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Autore: Ness by Moon    07/01/2019    0 recensioni
Si era innamorata di lei da quel giorno al Rabbit Hole, quando si era soffermata ad ascoltarla andando oltre ciò che la città le chiedeva di essere. Si era innamorata di lei per il modo in cui la faceva sentire, viva più che mai e immersa in un bagno di lava che le faceva bruciare il cuore. Si era innamorata dei suoi occhi, così maledetti scuri e sporchi, che la stendevano al tappeto al primo sguardo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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***Ormai chiedere scusa per i ritardi è diventato abitudine, quindi magari evito. Fate conto che io l'abbia fatto XD Volevo pubblicare prima di Natale, così per farvi gli auguri mi sembrava una cosa carina e sistemata. Ma ehi, io e l'ordine siamo due binari che viaggiano in versi opposti.
Detto ciò, spero vi piaccia anche se è un capitolo un po' di transito!
Auguri di buon anno e tutto il resto, anche se in ritardo!
XOXO
NbM ***


 Alexis si era ritrovata rannicchiata su un freddo pavimento di pietra e finalmente circondata da silenzio. Non riusciva a respirare, a pensare, a far smettere quel dolore che le sfondava il petto. La magia l’aveva trasportata via da quella bolgia, ma non poteva niente contro i tagli presenti sul suo cuore. Desiderava prenderlo e gettarlo via, il più lontano possibile da lei e dalle sue pena. Ma nonostante ciò, sapeva che non sarebbe mai bastato perché solo la vicinanza di Laya avrebbe permesso quel miracolo. Il solo avvicinarsi al suo nome l’artigliò il petto schiacciandoglielo, l’arpa sembrava un peso fin troppo grande da portare e nemmeno stringerla tra le dita le dava sollievo. Aprì gli occhi, nel petto la tacita speranza di vederla brillare e di sentirle ustionare le dita. Ma l’arpa rimase nient’altro che un pezzo di metallo privo di alcuna vitalità. Urlò contro sé stessa e contro il mondo a palpebre calate, incapace di ritrovare lucidità. Aprì appena gli occhi tirandosi in piedi di scatto, come fosse stata colpita da una forte scarica elettrica. Si rese conto di essere nel mausoleo di sua madre, circondata da boccette e tutti gli arnesi che Regina custodiva. Quel posto era cambiato poco da quando la Evil Queen organizzava i suoi malefici contro la Salvatrice e custodiva cuori. Tutto ciò che aveva desiderato far sparire da quel posto, era l’enorme cassettiera dove erano stati riposti questi ultimi lasciando spazio ad una serie di ordinati scaffali. Uno di questi era stato destinato alle foto di famiglia; una lunga serie di immagini che ritraevano la famiglia Swan-Mills in ogni sfaccettatura. C’erano immagini delle tre al lago, nel giardino di casa, a giocare con la neve, durante le festività intorno al tavolo. Avrebbe voluto sorriderne incontrando i loro sguardi, ma più vedeva le sue madri così felici, più il senso di colpa scavava a fondo. Nei suoi vent’anni di vita, non aveva mai assistito ad una crisi tanto profonda tra le due. Certo, avevano spesso discusso e litigato, ma loro erano Emma e Regina, coloro che avevano spezzato la maledizione con la forza del Vero Amore. Nessuna lite era mai stata più forte di questo.
Eppure…
Accarezzò con un dito il sorriso di Regina, poi si voltò di scatto iniziando ad armeggiare con i vari ingredienti presenti sul tavolo. Non sapeva esattamente cosa stesse facendo, non aveva idea se rischiasse di far saltare l’intera Storybrooke in aria o che altro, l’unico intento era quello di aprire un portale per raggiungere Laya. Aveva assistito Regina in diversi incantesimi e si riteneva quasi all’altezza. Fu una fiala che andò in frantumi per la terza con uno scoppio a farle capire quanto si sbagliasse. In un gesto di estrema frustrazione, urlò scaraventando a terra qualsiasi cosa fosse presente su quel tavolo. Non aveva accesso ad altri fagioli magici e sua madre aveva distrutto il Cappello del Cappellaio dopo che lei ed Emma ci erano finite dentro l’anno dopo la maledizione. Si lasciò cadere ancora una volta per terra passando le mani sul viso. Come poteva essere così inutile? Lei, la figlia della Salvatrice e della Evil Queen incapace di aprire un maledetto portale! Si tirò ancora una volta in piedi, correndo fuori dalla cripta. Urlò contro la Luna, maledicendo ogni cosa le venisse in mente. Impose le mani avanti a sé, sprigionando magia allo stato primordiale. Non seppe esattamente cosa sperasse di ottenere, probabilmente niente. Sfogò tutta la propria frustrazione contro il nulla, lasciando che in lei si fondesse magia bianca e magia nera, che fosse questa a prendere il controllo delle proprie emozioni e le dominasse. Tutto ciò che Regina le aveva sempre detto di non fare. Dalle sue mani, vennero fuori fasci di luce bianca e nera che si perdevano nell’aria. Continuò ad usare la magia finché non si sentì tanto spossata da cadere in ginocchio e fu in quel momento che Leopold le apparve avanti.
-Lex! Che diavolo stai combinando? –
Le fu accanto in un attimo, sollevandola per le braccia e sostenendola. La ragazza era pallida e sudata, respirava a fatica. La sua pelle era gelida, come se non avesse fatto altro che starsene inerme sotto un vento boreale. La strinse forte, il suo corpo e i suoi occhi erano un chiaro allarme dell’imminente sgretolamento della sua anima.
-Io non ce la faccio, Leo. Non posso farcela! –
Il ragazzo la tenne stretta assorbendo le sue lacrime e cullandola.
-Passerà- si limitò a dire.
A quella singola parola, Alexis si staccò da lui come se fosse di colpo diventato troppo asfissiante. Il suo sguardo mutò in un muro di pietra.
-Passerà? Non è un raffreddore! E nemmeno un fottuto brutto sogno! Laya non può tornare, non la rivedrò più a meno che l’altra Emma non decida di tornare a Storybrooke, possibile che tu non lo capisca? –
Leopold si passò una mano tra i capelli, già esasperato da quella situazione.
-Cosa dovrei dirti, Lex? Continua pura a flagellarti auspicando per un qualcosa che sai già non accadrà? L’unica soluzione è andare avanti, dimenticarla! –
Qualcosa nel petto di Alexis andò in frantumi, non seppe dire se fosse ciò che restava del suo cuore o una qualunque altra parte di sé stessa. Anche Phoebus aveva usato quella stessa parola, “dimenticare”. Respirò a fondo, le narici larghe come se potesse uscirne del fumo da un momento all’altro. Boccheggiò diverse volte prima di riuscire a trovare la forza di parlare, di esprimersi. E si sorprese della calma con la quale ci riuscì.
-Come posso dimenticare l’amore della mia vita se ogni singola cosa in questa maledetta città mi sputa in faccia la sua presenza? Come posso far finta che lei- non si sentì abbastanza forte da pronunciare il suo nome- non abbia detto di amarmi proprio dove sei tu ora? Che non l’abbia baciata al bancone del Rabbit Hole? Non abbia fatto l’amore con lei la prima volta nel mio letto, non abbia fatto colazione con lei al Granny’s, o passato i pomeriggi in libreria, al parco, al molo e in ogni cazzo di angolo! –
Ancora una volta, Leopold rimase immobile di fronte alla sofferenza dell’altra. Lui non poteva comprendere, non avrebbe mai potuto. Aveva avuto tante ragazze nei suoi ancora pochi anni, tante al collage e un numero particolarmente alto di flirt, ma mai nella sua vita aveva amato così tanto qualcuno. Certo, si sarebbe fatto uccidere per la sua famiglia, ma non era la stessa cosa. Poteva solo vagamente immaginare cosa significasse incontrare una sola persona e amarla fino al limite della pazzia. Perché era a questo che l’amore la stava portando, sua nipote stava lentamente impazzendo nel disperato tentativo di riportare indietro qualcuno che non poteva farlo. La vide scivolare per terra, le mani tra i capelli e le ginocchia contro il petto e si rese conto da solo che quella battaglia sarebbe stata ancor più difficile della precedente e che non sarebbe bastata una spalla su cui piangere. Si accomodò accanto a lei, stringendole le spalle e carezzandole la schiena. Questa volta, ebbe la decenza di tacere e lasciare che Alexis piangesse tutte le lacrime che desiderava.
 
Regina le aveva proibito di andare da sola alla cripta per utilizzare la magia, ma Alexis non era mai stata particolarmente incline a rispettare i divieti. In quello, era tale e quale ad Emma. Perciò, non si sorprese affatto quando Mary Margaret le fece presente che anche Leopold era andato con lei. Il ragazzo le stava dando una mano con tutto ciò che Regina ancora si rifiutava di insegnarle. Il sindaco aveva ormai smesso di lottare contro il desiderio della figlia di conoscere a fondo la magia e dovette ammettere con sé stessa, di sentirsi quantomeno sollevata all’idea che la praticasse con un altro membro della famiglia. Quantomeno, la sua cripta era a prova di giovani maghi inesperti. Perciò fece finta di niente quando non ricevette risposta alla chiamata fatta alla figlia. Sempre meglio dei suoi pomeriggi buttati a sostenere il bancone di quello squallido locale in compagnia della zingara. A differenza di sua moglie, continuava a non vedere di buon occhio quella relazione e poco importasse che Alexis gliel’avesse fatta conoscere e avesse giurato e spergiurato che Laya Agnès fosse perfetta. Sua figlia era troppo piccola e l’altra troppo grande, poco era cambiato nei sette mesi di fidanzamento. Eppure, Alexis non si era fatta certo scoraggiare dal disappunto della madre. La ragazza continuava a viversi la sua storia come una qualunque ragazzina di diciassette anni innamorata per la prima volta. Laya era diventata tutto il suo mondo, ogni singola cosa nella sua vita girava attorno a lei come un atomo attorno al proprio nucleo. La sua giornata si suddivideva ormai tra la scuola, Laya e le lezioni di magia. Solo quando era persa in quest’ultima attività riusciva ad allontanarla un po’ dalla mente. Come in quel momento.
Leopold le mostrava come creare uno scudo protettivo, un qualcosa che richiedeva un elevato tributo magico e una grandissima concentrazione. Aveva le mani tese avanti a sé, nella mente figurava nitidamente una bolla a protezione del corpo. Le parole del ragazzo la guidavano come in un’ipnosi, calme e ben scandite. Le girava attorno infondendole calma, rassicurandola.
-Rilassa le spalle-
Poggiò le mani enormi sulle spalle nude della ragazza premendole verso il basso. La sua pelle era sudata per lo sforzo, ma sempre chiara e diafana.
-E il collo-
Continuò a passare i palmi lungo i muscoli della ragazza massaggiandole la parte interessata lasciata libera grazie alla coda alta.
-Adesso proiettalo al di fuori di te, vedilo nella mente-
Alexis fece come le era stato detto, distese i nervi e visualizzò nella sua mente la bolla allargarsi sempre più. Leopold lo vide venir fuori dalle sue dita, azzurro e trasparente. Vide lo scudo prender pian piano forma e avvolgere la ragazza con lentezza. Poi la vibrazione di un cellulare lo fece sparire di colpo. Alexis spalancò gli occhi, sussultando per quell’elemento disturbante nell’equilibrio trovato. Si piegò in due sulle ginocchia, il fiato corto e la fronte sudata.
-Ti avevo detto di spegnerlo! – Protestò Leopold a braccia spalancate.
Alexis mosse qualche passo verso il tavolo dove aveva lasciato il telefono per controllare chi fosse. Era la seconda volta che venivano interrotti dallo stesso oggetto, la prima volta era Regina.
-Che palle, Leo, sembri mia madre-
La donna la rimproverava più volte quando durante le loro lezioni, si distraeva per scrivere un messaggio o simili.
-Ti rendi conto che se non stai attenta potresti creare un’esplosione magica? –
Per tutta risposta roteò gli occhi, poi si dedicò al messaggio che le era arrivato. Per un attimo aveva quasi creduto potesse essere Laya, ma la sua repulsione era più forte.
-È Gideon-
-Ancora non ha smesso di correrti dietro? –
Leopold sapeva della cotta dell’altro per la sua familiare e non perdeva mai occasione per prenderlo in giro. Gideon era sempre stato un ragazzo timido e dolce, non avrebbe mai avuto il coraggio di dichiararsi.
-Gid non mi corre dietro, smettila di torturarlo con questa storia. Siamo amici da quando siamo nati-
-Anche zia Rubs ci ha visti nascere, ma rimane sempre la donna più bella che io abbia mai visto-
Alexis fece una smorfia di fronte a quell’affermazione, l’idea che Leopold desiderasse andare a letto con Ruby la faceva rabbrividire, ma al tempo stesso la fece ridere.
-Proviamo un’ultima volta? –
-Vai di fretta? Agnès ha il turno corto stasera? –
Alexis lo spintonò bonariamente prima di rispondergli che aveva solo fame, non sapeva nemmeno se Laya li avesse letti i suoi messaggi.
-Quello che faccio con Laya non è affar tuo, Leo- aggiunse ridendo.
-Certo che no, anche perché non avete fatto niente-
Alexis si voltò di scatto verso di lui, le guance rosse e gli occhi sgranati. Leopold cominciò a ridere tenendosi la pancia, troppo divertito dalla sua espressione e dal modo infantile in cui era arrossita.
-Tu che… chi… -   
-Quando hai un po’ di esperienza certe cose si vedono, principessina-
L’altra arrossì ancor di più, ricordando quando anche Laya le aveva detto quelle stesse identiche parole. La verità era che la desiderava come nient’altro nella vita, ma temeva di non essere abbastanza pronta per lei ancora. Laya aveva avuto diverse esperienze, lo sapeva bene, e di certo non si sarebbe accontentata di una ragazzina alle prime armi. Scosse la testa a quel pensiero, se avesse iniziato a pensare a tutto ciò che la preoccupava nella sua relazione non avrebbe più trovato una via d’uscita.
-Torniamo allo scudo, energumeno senza cervello-
Ruotò il collo per sgranchirsi, impose le mani avanti a sé e riprese quella stessa concentrazione di poco prima. Tornò a figurare nella mente la bolla, nella sua forma e colore. Rilassò i muscoli e si concentrò sull’immagine. Lo scudo cresceva sotto i suoi occhi e assieme a lui, la consapevolezza che non sarebbe mai stata pronta per Laya. Lei era bella, intelligente e perfetta anche nei suoi difetti. Di certo lo era anche a letto. L’immagine del corpo di Laya prese il sopravvento sullo scudo e fu quando se ne rese conto che aprì gli occhi di colpo e perse il controllo. La sua magia si proiettò senza una reale forma causando una forte esplosione.
-Lex! –
Leopold fece appena in tempo ad afferrarla e portarla fuori teletrasportandosi, che la cripta implose sollevando un’enorme nuvola di fumo accompagnata da un boato. Fortunatamente le precauzioni prese da Regina avevano impedito che l’esplosione riuscisse a superare la barriera magica creata attorno la cripta. I due ragazzi atterrarono rovinosamente in terra tossendo.
-Ti avevo detto di restare concentrata! Possibile che non si possa nominare la tua stramaledetta gitana che ti si frigge il cervello? –
Alexis stava cercando di riprendersi, ma il massimo che le era stato concesso dal suo corpo fu di mettersi carponi e tentare di riprendere fiato. Aveva tentato di mettersi in piedi, ma le girava la testa.
-Tua madre ci ammazza, questa è la volta buona che risvegli la Evil Queen-
-Non se ne accorgerà, sistemeremo tutto-
-Si, come no-
Si stesero entrambi pancia all’aria, aspettando che i polmoni riprendessero abbastanza ossigeno da permettergli di tenersi in piedi senza sbandare. Non seppe esattamente perché, ma scoppiò a ridere. A ridere di gusto.
-Adesso che hai da ridere, sciroccata? –
-Te la immagini la faccia di mamma e nonna se vedessero cosa abbiamo combinato? –
Rotolò su un fianco per guardare il ragazzo in faccia, si fissarono per qualche secondo per poi scoppiare a ridere entrambi immaginando la medesima scena.
-Quante volte te l’ho detto, Alexis. La magia ha sempre un prezzo- ironizzò la ragazza simulando la voce di Regina.
-Quando imparerai a comportarti da principe, Leopold? – la seguì il ragazzo imitandola.
Risero ancora, risero come se non ci fosse altro al mondo se non loro due.
-Sicura che il tuo donatore non sia Jefferson, vero? Sei completamente pazza, Lex-
-Mamma ha sempre detto che era qualcuno esterno a Storybrooke, per motivi di privacy-
Si alzarono finalmente, sempre senza smettere di ridere. Alexis ebbe appena il tempo di rimettere a posto i pensieri che dalla foresta sentì urlare il proprio nome. Si voltò impaurita e ciò che vide la sconvolse. Laya correva a perdifiato verso di lei, sul viso una maschera di preoccupazione.
-Lay, che… ? –
La maggiore le si fiondò addosso, incurante della presenza dell’altro ragazzo. L’abbracciò impedendole di muoversi, lasciandole come unica possibilità quella di stringerle i fianchi con le mani.
-Stai bene? –
Le prese il volto con le mani, fissando a lungo quelle meravigliose gemme verdi che la guardavano confusa. Il suo sguardo saettò per tutto il corpo della giovane Swan-Mills in cerca di ferite o simili.
-Certo, ma che… -
-Ho sentito l’esplosione. Ho letto il tuo messaggio e stavo venendo qui quando… -
-Hai letto il mio messaggio? –
Era stato come se Alexis avesse ascoltato solo quella parte del discorso, sconvolta all’idea che Laya avesse avuto un qualche tipo di approccio con il cellulare.
-Mi hai fatta spaventare da morire, razza di principessina idiota! –
L’abbracciò ancora e Alexis guardò Leopold completamente sconvolta. Quello non era un atteggiamento da Laya.
-Si può sapere che diavolo le stavi facendo? – imprecò poi verso Leopold.
Il ragazzo sgranò gli occhi, così come aveva precedentemente fatto l’altra.
-Lay, calmati. Che ti prende? –
Leopold alzò le mani in segno di resa verso la bruna, poi salutò la nipote dicendo che le avrebbe lasciate sole. Si teletrasportò senza lasciar traccia, lontano dalle due. Una volta sole, Alexis si concesse di dedicarsi interamente alla ragazza. Le spostò una ciocca di capelli scuri dal viso e tentò di sorriderle.
-Mi dici che ti ha preso? –
Laya si allontanò raggiungendo un albero per poi sedercisi sotto, Alexis la imitò.
-Ho solo avuto paura-
-Questo l’ho compreso, Laya, ma perché? Non è la prima volta che vengo qui per studiare la magia-
La maggiore serrò la mascella, distogliendo lo sguardo dagli verdi dell’altra. Alexis le prese una mano stringendola tra le sue trovandola incredibilmente calda.
-La magia mi ha portato via già troppo, non voglio perdere anche te-
Parlò senza guardarla, senza rivolgerle un solo sguardo fissando sempre e solo il terreno sotto i suoi piedi.
-Lay non mi perderai, non succederà-
L’altra passò più volte le mani sul viso, nervosa per quella conversazione. E Alexis comprese. Non si trattava solo di sé stessa, o della loro relazione. La magia le aveva già sconvolto la vita, l’aveva resa una persona diffidente ed incapace di creare legami. La magia le aveva portato via sua madre, costringendola a vivere senza e nel totale dubbio di come conducesse la propria vita. Doveva essere dura per lei frequentare il frutto della magia più grande mai esistita. Si mosse dal suo posto parandosi di fronte ai suoi occhi scuri.
-Laya, io non andrò da nessuna parte è una promessa. E se anche dovessimo separarci, ci ritroveremo. La mia famiglia si ritrova sempre-
La bruna sollevò lo sguardo andando ad inciampare in un paio d’occhi troppo belli per non contenere magia a loro volta. Si allungò verso il suo viso baciandola e sentendo dentro di sé quella scossa che si attivava ogni qual volta la minore le era vicina. Avvertì distintamente il cuore battere così forte da farle quasi male e suggerirle ciò che ormai stava pensando da troppo tempo.
-Ti amo, Alexis Swan-Mills-
La ragazza la guardò fisso, incredula alle sue parole. Gli occhi si erano fatti enormi e pieni di lacrime. Era abbastanza certa di aver dipinto sul viso un sorriso da perfetta ebete e che l’altra potesse sentire il cuore picchiare a pugni chiusi contro il petto.
-Cosa? –
-Hai perfettamente capito, principessina-
Alexis le saltò addosso, sedendosi sul ventre dell’altra poggiata all’albero. Infilò le dita tra i suoi capelli scuri e la baciò con un bisogno che non aveva mai sentito prima. Seguì la sua lingua in ogni angolo, percorrendone perfettamente la strada. Laya gemette, il corpo di Alexis era troppo vicino e coperto unicamente da una tuta grigia e una canotta bianca. Poteva sentirne il calore, la pelle ardere sotto le dita. Le spostò dai fianchi alla pancia, infilandole sotto il tessuto e beandosi dei brividi che nacquero. Alexis si lasciò sfuggire un gemito più forte degli altri, un suono che mandò Laya in confusione e che la spinse a osare di più. Salì ulteriormente lungo il busto della ragazza, fino a raggiungere i suoi seni piccoli e stringerli tra le dita. La minore sospirò forte, rabbrividendo per quel contatto e sentendo un incendio divampare tra le gambe. Si spinse maggiormente verse quelle mani abbronzate, cercando un contatto sempre maggiore che Laya non le negò. Lasciò che i capezzoli le solleticassero i palmi da sotto il reggiseno, l’impulso di toccarli senza filtri si fece sempre più forte. Alexis avrebbe voluto ricambiare, fare qualcosa di diverso dal semplice stringerle i capelli, ma la paura di sbagliare e di non essere abbastanza la teneva inchiodata a quella strada che conosceva fin troppo bene. Eppure le dita di Laya la stavano facendo impazzire senza fare nulla di complesso, nulla di strano. Comprese che fino a quando non avesse superato il suo limite, non avrebbe mai potuto farle provare quelle stesse meravigliosi sensazioni. Spostò le dita verso il collo, ma proprio in quel momento Laya ritirò le sue staccandosi dalle sue labbra. Aveva il fiatone e gli occhi chiusi, fermarsi era stato così dannatamente difficile.
-Perché? –
Non serviva specificare a cosa si riferisse la domanda.
-Sei incredibile, principessina. Finirai col farmi impazzire-
La guardò con quei suoi occhi neri e magnetici, così belli mentre brillavano di pura malizia.
-Non sono riuscita a fare nulla- rispose arrossendo
-Allora continua a non farlo-
 
DODICI GIORNI DAL RITORNO
 
-Abbiamo solo peggiorato le cose, Emma! Te ne rendi conto? –
-No, no Regina! Nostra figlia stava impazzendo-
Emma non riusciva a star ferma, camminava avanti e dietro per il salotto come un animale in gabbia. Ogni parola era accompagnata da sguardi infuocati e mani che gesticolavano.
-E cosa c’è di diverso adesso? L’ha persa per la seconda volta, credi che si riprenderà mai? L’abbiamo costretta a soffrire per la seconda volta! –
-Le abbiamo dato una possibilità, ha tentato ogni cosa possibile e non avrà rimpianti-
Regina rise nervosamente alzando le braccia al cielo, seriamente sconvolta dalle parole di sua moglie. Come poteva essere ancora così così convinta che quella fosse stata la cosa giusta da fare? La loro bambina era ridotta ad uno straccio e lei sembrava non rendersene conto.
-E’ stata costretta a tornare! Per quanto ne sappiamo ha mutato una realtà-
-Non me ne importa niente di un’altra realtà, mi importa di mia figlia! –
Le pareti del numero 108 di Mifflin Street presero a tremare, impregnate dalla carica magica delle due donne e dei loro animi in subbuglio. Aveva accolto nel suo ventre non solo la famiglia Nolan ma anche Gideon e Ruby. Erano tutti stati convocati per aiutare Emma e Regina a combattere la più grande minaccia che casa loro avesse mai visto, il terribile stato in cui era caduta la loro bambina. Le due donne litigavano incessantemente, ormai, senza riuscire a venirne a capo. Si era rivelato dunque obbligatorio richiedere l’aiuto di tutti quelli che tenevano alla ragazza. Le sue madri, erano riuscire solo a coesistere sotto lo stesso tetto, in parte. 
-Dovete calmarvi. Continuando ad urlarvi contro non risolverete nulla-
Mary Margaret fu costretta ad intervenire, sua figlia e sua nuora ormai non riuscivano più a dialogare senza litigare. La permanenza di Alexis in un’altra dimensione aveva minato profondamente il loro rapporto.
-Quella ragazza ha passato mesi a cercare di riportare a casa una persona che non esiste più. Ha dovuto rinunciare a tutto per ritrovarsi con un pugno di niente, datele tregua-
Per pochi attimi regnò il silenzio nella stanza, Mary Margaret guardava sua figlia cercando di leggere nel suo sguardo. La donna era distrutta, dalle liti, dal dolore di Alexis, dallo stress di dover rimettere le cose apposto.
-Quella ragazza è mia figlia, Snow White- ringhiò Regina- E so perfettamente cosa ha sopportato, io lo so. Conosco cosa si prova nel vedere qualcuno che ami sparire in uno schiocco di dita, senza che tu possa fare assolutamente nulla. Noi avremmo dovuto proteggerla da tutto questo dolore, avremmo dovuto essere i suoi scudi e difenderla. Invece l’abbiamo scaraventata in un portale di sofferenza restandocene qui con le mani in mano! Noi abbiamo distrutto mia figlia! –
Gli occhi di Regina si riempirono di lacrime, il suo volto diventò paonazzo e la vena sulla fronte si gonfiò pericolosamente.
-Abbiamo fatto ciò che abbiamo ritenuto giusto! Siamo state delle brave madri! –
-L’ABBIAMO AMMAZZATA, EMMA! –
Emma e Regina si guardarono per qualche secondo, lo smeraldo si perse nel bronzo. Due fuochi che ardevano alimentandosi negli occhi dell’altra. La tensione era palpabile, vibrava nell’aria dominandola. Nessuno aveva il coraggio di dire una sola parola, ma tutti avrebbero desiderato dare una mano. Fu ancora Mary Margaret a prendere la parola, l’unica che si sentisse abbastanza pronta ad intromettersi.
-Non puoi pensarlo davvero, Regina. Tu ed Emma non fareste mai nulla che potrebbe nuocere a Lex. Voi… -
-Oh ti prego Snow White non venirmi a fare la morale, non credo di riuscire ad avere ancora tutte le mie facoltà mentali se dovessi continuare questa conversazione-
La donna si lasciò cadere sul divano, le mani perse nei capelli scuri e le dita aggrappate alle ciocche.
-Mia madre sta cercando di darci una mano, non merita queste tue parole-
-Ebbene io non voglio. Decidiamo noi cosa sia meglio per nostra figlia, Emma. Io e te-
-Non c’è più un io e te da un pezzo, Regina-
Il tono della bionda era risultato più duro di quanto avesse desiderato. Non avrebbe voluto mettere così tanto veleno in quelle parole, non avrebbe voluto risultare tanto amareggiata. Ma non poteva tenere quei sentimenti ancora per sé, tra lei e sua moglie si era creato un baratro troppo grande per riuscire ad ignorarlo ancora.
-E di chi è la colpa, Emma? Chi ha negato fino alla fine di star sbagliando? Chi ha preferito non dire niente piuttosto che parlare con la propria moglie? – Ringhiò scattando di nuovo in piedi.
-Tu hai perso il senno, Regina. È diventato impossibile parlarti di qualsiasi cosa-
-Io, Emma? Tu non hai fatto altro che… -
-Smettetela! –
Come se un vento gelido avesse invaso la stanza, il cuore di tutti i presenti perse un battito. La voce distrutta di Alexis aveva investito tutto ciò che aveva incontrato, il suo sguardo umido e vuoto si era piantato in ogni paio d’occhi.
-Tesoro, è tutto ok? –
Regina le fu accanto in un attimo, terrorizzata che sua figlia potesse avere un nuovo collasso e che sparisse ancora chissà dove. Le sue dita riuscirono solo a sfiorare le guance della ragazza che quest’ultima si tirò indietro.
-Non mi toccare-
Il volto della donna si trasformò in una maschera di dolore, crepata dalle parole rabbiose di sua figlia.    
-Lex, che succede? – Tentò Emma, ma senza avvicinarsi troppo.
-Succede che non ne posso più! Sono io quella che ha perso tutto, io che sono stata costretta a dire addio all’amore della mia vita, io che devo fingere sia morta! –
Alexis ingoiò a vuoto, la gola era secca e nonostante ci provasse non riusciva ad umidificare le labbra. Tutti gli occhi erano puntati su di lei, come un riflettore su un palcoscenico.
-Tesoro, noi lo capiamo e siamo qui per… -
-No nonna, voi non potete capire. Non riesco a dormire perché vedo Laya, non riesco a pensare o a immaginare qualcosa di diverso da lei. Non riesco neanche a respirare perché sento il suo profumo! –
Tra le sue labbra morivano lacrime e parole, le gambe erano ormai incapaci di sostenere ancora il suo peso costringendola in ginocchio. Le sue madri non ebbero la forza di affiancarla o di fare qualsiasi cosa. Entrambe erano sconvolte, gli occhi colmi di lacrime.
Fu allora Leopold ad allontanarsi dal sofà e ad avvicinarsi alla ragazza, l’unico ormai capace di starle accanto. L’aiutò a tirarsi su nonostante i suoi rifiuti, sostenendola per i fianchi. Non disse nulla, lo leggeva nei suoi occhi stanchi e gonfi che non aveva ancora finito.
- Io ho dovuto rinunciare a Laya, fa così male che non riesco a respirare e non posso nemmeno strapparmi via il cuore perché avete deciso di proteggerlo con un incantesimo. Perché tu,-rivolse il suo sguardo a Regina- hai decretato che fosse giusto che io convivessi con questo dolore. Non posso sopportare anche questo, vi prego- la voce le si ruppe per le lacrime e i singhiozzi- vi imploro non fatemi patire anche questo. È da quando sono tornata che non fate altro che litigare, discutere e tirarvi veleno. Vi prego, almeno voi, restate quell’ancora di salvezza che siete sempre state. Restate quelle di sempre mamme, vi supplico, ho bisogno della mia famiglia! –
Il suo pianto successivo fu disperato, nascose il viso nella spalla di Leo e buttò fuori tutto il dolore che custodiva gelosamente. Il ragazzo l’abbracciò stringendola più forte che poté, tentando in ogni modo di tenerla più al sicuro possibile. Si era ormai eletto suo personale paladino e non avrebbe lasciato che niente e nessuno la scalfisse ancora.
Emma e Regina si scambiarono una sola occhiata e quella bastò ad intendersi, come non succedeva da troppo tempo e come era sempre stato. Si mossero all’unisono in direzione dei due ragazzi. Leo mollò la presa solo in favore delle salde braccia di Emma e di quelle dolci di Regina. La famiglia Swan-Mills si ritrovò in un abbraccio che era mancato da ormai troppo tempo.
-Scusami amore, siamo state così stupide. Perdonaci Alexis-
-Si sistemerà tutto, Lex. Te lo prometto-
Emma e Regina si fissarono, sorridendosi. Era l’inizio di una lotta contro la distruzione.
  
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