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Autore: thewickedwitch    06/01/2019    2 recensioni
Un breve sogno di Natale, in una cittadina chiamata Storybrooke.
Una ventata di novità in una famiglia, che nei preparativi di quel Natale rafforza la sua unione.
Due cuori che si scaldano, nel freddo di una neve sottile.
Perchè in fondo, tutto quello che ognuno di noi desidera per Natale, è qualcuno con cui passarlo.
SwanQueen ambientata in una mia versione della 3b, accompagnata dai versi della canzone "All I want for Christmas is you"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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// Un paio di note prima di iniziare...  
Questa storia nasce per un prompt del gruppo facebook "Maybe I need you", è infatti basata su un'immagine, creata da BlueHeart, che trovate sul gruppo. Se anche l'immagine non rispecchia l'intera storia, la riconoscerete sicuramente in uno dei momenti per me più piacevoli ed emozionanti da scrivere. Se non fosse stato per quest immagine il momento non ci sarebbe neanche stato quindi non posso che ringraziare BlueHeart per il suo stupendo lavoro.
La storia è ambientata nella 3b, dopo l'anno a New York di Henry ed Emma, ma senza la presenza di Robin ne di Uncino. Infatti, il passato non è più di tanto importante per lo sviluppo della storia. 
Segue la canzone "All I want for Christmas is you", e nello specifico sono stata molto ispirata dalla versione di Michael Bublè di questa. 
Non vi rubo ulteriore tempo, essendo la storia già lunga di sè, e mi scuso per averla potuta pubblicare solo ormai a feste fatte.
Spero possiate gradirla ugualmente.
Buona lettura.



I don't want a lot for Christmas
There's just one thing I need
I don't care about the presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
You know that all I want for Christmas, is you...
 
1 Dicembre
 
Aveva aspettato tanto quel giorno, e quando giunse, nel calore lieve dei raggi del sole sporchi del biancore del primo cielo di Dicembre, che gli sfiorarono le palpebre invitandole gentilmente ad aprirsi, non potè evitare di percepire quella leggera scarica di adrenalina, quella tensione diffusa, carica di aspettativa, che illuminò i suoi occhi di bambino, portandolo alla veglia più rapidamente di quanto non accadesse di solito.
Gli parve di vederla riflessa, quella felicità, nel luminoso cielo invernale dietro la finestra dalle tende scostate, primo oggetto del suo sguardo.
Gli sembrava denso, con i suoi deboli aloni grigi a malapena distinguibili nella distesa di bianco, e questo poteva significare solo una cosa: neve imminente!
Il sorriso già presente sul suo viso si allargò.
Amava la neve, ed il suo arrivare puntuale ogni anno ai primi di Dicembre, che gli riempiva il cuore della consapevolezza che, finalmente, era Natale.
Fu per questo che una spiacevole ondata di delusione spense quel sorriso per un momento , quando, poggiando la fronte al freddo vetro, non trovò altro che la solita vista, la sua solita città, priva della benchè minima traccia di bianco.
Liberò un piccolo sospiro: probabilmente, per quell'anno, avrebbe dovuto aspettare.
Ma non si lasciò scoraggiare: nulla poteva ne doveva smorzare il suo entusiasmo, perchè, neve o no, il Natale era alle porte.
Lo sentiva,nell'aria frizzante che lo investì, facendolo rabbrividire, quando spalancò la finestra, nel leggero profumo di pan di zenzero che essa portava con se, e lo vedeva sui volti dei cittadini che, allegri come non mai, attraversavano la strada.
Chiuse gli occhi, recuperando il sorriso, e restò a godere ancora per un secondo di quella ventata di fresco, prima che essa lo facesse nuovamente rabbrividire attraverso la stoffa del pigiama, a quanto pareva non abbastanza pesante da bloccarla. Chiuse la finestra in fretta: ammalarsi era una cosa che gli riusciva piuttosto facilmente, e non intendeva assolutamente passare i giorni prima del Natale nel letto. Sopratutto, non quando il Natale sarebbe stato così importante, come quell'anno.
Gioì interiormente all'idea, come orami gli capitava di fare ogni qual volta essa sfiorasse le sensibili redini della sua fantasia: quell'anno, per la prima volta, avrebbe davvero passato il Natale con la sua famiglia al completo.
E ne era felice, tanto felice, perchè in fondo era quello che aveva sempre desiderato e che, finalmente, era riuscito ad ottenere.
Si riscosse dai suoi pensieri e, impaziente, spalancò la porta che dava sul corridoio. Istantaneamente un dolce aroma di cioccolato lo investì. Si fermò a goderne solo per un secondo, inspirandolo ad occhi chiusi, per poi lanciarsi giù per le scale.
Un tempo la sua mamma si sarebbe arrabbiata moltissimo vedendoglielo fare, ma ora non era più così.
Era cambiata la sua mamma, e molto. Iniziava solo ora, dopo un anno di distanza da lei, a riconoscere l'amore che era nel suo sguardo anche durante una di quelle sgridate. Un amore che continuava a vedere nei suoi sguardi, ma non più misto ad autorità o rabbia, ma misto alla paura, un timore che quasi non riusciva a comprendere. Eppure non si era arrabbiata con lui neppure una volta, da quando era tornato da New York. Se anche a volte gli pareva sul punto di farlo, la vedeva poi chinare lo sguardo, quella paura che dilagava nei suoi occhi, e restare in silenzio. E questo, per quanto da una parte gli facesse piacere, dall'altra gli dava una lieve sensazione di disagio.
Era stato lui a chiedere di tornare ad abitare con lei, almeno per un po', da quando si erano ritrovati, lei non si sarebbe mai permessa, ma l'aveva vista sul suo viso, la mancanza di lui che aveva provato per tutto quel tempo, che vi aveva lasciato su una traccia quasi indelebile.
Voleva bene alla sua mamma, ora lo sapeva, e non voleva vederla così. E dopotutto, vivere con lei  non gli pesava più come un tempo.
Si fermò alla base delle scale e la vide in cucina, ad affaccendarsi tra i fornelli, preparandogli con pazienza una deliziosa colazione, come aveva sempre fatto. Le pareva piccola da lontano, la sua mamma, sola, in quella cucina troppo grande per una sola persona, e si sentì muovere il cuore dall'affetto. Lui voleva il meglio, voleva il meglio per tutti, lei compresa, e giurò a se stesso che non sarebbe stato più così, lei non sarebbe mai più stata sola. Era una sua responsabilità, ma sopratutto, sentiva che qualcosa sarebbe cambiato, quel Natale, che una ventata di novità era proprio dietro la porta, e lui avrebbe fatto tutto il possibile per accoglierla.
Per questo corse da lei e la abbracciò, senza dire una parola. La sentì sobbalzare per la sorpresa e girarsi verso di lui:
"Henry, che cosa..."
Un'altra frase lasciata a metà, come fin troppe volte accadeva. La strinse più forte.
Lei restò in silenzio mentre un dolce sorriso nasceva sul suo volto, e si affrettò a ricambiare l'abbraccio, stringendo il suo bambino come se dovesse scapparle da un momento all'altro.
"Buongiorno tesoro"
E per quanto lo odiasse sentì gli occhi inumidirsi e le parole prossime a spezzarsi .
Si trattava solo di un abbraccio, nulla di poi così speciale, ma era uno di quelli veri, sinceri, uno di quelli che ti scaldano il cuore, uno di quelli che a lungo aveva desiderato ricevere da suo figlio, che non ricordava aver avuto da quando era così piccolo da reggersi a malapena sulle gambe.
E per un attimo si sentì felice, felice davvero, come non era da troppi anni.
Lo sapeva anche lei, molte cose erano cambiate, in quegli ultimi anni. E ciò che inizialmente era sembrato atto a portare suo figlio via da lei, non aveva fatto altro che avvicinarlo.
Forse, si disse, a volte un cambiamento è davvero tutto ciò che serve.
Lo sentì alzare la testa per guardarla, e si passò rapidamente una mano sugli occhi, per non lasciargli vedere quelle lacrime accennate.
"Buon Natale mamma" le disse
Lei sorrise: " Natale? ma siamo appena al primo di Dicembre tesoro"
Lui annuì:" lo so, ma da oggi dobbiamo iniziare a prepararci!"
Sorrise al suo entusiasmo, mentre lui scioglieva l'abbraccio per andare a sedersi a tavola, lasciandola interdetta per un momento, privata di quel contatto che già le mancava, prima che l'odore dei pancakes la richiamasse all'ordine.
Passarono pochi secondi, prima che potesse udire nuovamente la sua voce.
"E questo cos'è?" chiese sorpreso.
Lei si girò per vedere a cosa si riferisse, per un momento dimentica del grande cesto contenente dolci ed un regalo, posato su una sedia.
" è per te"
"per me?"
"lo ha portato tua madre questa mattina" deglutì fermandosi per un momento, sorpresa dalla facilità con cui aveva pronunciato quelle parole.
Gli lanciò un'occhiata e lo vide sorridere, mentre i suoi occhi si tingevano di dolce meraviglia.
"Emma?" chiese lui a conferma di quanto udito, una nota di allegria nella voce.
"Non mi risulta tu abbia altre madri" disse, un pizzico di amarezza nella voce che non riuscì a nascondere, e di cui si pentì subito, ma restò sorpresa dalla sua risposta
"Tranne te"
E non potè evitare di sorridere in silenzio, mentre gli dava le spalle togliendo i pancakes dalla padella.
Si avvicinò a lui con il piatto in mano, posandoglielo davanti.
"Fai prima colazione e dopo lo apri" nonostante cercasse sempre di accontentarlo, non poteva accettare che contravvenisse alle  regole d'igiene che aveva cercato di inculcargli sin da bambino.
Lui annuì e si mise a mangiare, mentre lei si sedeva sulla sedia libera al suo fianco.
"Aprilo tu" le disse lui, con la bocca piena. Si accorse  che lei, sul punto di riprenderlo, aveva deciso di tacere.
"Scusa" aggiunse piano.
La vide sorridere, e questo gli riempì il cuore di gioia.
"è il tuo regalo, vuoi davvero che lo apra io?" gli chiese
Lui si strinse nelle spalle: " certo, sei mia madre, no?"
Lei non aggiunse altro e si alzò, raggiungendo il cesto. Delicatamente lo liberò dalla plastica che lo avvolgeva, attenta a non romperla, ed iniziò ad esaminarne il contenuto.
" Cioccolata alle nocciole, tavoletta Apollo, cereali ricoperti di cioccolato... alla salute, signorina Swan..." bisbigliò l'ultima frase, non riuscendo a trattenersi, per poi alzare istantaneamente lo sguardo su di lui, timorosa che avesse sentito. Ma pareva mangiare indisturbato, così continuò, prendendo tra le mani il piccolo pacco regalo con un biglietto sopra.
"cosa c'è scritto?" chiese lui lanciandovi una breve occhiata
 " non molto in verità...c'è solo il numero uno..."
Lui rimase in silenzio con aria perplessa per qualche secondo. Fu poi colto dalla realizzazione:
"ma certo!" esclamò lasciando cadere la forchetta sul piatto senza curarsene più di tanto, nonostante lo sguardo di disappunto di sua madre.
"mamma, è un calendario dell'avvento! Oggi è il primo Dicembre, numero uno!"
E presto l'affermazione di suo figlio, incisa nella sua allegria, ebbe un reale significato nel suo cervello: avrebbero ricevuto cesti come quello ogni giorno.
Scosse leggermente la testa biascicando a denti stretti : " se mi fa ritrovare a Natale con la casa piena di cioccolato signorina Swan, giuro che la rimando da dove è venuta, senza che..."
Henry esclamò qualcosa che lei non sentì, richiamando la sua attenzione.
Poi la guardò: " hai detto qualcosa mamma?"
Lei alzò lo sguardo e, ricorrendo alla sua migliore capacità di autocontrollo, forzò un sorriso:
"è fantastico tesoro"
gli passò il pacchetto distogliendo lo sguardo.
Davvero fantastico…
 
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I won't ask for much this Christmas,
I won't even wish for snow
No, I'm just gonna keep on waiting
Underneath the mistletoe
 
7 Dicembre
 
Guardò l'orologio per la terza volta nel giro di pochi minuti, per poi sprofondare nuovamente le mani nelle tasche del caldo cappotto che le lasciava ugualmente percepire il freddo di quei giorni, mentre aspettava alla fine del vialetto che conduceva alla sua casa.
Non aveva mai sopportato i ritardi, la infastidivano profondamente, e la signorina Swan vi era di ben un quarto d'ora. Sospirò profondamente non per la prima volta, liberando una sottile nube di fumo bianco, quando la sua attenzione fu richiamata da una figura che, velocemente si avvicinava. Fu lieta di riconoscere in essa la donna bionda che aspettava, già da troppo tempo, per i suoi standards.
Emma si fermò bruscamente ansimando per la corsa, cosa che diede all'altra il vantaggio di poter parlare per prima.
" Alla buon ora, signorina Swan! Ha avuto problemi durante il percorso?" chiese ironica.
Lei cercò di ribattere ma si dovette fermare, per prendere un'altra boccata d'aria. Al secondo tentativo, parlò, sebbene alternando la voce a profondi respiri.
" Senti Regina... se mi hai chiesto di vederci alle quattro di pomeriggio con... meno due gradi di temperatura solo per trattarmi alla vecchia maniera e sfogare su di me la tua rabbia... ti avverto che me ne torno in ufficio all'istante"
Lei sorrise divertita alzando un sopracciglio: " da quando così laboriosa?"
La bionda abbassò lo sguardo quasi arrendendosi: " da quando ho la nuova stufa elettrica che non rischia di farmi morire soffocata come la precedente e che da un calore davvero piacevole. Fa freddo nel loft, e non c'è stufa al piano superiore"
" I suoi genitori la tengono al freddo dunque?" chiese sempre più divertita
Emma la guardò di sbieco, rifiutandosi di risponderle,  per poi portare lo sguardo alla strada
"Almeno camminiamo. A star fermi si gela" disse, iniziando a camminare senza attendere una conferma.
Regina la seguì alzando gli occhi al cielo:
 " disse quella che mi ha fatto attendere per un quarto d'ora il suo arrivo"
"potevi aspettare dentro"
"e lasciar vedere ad Henry che venivi a bussare alla porta? no grazie"
lei si girò a guardarla
" non sa niente di questo...incontro?"
la bruna sospirò abbassando lo sguardo" no"
Tornarono entrambe a guardare la strada, improvvisamente in un profondo silenzio spezzato solo qualche secondo più tardi da Emma
"di cosa volevi parlarmi?"
la risposta arrivò breve e secca, anche se Emma potè giurare di avervi sentito una nota di tristezza
 "devi smettere di farlo"
la guardò senza capire
"Smettere di fare cosa?"
"le ceste...il tuo.. calendario dell'avvento o qualunque cosa sia"
"perchè?"
"perchè non puoi continuare a mandargli tutti quei dolci"
lei sorrise roteando gli occhi
"Regina, è un bambino! Insomma, a quale bambino non piacciono i dolci? E se non li mangia ora, quando dovrebbe farlo?"
 Il tono di Regina si indurì
" ho educato mio figlio ad avere dei limiti, va bene? Dei limiti che è importante che mantenga. E ci ho messo, molto, molto tempo, e se tu mi riempi la casa di dolci per me diventa quanto più difficile farglieli mantenere"
"dei limiti? Regina, te l'ho detto, è solo un ragazzo, lascialo vivere!"
sentì la rabbia montarle dentro, e prese un respiro profondo fermandosi improvvisamente e afferrandola per un braccio per farla girare verso di se.
" e così credi di darmi lezioni su come crescere mio figlio?"
"Regina, io..." quasi esasperata la sua voce
"tu, non sai com'è la situazione, va bene?  Devo imporglieli, quei limiti, e non perchè non voglia comparargli dolci o perchè pretenda che lui si mantenga in forma, ma perchè da piccolo aveva molti problemi, molti problemi di salute, sopratutto quando lo lasciavo mangiare più del dovuto, ed ogni volta ascoltare quei pianti, vedere quel viso sofferente, io..."
abbassò lo sguardo ed insieme ad esso la voce
" non l'ho mai sopportato"
Emma rimase in un silenzio basito a guardarla, mentre traeva un profondo respiro e alzava lo sguardo, in cui aveva probabilmente potuto scorgere il lampo di ricordo di quegli anni passati
"Non voglio che stia male, lo faccio solo per questo. Ovviamente quando non mi sopportava credeva che lo facessi per il semplice gusto di proibirglielo ma... non era così, non è mai stato così."
Ed Emma riuscì a sentire tutta la pesantezza che realmente si celava dietro quelle parole, di una sincerità in grado di muoverle il cuore. La lasciò continuare, mentre lei riportava lungo il fianco quella mano che, all'insaputa di entrambe, era rimasta sul suo braccio, di cui lei si accorse solo quando ne percepì l'assenza, in una nuova ondata di freddo che la fece rabbrividire.
"Sto cercando di sistemare le cose, di recuperare l'intero anno che mi sono persa, cerco di non proibirgli mai niente, di cambiare, per avvicinarmi a lui, ed... è difficile negargli il contenuto dei tuoi cesti, se vuole mangiarlo. " fece una pausa, mentre un soffio di vento freddo le accarezzò il volto
"So che... vuoi il meglio per lui tanto quanto me ma... fidati quando ti dico che non è così che lo otterrai"
e a lei non restò che annuire, disarmata da quel discorso, seguendo dopo un attimo di esitazione l'altra che aveva già ripreso a camminare.
E non una parola fu detta, continuarono in silenzio, almeno per un po'.
"Posso sapere perchè lo fai?" chiese poi Regina accorgendosi di chiederselo solo allora :" perchè tutti questi regali ogni giorno? Insomma, capisco che gli vuoi bene ma... la cosa mi pare un po' esagerata"
Emma sorrise
"come hai detto tu...cerco di recuperare del tempo, solo che per me è la sua intera infanzia. non..."
si strinse nelle spalle : " ...non conosco altri modi per farlo"
La bruna sentì quasi un moto di tenerezza nei suoi confronti, a quelle parole, e si sentì in dovere di rassicurarla. Sorrise leggermente
"Fidati quando ti dico che non ne hai bisogno. Non lo vedevo così felice a Natale... non so neanche da quanto. E di sicuro è merito tuo"
fu sicura fosse nato un sorriso sul suo volto
"Quello che davvero vuole per Natale non sono i regali, quelli li ha sempre avuti, è la sua famiglia"
E si, Emma sorrideva ora, per le sue parole, per quello che significavano, e perchè Regina dimostrava finalmente di considerarla la famiglia di Henry, e forse significava così tanto perchè, la famiglia di Henry, lo era anche Regina stessa.
 
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Si trovarono ancora a camminare fianco a fianco, mezz'ora dopo, nonostante apparentemente la ragione del loro incontro fosse ormai stata affrontata e risolta. Ma a nessuna delle due venne l'idea di tornare a casa. Si limitarono a brevi scambi di parole, niente di significativo, perchè stranamente, si accorse Emma, dove non lo aveva mai creduto possibile, la maggior parte delle volte non aveva bisogno di parole per sentirsi a suo agio vicino a lei.
Giunsero a passare davanti al Granny's e lei si fermò
"che dici, prendiamo qualcosa di caldo? Si ghiaccia qui fuori"
le sorrise per incoraggiarla, e Regina scorse qualcosa in quel sorriso che le rese impossibile il dirle di no. E poi, aveva ragione, si ghiacciava lì fuori.
 
Presero un tavolo vicino alla finestra, che permetteva loro di scorgere la strada, ancora deserta a quell'ora, immersa in un biancore spettrale pervaso di innaturale calma. Emma si tolse i guanti, sfregandosi le mani rosse per il freddo, liberandosi poi anche del giubbotto come vide fare anche all'altra.
Ordinarono, e rimasero in attesa, sedute una innanzi all'altra, quasi in un lieve ed inspiegabile disagio che cercavano di dissimulare con lunghe occhiate fuori dalla finestra o alle proprie mani, ovunque, tranne che al viso innanzi al loro. Poi Emma si schiarì la voce, stanca di quella situazione che iniziava ad apparirle ai limiti del ridicolo, trovando un argomento di conversazione
" Henry mi ha detto che avrebbe già dovuto iniziare a nevicare ora..."
Regina sbuffò e sorrise: " Henry crede di poter controllare anche il tempo. Comunque è vero, avrebbe dovuto. Era così. è sempre stato così, sotto il sortilegio. Credo dipenda anche questo dal fatto che sia stato... spezzato"
incontrò i suoi occhi per un momento, e seguirono altri secondi di silenzio.
"Allora come...siete abituati a festeggiarlo qui il Natale? Lo festeggiate...vero?"
Regina alzò gli occhi al cielo, in un movimento rapido quanto naturale
"certo che lo festeggiamo. Come qualunque altre cittadina americana."
 si pentì quasi subito della sua domanda, cercando di rimediare
" si sai... insomma, venite dalla foresta incantata e io non credo che li..."
" no, lì non si festeggia il Natale, ma sin da quando siamo giunti qui è stata mia personale iniziativa cercare di uniformare questa cittadina al resto del vostro mondo. L'ho fatto per Henry insomma...tutti gli altri parevano non accorgersene neanche"
la bionda annuì
"quindi... fate l'albero e tutto no? "
i suoi occhi parvero illuminarsi improvvisamente in una nuova realizzazione
" non oso immaginare come deve essere bella la tua casa decorata per Natale, farete un albero enorme!"
la cioccolata ed il cappuccino che vennero loro serviti impedirono a Regina di fulminarla con lo sguardo. Attese che Ruby si fosse allontanata per parlare
"si, piuttosto grande. c'è molto spazio per decorare, in effetti"
"molto spazio? Quella casa è enorme insomma...vi servirà un aiuto no? chi ti aiutava prima?" esclamò riaccendendo tutto il suo entusiasmo interrotto
"Graham" rispose lei semplicemente
"oh..." fece a voce più flebile rattristandosi per un attimo.
Regina guardò i suoi occhi, e vi vide nel verde la tempesta dei ricordi. Non aveva intenzione di avere nessuna domanda a quel riguardo, così parlò
" E tu? Come festeggiavi il Natale?" bevve un sorso di cappuccino.
Lei alzò lo sguardo e sorrise tristemente
"non lo festeggiavo. Il Natale è con la famiglia, no? E a me tutti quei bambini entusiasti in giro con i genitori tra le luci, o nelle case, a mangiare in allegria, ricordavano solo che io non ne avevo una. "
Sentì qualcosa di fastidioso nel petto Regina. Senso di colpa? si, quello lo aveva già provato, persino nei suoi confronti, ma si trattava di qualcos'altro che non seppe definire, che si affievolì solo quando vide rispuntare un sorriso sincero sulle labbra dell'altra donna
"ma quest' anno è diverso. Quest'anno la ho, una famiglia, no?"
Regina sorrise piano: " suppongo di si"
 
Finirono di bere e restarono ancora qualche momento lì, in silenzio, a godersi quella pace, anche se Regina potè percepire la mente dell'altra ritornare ancora su ciò che solo poco prima aveva esternato. Era una situazione che ben conosceva, ed era consapevole di quanto fossero simili, loro due, quanto fosse complicato per entrambe, mostrarsi deboli. E forse era proprio per questo che lo facevano solo l'una con l'altra.
"Regina..."
la sua voce la raggiunse, richiamando la sua attenzione, insieme al tocco della sua mano fredda contro la propria, ordinatamente posata sul tavolo. Sussultò, emergendo dal mare dei suoi pensieri, e guardò quelle mani per un secondo, prima di incontrare il suo sguardo.
"posso...posso aiutarvi io quest'anno? Per me...significherebbe davvero molto. Prometto che farò solo quello che mi dirai di fare, non romperò niente e non ti contraddirò"
"di questo ne dubito" la interruppe lei quasi bonariamente divertita da quell'improvvisa richiesta.
Emma sorrise ma non demorse: " per favore... fallo per Henry"
E lei riuscì a capire quanto grande fosse il bisogno che realmente si celava dietro quella richiesta, e per quanto potesse averla considerata una nemica, non ebbe cuore di darle un rifiuto come risposta.
Sorrise e chinò il capo, e nel farlo lo sguardo le cadde sulle loro mani ancora a contatto, che non sapeva dire come ma, seppure fredde, sembravano sprigionare un certo tipo di calore
 " suppongo si possa fare"
disse solo. E seppe che ne era valsa la pena quando vide un vasto sorriso riempire il suo volto. Tra i riccioli biondi, lo faceva sembrare quello di una bambina.
Quello strano tipo di calore le parve diventare ad un tratto insopportabile.
"Emma"
"si?"
"Hai le mani ghiacciate"
Lei ci mise solo un attimo a realizzare di tenerle ancora sulle sue e le ritirò di scatto, quasi si fosse bruciata, mentre un lieve rossore le si diffuse sulle guance.
"Scusa. Questi guanti non riscaldano poi un granchè"
Regina si strinse nelle spalle
"hai la magia no? perchè non la usi per scaldarti?"
"io non..." distolse lo sguardo a disagio: " non sono molto pratica e ho paura che...prendano fuoco letteralmente"
lei sorrise quasi intenerita da quella ammissione di debolezza e la guardò per qualche secondo prima di muoversi quasi indipendentemente dalla sua ragione.  Allungò le mani verso le sue e le prese tirandole verso di se
"dai qua"
potè vedere la sorpresa dipinta sul volto di Emma che non si sforzò più di tanto di nasconderla .
Quando i loro sguardi si incontrarono un delicato rossore si diffuse sulle gote di entrambe e si affrettarono a guardare altrove, tornando però a quelle loro estremità, a contatto forse più di quanto fossero mai state.
Non sapeva dire Emma perchè sentirsi le mani strette in quelle dell'altra, in quel magico calore che lei in parte creava con la sua magia ed in parte possedeva già sulla pelle, le infondesse un senso di pace che arrivava a scaldare anche il petto ed il viso.
E non sapeva dire Regina perchè stringere quelle mani tra le sue, cercando di dare loro il calore di cui avevano bisogno, la facesse sentire così bene.
Eppure nessuna delle sue provò ad interrompere quel contatto prima che due minuti fossero passati.
Fu Regina ad accorgersi che la situazione iniziava a diventare imbarazzante, lasciando la presa.
"Meglio?"
Emma le regalò un sorriso
"si grazie"
Si alzarono quasi contemporaneamente
"offro io Emma, stai tranquilla"
lei non si oppose, la testa ed il cuore ancora troppo in tumulto per ciò che si era appena verificato tra loro, mentre la vide avvicinarsi al bancone. Sospirò scuotendo la testa e dedicandosi a reindossare il giubbotto, scacciando qualsiasi possibile pensiero fosse in procinto di nascere nella sua testa.
 
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Il tintinnio delle campanelle sulla porta infranse l'atmosfera di magico silenzio che regnava nel piccolo negozio, i cui colori caldi erano accarezzati e fatti risplendere da deboli raggi di sole pomeridiano, ormai al tramonto, che  superavano i vetri appannati.
Pareti in legno sostenevano mensole in legno, cariche di oggetti, piccoli e grandi, di legno. Altri pendevano dal soffitto, e li video oscillare leggermente, mentre si richiudevano la porta alle spalle .
"Giocattoli in legno Emma? Davvero?" Le chiese a voce leggermente alta e sopracciglia alzate, pur non riuscendo ad evitare che il suo sguardo esaminasse l'ambiente circostante senza tregua, con una traccia di curiosità.
Lei si girò di scatto, un grande sorriso entusiasta sul volto
"shh! Sta a guardare!"
 fece per ribattere ma lei battè le mani con forza, due volte, ed in quel preciso istante ogni cosa presente nel negozio prese vita: gli orologi presero a ticchettare a ritmi discordi, e ad eseguire buffe sequenze con buffi, piccoli, personaggi di legno, le marionette iniziarono a ballare al suono di vecchie musiche da circo che si mescolavano tra loro, piccole renne iniziarono ad inseguirsi senza sosta in paesaggi natalizi, il tutto esaltato da quel misto di sfreghi e stridii che, insieme alla musica, annullò totalmente il precedente silenzio.
Regina si guardava attorno senza parole, un misto di fastidio ed insieme meraviglia che non avrebbe mai ammesso, nella testa, fin quando della segatura non cadde sulla manica del suo cappotto, da un pupazzo appeso al soffitto che si agitava convulsamente.
Si girò verso Emma, lasciando che la sensazione di fastidio avesse la meglio
"Cosa è questo insopportabile chiasso? Io non credo che..." ma si fermò.
Dovette farlo, perchè il suo cuore parve voler battere più forte, a ciò che vide. Trovò sul viso di Emma un sorriso che pareva illuminarla, nei suoi occhi, scintille di meraviglia ed incredulità, nonostante, realizzò, non doveva essere la prima volta che assisteva a quello spettacolo.
Sembrava una bambina, nel suo entusiasmo, e più di tutto, sembrava il suo bambino, quando gli aveva regalato il suo primo libro, quando lo aveva portato per la prima volta al mare, in quel sorriso che ora sapeva avessero identico.
Restò a guardarla, senza il coraggio di proferir parola, mentre lei ancora rincorreva ognuno di quei mille movimenti attorno a se con lo sguardo, indecisa su dove posarlo.
E trovò sulle sue stesse labbra un sorriso che si affrettò a nascondere quando un'altra porta si aprì, lasciando entrare un uomo anziano. Egli battè le mani, e tutto si fermò. Le marionette si riaccasciarono su se stesse, e gli orologi si richiusero, tornando al loro silenzio originario, lasciando come unica traccia di quella loro attività una nube di polvere fine nell'aria.
L'uomo sorrise loro, in un orgoglio dimesso, notando le loro espressioni stupite a seguito del suo piccolo spettacolo. Notò la presenza di Regina e, dopo un attimo di esitazione, sorrise anche a lei.
"Salve signore. Come posso servirvi?"
Ad Emma occorse qualche secondo per riprendersi e smettere di far vagare il suo sguardo, portando la sua attenzione a di lui. Gli sorrise e si avvicinò al bancone
" Buonasera, Geppetto. Sono qui per quelle piccole lanterne che abbiamo visto con Henry la volta scorsa, quando siamo passati"
lui annuì: " certamente, aspetta un momento" disse scomparendo nuovamente nel retro bottega.
Rimaste sole Regina le si avvicinò sospettosa
"lanterne? Per fare cosa, esattamente?"
lei si voltò e le sorrise e Regina  si chiese come potesse venirle così facile farlo
" Henry le ha viste e gli sono piaciute io... pensavo potessimo metterle all'albero o almeno in giro per la casa"
Regina alzò un sopracciglio
"ne parla già come fosse casa sua, signorina Swan? L'ho invitata... o meglio, ho accettato il suo autoinvito perchè lei mi aiuti a portare le scatole e, forse, a decorare, questo non le da il diritto di decidere ciò che..."
fu interrotta nuovamente dal ritorno dell'uomo, che portava con se una lunga scatola.
"Eccole" disse posandola sul tavolo. Conteneva tante piccole lanterne in legno illuminabili dall'interno, dalle pareti lavorate su temi di scene invernali.
Regina scosse leggermente la testa e sospirò, arrendendosi - tale madre tale figlio- pensò, sebbene una parte di lei apprezzasse quei piccoli lavori di falegnameria.
Si allontanò, mentre loro discutevano di prezzo ed usi, decidendo di scoprire cos'altro vendesse quello strambo negozio. La sorprendeva a volte la quantità di cose che non conosceva di quella cittadina, cose nuove, spuntate dopo il sortilegio, eppure doveva ammettere che, dopo ventotto anni di monotonia, la cosa non le dispiaceva affatto.
Esaminò gli scaffali, scorgendovi statuette, riproduzioni stilizzate di paesaggi, cittadini e non, lampade e giocattoli, tutti rigorosamente in legno. Si avvicinò poi ad uno scaffale contenente palle di neve di ogni forma e dimensione. Il suo sguardo fu catturato, dalla neve che, lenta, scendeva al loro interno, ma fu una in particolare, più di tutte le altre, ad attirare la sua attenzione.
Era grande, e nella classica forma circolare. C'era un prato, al suo interno, con un cavallo, e sul cavallo c'era una ragazza, vestita d'azzurro, dai connotati poco distinguibili, tanto piccola era. Al suo fianco stava in piedi un uomo anziano, poteva vedere i grigi e scarsi capelli, che le teneva la mano.
Sussultò, deglutendo a vuoto, tanto familiare quell'immagine le pareva, tanto vividi quei ricordi la invasero tutto ad un tratto.
Si sfilò i guanti in pelle e la prese tra le mani, con delicatezza infinita, ormai dimentica di qualsiasi cosa la circondasse. Potè esaminarne la base, incisa con cura, con piccoli rombi blu notte e verde smeraldo che si susseguivano, ed ancora il contenuto, l'impressionante minuziosità dei dettagli, che facevano sembrare le due figure quasi in movimento. La girò tra le mani trovando una chiave sotto la base, che non potè trattenersi dal ruotare. In quel silenzio in cui era sprofondata risuonarono lievi e dolci note, che narravano di un tempo antico, intriso di piccole gioie, che risuonavano nei toni più acuti. E questa semplice musica mise nel suo cuore una pace tale da restarne sconvolta e totalmente rapita.
Aveva appena chiuso gli occhi quando qualcosa cambiò.
Sentì un respiro, lieve di distanza, vicino abbastanza per farla tornare alla realtà, infrangersi sul suo collo.
Spalancò gli occhi.
"è bellissima..."
sentì sussurrare alle sue spalle da una voce che ben conosceva.
Si voltò leggermente per guardarla, nell'incosciente terrore di trovarsi troppo vicina a lei, se si fosse girata completamente.
"Perchè non la prendi?" le chiese Emma  ancora a bassa voce, timorosa di spezzare quell'atmosfera che si era venuta a creare, nelle note sottili che sbiadivano mano a mano, mentre gli occhi già da tempo avevano abbandonato l'oggetto per esaminare ogni millimetro di quel profilo perfetto, di quelle lunghe ciglia, di quelle labbra socchiuse che avrebbe solo voluto avvicinare alle sue e...
"non spenderò i miei soldi per un oggetto simile"
fortunatamente, la sua voce arrivò in tempo per distrarla da quei pensieri senza dubbio nocivi, prima che causassero conseguenze disastrose, forzando il suo sguardo a tornare sulla lucida superficie sferica.
"posso comprartela io, se la desideri"
E Regina rimase senza parole perchè davvero una risposta del genere non se la sarebbe aspettata. Si sforzò di elaborarne una a sua volta che mascherasse quanto più possibile quello stupore
" non ti credevo così ingenua, Emma"
ed Emma si trovò a pensare che, pronunciato dalle sue labbra, il suo nome suonava morbido tanto quanto immaginava esse fossero
"pensavo sapessi che...i soldi non mi mancano. E poi, indebitarmi con te per un oggetto tanto stupido? Non credo proprio"
Ripoggiò la palla dove in origine era collocata, decidendo di averne abbastanza di quella situazione. Si scostò da lei, facendo bene attenzione a non toccarla, e si diresse verso l'uscita,
" Se abbiamo finito..."
Emma restò immobile ancora per qualche secondo prima di voltarsi
"certo...certo"
Prese in fretta il pacco dal bancone e la seguì.
" Grazie mille Geppetto, buona serata"
Lui fece un cenno d'assenso, sorridendo.
"Buonasera" proferì lapidaria Regina apprestandosi a lasciare quel negozio, uscendo nel freddo di quel pomeriggio che iniziava a diventare scuro, cercandolo quasi, per lenire quel calore crescente che, prepotentemente, le aveva invaso il petto, e che non dava segni di voler diminuire fintanto che la coda del suo occhio fosse stata in grado di scorgere quella chioma bionda che seguiva i suoi passi.
 
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There's no sense in hanging stockings
Thereupon the fireplace
Cause Santa he won't make me happy
with a toy on Christmas day
I just want you here tonight
Holding on to me so tight
Girl, what can I do?
You know that all I want for Christmas
is you...
 
 
 
14 Dicembre
 
I cesti di Emma smisero di contenere dolciumi a non finire e, nonostante leggermente in ritardo sulla tradizionale tabella di marcia, riuscirono a trovare il giorno ideale per sistemare quella enorme casa " riempiendola di decorazioni" a parere di Emma, e " decorandola in modo fine, elegante e non eccessivo" a parere di Regina.
Che si rivelasse una ottima collaborazione, o il più totale dei disastri, solo il tempo poteva stabilirlo. Ad ogni modo, seppure nessuna delle due lo avrebbe mai ammesso, erano entrambi felici di non essere sole, in quel giorno, e l'idea di avere un' intera casa da decorare, insieme, le rallegrava ed, in un certo senso, divertiva.
Perchè Regina sapeva che quella era la sua casa, e che sarebbe stata lei a dare gli ordini, ordini che l'insubordinato nuovo sceriffo avrebbe dovuto eseguire, ed Emma sapeva che comunque non lo avrebbe fatto, per quanto nel suo territorio, e che da questo avrebbe ricavato un divertimento senza pari. Ma più di tutto, non poteva negare che le faceva piacere, immensamente piacere, l'idea di avere l'occasione di decorare una casa per natale, come solo poche volte era accaduto nella sua vita, e per di più di poterlo fare in sua compagnia, in onore di quella incontrollabile parte di se che sperava ardentemente che le circostanze la portassero nuovamente ad essere così vicina a lei, come era stato in quel negozio solo una settimana prima, e ancora di più, tanto da poter sentire il suo lieve profumo di mela.
Fu così che si ritrovarono, alle dieci di una mattinata più calda delle precedenti, in un salotto invaso da un enorme abete disteso sul pavimento e da decine di scatole che rendevano difficile persino muoversi.
Emma giaceva sul divano, già distrutta e con l'affanno, chiedendosi come potesse fare una soffitta tanto piccola ad ospitare così tante scatole.
Regina, accovacciata vicino all'albero, ne toglieva alcuni rametti morti, esaminandolo alla ricerca di indesiderate forme di vita. Le lanciò uno sguardo.
"Cosa ne dici, vieni a darmi una mano?"
Lei sospirò pesantemente alzando gli occhi al cielo
"dammi un momento, Regina!"
"lo sceriffo Graham non si prendeva "momenti", Emma. Se vuoi essere come lui datti una mossa"
lei la guardò con disappunto
"Graham era un tuo schiavo. Io non sono una tua schiava"
Regina fermò i suoi movimenti e si girò a guardarla
"ah no?"
La sua mente tornò a Graham, Graham che la aiutava, Graham che si fermava a cena, Graham che la accompagnava nella sua camera da letto e...
Ma si rese conto che tutto quello che riusciva a vedere, con gli occhi e con la mente, era la donna semi distesa sul suo divano, in canottiera nonostante le temperature rasentassero gli zero gradi, con i capelli fuoriposto che le ricadevano a ciocche sul viso ed il petto agitato dal fiato ancora irregolare.
Arrossì e distolse lo sguardo. Non poteva pensare a lei in quel modo, non doveva...
Ed Emma rabbrividì sotto quello sguardo, pieno di malizia, avrebbe detto, e di una sorta di... fame.
La vide concentrarsi sull'albero e non ebbe coraggio di dir nulla.
Regina ritenne infatti opportuno passare a migliore e più produttiva attività, concentrando tutte le sue energie magiche sull'albero, spingendolo ad alzarsi e posizionandolo a fianco del camino senza il minimo sforzo. Era ancora perfetta lei, constatò Emma, come al mattino presto, quando si erano incontrate alla fermata dello scuolabus, dopo che aveva accompagnato Henry, che non ne aveva più bisogno ma a cui faceva ancora piacere.
-Normale- pensò -lei usa la magia!-
"Ricordami perchè non mi è concesso  usare la magia"
"perchè..." iniziò lei osservando soddisfatta il suo lavoro e sistemandolo in più punti " non mi fido"
"non ti fidi di me?" chiese Emma fingendosi scioccata
"non mi fido della tua magia, Emma. Una magia che non sai controllare." fece una pausa " ci tengo alle mie decorazioni, non vorrei mandassi questo costosissimo abete in fiamme, sai com'è"
Emma sbuffò frustrata, piagnucolando come una bambina
"ma non è giusto! Per te è tutto così semplice! Non è giusto che debba essere io l'unica a stancarmi!"
fu interrotta da uno sguardo fulminante seguito da secche parole
"Emma"
"Si?"
"Ricordami perchè ho accettato il tuo aiuto"
la bionda si zittì osservandola per qualche secondo. Poi sbuffò frustrata
"bene!" si diede uno slancio e si alzò dal divano "allora procediamo"
la guardò : " cosa devo fare, vostra maestà?"
 
La giornata procedette tranquilla ed abbastanza nella norma: piccoli litigi scoppiavano per qualsiasi cosa in qualunque momento, e puntualmente finivano con Emma intenta a guardarsi le punte degli stivali, zittita da qualche veritiera frase a cui le era impossibile opporsi. Dire che la cosa le divenne frustrante, era poco. Ma ad ogni modo, ognuno di quei litigi perdeva importanza nei restanti momenti. In quei momenti in cui Regina si trovò a ridere come non faceva da tempo immemore, osservando Emma praticamente avvolta dai fili delle luci, impossibilitata a muoversi, e che fu costretta ad aiutare, non senza averla prima minacciata di lasciarla per sempre così, in un angolo del suo salotto, ed averla sentita implorare pietà. E mentre si lasciava aiutare Emma pensò di non aver mai udito un suono così bello come la sua risata, diversa dal solito, leggera, cristallina,avrebbe detto, sebbene non lo avesse mai creduto possibile,  e credette di vederla ringiovanire di decenni.
In quel momento in cui Regina si ritrovò tra le sue braccia, perdendo l'equilibrio sulla scaletta che stava usando per mettere le luci in alto, e restò a guardare il suo viso in secondi di muto stupore, a studiare il luccichio che poteva vedere nei suoi occhi verdi, sentendosi stringere forse più del necessario, ed allontanandosi, quando riuscì a percepire il battito accelerato del suo cuore, dei loro cuori.
Momento che fruttò ad Emma imperdibile occasione di vanto
"se non ci fossi stata io a salvarti ora saresti morta. O per lo meno...ferita"
"Mi sarei potuta fermare con la magia prima di toccare il pavimento, Emma"
Ed anche quello era vero, ma Regina sorrise dicendolo, dandole le spalle.
In quel momento in cui fu ora di andare a preparare il pranzo per Henry, che stava per tornare da scuola, ed Emma la bloccò per un braccio, lungo la via per la cucina, per rimuovere dai suoi capelli in piega perfetta un ago d'abete, ad una vicinanza che non potè evitare di lasciarle senza fiato appena, scambiandosi uno sguardo che valeva più di mille parole, ma che nessuna delle due seppe come interpretare.
E di nuovo, Emma dovette constatare che Regina era davvero bellissima.
Pranzarono insieme, quando Henry tornò, proprio come una famiglia, sentendolo raccontare della sua giornata di scuola, scambiandosi occhiate furtive quando credevano l'altra non stesse guardando, e Regina si sentì così sciocca, a comportarsi a quel modo, ma si accorse di non poterlo evitare.
Si rimisero al lavoro appena dopo pranzo, con Henry questa volta, che le aiutò a decorare l'albero con palline e con quelle piccole lanterne che aveva ricevuto da Emma appena il giorno prima. E almeno per il pomeriggio, evitarono altri incidenti imbarazzanti, quasi fossero loro a farli capitare di proposito.
 
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La sera arrivò presto, e la stanchezza colse infine tutti e tre.
 Riposavano sul divano, scambiando disimpegnate chiacchiere, quando Emma fu colta da una realizzazione e si alzò in piedi di scatto.
"Scusate, devo andare io...torno subito!"
e senza dare altre spiegazioni scomparve. Sentirono chiudersi la porta d'ingresso e madre e figlio si guardarono.
Regina sospirò : " tua madre è una delle persone più strane che io abbia mai incontrato"
Ma Henry non smise di guardarla neppure quando lei tornò a fissare l'albero appena completato che, doveva ammetterlo, era riuscito proprio bene.
"Mamma"
"Si tesoro?"
"Credo che lei ti consideri una delle persone più belle che abbia mai incontrato"
Il suo cuore perse un battito e si voltò a guardarlo di scatto, senza parole
"Te lo ha detto lei?" chiese. La voce flebile.
Lui sorrise, chinando lo sguardo e scuotendo leggermente il capo.
"Si vede da come ti guarda "
E neanche il calore del fuoco nel camino potè eguagliare quello che arse nel suo petto in quel momento.
 
Emma tornò circa mezz'ora dopo, sostenendo tra le braccia una pesante scatola avvolta da carta regalo.
Appena Henry la vide, aprendole la porta, ne rimase incantato.
"E quella cos'è?"
Lei sorrise
"lo vedrai, ragazzino"
sentì Regina alle prese con pentole e padelle  e si diresse nel soggiorno
"prego signorina Swan, faccia come se fosse a casa sua!" le urlò lei dalla cucina con tono ironico, sebbene un sorriso le fosse spuntato sulle labbra da quando aveva udito il campanello suonare. Perchè sebbene le parole di suo figlio per cui non aveva trovato risposta avessero potuto cambiare tutto, aveva temuto lei non tornasse quella sera.
Lasciò le pentole quanto prima le fu possibile, assicurandosi che nulla potesse bruciarsi, e li raggiunse in salotto.
Emma alzò lo sguardo su di lei e le sorrise timidamente, porgendo il pacco ad Henry, entrambi accovacciati a terra. Perchè quel pacco era stranamente pesante e stranamente...agitato.
Lanciò altri sguardi furtivi a Regina, mentre andava a sedersi sul divano con un lieve sorriso, ormai rassegnata, per quanto ancora contraria,  al fatto che suo figlio ricevesse doni ogni giorno. Perchè alla mancanza di dolci, Emma aveva compensato con regali ancora più grandi. Ed ora era timorosa, di quale sarebbe stata la reazione di Regina a quel regalo alquanto... azzardato. Ma sperava di riuscire a convincerla, dopotutto.
Henry scartò il pacco fremente, spinto da una curiosità che diventava maggiore ad ogni secondo, e quando, eliminando l'ultimo strato di carta, trovò due grandi occhi scuri a fissarlo, esultò dalla gioia.
Regina restò a guardarlo, serena, ma curiosa di scoprire la ragione di tanto gaudio. E radicalmente si trasformò la sua espressione quando lo vide sollevare un cucciolo di cane dal pelo bianco come la neve ed i grandi occhi scuri, che lo guardava curioso ed in parte terrorizzato.
"Signorina Swan lei deve essere completamente pazza!" esclamò alzandosi in piedi.
Il cagnolino si strinse al petto di Henry, spaventato. E l'entusiasmo di Emma morì, perchè si era aspettata una reazione del genere, ma aveva tanto sperato che le cose fossero cambiate, e ore l'idea di privare Henry di quel sorriso la distruggeva. Avrebbe dovuto pensarci prima, si disse, era stata una stupida, ma tutto quello che poteva cercare di fare era salvare la situazione. Guardò Henry che alternava lo sguardo tra loro due, timoroso di dover rinunciare a quello che già considerava il suo migliore amico. Gli sorrise piano
"Henry, va. Ci penso io"
Lui annuì e lasciò la stanza, pur senza staccare lo sguardo da loro.
Regina non attese un secondo di più per aggredirla
"Che cosa ti è saltato in mente, Emma?" i suoi occhi che scintillavano di rabbia
"Credi davvero che terrò quella bestiola in casa mia? E che lascerò sporchi i divani di pelle e che graffi i tappeti ed il parquet? Davvero? Beh, ti sei decisamente sbagliata!" improvvisamente le parole di Henry diventarono solo le fantasie di un bambino che sognava di avere una famiglia unita. I suoi occhi si scurirono di delusione.
"Se il tuo piano è quello di dimostrarti una madre migliore di me dandogli tutti ciò che io gli ho sempre negato... " abbassò il tono di voce, quasi spezzato, insieme allo sguardo "allora riportatelo a casa insieme a quel cane. Tanto non c'è nessun modo in cui io possa impedirlo, no?"
Rialzò gli occhi sul suo viso, una luce pericolosa in essi, brillava nel dolore
"Se perderò un figlio...almeno salverò la tappezzeria" non aggiunse altro, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo, rialzando quei muri che faticosamente Emma aveva cercato di distruggere in tutti quei giorni.
E la stessa Emma restò a guardarla senza parole, realizzando solo allora quanto lei avesse ragione e quanto il suo gesto fosse potuto essere sbagliato.
"Io non..." cercò a disagio le parole " ...non era questa la mia intenzione. Regina, davvero..."
fece un passo verso di lei cerando di toccarle il braccio ma lei si scansò
"non mi tocchi" aggiunse, fredda come non la sentiva da tempo
"per favore Regina, fammi spiegare, io...volevo solo renderlo più felice, sapevo quanto lo volesse e... non ci ho pensato, non ho pensato che ci potesse essere una ragione, io non..."
"Tu non pensi mai alle conseguenze, non è vero?"
Emma abbassò lo sguardo cercando le parole, per poi rialzarlo
"per favore Regina, pensaci! è un cucciolo, solo un cucciolo! I cuccioli portano felicità, allegria, ti fanno compagnia quando sei sola e ti consolano quando sei triste!"
"è un cucciolo che crescerà, Emma!" la interruppe lei, sbrigativa
"si, ma allora sarai già troppo legata a lui per lasciarlo andare! Forse non ne hai mai avuto uno e non sai cosa..."
"ho avuto un cucciolo, una volta" la interruppe lei, la voce profonda, gli occhi in cui si riflettevano le fiamme del camino, fissi su un punto
"era nera, una cagnolina nera, la chiamai Kira... Me la regalò mio padre, sai, per rendere le mie giornate più allegre, per concedermi almeno qualche minuto di allegria sotto il...dominio di mia madre"
Emma deglutì, al dolore che sentiva nella sua voce al riesumare quei ricordi
-Sei una stupida, solo una stupida! Continui a farle male! Anche quando vuoi fare del bene, continui a ferirla-
"E... funzionava?" chiese a bassa voce
Lei sorrise, tristemente ed ironicamente
"oh se funzionava! Molti dei pochi ricordi felici che ho di quei tempi sono con lei..."
Emma deglutì nuovamente, consapevole che la storia non fosse finita lì, timorosa di sapere il resto ed allo stesso tempo piena di sporca e sbagliata curiosità. Perchè sapeva che il vero motivo per cui lei non voleva quel cane non era la salvezza delle sue tappezzerie, ma qualcosa di più doloroso e profondo, lo leggeva nei suoi occhi. E per saziare quella curiosità, prese coraggio
"cosa...cosa le è successo dopo?"
Lei continuò a sorridere in quel modo che odiava, stringendosi le braccia al petto, rifiutandosi di staccare lo sguardo dalle fiamme
"mia madre la trasformò in un topo. Un grosso topo nero con putrido veleno che gli colava dai denti. Perchè mi distraeva dai miei compiti e dalle cose importanti della mia vita, mi disse. "
Ad Emma mancò il fiato. Quanto terribile era stata la sua infanzia? Certo lei era stata triste, ma almeno libera.
"Mi...dispiace tanto, Regina"
"non voglio quel cane" fu l'unica risposta che ebbe, ma ancora più motivata di prima, ci riprovò.
Si avvicinò di nuovo e questa volta lei non si scansò. Poggiò la mano sulle sue braccia incrociate.
"Non capisci? Questa è la tua occasione, la tua occasione per riprenderti tutto ciò che lei ti ha tolto, per donare ad Henry, tutto ciò che tu non hai avuto."
Bruscamente, le scoccò un'occhiata infastidita
"Cosa ne sai tu, Emma?"
Lei deglutì restando in silenzio, facendo vagare lo sguardo alla ricerca di una soluzione, quando esso si fermò su Henry, oltre la porta del soggiorno, nell'ingresso, che giocava con il cucciolo. Vide la felicità sul suo viso.
"Guardalo, guarda come è felice"
E Regina, nonostante non volesse farlo, alzò la testa per guardarlo
"posso non saperne niente ma...so riconoscere la felicità su un volto, quando la vedo, ed è lì ora, sul suo di volto. Noi... lo abbiamo reso felice"
Sentì Regina schioccare la lingua
"Tu lo hai reso felice"
Scosse la testa : "no. Io gli ho regalato quel cane ma... sarai tu decidendo di tenerlo a renderlo felice per davvero. Regina..."
Lei si voltò a guardarla, ed i loro occhi si incatenarono
"...io voglio vedere quella stessa felicità sul tuo volto. Ed è possibile, ora che le cose sono diverse. Ora che sei libera, ora che hai...amore"
Regina restò a guardarla in silenzio, cercando di interpretare ciò che si agitava in quegli occhi, cercando di leggere la verità, dietro quelle parole, ma li vedeva chiari, limpidi come non mai, e sussultò, quando in una sfumatura di essi, le parve di scorgere quello sguardo di cui Henry aveva parlato.
Nessuno le aveva mai detto cose del genere, nessuno al mondo.
Forse era possibile che quella non fosse solo una fantasia. Forse era possibile che in quello sguardo si celasse qualcos'altro. Forse...
Chiuse gli occhi.
"Bene" esalò, lasciandola poi in secondi di teso silenzio
"ma se trovo il minimo danno su uno dei miei arredi, sarai tu a pagarne le riparazioni"
Ed un grande sorriso nacque sulle labbra di Emma, allargandosi sempre di più.
"Grazie Regina, grazie mille. Ti prometto che non te ne pentirai"
Henry irruppe nella stanza di corsa
"Allora mamma, possiamo tenerlo?"
le chiese con occhi colmi di aspettativa. Lei sospirò e chinò lo sguardo per un momento
"Si Henry, puoi tenerlo"
E lui esplose in un'esclamazione di gioia correndo ad abbracciarla con il piccolo ancora tra le braccia.
Ricambiò l'abbraccio cercando comunque di tenersene a distanza.
"Ora però non iniziare a riempirmi i vestiti di peli eh! è il tuo cucciolo e tu devi tenerlo a bada"
lui annuì "certo mamma"
Si avvicinò ad Emma e le prese la mano
"grazie" sussurrò, e ricevette un occhiolino in cambio.
Presto corse verso la porta per andare a giocare con il nuovo arrivato.
"Henry!" venne richiamato da Regina
"Come lo chiamerai?"
Lui alternò lo sguardo tra la madre ed il piccolo cane
"Vorrei fossi tu a dargli un nome. Sai così...saremo come fratelli"
lei rimase a fissarlo ad occhi spalancati, profondamente e piacevolmente sorpresa
"Io non so..."
Emma si intromise, pregando con tutta se stessa di non star facendo l'ennesimo, grandissimo, errore
"che ne dite di..." incontrò lo sguardo di Regina "Kira?"
Lei rimase in silenzio per qualche istante, con Henry impaziente sulla porta che faceva saettare lo sguardo dall'una all'altra. Poi, esalò il respiro che aveva trattenuto e lasciò che un sorriso illuminasse il suo viso mentre annuiva "credo sia perfetto"
 
Rimasero per i successivi minuti in quella stanza, a ripulire il pavimento dai resti del regalo, in silenzio.
"Vorresti rimanere a cena qui?" la domanda restò, galleggiante nell'aria
"sai, almeno potrai nutrire la bestiolina" aggiunse dopo poco.
Lei sorrise ed annuì, restando in silenzio, ben consapevole del fatto che lei la stesse guardando.
Passò un altro minuto prima che una delle due parlasse nuovamente.
"Regina... cosa vorresti per natale?" si voltò a guardarla
Lei rimase spiazzata dalla domanda
"io..." si strinse nelle spalle "nulla. Posso avere tutto quello che voglio quando lo voglio, no?"
La bionda scosse la testa: " è diverso. è diverso ricevere qualcosa se è qualcuno a regalartela. E poi...nessuno può avere tutto. Ci sarà qualcosa che vuoi e che non puoi...prenderti da sola"
Lei si fermò da ciò che stava facendo e rimase ferma a guardarla
Qualcosa...qualcuno...
improvvisamente l'immagine di loro tre seduti al tavolo della sua cucina, soli, la sera di Natale, invase la sua mente, portandovi una luce ed una sensazione di felicità che...che...
"Non credo proprio Emma" disse affrettandosi a scacciare quelle immagini dalla mente.
 Era impossibile, sapeva che era impossibile. E con gli anni e l'esperienza aveva imparato che, se una cosa pareva impossibile, era meglio non provare neanche a realizzarla, se non voleva finisse in disastro.
Emma rimase in silenzio, prima di fermarsi tutto ad un tratto e guardarla.
"Vieni da noi, la sera della vigilia di Natale"
Quelle parole la colpirono come massi, bloccando i suoi movimenti e guidando il suo sguardo da lei
"da...voi?"
le annuì: "si. Contavamo di passare la serata tutti insieme a casa mia...insomma, di mia madre. Vieni anche tu"
lei sorrise ironicamente, sbuffando
"e credi che tua madre vorrà accogliere la regina cattiva alla cena di Natale, dopo tutto quello che abbiamo passato?"
"Regina, andiamo! Siamo cambiati tutti in questo ultimi anni, lo sai. Le cose sono diverse ora, stiamo cercando di essere una famiglia. E io voglio che tu ne faccia parte"
la bruna distolse lo sguardo scuotendo la testa, fuggendo dal peso di quelle parole
"non posso... ho da fare" eppure percepì qualcosa di fastidioso nel petto, qualcosa che voleva opporsi a quella decisione.
Emma roteò gli occhi
"Hai da fare Regina? Davvero? La vigilia di Natale?"
"Si mamma, ti prego, vieni! Sarà più bello se ci sarai anche tu!"
si girò e trovò Henry sulla porta, con Kira tra le braccia che si leccava una zampetta.
Ecco, ecco che ogni suo proposito veniva azzerato. Per un momento dubitò della vantaggiosità dell'essere così dipendente da suo figlio, di lasciargli avere così tanto potere.
"Henry, io non..."
lui raggiunse Emma e le prese la mano
"per favore mamma..."
guardò gli occhi di entrambi, occhi pieni di... dolcezza, si, questa volta non si sbagliava. Li vide stare lì, insieme, ma questa volta per combattere per lei, per averla con loro, non per allontanarla o escluderla.
"Regina, da sola non supererò un cenone con mia madre. Ti prego..." piagnucolò
E Regina rise. Non potè evitarlo. E nella gioia che sentì invaderle il petto in quel momento, in quella risata, insieme divertita e leggermente compiaciuta, le venne facile accettare
"va bene, va bene... ci sarò"
E non ebbe tempo per emettere neanche un fiato prima di trovarsi avvolta in una duplice presa ed investita da fili dorati. Loro la abbracciarono, contemporaneamente, ed il suo cuore sobbalzò. Chiuse gli occhi e si limitò a ricambiare quell'abbraccio, per una volta, senza pensieri, perchè si accorse di essere stanca, davvero stanca, di pensare. E rimasero così, in quei loro attimi di infinità, per un tempo indefinito per tutti.
Per Henry, che era certo di aver ormai finalmente conquistato la famiglia che voleva e di essere al tempo stesso riuscito in quell'intento che si era proposto quel primo Dicembre,sentendosi felice, per Emma, che mai si sarebbe azzardata ad avvicinarsi tanto, mai, arrivata a vederla quasi circondata di luce, proveniente dal suo cuore, intimidita dalla grandezza di essa, e che finalmente faceva tutto ciò che, si accorse, erano mesi che desiderava fare, e per Regina, che, non sapendo neppure spiegarsi come, per una volta, si sentì completa, sentì quel vuoto nel suo cuore che da anni non le dava tregua, colmarsi.
E poi un brivido le percorse la schiena, quando un fiato caldo le sfiorò l'orecchio in un sussurro
"grazie"
Non rispose, limitandosi a restare in quell'abbraccio ancora per un po'.
Ma, per quanto completa potesse sentirsi, restare troppo a lungo in contatto con qualcuno continuava a non fare per lei, sopratutto quando poteva sentire la mano di Emma sulla sua schiena muoversi impercettibilmente, che per nulla la aiutava ad ignorare quella nuove tempesta che sentiva, lentamente, ingrossarsi nel suo cuore.
Così con leggeri colpetti sulle spalle li invitò ad allontanarsi.
Li guardò sorridendo.
"Lavatevi le mani. La cena è pronta"
 
Quando Emma fu andata via, ed Henry a dormire, tornò nel salotto con un calice di vino. Credeva di aver bisogno di riflettere, di fare chiarezza, perchè troppe cose erano successe in un solo giorno.
Insomma, che direzione stava prendendo la sua vita? Sarebbe stata davvero una saggia scelta quella di fare così tanti cambiamenti... dare agli altri il potere di cambiarla così? Eppure era difficile, difficile dire di no, resistere, quando quei cambiamenti promettevano amore e felicità.
Bevve un sorso di vino. Suo figlio era di nuovo lì, e questo bastava a completarla. Lo aveva reso felice, dio, aveva accettato di tenere un cane in casa,per questo, ma le andava bene, dopotutto. Tutto, per lui.
E poi c'era lei. Lei che era capace di convincerla a fare le cose più assurde semplicemente parlandole, lei che
aveva saputo cose della sua vita che a nessun altro aveva mai rivelato prima. E non sapeva neanche il perchè, in fondo, dopo ciò che sua madre aveva fatto avrebbe dovuto come minimo dubitare di lei, ma così non era. Senza una ragione, ed era questa la cosa che la faceva più infuriare,  si fidava.  Si fidava della donna che per prima aveva creduto in lei, si fidava della madre di suo figlio. E lo odiava, perchè questo le dava un potere che non avrebbe mai voluto nessuno avesse su di lei, tranne suo figlio, eppure amava come si sentiva, con lei. Amava quel calore che cresceva nel petto, dove c'era stato freddo e vuoto per troppi anni, ma questo, non lo avrebbe mai ammesso.
Le tornarono in mente gli episodi di quella, lunga ed unica, davvero unica, giornata, la forte presa delle sue braccia, il colore dei suoi occhi...
"Credo che lei ti consideri una delle persone più belle che abbia mai incontrato, si vede da come ti guarda"
Le parole di suo figlio si ripresentarono, con più forza che mai.
Scosse la testa e svuotò il bicchiere. Era davvero troppo tardi per sviluppare pensieri come quelli, ed infondo non sapeva se mai sarebbe  stato il momento giusto. Così posò il bicchiere e si sdraiò lì, sul divano, la sola luce dell'albero e delle fiamme del camino ad illuminarla. Si coprì, con quella coperta che aveva tenuto sulle gambe fino ad allora, e lasciò che il sonno l'avvolgesse lentamente.
Era sul punto di addormentarsi quando percepì qualcosa sfiorarle il braccio. Aprì gli occhi e trovò Kira seduto sul divano che la fissava, con grandi occhi dolci, quasi a chiederle il permesso di stare lì.
Sbuffò "torna a dormire, bestiolina"
Ma lui non si spostò di un millimetro, piegando leggermente il capo guardandola.
Capì che non se ne sarebbe andato e sospirò scostando la coperta, vinta da quegli occhioni.
"Avanti, vieni qui... sei come i tuoi padroni"
il cagnolino si intrufolò felice sotto la coperta accucciandosi al suo fianco.
Con un altro sospirò si coprì nuovamente, troppo stanca per alzarsi. E fu solo un sussurro il suo, prima che il sonno calasse su di lei
" cosa sta facendo, signorina Swan..."
Cosa mi sta facendo?
 
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And all the lights are shining
so brightly every where
And the sound of children's
laughter fill the air
And everyone is singing
I can hear those sleigh bells ringing
Santa won't you bring me the one I really love
Won't you please bring my baby to me...
 
24 Dicembre
Quella sera erano solo le sette quando Emma arrivò al 108 di Mifflin street, osservando con orgoglio, mentre si avvicinava, l'abile lavoro di decorazioni che avevano svolto sulla facciata principale.
Bussò, per poi seppellire le mani in tasca, infreddolita.  Si guardò intorno, mentre aspettava. Persino il giardino di Regina, abilmente curato anche d'inverno, a volte persino dalla stessa Emma che, si accorse, prendeva sempre più i compiti del precedente sceriffo e non solo quelli d'ufficio, sembrava patire il freddo intensificatosi nelle ultime ore. Le foglie, dal verde spento, ricoperte di brina, parevano deboli e leggermente secche. Eppure di neve, ancora neanche l'ombra. Guardò il cielo ormai scuro, non riuscendo a scorgervi neppure una stella. Quella notte forse, finalmente sarebbe arrivata.
Riportò lo sguardo alla porta quando la sentì aprirsi, e vi vide dietro Henry e Kira, con un simpatico fiocco  dalla fantasia scozzese al collo, che calorosamente la accolsero, con un abbraccio ed un affettuoso uggiolare. Entrò ridendo e si chinò ad accarezzare il piccolo, bisognoso di attenzioni.
Ed era lì, accovacciata ad accarezzarlo, quando sentì un rumore di tacchi dal piano di sopra. Si bloccò ed alzò lentamente lo sguardo.
E lei lì, al culmine delle scale, la stava guardando, con un sorriso timido e luminoso sul volto, che lasciava trasparire tutta quella gioia che non avrebbe mai ammesso di provare, nel sapere di passare una serata con loro due. E che ci sarebbe stata anche Biancaneve ed il suo principe, poco importava ormai. E forse questa sarebbe stata la vittoria maggiore che mai fosse riuscita ad ottenere, se solo l'avesse riconosciuta come tale.
Lo sguardo di Emma si illuminò, le sue labbra appena capaci di piegarsi in un sorriso debole quanto sincero.
La vide chinare il capo arrossendo, senza perdere quel magnifico sorriso, portarsi i capelli dietro l'orecchio e scendere le scale lentamente.
Non indossava nulla di speciale, pantaloni neri, infilati in corti stivali dello stesso colore, ed un maglione viola, largo al punto giusto, con un ampio risvolto che lasciava scoperte le spalle. Una collana di piccoli brillanti, a colmare quel vuoto, abbinata a quell'orecchino di cui concesse la vista, e che con esso rifletteva sul suo volto tante piccole luci.
Non sapeva Emma, quando aveva iniziato a guardarla così, quale era stato quel fatidico momento che aveva marchiato un'immagine della sua bellezza nel suo cuore, così a fondo da modificarne i battiti stessi, quando, quell'ammirazione che credeva di provare, si era trasformata in qualcosa di più ignoto, inafferrabile e difficile da tenere a bada. Ma la percepiva come un'evoluzione così naturale, da essere spinta ad accettarla senza come e senza perchè.
E dopotutto, non poteva evitarlo.
Perchè Regina Mills era bella, ma non di quella bellezza di carezze di pennelli su tele, o di quella plastica bellezza di volti da rivista. Lei era bella come solo lei poteva esserlo, in quel modo speciale che aveva di sorridere, che infiammava il suo cuore, in quel modo che avevano i suoi occhi di brillare anche sopra il dolore che così spesso vi aveva visto impresso, nel fatale e tanto subdolo quanto innocente modo in cui le aveva rubato l'anima, senza far nulla oltre che essere se stessa.
E no, questo, non poteva evitare di riconoscerlo.
Si alzò, incontrando il sorriso ancora presente sulle sue labbra, ricambiandolo per qualche istante prima di abbassare lo sguardo, quasi stessero parlando in un linguaggio silenzioso, comprensibile solo ai loro occhi.
Henry le guardò in disparte, prendendo Kira in braccio, ed un grande sorriso si dipinse sul suo volto, perchè quel linguaggio, credeva di comprenderlo anche lui, che portava il sorriso dell'una, e la voce dell'altra.
Emma si accorse che ancora neanche una parola era stata detta, così si schiarì la voce, pur senza staccare gli occhi dai suoi
"Siete pronti?"
"Certo mamma!"
Sorrise : "andiamo allora"
Regina annuì : " vi raggiungo subito"
Li vide allontanarsi verso la porta, chiacchierando allegramente, e con calma indossò il suo cappotto blu, ripensando a ciò che era successo, a come non era stata in grado di nascondere la gioia a vederli lì ad aspettarla, insieme, a come l'aveva guardata Emma...
Ma non era il caso di pensarci, si disse, non prima di una serata natalizia a casa di... Biancaneve.
Non poteva nascondere di essere agitata, senza saperne neanche il perchè.  Forse aveva paura di deludere suo figlio ed Emma, che in lei avevano riposto così tanta fiducia, perdendo la pazienza, si disse, o forse... forse più di tutto, quello che temeva era di divertirsi davvero, le suggerì una voce nella sua testa, di trovarsi davvero bene in casa di quella nuova "famiglia", composta da persone che per anni aveva odiato.
Ma scosse la testa: non doveva lasciarsi assalire da dubbi ed insicurezze. Fece ruotare l'anello al dito mordendosi il labbro per un momento,sentendosi poi richiamare da suo figlio.
"Mamma, ci sei?"
Si affrettò a sorridere ed annuire
"Certo tesoro, eccomi"
Uscì di casa e chiuse la porta guardandoli. Guardando Emma, e accorgendosi di quanto fosse bella, quella sera, con  i capelli sciolti tranne due ciocche intrecciate che le cingevano morbidamente il capo, incontrandosi sul retro di esso, ad incorniciare il viso dal trucco accennato.
Notò come indossasse un cappotto, forse per la prima volta da quando la aveva conosciuta.
Rosso ovviamente.
Sorrise e scosse la testa.
"Non vorremo arrivare in ritardo, vero? Su!"
Sentenziò, rifiutandosi di portare avanti quei momenti di studio reciproco che iniziavano a diventare alquanto imbarazzanti.
 
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“ E comunque, non è giusto!” esclamò Henry, ormai in prossimità della casa dei suoi nonni.
“Cosa, tesoro?”
Camminavano con calma, sull’asfalto su cui ristagnava quell’aria fredda in gocce di umidità, riflettendo le gialle luci dei lampioni e, in bagliori più flebili, quelle colorate, a decorare le case. Il ticchettio dei tacchi di Regina ad accompagnarli lungo la via, a scandire i passi che li separavano dalla loro meta ormai prossima.
“ La neve! Avrebbe dovuto iniziare a nevicare quasi un mese fa!”
Emma gli lanciò uno sguardo vagamente esasperato
“Ragazzino, ancora con questa storia? Non puoi decidere quando deve nevicare!”
Lui rimase in silenzio, contrariato
“Dai, aspetta un altro po’…” lo invitò a guardare il cielo
“vedi, non si vede una stella, molto presto nevicherà. E poi… fa sempre più freddo”
Aggiunse sfregandosi le mani, cercando di donar loro un po’ di calore. A Regina il movimento non sfuggì
“Emma, ancora con quei guanti? Quando ti deciderai a comprartene di nuovi? Finirai per congelarti così”
Lei sorrise e si strinse nelle spalle
“Dico sempre che devo prenderne dei nuovi ma… poi vengo tentata da altro e li lascio in secondo piano.”
La bruna scosse la testa, quando la voce di Henry tornò nuovamente ad interrompere la loro conversazione
“Forse ho capito!”
 “cosa, hai capito?”
“Perché non nevica!”
Emma si limitò a roteare gli occhi e rimase in silenzio
“Prima nevicava sempre perché…c’era il sortilegio, era così che le cose dovevano andare, ma… anche l’anno scorso, l’anno scorso a Storybrooke, intendo,  non ha iniziato a nevicare il primo dicembre ma… dopo che mamma ha spezzato il sortilegio!”
Regina lo guardò senza capire
“E quindi?”
“Quindi…” puntualizzò lui entusiasta : “ vuol dire che sarà un altro straordinario evento a far nevicare quest’anno! E, visto che come ha detto la mamma, sta per nevicare, qualcosa di straordinario sta per succedere!”
Lei alzò lo sguardo, a cercare quello di Emma, quasi preoccupata, perché sapeva che suo figlio, su queste cose, aveva sempre ragione, e lì a Storybrooke, evento straordinario poteva significare anche catastrofe. Ma quando trovò il suo, già lì ad aspettarla, di un’intensità disarmante, si bloccò. E vi lesse all’interno un’interpretazione completamente diversa dalla sua, di ciò che aveva detto loro figlio.
E ancora una volta si domandò come fosse possibile, comunicare con il solo sguardo.
Deglutì, fermandosi davanti al piccolo cancello che avevano ormai raggiunto, e non ebbe tempo di aggiungere nulla, per dar voce a quei pensieri, o semplicemente rispondere a suo figlio, perché la porta della casa si spalancò, lasciandone uscire un’entusiasta Biancaneve.
“Henry, Emma!” la guardò per un istante : “Regina…” ma nonostante l’esitazione, le sorrise.
Ed in un attimo tutta la tensione che quella camminata ed il freddo avevano dissimulato le ripiombò addosso come un macigno. Sorrise a disagio salutandola con un cenno del capo, mentre Henry le corse incontro entusiasta. Lei lo fece entrare, non senza aver prima salutato il cucciolo che aveva tra le braccia, mentre loro rimasero lì, all’inizio del vialetto, fianco a fianco, mentre Emma le lanciava occhiate furtive. Perché sentiva che, la responsabilità per l’esito di quella cena, che poteva essere magnifico quanto disastroso, era tutta su di se.
Ma il vedere che Emma non la abbandonava, non la lasciava indietro, in qualche modo  diede coraggio A Regina. Così si sforzò di avere un sorriso più convincente e di avvicinarsi alla donna sulla porta.
Emma la seguì, quasi stupita da quell’iniziativa.
“Emma tesoro, tuo padre si è dimenticato di andare a ritirare i dolci per questa sera…”
 e una nota di rabbia incrinò la sua voce, mentre lanciava un’occhiataccia al pover uomo dentro la casa, che assisteva con sguardo mortificato alla conversazione
“…saresti così gentile da farlo tu, per favore?”
Emma sospirò, seppellendo le mani nelle tasche del cappotto, considerando per brevi secondi se sarebbe stato peggio restare al freddo per almeno un’altra mezz’ora o sentire sua madre lamentarsi per l’assenza di dolci tutta la sera, cercando di difendere suo padre, che sarebbe stato attaccato a ripetizione.
Decisamente la seconda, si disse, così annuì.
“Certo. Sivvy's bakery, vero?”
Sua madre sorrise, così entusiasta di avere una figlia tanto servizievole
“Come sempre. Grazie mille tesoro”
“Io vado con lei”
Si girò sorpresa verso Regina che si sforzò di sorridere
“almeno avrà compagnia…”
E suonò come una scusa falsa per la voglia di scappar via alle sue stesse orecchie, ma Biancaneve parve non accorgersene, sebbene le sorrise leggermente meno spontaneamente di prima
“Meraviglioso, vi aspettiamo allora!” e si voltò per chiudere la porta, mentre loro facevano un passo indietro.
Emma smise di sforzarsi di trattenere l’espressione corrucciata che cercava di occupare il suo volto già da un po’
“Meraviglioso… davvero meraviglioso! “ borbottò avviandosi lungo il vialetto.
Regina la seguì, con un ghigno divertito sul volto,e si accorse di star cercando di non ridere. Perché Emma era davvero adorabile quando si arrabbiava.
“Su, prendila come una passeggiata prima di cena! Per stimolare l’appetito…”
Lei si voltò bruscamente continuando a camminare a passo svelto
“Si muore di freddo, Regina! E non mi serve stimolare l’appetito, ho già abbastanza fame. “
Regina alzò un sopracciglio e la seguì senza dire nulla, continuando a sorridere
“Potevi farla, chessò, su un’isola tropicale, questa città, con sabbie dorate e noci di cocco,e invece no! Nell’angolo più freddo del Maine, con pioggia e neve a non finire!” esclamò dopo poco, già stanca del silenzio. Regina la guardò contrariata
“le condizioni climatiche di questa città le ho scelte io personalmente e sono perfette. Se non le sta bene, sceriffo, presenti richiesta in carta da bollo.” esitò: “ E non dare la colpa a me per la petulanza di tua madre!” aggiunse poi.
Emma voltò solo il capo per lanciarle un’occhiataccia. E, dopo alcuni secondi, si girò nuovamente,puntandola con il dito
“Tu, e lei. Sarete la mia rovina.”
“Rimetta le mani in tasca signorina Swan, prima di ghiacciarsele”
Rispose ironicamente calma Regina. Ma non potè evitare di sorridere, teneramente questa volta, ripensando a quelle parole, seguendo quei capelli biondi e quella schiena rossa che camminavano il silenzio davanti a lei.
 
Emma era entrata in quella pasticceria ormai da tre minuti. Tre lunghissimi minuti. E ancora non accennava ad uscirne.
Sbuffò per l’ennesima volta, stringendosi nel cappotto, con le mani in tasca, per proteggersi dal freddo più che mai pungente ora che doveva aspettarla, lì davanti alla pasticceria.
Aveva scelto lei di non entrare. Appena aveva visto la quantità di persone che vi erano all’interno
“non esiste minimamente!” le aveva detto.
Così era rimasta lì, a guardarla perdersi nel mare di gente infagottata in pesanti abiti, che si agitava all’interno di quella fabbrica di calorie. E ora se ne stava pentendo più che mai. Certo, non sarebbe voluta entrare, quella smania di cibo, di avere le più differenti pietanze sulla tavola, davvero non la capiva, aveva imparato a cucinare solo per impiegare il suo tempo, dopotutto, e per suo figlio, ma anche il restare sola, non la stava aiutando minimamente. Anzi, peggiorava le cose. Perché non appena perse di vista Emma, una valanga di pensieri si abbattè su di lei, andando a rinnovare quell’ansia crescente. Avrebbe fatto meglio a restare a casa, si disse.
E dove diamine era Emma?
Quattro minuti.
Si sforzò di concentrarsi su altro. Lasciò vagare lo sguardo sulle migliaia di piccole luci che decoravano balconi, porte e giardini tutto intorno, in quella zona più centrale della città, ancora più presenti.
In fondo, doveva ammettere che le piacevano. Le davano una sordida sensazione di gioia, di vita, di novità, dopotutto. E da quell’anno poi, le ricordavano quel giorno in cui, con l’aiuto di Emma, ne aveva  riempito la sua casa. Mai era stato così divertente farlo, doveva ammetterlo. Henry l’aveva aiutata con una gioia nuova, erano stati straordinariamente veloci, ed Emma… beh, Emma era Emma,con i suoi disastri, che si verificavano ovunque mettesse mano, grazie alla sua goffaggine, le sue ridicole abitudini, ed un gusto innato per le decorazioni che non avrebbe mai pensato di poterle attribuire. Ed il solo ripensarci le portò un sorriso sulle labbra. Sorriso che si spense rapidamente quando pensò agli argomenti di conversazione che era prossima ad affrontare alla tavola di Mary Margaret. Non che ne avessero poi molti,in verità. E dunque?
Avrebbero parlato del cibo, di certo, delle decorazioni… E se le avesse chiesto come aveva decorato la sua casa? Cosa avrebbe dovuto dirle, con l’aiuto del nuovo sceriffo?
Non le era sfuggito come l’aveva guardata, all’idea che lei l’accompagnasse alla pasticceria, che restassero sole, il lampo di diffidenza che aveva attraversato i suoi occhi. Aveva imparato a riconoscerlo, negli anni, negli occhi di molti prima di lei.
Biancaneve non voleva che passasse del tempo con sua figlia. E come avrebbe potuto biasimarla?
Solo che non aveva capito… Non aveva capito che non le avrebbe mai fatto del male. Non aveva capito quanto significasse per lei…
Ma dov’era?!
Abbandonò quei pensieri prima che potessero prendere una piega che non le piaceva per nulla e, spazientita, si decise ad entrare nel negozio a cercarla. Insomma, non poteva metterci così tanto tempo.
Era ormai ad un passo dalla porta quando questa si aprì, lasciandone uscire una Emma con una busta in mano, troppo impegnata a guardare dove metteva i piedi, scendendo lo scalino, per alzare la testa in tempo ed accorgersi della sua presenza. Regina se la ritrovò praticamente addosso, riuscendo ad evitare di scivolare grazie ad un sovrumano sforzo d’equilibrio, ed afferrando anche in tempo la busta, lasciata andare da Emma per la sorpresa,  evitando così che il suo contenuto facesse un’infelice fine sul pavimento.
Emma sussultò, trovando il suo viso così vicino,seppur infuriato, non riuscendo a frenare il suo sguardo dall’esaminarlo, ricadendo inevitabilmente sulle sue labbra. Erano così vicine che sarebbe bastato un soffio per…
“Come sempre, cammini senza guardare” la riprese lei duramente spezzando l’attimo di poesia.
Emma decise di ignorarla
“Così impaziente di rivedermi?”le chiese con un ghigno divertito sul volto, lasciando, senza neanche accorgersene, che le sua mani si posassero sulle sue spalle
“Non dica stupidaggini, signorina Swan”
Ed il suo sorriso cambiò, diventò dolce, e nei suoi occhi brillò una scintilla
“Sai da cosa me ne accorgo quando menti? Torni a trattarmi come i primi tempi. So che ora non è più così. Che tu non sei più così”
E Regina perse quell’espressione arrabbiata a favore di una quasi confusa, mentre vagava con lo sguardo nei suoi occhi. Ed echi di cori e risate di bambini riempirono il loro silenzio, quando essa si sciolse in un sorriso. Grato, dolce.
Sarebbe potuta restare così per sempre, pensò Emma, ed un po’ più vicina, quel tanto che bastava a sentir battere il suo cuore, a sentire il suo respiro sulle labbra, e le sue labbra stesse…
Si riscosse allontanandosi, privandosi di quella vicinanza prima di rovinare tutto, come era suo solito fare. Tirò un sorriso e prese delicatamente la busta dalle sue mani, rovistandovi dentro per un momento.
Ne estrasse poi un piccolo involucro rosso, a forma di cuore, che conteneva un cioccolatino.
Lo aveva visto, ed aveva pensato a lei, non aveva potuto evitare di prenderlo. E fino all’ultimo istante, rigirandoselo nella mano per un momento, fu incerta sul darglielo. Era troppo? Poteva significare troppo?
Ma sorrise e scosse la testa a se stessa. In fondo, era solo un cioccolatino.
Arrossendo, le prese la mano e ve lo posò, richiudendola poi su di esso. Alzò la testa, incrociando il suo sguardo più che meravigliato, e la fece sorridere.
“Buon Natale Regina”
E come sempre, lesse la verità nei suoi occhi, quella paura che covava in se, di cui solo a sprazzi l’aveva resa partecipe nei giorni precedenti, in frammenti di conversazione, ma a lei erano bastati, insieme a ciò che vedeva nei suoi occhi, per capire.
“Andrà tutto bene. Sei con noi. Sei al sicuro”
E lei continuò a guardarla, troppo sorpresa, sconvolta dalla tempesta che sentiva infuriarle dentro,per proferire parola. Ma capì di non poter restare lì per sempre, in silenzio, e si sforzò di dire qualcosa, trattenendola mentre lei stava per lasciar andare la sua mano
“Io… Grazie. Di tutto”
Emma sorrise, e le parve che la sera non fosse poi così scura.
 
Tornarono velocemente a casa, a detta di Emma :“prima che mia madre scelga di mangiare me e mio padre, come dolce”
 Presto furono nel vialetto di casa Blanchard quando Emma si fermò, voltandosi bruscamente
“Regina?”
“Si?”
“Hai la magia, no? E sai usarla. Non avremmo potuto trasportarci al negozio?” chiese, mentre l’espressione corrucciata riaffiorava sul suo volto, quasi minacciosamente.
Regina sorrise divertita
“E il divertimento dove sarebbe stato?”
Circa una decina di espressioni, che andavano dallo sgomento al rassegnato, passando per il furibondo, attraversarono il viso di Emma.
“Ti odio”
Regina non smise di ghignare
“Il sentimento è reciproco, signorina Swan. Ora si sbrighi, sua madre la aspetta”
Lei si rifiutò di dire una qualunque altra cosa, limitandosi a darle le spalle e ad entrare in casa.
Prima di seguirla, Regina mise la mano in tasca, per ritrovarci quel piccolo dono che significava per lei così tanto. Sospirò per un momento, per poi entrare, spinta da una nuova ondata di coraggio, stringendolo nella mano, esattamente come avrebbe fatto per tutto il resto della cena, ogni volta che quel coraggio le fosse venuto a mancare.
 
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I don't want a lot for Christmas
This is all I'masking for
No, I just wanna see my baby
Standing right outside my door
Oh I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
You know that all I want for Christmas
Is you...
 
"Grazie mille nonna! Buonanotte!"
Esclamò Henry percorrendo il vialetto fuori casa di Mary Margaret, in procinto di tornare a casa, a serata terminata. Regina sorrise e con un cenno del capo la ringraziò.
"Buonanotte e...grazie di tutto" disse piano
"Ciao mamma! Notte!" urlò Henry verso la casa, cercando di salutare ancora Emma, che aveva già abbracciato poco prima, ma la vide subito dopo uscire di casa di corsa, oltrepassando sua madre, senza aver neppure finito di infilarsi la giacca, tornata quella rossa in pelle di sempre, ed avvicinarsi a loro.
"Tesoro, dove vai?" le chiese subito la donna, rimasta ferma sull'uscio.
"Li accompagno mamma, è tardi"
Regina, già sulla strada, si voltò a guardarla, sorpresa
"Emma, non c'è bisogno, davvero. "
"Tesoro, fa freddo! Torna qui!" esclamò preoccupata sua madre.
Ma lei parve irremovibile. Si voltò a guardare i suoi genitori dopo aver zittito Regina con la fermezza dello sguardo che le rivolse.
"è tardi, non li lascerò tornare a casa da soli" disse, osservando l'espressione quasi scioccata di sua madre, e l'inspiegabile sorriso complice che sorse sul viso di suo padre. Esitò per un momento.
"E poi, non andremo di certo a piedi" estrasse le chiavi della macchina dalla tasca, andando poi ad aprirne le portiere, facendo entrare Henry dietro.
Guardò sua madre un'ultima volta, mentre Regina, con un sorriso divertito, saliva dal lato del passeggero:
"Torno presto mamma, non preoccuparti. Ma non aspettatemi alzati" rivolse lei un rassicurante sorriso che doveva servire a ricordarle, senza troppe parole, tutta la coscienziosità di cui dava mostra come figlia, e che tuttavia non conservava realmente per intero, lontana dalla portata del suo sguardo, ed a suo padre un'ultima occhiata sospettosa, prima di salire in macchina a sua volta.
 
Rimasero, per i primi due minuti di viaggio, in quel silenzio che resta dopo le feste, atto a ricordarne gli istanti più salienti per fermarli nella memoria per sempre, sul volto di Regina ancora fisso quel sorriso, finchè Henry parlò
"Allora mamma, come è stato?"
Lei rimase quasi spiazzata dalla domanda e cercò di trovare le parole più adatte
"E stato... si insomma, divertente, abbiamo mangiato bene e... e chiacchierato e..."
"è stato stupendo!" esclamò lui. Lei ci pensò per qualche momento e poi sorrise
"si...è stato stupendo". Perchè a prescindere da come realmente, dentro di se, potesse essere andata la serata, se per suo figlio era stata stupenda, allora lo era stata anche per lei. E per un attimo potè scorgere Emma guardarla, con un sorriso quasi... orgoglioso e forse vagamente commosso.
 
Arrivarono presto a casa,  in fondo, era il primo posto in quella città dove Emma fosse andata, e rimasero in silenzio nella macchina, aspettando tutti che fosse qualcun altro, a scendere per primo, senza tuttavia sapere perchè nessuno si azzardasse a farlo. Henry sorrise, timidamente
"Sono stato contento, molto contento, di poter passare la serata con tutti voi! Questo era...tutto quello che volevo"
Loro si girarono a guardarlo, in contemporanea, e gli sorrisero.
"Qualsiasi cosa per..." si bloccarono, accorgendosi di star dicendo la stessa identica frase. Si scambiarono un' occhiata fugace quando Henry scoppiò a ridere.
E rise così tanto che, alla fine, iniziarono a ridere anche loro.
Quando le risa si spensero, tra i loro echeggi,  nello stretto abitacolo, consapevoli di aver riso non per la comicità del fatto in se, quanto per quella gioia che avvolgeva i loro cuori in quel momento, capirono perchè erano ancora fermi lì: tutti loro temevano che, scendendo da quell'auto, spezzando quell'atmosfera, avrebbero posto fine a quell'unione che si era venuta a creare, quella... famiglia, di cui avevano tutti disperatamente bisogno.
Emma rabbrividì. Davvero non era stata una saggia idea, quella di indossare la giacca di pelle con quel freddo abominevole. Così si decise ad uscire, per nascondere i  suoi brividi.
"Su ora, si è fatto tardi, ed il signorino qui ha bevuto più di suo nonno"
Henry rise : "dai mamma, non è vero!"
Lei gli lasciò lo spazio per uscire
"Dalla quantità di risate che ti stai facendo... qualche dubbio io lo avrei"
Lui scosse la testa sorridendo e si limitò ad ignorarla, in un gesto che le ricordò tanto Regina, sulla quale alzò lo sguardo, vedendola uscire dalla macchina e cercare le chiavi di casa, immersa nei suoi pensieri.
 Ed Emma avrebbe dato oro, per sapere quali fossero quei pensieri.
Arrivarono davanti alla porta d'ingresso, e Regina restò a guardarla per qualche istante. Ancora lo sguardo distante di poco prima. Poi parve riscuotersi
"Hey, non è che ti andrebbe di...entrare? Si ghiaccia qui fuori e...tu grazie alla tua intelligenza ti sei solamente messa questa...ridicola giacca di pelle, quindi prima che tua madre venga ad uccidermi per essere responsabile della tua broncopolmonite imminente, sono costretta ad offrirti come minimo qualcosa di caldo."
Lei sorrise, cercando di reprimere un altro brivido, perchè sì, ne avrebbe davvero avuto bisogno
"Sempre di buon augurio Regina, non c'è che dire..."
Lei si strinse nelle spalle
"Mi limito a constatare l'ovvio, come lei fa così spesso, signorina Swan"
Henry le guardò e sorrise. Lo divertiva tanto, quel loro linguaggio, quei messaggi nascosti che si scambiavano sotto le più ironiche, ed a volte malvagie, delle battute, ma credeva anche che a volte ne facessero un utilizzo eccessivo,quando c'erano argomenti che sarebbe stato necessario affrontassero con serietà, e che invece si ostinavano a rifuggire in quel modo.
Scosse piano la testa
"Se dovete litigare, almeno fatelo in casa. Ho freddo e devo mettere Kira nella cuccia" lanciò uno sguardo colmo di tenerezza al cucciolo addormentato tra le sue braccia, " prima che voi lo svegliate" le guardò quasi minaccioso.
Emma sorrise : " stavo appunto per dire a tua madre... che ad ogni modo l'invito e ben accetto"
Regina alzò gli occhi al cielo e sospirò, scuotendo la testa.
"Muovetevi. Entrambi" ordinò aprendo la porta ed entrando.
 
Un brivido di sollievo scivolò sulla pelle di Emma quando si immerse nell'aria calda di quella casa. Presto Regina accese le luci, lasciando il suo cappotto e prendendo poi dalle sue mani la giacca che trovò gelida.
Scosse la testa appendendola, Henry già lontano, a sistemare Kira nella sua cuccia in salotto
"Sei un'incosciente, Emma."
Lei scrollò le spalle: " Dovevo sbrigarmi, o sareste andati via"
La bruna si girò e sorrise, alzando un sopracciglio
"Così impaziente di andartene di casa? Sai che avrei potuto trasportarci qui con la magia, vero?"
Lei sorrise, con sguardo di sfida: "ed il divertimento dove sarebbe stato?"
Regina sospirò andando verso il salotto :" non copi le mie battute, signorina Swan, perchè non le si addicono. Sopratutto visto che in questo caso non mi pare ci sia stato molto divertimento per te. Ancora pochi secondi e diventavi un ghiacciolo!"
La bionda rise, seguendola, e trovando Henry nella stanza ad aspettarle dritto in piedi. Si fermarono entrambe.
"Cosa c'è, Henry?"
"io..." chinò lo sguardo, quasi indeciso se parlare o meno "...io volevo chiederti se..." guardò Emma
"se resteresti qui, stanotte"
Il gelo calò sul volto di Emma. Era coerente, la sua proposta. Henry era un bambino, e a quale bambino non sarebbe piaciuto avere i suoi genitori a casa la notte di Natale? Ma… aveva paura, di come Regina avrebbe potuto reagire. Insomma, si era fermata lì a volte, per qualche pasto o altro, ma mai la notte, e non voleva che lei accettasse solo per rendere felice Henry. Si sarebbe sentita di troppo e la cosa...se doveva essere onesta con se stessa, sí, l'avrebbe anche ferita. Però lo avrebbe voluto, eccome, se lo avrebbe voluto.
Avrebbe significato far parte davvero di una famiglia, per una volta, per quanto bene i suoi genitori potessero volerle.
"Ragazzino io... non so se tua madre..."
E si sentì un po' egoista a darle la responsabilità, ma davvero non aveva idea di come avrebbe potuto fare altrimenti. La vide quasi sussultare lievemente, sentendosi chiamata in causa, e riprese quel respiro che aveva interrotto alla domanda di Henry. Perchè era bastato un solo secondo a scatenare un'enorme paura nel suo cuore: che lei, come sua madre, non si fidasse. O almeno, non al punto da restare lì la notte. Ma deglutì, e diede loro la risposta che attendevano con occhi brillanti, sollevata
"Io...per me va bene insomma" si girò a guardare Emma : " se vuoi restare...qui sarai sempre la benvenuta" e non seppe mai se quel peso di cui sentì il suo cuore liberarsi fosse dato da ciò che le erano costate quelle parole, che mai, mai avrebbe sognato di dire, o dalla profonda verità celata in esse, che poteva finalmente rivelare. O forse semplicemente dall'espressione di pura gioia che si dipinse sul volto di suo figlio che cancellò ogni altro pensiero. Egli guardò Emma: "Allora?"
E lei sorrise, questa volta davvero: "Si, rimango"
Henry esultò e corse ad abbracciarle.
"Sono contento, tanto contento di poter stare con voi!"
Ed entrambe seppero in quel momento, con le mani sulla schiena di Henry che si sfiorarono fugacemente, che tutti i momenti felici che lui aveva vissuto con ciascuna di loro, non potevano eguagliare quello.
Regina gli sorrise, allentando l'abbraccio.
"Ora però è tardi e vai a dormire, ok?"
Lui annuì sbadigliando, troppo felice per porre resistenza.
"Vai a prepararti, io preparo la camera per tua madre"
Lui corse a cambiarsi con lei al seguito, ed Emma rimase sola in salotto, alla sola luce delle fiamme nel camino, a fissarle. Persa nei suoi pensieri, felice, davvero felice, di poter restare lì. Consapevole di non voler essere in nessun altro posto. Poi ricordò qualcosa, e riprese la sua giacca affrontando nuovamente il freddo ed il vento, che nel frattempo si era alzato, per tornare alla macchina e prenderne una scatola, che poi riportò con se all'interno.
Quando Regina tornò in salotto, al piano terra, la sentì parlare a telefono, molto presumibilmente con sua madre.
"Mamma, volevo avvisarti, restò qui stanotte... a casa di Regina, dove altro?" la vide sospirare brevemente
"mamma, che cosa intendi dire?" una pausa " no, io..."
Ed il suo cuore, dall'uscio da cui osservava la scena, si riempì dell'improvvisa ed irragionevole paura che lei cambiasse idea. Si impose di mantenere la calma e non intervenire.
"dovresti smetterla" dura la sua voce "perchè mamma, questa è la mia famiglia ed io non ti permetto di parlarne così!... Si, anche voi lo siete, ma..."
In quel momento percepì un rumore, nel buio, e si voltò verso la porta, vedendovi Regina in piedi a fissarla.
"Basta mamma. La conversazione finisce qui"
E fu guardandola negli occhi, nella cui oscurità si riflettevano le fiamme del camino, che lo disse
"Io mi fido di lei... Buonanotte"
chiuse la telefonata, senza smettere di guardarla. Si alzò, cercando di smorzare la tensione. Sorrise.
"A volte, sa essere davvero difficile"
Ma Regina non la udì, ferma alle sue precedenti parole
... io mi fido di lei...questa è la mia famiglia…
 e le venne difficile realizzare che fossero arrivate a tanto. La guardò.
"Henry è a letto, vieni a dargli la buonanotte?"
Lei annuì: "Certamente!"
La seguì al piano di sopra, fino alla camera di Henry. Lui le aspettava, con il più grande dei sorrisi sul volto, già nell'oscurità, con solo un lumino acceso.
Gli sorrisero, avvicinandosi al suo letto e guardandolo.
"Allora, contento della giornata?" gli chiese Emma.
Lui annuì vigorosamente: "moltissimo"
"Bene, perchè ti porterà i migliori dei sogni, vedrai. Buonanotte" gli disse dandogli un bacio sulla fronte, con tanta tenerezza che Regina se ne sentì toccare il cuore. Era la prima volta, constatò, che dava la buonanotte a suo figlio con qualcun altro, nella sua camera. E se un tempo aveva pensato che quello sarebbe dovuto per sempre rimanere un loro momento privato, capiva ora che poteva essere meraviglioso anche con qualcun altro al suo fianco, qualcuno che contasse.
E lo salutò a sua volta con dolcezza, lasciandolo poi riposare, accingendosi a lasciare la stanza con Emma, quando lui le richiamò.
"Mamme!" si voltarono contemporaneamente
"si?"
lui fece loro un bellissimo sorriso, guardandole entrambe
"Secondo me stanotte nevicherà"
Ed Emma rise leggermente scuotendo la testa.
"Adesso pensa a dormire che è tardi. Se davvero stanotte nevicherà, domani avrai bisogno di forze!"
Lui annuì felice "Buonanotte"
Ed entrambe lasciarono la stanza, restando nel corridoio buio a guardare, attraverso lo spiraglio lasciato dalla porta socchiusa, il loro bambino, che si sistemava cercando la posizione più comoda.
E Regina sussultò, cercando di non darlo a vedere, quando si accorse che erano così vicine da lasciare che le loro mani si sfiorassero, nello spazio tra di loro, quando si accorse di avere le dita intrecciate alle sue, che si piegavano in torpidi movimenti, quasi a voler stringere l'una quelle dell'altra. Ed il tutto era avvenuto così naturalmente che quasi non ci avevano fatto caso, guardando Henry con tutto l'amore che delle madri potevano provare.
Arrossirono entrambe e si allontanarono quasi bruscamente. Regina chiuse la porta di Henry e sorrise leggermente a disagio, schiarendosi la voce
"Allora, ti mostro la tua stanza". Si avviò per il corridoio senza darle tempo di rispondere, fermandosi alla terza porta.
"La tua è questa, io sono qui vicino ad Henry, se avessi bisogno di qualsiasi cosa..."
Lei sorrise ed annuì, un pizzico di tristezza, perchè forse era stata lei, l'unica responsabile di quel contatto. Forse Regina non lo aveva voluto, e ora aveva rovinato tutto, come sempre. Ma tentò di fare un ultimo tentativo. Doveva sapere.
"Mi avevi promesso qualcosa di caldo"
Lei rimase un attimo interdetta per poi sorridere e annuire.
"Certo. Ma non facciamo rumore, non voglio svegliarlo"
Quasi scappò, da quegli occhi smeraldo che credeva riuscissero a leggerle l'anima, scendendo le scale.
Emma la seguì. Forse, non tutto era perduto.
 
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Alla fine, riuscirono a stare in un clima di relativa tranquillità per tutto il tempo in cui Emma bevve la tisana, ovviamente con estratto di mela, che Regina le aveva preparato, seduta sul divano del salotto, decidendo di ignorare ciò che era appena accaduto tra loro. Parlarono un po' del clima, del suo periodo a New York, con Henry, di come le cose lì fossero diverse, per poi restare in silenzio, a guardare le luci dell'albero che scintillavano allegre e le fiamme guizzanti nel camino.  E lei fece di tutto, davvero di tutto, per concentrarsi solo sulla tisana, per non girarsi ogni secondo a guardare la meravigliosa donna che sedeva vicino a lei, le spalle lasciate scoperte dal maglione, i capelli non più in perfetto ordine, e quell'aria di benessere che scorgeva sul suo viso solo quando era in casa sua.
Svuotò la tazza e la poggiò sul tavolino poco distante. Sorrise
"Grazie Regina, mi serviva proprio"
Ma lei era lontana, immersa nei pensieri. Ancora.
"Hey va...tutto bene?" le chiese preoccupata.
Lei sorrise ironicamente: " tua madre non si fida di me, non è così? Ti stava dicendo quello prima, a telefono, di stare attenta, vero? E tu accetti addirittura tisane!"
Emma sospirò profondamente e scosse la testa: " Lei non ti conosce come ti conosco io. Io...posso capirla. Però voi siete la mia famiglia, io voglio che Henry sia felice e guarda! Se avessi dovuto ascoltare lei ora non sarei qui, e lui non sarebbe felice..." riflettè per un attimo su ciò che aveva detto
"Cioè, non che non sarebbe felice di stare qui,nè di stare con te, è che non starebbe con me, e lui voleva stare anche con me, oggi, e..."
Regina le posò una mano sul braccio, mentre le sue frettolose parole riportarono un sorriso sul suo volto
"Hey, ho capito. E grazie. Per l'invito di oggi, per la fiducia e...per tutto"
Emma sorrise "non devi ringraziarmi. Sei la madre di mio figlio, lo hai cresciuto, lo hai reso la persona che è, e questo vale più di tutto il resto, per me.
E Regina le sorrise, con una gratitudine che le fece scaldare il cuore.
 Poi la vide alzarsi.
"Mi hai fatto tornare in mente una cosa, torno subito." disse allontanandosi.
Ed Emma restò lì a guardarla, senza riuscire a pensare a niente che non fosse lei, anche quando i suoi occhi non furono più in grado di scorgerla, nell' oscurità, chiedendosi perchè aveva l'impressione che ogni suo sorriso si imprimesse nella sua memoria come se avesse dovuto restarvi per sempre.
 
Quando tornò, stringeva tra le mani un pacchetto. Si sedette al suo fianco e glielo porse.
"Regina non... non dovevi, davvero!"
Lei sorrise e scosse la testa : " mi hai aiutata a decorare la casa, no? Diciamo che ero in debito"
Aprì piano il pacchetto e vi trovò dentro un paio di guanti firmati, in pelle, con pelliccia a ricoprirne l'interno. Rimase a guardarli estasiata.
"Sono stupendi ma... ti saranno costati una fortuna!"
Lei sorrise: "Per lo meno avrai dei guanti decenti e non dovrò più farti da scaldamani con la magia"
Emma rise: "non che la cosa mi dispiacesse..." si zittì  troppo tardi, accorgendosi di ciò che aveva detto, ma la vide arrossire leggermente e sorridere
"in fondo...neanche a me"
Si scambiarono un sorriso, uno di quel loro tipo speciale, che le univa più di ogni altra cosa, che durava un soffio, ma che per loro era un soffio di vita.
"Grazie Regina, sono davvero bellissimi"
Poi Emma recuperò la scatola che si era portata dalla macchina
"Se ci stiamo scambiando i regali allora... questo è il mio" disse timidamente, porgendoglielo.
E sperò, sperò con tutta se stessa di aver fatto la scelta giusta, sperò che la sua reazione fosse positiva,a ciò che vi avrebbe trovato all'interno.
Regina iniziò a scartarlo, concentrata, e dio, quant'era bella, con i ciuffi di capelli scuri che le ricadevano davanti al viso, coprendolo parzialmente alla sua vista e proiettandovi sopra le loro ombre.
Eliminò strati di carta e di imbottitura, e quando arrivò al regalo, non seppe cosa provare. Circondata dal silenzio teso di Emma e dal crepitio del camino, rimase immobile a labbra socchiuse a fissare il contenuto della scatola, senza parole.
Un piccola palla di neve vi giaceva, circondata da polistirolo bianco, esattamente la stessa che aveva visto nel negozio di Geppetto molti giorni prima. Ricordava chiaramente, le sensazioni che essa le aveva trasmesso, come si fosse sentita bene ma non si fosse azzardata a comprarla, in onore del suo orgoglio
" è diverso ricevere qualcosa, se è qualcuno a regalartela. Ci sarà qualcosa che vuoi e che non puoi...prenderti da sola "
E seppe che Emma aveva ragione. Era diverso. Totalmente diverso. Perchè lei era stata in grado di darle quello che non poteva avere. Quello che, da sola, per orgoglio o per pregiudizio, aveva deciso di abbandonare su quello scaffale, come sapeva avrebbe sempre fatto.
"Io non..." disse a voce tanto flebile da essere a malapena udita, mentre delicatamente la estraeva dalla scatola, prendendola tra le mani e osservandola 
" è bellissima... grazie. Io..."
Ma le parole le si bloccarono in gola quando lo sguardo le cadde nuovamente su quelle due piccole figure intrappolate nel vetro. Erano ancora lì, a tenersi la mano, come sapeva fosse suo padre con quella versione di sè, nel profondo del suo cuore. In piedi, nonostante le tempeste che lo sconvolgevano, come quella che lasciò infuriasse all'interno della palla quando la capovolse per girare la chiave situata sotto di essa, e far partire la dolce musica. Loro due, per sempre, l'unica certezza della sua esistenza.
E quando le note le riempirono la testa, fluttuando nell'aria circostante, fu sicura di non riuscire più a vedere lucidamente.
Ed Emma era rimasta a fissarla, in silenzio, come su un filo, ad attendere una sua reazione. E quando aveva visto lo stupore nel suo sguardo aveva temuto il peggio, ma poi quella meraviglia le aveva illuminato gli occhi, e si era concessa finalmente di tirare un sospiro di sollievo. Restava ora, ferma, ad ascoltare a sua volta quelle note, dolce accompagnamento per quella miriade di sentimenti che danzavano sul suo viso in penombra, e per quelle fiamme che si rincorrevano senza sosta, proiettando su di esso i più affascinanti bagliori d'arancio. Non ebbe il coraggio di interrompere quel momento, che doveva essere per lei unico, con inutili parole, non le rispose, per una volta. Si lasciò invece trascinare dal suo cuore, che in quella musica, lo sentiva, stava danzando, davanti al più bello spettacolo sulla terra.
E quello spettacolo era lei. Tutto ciò a cui il suo cuore aspirava era lei.
E non era ammirazione, e non era desiderio, ma solo il più puro dei suoi battiti, quello dell'amore.
Fu certezza in un istante, felicità e disperazione.
E quando lei alzò gli occhi lucidi di pianto, parendo bambina in un istante, e la guardò con iridi vibranti d'emozione, lasciandole scorgere il tracciato luminoso che una lacrima stava lasciando sul suo viso, Emma non fu più in grado di trattenersi.
Colmò con uno scatto quel poco spazio che le separava, e sollevò il suo viso, passandovi la mano in una delicata carezza, che andò ad asciugare quella lacrima. Guardò i suoi occhi, il suo sguardo sorpreso, un'ultima volta.
"Tu forse potresti avere paura, ma io non ne ho..."
E non le lasciò il tempo di fiatare che catturò le sue labbra in un dolce bacio, delicato, ma così intenso da essere disarmante. E se si era sentita precipitare, dall'inizio di quel contatto, verso indefiniti spazi, si sentì riportare su, in volo, quando sentì le sue labbra muoversi sulle sue, con la stessa passione che lei vi riservava, e la mano di Regina posarsi sul suo viso.
E fu lungo, non seppe dire quanto, e bellissimo, come anche il migliore dei sogni non potrebbe arrivare ad essere, perchè lei era stata il suo sogno così a lungo, da farlo sbiadire nel nulla, rendendolo reale.
E lei amava, amava Regina. Amava baciarla, amava le sue labbra e la loro morbidezza, amava il sapore salato delle sue lacrime, che, promise, avrebbe da allora in avanti asciugato, una per una, ed amava la sua pelle, il liscio velluto su cui le sue mani scivolarono scendendo sul collo e sulle spalle.
Amava il modo in cui la sentì sospirare quando separò le labbra dalle sue, e rimase sospesa, solo sfiorandole, per un momento, riaprendo gli occhi che aveva inconsapevolmente serrato, iniziando una lenta e tenera discesa verso le sue spalle, lasciate scoperte dalla lana.
Sentì la sua mano posarsi sulla sua spalla, stringendola in una presa convulsa, senza allontanarla, notò con sollievo, ma quasi dandosi su di lei sostegno.
E allora perse ogni freno, ogni limitazione. Lei amava Regina e voleva, Regina. Era la sua anima a reclamarla.
La avvolse tra le braccia e la attirò ancora più vicina.
Con la magia, Regina spostò la preziosa palla di neve sul camino, perchè mai, per nulla al mondo, si sarebbe dovuta rompere, per liberarsi la mano, e con essa cercare la sua, sciogliendo in parte l'abbraccio per intrecciare le dita con le sue.
Emma riuscì a sentirla, la magia che fluiva in lei, nel momento in cui la praticò. Fu come un onda che riscaldò la pelle sotto le sue labbra per un istante. E beh... lei amava anche quello di Regina.
Regina ansimante, tremante per ogni soffio di fiato caldo sul collo, Regina che non capiva, tutto quello, non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, come avesse potuto, la donna che per mesi aveva odiato, renderla così, fragile, portando alla luce ciò di cui era realmente bisognosa, donandole prima ancora che lei lo chiedesse, tutto ciò che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere. Come avesse potuto sentire nelle sue labbra, nel suo bacio, quell'amore che da tempo immemore non riceveva, ma che le era bastato un istante, un solo istante, per riconoscere, e che aveva sentito nelle sue stesse labbra, quando lo aveva ricambiato.
Aveva pianto, per suo padre, per quello che erano, per la sua vita stessa, ma quella notte di Natale, per la prima volta, non era rimasta spezzata, nella sua solitudine. Quella notte, il suo cuore era stato risanato, da un amore dato prima ancora di poter essere accettato. Questa dolce consapevolezza la accarezzò, la ritrovò, nelle labbra che le sfioravano il collo, con una delicatezza che mai avrebbe attribuito ad Emma Swan, capace di alleggerire il suo spirito ed elevarlo alla più piacevole delle estasi.
Strinse di più la sua mano, chiudendo gli occhi, e si accorse di aver di nuovo bisogno del calore di quelle labbra, un bisogno degno della più assillante sete. Lasciò la sua spalla, le sollevò il viso e osservò il suo sguardo sperduto e confuso quando lo riportò alla sua altezza, in cui lesse chiaramente la paura che aveva di sbagliare, di non essere abbastanza. Si avvicinò a lei
"Io non ho paura..."
E fu lei a baciarla per prima, quella volta, gustando il sapore della sua sorpresa, ma sopratutto, della sua felicità.
E ancora rimasero così, a condividere quegli attimi che erano solo loro, fuori da ogni universo, reame o realtà. Gli attimi in cui Regina Mills, capì di riuscire ad amare, ad amare di nuovo, e questa volta, di non aver bisogno di nessun sortilegio per avere il suo lieto fine. Perchè chi amava era proprio lì di fronte a lei, e si chiamava Emma Swan.
Si persero in quel bacio che pareva non avere fine, quando, sul punto di approfondirlo, sentirono un uggiolato e si voltarono simultaneamente, interrompendo il contatto.
Kira le guardava, con i suoi dolci occhi scuri, chiedendo attenzione.
Risero, poggiando le loro fronti l'una contro l'altra, felici, poi tornarono a guardarsi, recuperando il fiato che avevano limitato così a lungo. Ma si era innescata un'elettricità, al loro solo contatto, che sarebbe stata impossibile da fermare senza un elemento estraneo, quasi fossero un circuito, fatto per essere unito.
Si sorrisero e Emma le accarezzò la guancia timidamente, troppo felice, troppo incredula per quello che le era stato concesso, per proferire parola. Così fu Regina, la prima a parlare.
"Grazie..." disse "...il regalo, era bellissimo"
Emma non smise di guardarla negli occhi, intrecciando una mano nei suoi capelli e
"Ti amo, Regina" disse senza alcun preambolo. Mai la sua voce era stata più seria, mai più fermo il suo sguardo.
"Lo dici come se fosse una maledizione" le rispose lei, in un sorriso, anche se un lampo di preoccupazione le attraversò gli occhi
"Lo è, se tu non provi lo stesso per me"
Regina chiuse gli occhi e deglutì. Li riaprì, dopo alcuni istanti che ad Emma parvero eterni, istanti in cui si chiese se era davvero pronta, a quello, se poteva accettare quella seconda possibilità, dono del destino, affrontando tutte le conseguenze che essa avrebbe potuto portare, nel bene e nel male, alla sua vita, e a quell'equilibrio così fragile che sentiva di aver raggiunto, ed alzò lo sguardo.
"Anch'io ti amo, Emma" disse. Convinta, felice.
Ed Emma sorrise, un sorriso come mai ne aveva visti prima sul suo viso, grande e luminoso, che cancellò ogni altra cosa. E la attirò nuovamente a se, per scambiare un altro di quei baci che, Emma lo sapeva, non sarebbero mai stati abbastanza da venirle a noia.
Si separarono dopo poco. "Grazie" sussurrò sulle sue labbra, prima di allontanarsi, a malincuore.
Prese in braccio Kira mentre Regina spostava i resti del suo pacco regalo a terra, vicino al divano. La guardò Emma, sorridendo divertita, sentendosi in se scoppiare dalla gioia per il costante pensiero di non doverla più guardare come l'irraggiungibile oggetto dei suoi desideri, ma come il suo sogno divenuto realtà
"Per terra, vostra maestà?"
Lei la guardò, una nuova felicità negli occhi
"non ho alcuna voglia di alzarmi e per di più ho freddo"
"Non andiamo a dormire?"
Lei sorrise "No, a meno che lei non voglia andare da sola nella sua fredda stanza degli ospiti, signorina Swan"
Emma si sistemò meglio sul divano, con Kira sulle gambe ed un sorriso sul volto
"direi di no"
Prese la coperta su un bracciolo del divano, che solo poco prima Regina le aveva dato per scaldarsi, e la aprì, guardando poi l'altra donna
" vieni qui"
Lei sorrise e senza un'altra parola andò ad accoccolarsi tra le sue braccia, poggiando la testa sulla sua spalla e lasciandosi avvolgere dalla coperta, mai calda quanto il suo abbraccio.
"Un giorno mi chiedesti cosa volevo per Natale..." sussurrò, prima di incontrare i suoi occhi: " tutto quello che volevo eri tu" sorrise, scambiando con lei un altro dolce bacio, atto a suggellare quella promessa.
“Lo sapevo” le rispose, e lei rise, scuotendo la testa, in un modo quasi malizioso che la fece rabbrividire e non di paura
“Sempre insolente, signorina Swan”
“Supereremo mai questo?”
“Suppongo di no”
E così rimasero, sorridenti, a fissare le fiamme nel camino e le luci dell'albero, a godere il silenzio di quella felicità nuova che un tempo non avrebbero mai immaginato di poter raggiungere.
 
Un indefinito tempo dopo, Emma si svegliò. Vide le fiamme del camino quasi estinte: non sapeva da quanto si fosse addormentata. Voltò il capo ed il cuore le batte più forte, vedendo Regina dormire serenamente, poggiata sulla sua spalla, ancora cinta dal suo braccio. Sorrise e, senza svegliarla, le scostò la ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso, chinandosi poi a baciarle teneramente la fronte.
Lei si mosse leggermente, senza svegliarsi.
Poi, la sua attenzione fu attirata da uno strano gioco di luce sulla parete. Si voltò verso la finestra e li vide, migliaia di piccoli fiocchi bianchi che lenti, scendevano nella notte. E non potè evitare di sorridere,  di guardare Regina e di sussurrarle
"Siamo noi l'evento straordinario di Henry... siamo noi"
E così richiuse gli occhi, ripiombando nel sonno.
 
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All I want for Christmas... is you.
 
25 Dicembre
 
E fu in quella stessa posizione che Henry le ritrovò, la mattina dopo, sveglio molto prima di loro. Passò in salotto e si fermò, un ampio sorriso si fece strada sul suo volto.
Non aveva sbagliato, quella notte aveva nevicato davvero. E lui sapeva benissimo quale era la causa.
Sorrise, a quel Natale perfetto, che gli aveva dato tutto ciò che realmente voleva.
Vide Regina svegliarsi lentamente, apparire confusa, con la vista ancora offuscata, cercando di capire dove si trovasse. Quando riconobbe Emma al suo fianco, e ogni ricordo della sera precedente tornò al suo posto, Henry vide nascere sul suo volto uno dei sorrisi più dolci e felici che le avesse mai visto fare.
Lei si accorse della sua presenza subito dopo, affrettandosi ad allontanarsi da Emma, con un barlume di timore negli occhi.
"Buongiorno Henry... scusami, non mi sono alzata in tempo per farti trovare la colazione..."
lui sorrise e scosse la testa : " non fa niente mamma"
Si girò a guardare Emma, cercando quasi una giustificazione sulla sua presenza lì, incerta sul rivelare la verità a suo figlio, ma lei si era già svegliata per le loro voci, con un sorriso radioso sul volto. Si tirò su e le prese il volto, baciandola dolcemente
"Buongiorno Regina"
Guardò Henry sorridendogli, senza timore
"Buongiorno ragazzino"
Regina si girò a guardarlo, spaventata, ma lui le sorrise. Le sorrise con tanta felicità e amore che lei non potè far altro che ricambiare quel sorriso.
"Buon Natale tesoro" fece per alzarsi "aspetta, vado a prendere il tuo regalo"
lui si avvicinò e la fermò, scuotendo la testa
"no mamma. Dopo lo prendo, il mio regalo." le guardò a turno, avendo catturato la loro totale attenzione
"Tutto quello che volevo per Natale eravate voi, la mia famiglia"
E loro gli sorrisero, guardandosi per un momento, felici e fiere di quello che era  loro figlio.
"Vieni qui, ragazzino"
Lo accolsero in un abbraccio forte e caloroso, tra gli uggiolii di Kira, ricordandogli ancora una volta che, comunque le cose fossero andate, lui sarebbe sempre rimasto al primo posto. 
E questa volta, le mani sulla sua schiena si intrecciarono.
"Vale anche per noi Henry... tu sei tutto quello che abbiamo sempre voluto"
 

 
   
 
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