalle, tutti gesti che evidenziavano il suo nervosismo e che i tre compagni sapevano identificare. «Mi ha detto che lavorava alle grafiche. È molto concentrata su queste, al momento» rispose infine, ma era chiaro, dal tono della sua voce, che non credesse alle sue stesse parole. E nemmeno gli amici.

«Ma è successo qualcosa?» lo incalzò Chase.

Il cantante si lasciò cadere sul divano, scavando nella mente alla ricerca di possibili motivazioni per l’improvviso comportamento di Amelia. Tuttavia, se c’erano, lui non riusciva a trovarle. La mente delle donne sapeva essere davvero un intricato mistero. «Non credo. No» rispose alla domanda. «Voglio dire, l’ultima volta che siamo usciti, quando l’ho riaccompagnata a casa in macchina...beh, per farla breve, ci stavamo baciando quando tu mi hai telefonato» disse in direzione di Chase.

Quest’ultimo si sentì sotto accusa. «Ehi, mi avevi detto che non ti stavo disturbando» cercò di scusarsi, sebbene non ve ne fosse bisogno. Ewan non era arrabbiato con lui.

«A ogni modo,» riprese parola il cantante, sollevando le mani per far intendere all’amico che era tutto a posto, «era chiaro che se non fossimo stati interrotti le cose sarebbero potute andare in un modo solo. Era evidente per me e penso proprio lo fosse anche per lei.»

Si aspettò di vedere dei sorrisetti eloquenti da parte dei tre – da Chris e Chase soprattutto – ma nessuno mutò espressione. Forse anche loro sospettavano che qualcosa fra lui e Amelia si fosse incrinato proprio in quel momento. Forse la ragazza si sentiva in imbarazzo per quanto avvenuto con il cantante, ma Ewan non riusciva a spiegarsene la ragione.

«Perciò non è successo niente?» volle sapere Trent.

Ewan scosse la testa. «È cambiato qualcosa dopo. L’atmosfera, qualcosa, non lo so. Non mi sembra di aver fatto nulla di male dopotutto. Non l’ho di certo costretta ad avere un rapporto» sbuffò, davvero incapace di capire quale fosse il problema, dove tutto si fosse complicato.

Chase stava per esordire con una delle sue abituali battute, ma l’occhiata incrociata di Chris e Trent gli fece capire che quello non era né il momento, né il luogo. Il cantante era visibilmente turbato per ciò che era accaduto con Amelia, alla fine lo capì anche il batterista.

«Io le donne davvero non le capisco» sentenziò Chris, sovrappensiero.

«E se fosse il contrario? Se lei ora ti stesse evitando perché non ti sei dato da fare?» azzardò Chase nel silenzio generale. Tutti lo guardarono perplessi e lui si sentì in dovere di continuare: «Magari era quello che voleva. Forse il fatto che, dopo che vi ho interrotti, tutto sia finito in un nulla di fatto l’ha convinta di non piacerti e ora preferisce stare lontana, forse per la vergogna.»

Per quanto paradossale, il ragionamento del batterista pareva avere un senso.

«Ma è palese che mi piace» esclamò Ewan dopo aver ripensato alle parole dell’amico.

Chase allargò le braccia, come a dire che la sua era solo un’ipotesi, ma Trent intervenne: «Non darlo così per scontato, Ewan. Non dimenticare che siamo il suo gruppo preferito e tu il suo cantante preferito. Forse Chase ha davvero ragione, forse il fatto che tutto si sia interrotto a causa di una telefonata l’ha mandata in crisi. C’è il caso che Amelia non si senta alla tua altezza.»

«È ridicolo» mormorò il cantante.

«Non così tanto, dopotutto. Magari ora potete considerarvi amici, ma rimane il fatto che tu continui a ricoprire un ruolo ben più alto per lei e forse non riesce a ignorare la cosa.»

L’altro ripensò a quelle parole. Sapeva che quanto detto da Trent – e anche da Chase, alla fine – aveva un senso, ma a lui sembrava tutto così inspiegabile. Aveva sempre fatto del suo meglio nel mostrarsi per ciò che era: il fatto che amasse strinarsi la lingua mangiando la pizza quando questa era ancora bollente non era certo una cosa che raccontava ai giornalisti. Tuttavia quanto detto dai suoi amici era vero; per Amelia lui sarebbe sempre rimasto il cantante degli Shards, indipendentemente da quanto di sé avesse mostrato. Il problema, però, rimaneva lo stesso: se lei non si sentiva alla sua altezza, anche volendo, lui cosa avrebbe potuto fare? Non era tipo da imporsi, né da andare contro le scelte di qualcuno solo per avere un tornaconto personale. Si passò le mani sul volto, sbuffando.

«Sai cosa? C’è da dire che sei proprio sfigato» Chris spezzò l’aria tesa che si stava respirando da diversi minuti e lo fece con il suo personale stile irriverente. Lo disse perché sapeva di poterlo fare e anche perché sapeva che il suo cantante aveva bisogno di sentirsi dire qualcosa del genere.

Quest’ultimo, infatti, sollevò lo sguardo sul tastierista, lo osservò per un breve momento, infine si mise a ridere. «Quella ragazza è una maledizione» mugugnò poi. «Insomma, tutta questa storia, avete presente? Prima il disegno che mi sono trovato in tasca, poi Penelope, il concerto a Glasgow. È tutto assurdo.»

«Considerando che stiamo parlando di te non penso proprio» gli fece notare Chris, strappando un nuovo sorriso a Ewan. «Le cose semplici non ti sono mai piaciute. In fin dei conti il motivo principale per cui sei ancora single è il fatto che aspetti di innamorarti, prima. Non mi dirai che questa è una cosa semplice?» proseguì, un sopracciglio severamente inarcato.

«Tutta questa storia con Amelia sembra fatta su misura per te. Bisogna solo capire se lo stesso vale per lei» aggiunse Trent.

«Sorvola sul fatto che sia “palese che ti piace”, per citare te e diglielo» disse Chase.

Il cantante guardò i tre, sentendosi sotto un fuoco incrociato. Per quanto potesse sembrare strano si sentiva rincuorato dalle loro parole perché sapeva che, dopotutto, potevano benissimo avere ragione.

«D’accordo, d’accordo» si arrese infine. «Vedrò di fare qualcosa.»

«Sì ma qualcosa di concreto» scattò Chase, apparendo rinvigorito dall’evolversi dei fatti. «Se necessario prendila e sba–»

«Ok. Ho capito» lo interruppe Ewan, balzando in piedi. Sapeva già come si sarebbe conclusa quella frase. «Le parlerò, d’accordo.»

Trent si lasciò sfuggire uno dei suoi sporadici sospiri. «Bene, ora che abbiamo chiarito questa cosa possiamo riprendere con le prove?»

Gli altri tre acconsentirono e Chris e Chase ne approfittarono per dare la colpa di quella momentanea interruzione al loro cantante, il quale abbozzò un sorriso stringendosi nelle spalle. Si sentiva meglio rispetto a prima e gli faceva sempre particolare piacere constatare come i suoi amici fossero in grado di aiutarlo ogni volta. Gli era stato insegnato di circondarsi delle persone giuste e non aveva dubbi riguardo al fatto di essere riuscito in quell’intento.

Ricominciarono a suonare e anche la musica fu d’aiuto a Ewan. Cantare lo liberava sempre dai pensieri più negativi, sia che si trovasse sotto la doccia, nella sala prove o in qualunque altro posto. Stavano provando da circa una quindicina di minuti quando Amelia entrò nella sala prove. Si era fermata sulla soglia, preoccupata di disturbare e Chase fu il primo a notarla. Smise di suonare e di conseguenza anche gli altri, finché non capirono per quale ragione il loro batterista si fosse interrotto.

Quando il cantante vide la ragazza non poté trattenere un sorriso, ma si rese conto subito che c’era qualcosa che non andava. Lei teneva il cappellino di Ewan con entrambe le mani e sembrava nervosa. Nonostante il trucco accurato che si era stesa sul volto – il consueto eyeliner e rossetto – il ragazzo fu in grado di notare che aveva gli occhi gonfi, quasi non avesse chiuso occhio per tutta la notte. Tuttavia la cosa che più attrasse la sua attenzione, scatenando in lui un moto di preoccupazione, era il fatto che lei, accanto a sé, avesse la propria valigia. Quest’ultimo elemento era stato notato da tutti i presenti e, quando gli Shards salutarono la nuova arrivata, l’atmosfera nella sala prove si fece più tesa.

«Ciao ragazzi» rispose lei al saluto. Iniziò subito a sentirsi più agitata e nervosa di quanto già non lo fosse stata prima, sulla Tube, mentre raggiungeva quel luogo. Si rigirò una lunga ciocca di capelli bruni fra le dita in cerca di sicurezza, ma le fu impossibile. Si sentiva irrequieta e, in un certo senso, anche spaventata. Da due giorni non riusciva più a dormire bene, né a concentrarsi adeguatamente sul lavoro e sapeva a cosa era dovuto tutto ciò.

Il pensiero di Ewan non le dava tregua, in particolare tutto quello che aveva compreso ormai tre giorni prima a Piccadilly Circus. Da quella mattina non era riuscita a sentirsi meglio un solo giorno e aveva capito che l’unica cosa che avrebbe potuto aiutarla era allontanarsi da tutto ciò che le provocava quell’angoscia, anche se quello significava allontanarsi dagli Shards e da Ewan. Aveva cercato invano di trovare la forza per rimanere a Londra, insieme a lui, ma non c’era riuscita. Continuamente si chiedeva a che scopo restare, perché sperare che le cose con lui sarebbero andate in modo differente da tutte le altre volte. Non era riuscita a trovare nulla in grado di farla sentire adeguata a quel posto e, soprattutto, a quel ragazzo e sentiva che la cosa giusta da fare era proprio andare via e conservare quanto le era accaduto fino a quel momento come lo splendido ricordo che, a breve, sarebbe diventato.

«Perché la valigia?» Chase per primo diede voce al quesito che si stavano ponendo i membri della band.

Lei sussultò, nonostante avesse saputo che quella domanda le sarebbe stata rivolta. «Torno a Glasgow» disse in un sussurro.

Ci fu un “Cosa?” generale che provenne da tutti, Trent incluso.

«Come sarebbe torni a Glasgow?» chiese Chris, improvvisamente infervorato. Non gli piaceva quell’idea, neanche un po’ e non solo per quello che si erano appena detti con Ewan: la compagnia di Amelia gli piaceva e non voleva saperne di vederla andare via prima del tempo.

Il tastierista la colse impreparata, soprattutto perché non pensava di sentirlo formulare una domanda del genere. Si strinse nelle spalle con fare colpevole, incapace di nascondere il gesto di mordersi le labbra prima di rispondere: «Mi dispiace davvero, ragazzi. È solo che ho accettato la proroga prima di sapere come stavano le cose. Ho un altro lavoro a Glasgow e ho dato fondo a tutte le mie ferie per venire qui, solo che, beh, mi ha chiamata il mio capo ieri e...ha detto che se non rientro mi licenzia. Non so se può farlo ma non voglio rischiare.»

Mentiva. Mentiva sapendo di farlo. Non c’era più alcun lavoro ad aspettarla in Scozia, non dopo che aveva mandato al diavolo Susan McFarland e il suo infernale negozio in Buchanan Street. Tuttavia non era riuscita a trovare altro modo o, meglio, altra scusa, per allontanarsi da Londra senza che il reale motivo si venisse a sapere. Il senso di colpa la stava già divorando, ma non sapeva che altro fare. Rimanere a contatto con i ragazzi aveva d’improvviso iniziato a provocarle dolore, al punto da non avere la forza di guardare negli occhi Ewan.

«Non può farlo» esclamò Chase. «E poi, anche se fosse, tu ormai sei una grafica, no? Qualunque sia l’altro lavoro di cui parli, a meno che non sia per altre grafiche importanti, può aspettare» tentò Chase, formulando quella frase senza neanche pensare a quanto stava dicendo.

«No, non c’entra con nessuna grafica» si sentì in dovere di precisare lei. «Solo che, una volta terminato quanto sto facendo per voi, non avrei più un’entrata garantita. Ho anch’io delle spese da sostenere, come tutti.»

«Vorrà dire che ti troveremo noi una nuova commissione. I Seafret stanno lavorando al disco nuovo, magari hanno bisogno di grafiche» proseguì ostinato il batterista. Sembrava l’unico, in quel momento, capace di formulare qualche proposta per convincere Amelia a rimanere, per quanto potessero apparire campate in aria. Da un lato la ragazza era sollevata dal fatto che Ewan non stesse aprendo bocca per cercare di dissuaderla dalla sua decisione, separarsi da lui sarebbe stato meno doloroso; dall’altro lato, però, non poteva fare a meno di essere delusa dalla cosa, dal suo silenzio. Se solo l’avesse guardato in faccia, però, si sarebbe resa conto di quanto fosse sconvolto. Lui sentiva che c’era dell’altro, che quella del lavoro non poteva essere la reale motivazione che la stava spingendo ad andarsene. Avrebbe voluto chiederglielo ma non sapeva come.

«Allora vuoi che chiediamo ai Seafret di ingaggiarti?» insisté Chase, che non aveva alcuna intenzione di arrendersi.

Amelia gli sorrise. «Sei molto dolce, Chase. Ma credo che il problema rimarrebbe. Almeno finché non sarò una grafica di professione nel vero senso del termine» disse, stringendosi nelle spalle.

Il batterista stava per tornare alla carica, ma fu preceduto dal tono austero di Trent: «E per i nostri lavori?»

La sua domanda suonava più come un’accusa di tradimento. Tuttavia la ragazza si era preparata anche a questo. «Ho già parlato con Jacob» replicò calma. «Non mi mancano molti lavori e gli invierò aggiornamenti costanti. In fin dei conti Edward voleva che lavorassimo così fin da subito. Quella di farmi venire a Londra è stato uno strappo alla regola.»

Lanciò un’occhiata fugace in direzione del cantante. Durò per pochissimi istanti, ma sentì una violenta morsa chiuderle lo stomaco. Doveva andarsene in fretta da lì. Prese una lunga boccata d’aria e proseguì: «Sono passata per salutarvi. E per ringraziarvi di cuore per l’opportunità che mi avete dato. È una specie di sogno che si avvera» rise.

«Non sei costretta ad andare via, troveremo un modo» intervenne Chris. «Magari non con i Seafret però–» Amelia lo interruppe: «Sapete che vi adoro?» chiese retorica con un sorriso. «Mi dispiace davvero andarmene, ma devo. Prometto che appena avrò le ultime bozze pronte sarete i primi a cui le farò vedere.»

«Quindi vai?» domandò Chase.

Lei annuì con un gesto del capo e batterista e tastierista le si avvicinarono, stringendola in un abbraccio. Quando si separarono Amelia raggiunse Trent. Non sapeva con esattezza come salutare il chitarrista e per sua fortuna fu lui a prendere l’iniziativa. Le tese la mano e si scambiarono una semplice stretta, perfetta per un cavaliere come Linton, pensò la ragazza.

Infine si voltò verso Ewan. I due si guardarono e Amelia si sentì mancare. Lui era bellissimo e ferito, così come lei, che si sentiva schiacciata dal dolore e dal senso di colpa per la decisione che aveva preso. Tuttavia non aveva trovato un’alternativa. Sentiva che non avrebbe mai potuto funzionare con Ewan, ci sarebbe sempre stato qualcosa in grado di farla sentire inadatta, qualcosa che costantemente le avrebbe ripetuto di tenersi pronta per il prossimo cuore spezzato, per l’ennesima ferita pressoché impossibile da ricucire.

Gli tese il suo cappellino e il ragazzo lo afferrò. A Ewan non venne niente di sensato da dire, non una parola uscì dalla sua bocca. Era sconvolto per quanto la ragazza stava facendo, al punto di non sapere come comportarsi. Non poteva costringerla a rimanere, ma cosa dirle?

«Ci vediamo al prossimo concerto allora» gli disse. Lui non replicò e in quel silenzio surreale Amelia si avvicinò, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia. Dopodiché guardò i quattro un’ultima volta e sorrise loro: «Grazie ancora di tutto, davvero» fece un cenno di saluto con la mano e si avviò con la sua valigia.

Ewan non fu in grado di fare nulla. Si trovava in uno strano stato emotivo, come se fosse dentro una bolla, circondato da ovatta, sordo al resto del mondo. Poi, quando anche il profumo di Amelia sparì dalla stanza, si ridestò nello stesso modo in cui ci si può svegliare da un brutto sogno. Spalancò gli occhi, il cuore accelerò il battito e il cappellino gli sfuggì di mano. Perché se ne andava? Perché glielo aveva detto così? Perché?

Chase, Chris e Trent lo stavano fissando, incapaci di dire parole che potessero in qualche modo aiutare l’amico, ma il cantante sapeva che toccava a lui fare qualcosa, che se avesse permesso ad Amelia di andarsene senza prima averle detto cosa sentiva per lei avrebbe fatto il più grosso errore della sua vita. 

Senza dire niente scattò in direzione della porta, correndo lungo il corridoio che dava sull’esterno. Individuò la ragazza, con la valigia al seguito, a pochi metri di distanza, sul marciapiede della soleggiata Shaftesbury Ave.

«Amelia. Aspetta.»

Sentendo il suo nome pronunciato con la perfetta voce di Ewan, lei si bloccò, voltandosi verso di lui. Il ragazzo la guardò per un momento; appariva sorpreso, sconvolto, gli occhi blu sgranati e il fiato corto – e non certo a causa della corsa.

«Che ti prende?»

Amelia si sentì pugnalata da quella domanda, così come dal tono con cui era stata formulata. Fece del suo meglio per riuscire a guardare il cantante negli occhi mentre rispondeva, tentando di fare il possibile per non cedere davanti al suo sguardo che sembrava implorarla. «Ve l’ho detto. Insomma, il lavoro e tutta questa storia...» lasciò cadere la frase, incapace di aggiungere altro. Un nodo le si stava formando in gola e una fitta di paura e tristezza le serrò lo stomaco. Sarebbe potuta crollare da un momento all’altro, sentiva di doversene andare al più presto.

«Ok, d’accordo» rispose Ewan a denti stretti. «E riguardo a noi, allora?»

La ragazza spalancò gli occhi, il cuore variò il proprio ritmo. Che bel suono aveva quel “noi”, così bello eppure così doloroso; perché Amelia sentiva che nessun “noi” sarebbe potuto durare fra loro, non finché ci fosse stata lei. Prese ad agitare nervosamente le dita intorno al manico della valigia, sperando con tutta se stessa che lui non la notasse. Cercò qualcosa da dire ma non fu in grado di aprire bocca e, davanti a quel silenzio, Ewan prese l’iniziativa. «Andiamo, lo sai che mi piaci. Davvero c’è bisogno che te lo dica?»

Fu al suono di quelle parole che Amelia distolse lo sguardo, incapace di continuare a guardare Ewan. Dio, stava così male, ma non sapeva come comportarsi altrimenti. Non riusciva più a rimanere lì, a Londra insieme a lui, sentiva che avrebbe solo reso tutto più complicato per entrambi. Non poteva ignorare quella paura viscerale che ormai da giorni l’aveva presa, che le impediva di immaginare un futuro sereno insieme a quel ragazzo. Lo avrebbe solo ferito, ben più di quanto stava già facendo. Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma non le uscì nulla. Si sentiva orribile, avrebbe voluto scomparire, scivolare fra le persone che scorrevano accanto a lei e andare via, lasciando al ragazzo il tempo e il silenzio per comprendere che era meglio che le cose fra loro fossero andate a quel modo, perché sentiva che lui avrebbe potuto capirlo.

Davanti al silenzio protratto di Amelia, Ewan non fu più in grado di resistere. Non ce la faceva a sopportare quella situazione, voleva solo che finisse, indipendentemente da quanto avrebbe scoperto. Era chiaro che quello che la ragazza gli aveva raccontato aveva più l’aspetto di una scusa che altro e anche Amelia aveva ormai compreso che il cantante sapeva la verità. 

Lui prese fiato, pronto all’affondo finale. Voleva delle risposte, sebbene sapesse già che lo avrebbero ferito. «Sii sincera con me: c’entra davvero il lavoro? O sono io?»

Amelia si sentì cedere. Stava sempre peggio e la morsa allo stomaco si era stretta, violenta come mai. Avrebbe voluto dirgli la verità, tutta, racchiudendola in quella frase all’apparenza priva di significato che aveva portato alla fine di centinaia di storie diverse: “non sei tu, sono io”. Tuttavia non le riuscì neanche di dire quelle poche e insulse parole.

Tentò di farsi forza, sperando di non sentire la  voce morirle in gola. «Mi dispiace» disse solo, dopodiché lanciò un’ultima, incerta, occhiata al cantante e si allontanò.

Non lo sentì avviarsi per raggiungerla, né chiamare il suo nome per fermarla e una parte di sé quasi morì per quello. Avrebbe voluto fermarsi, guardarlo ancora una volta, trovare una soluzione, ma non fece nulla. Si affrettò per raggiungere la Tube, diretta verso Euston Station, dove avrebbe preso un treno per Glasgow un paio d’ore più tardi con il biglietto che aveva prenotato la notte precedente, quando ancora l’insonnia era stata la sua più intima amica. 

Mentre aspettava la linea blu, in mezzo a una folla costante di persone in arrivo e in partenza, Amelia non poté fare altro che pensare a quanto appena accaduto con Ewan, al modo in cui lei se n’era andata, a come lui l’aveva guardata, supplicandola con  gli occhi di restare. Cercò di canticchiarsi in testa qualcosa, nella vana speranza di alleggerire il proprio stato d’animo. L’unica canzone che le venne in mente fu A Step You Can’t Take Back, di Keira Knightley, ma quella canzone era nella colonna sonora di Begin Again, lo stesso film da cui Ewan aveva preso spunto per la passeggiata notturna per Londra ascoltando la musica, la notte in cui si erano baciati la prima volta. Quel ricordo fu come una lama nella carne viva della ragazza.

Sembrava una statua, immobile, lo sguardo basso, un nodo in gola soffocante. Si sentiva atterrata, nient’altro, e consapevole di esserlo per sua stessa scelta. In casi simili solo la musica sapeva come aiutarla e, in particolare, note e parole degli Shards. Tuttavia, in quel momento, come avrebbe potuto il quartetto londinese esserle d’aiuto quando solo il pensiero di loro era in grado di acuire il suo dolore?

 

  
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