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Autore: sparewheel    08/01/2019    2 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 24.

Emma odiava il turno di notte.
Passare ore ed ore da sola nel suo ufficio o a pattugliare le strade deserte, ben sapendo che la cosa più pericolosa in cui poteva imbattersi a Storybrooke in tempo di pace era un qualche gatto randagio alla ricerca di cibo, non era più un modo come un altro per trascorrere le sue nottate.
Non era più un favore che non le pesava fare a suo padre per lasciargli passare più tempo a casa, e non era più nemmeno un pretesto perfetto per avere un po’ di tranquillità, lontana dalle fastidiose attenzioni di Killian.
No, non era più una cosa piacevole, non da quando lo sceriffo le sue nottate si era abituata a passarle con Regina.
E si era abituata ad addormentarsi con Regina, e a stringere Regina, e a lasciar cullare i propri sogni dal profumo e dal calore di Regina, e a svegliarsi con accanto Regina.
Quindi il turno di notte Emma non poteva che odiarlo e basta.
E aveva deciso di parlarne con suo padre e con la stessa Regina, perché servivano assolutamente delle nuove leve alla stazione dello sceriffo. Nuove leve che avrebbero coperto lo stupidissimo turno di notte e le avrebbero consentito di passare più tempo con la sua famiglia una volta nato il bambino.
Per questo Emma aveva speso le ultime ore di quella sua inutilissima guardia a pensare ad una serie di motivi da propinare a Regina per farle capire quanto stranecessaria e super urgente fosse la sua richiesta.
E aveva anche raccolto quei motivi in una lista, inizialmente stilata sul proprio cellulare e poi accuratamente ricopiata su un foglio, perché a Regina piacevano le cose ordinate e così avrebbe certamente apprezzato il suo impegno.
Sicura della buona riuscita del suo piano, Emma varcò la porta di casa alle prime luci dell’alba, una ciambella del Granny’s in bocca e la preziosa lista ben custodita nella tasca posteriore dei jeans.
L’avrebbe sottoposta a Regina subito dopo la colazione, momento in cui il sindaco era felice, riposata e quindi probabilmente più propensa ad assecondarla.
Perciò ad Emma non restava che preparare quel pasto per Regina e portarglielo a letto, come già molte altre volte aveva fatto in quelle settimane di convivenza.
Era un compito non troppo complicato, che Regina le aveva descritto in ogni minimo dettaglio in una delle loro chiacchierate durante un trasferimento d’energia e che Emma aveva ormai imparato ad eseguire alla perfezione. Bastava preparare una premuta d’arancia senza zucchero, uno yogurt magro da accompagnare con dei cereali integrali, un bicchiere di macedonia di frutta fresca, due cucchiaini ed un fazzolettino, il tutto ordinatamente disposto sul vassoio rettangolare con la stampa di un cesto di mele che Henry aveva regalato a sua madre per Natale una manciata di anni prima.
Eliminati il caffè e le ben poco salutari uova strapazzate, la colazione estiva di Regina era un pasto che anche Emma poteva mettere insieme senza troppa fatica o disastri.
Però, la prima volta che aveva preparato quella colazione, Emma aveva voluto aggiungerle un tocco personale. Per questo, nell’angolo in alto a destra del vassoio, lo sceriffo aveva posizionato un piccolo vaso in vetro con dentro una bellissima e profumatissima rosa rossa, fatta arrivare direttamente dal negozio del signor French con un semplice e rapido movimento della mano.
Peccato però che nessuno le avesse detto che le donne incinta sono particolarmente sensibili all’odore dei fiori… il forte profumo aveva subito infastidito Regina che, portandosi istintivamente le mani a coprire il proprio naso, aveva inavvertitamente colpito il fianco di Emma che, perso l’equilibrio, si era rovesciata addosso l’intera colazione.
Lo sceriffo si era quindi trovata costretta a rispedire indietro quella bellissima e profumatissima rosa rossa con uno stesso rapido movimento della mano, per poi dover ripulire il disastro causato mentre Regina la rimproverava per non aver saputo seguire le sue più che semplici, dettagliate e motivate istruzioni.
Per fortuna però la ramanzina non era durata poi molto: ben presto Regina le aveva sorriso e l’aveva ringraziata con un bacio per il dolce pensiero.
E così ad Emma era venuto in mente un modo diverso per poter concretizzare quel suo dolce pensiero: sostituire il fiore vero con uno di cioccolato, rigorosamente fondente.
Non era stato difficile trovarne, visto che sul web si poteva ormai acquistare davvero di tutto. E quell’acquisto era stato certamente una scelta azzeccata perché, alla colazione a letto successiva, Regina era rimasta più che colpita, aveva divorato il cioccolatino e le aveva sorriso di nuovo, ringraziandola con un bacio al sapore di cioccolato fondente.
Emma sorrise al ricordo dei tanti baci al sapor di cioccolato che Regina le aveva dato.
Poggiò il cioccolatino a forma di fiore al suo posto sul vassoio, insieme alla colazione appena preparata, e imboccò le scale, pronta a ricreare per l’ennesima volta quel loro piccolo rito.
Diverse volte, entrando nella loro camera da letto, Emma aveva trovato Regina sveglia ad aspettarla e pronta a sottolineare, con arguti e sarcastici commenti, la sua più totale mancanza di delicatezza nel muoversi all’interno della casa.
Questa volta però Regina stava ancora dormendo.
Era adagiata su un fianco, le labbra lievemente socchiuse ed in viso un’espressione serena, incorniciata dai capelli spettinati. Le braccia erano raccolte d’avanti al petto e la camicia da notte di seta blu era sollevata appena, lasciando così scoperte le gambe leggermente abbronzate.
Emma si fermò ad ammirarla per qualche momento, il respiro sospeso e gli occhi brillanti.
Regina era di una bellezza senza pari, era una meraviglia che non mancava di mozzarle il fiato già solo esistendo.
E poterla guardare… poterla stringere, poterla vivere, poterla amare… era certamente quanto di più bello Emma avesse ricevuto dalla vita.
Era il dono più prezioso, il desiderio che non aveva mai nemmeno osato esprimere.
Eppure adesso era la sua realtà, il suo presente.
E forse anche il turno di notte non era poi così male se al suo rientro a casa c’era una tale fortuna ad aspettarla.
Riscuotendosi, Emma entrò nella stanza, attenta a non fare rumore anche in quegli ultimi istanti che la separavano dal sindaco.
Lasciò il vassoio sul proprio comodino e si sdraiò cautamente sul letto, raggiungendo Regina, ancora profondamente addormentata.
Emma ghignò, felice di poter svegliare l’altra donna nel modo che più preferiva: riempiendola di baci e attenzioni.
Cominciò così a posare le proprie labbra sulla pelle olivastra del sindaco, accarezzandola con tocchi leggeri sui fianchi, sulle braccia, sulle spalle, sul collo, fino ad arrivare alla guancia, alla fronte, al piccolo naso e alla cicatrice che tanto amava.
Regina cominciò a muoversi leggermente, gli occhi ancora chiusi, e un sorriso le si stampò sulle labbra non appena il sonno la lasciò divenire cosciente delle attenzioni di Emma.
Lo sceriffo se ne accorse ed andò a baciarle quello stesso meraviglioso sorriso.
Una volta e poi una seconda.
“Buongiorno signor sindaco, la colazione è pronta” annunciò Emma, rimanendo ad un soffio dalle sue labbra.
Regina le sorrise, gli occhi adesso aperti e luminosi.
“Allora è meglio che la mangi subito sceriffo Swan, prima che si freddi” le rispose, circondandole il collo con le braccia, per averla più vicina, e cominciando a divorarle le labbra con passione.
Emma fu ben felice di assecondarla e si lasciò andare a quel bacio colmo di gioia e desiderio.
“Non c’è nulla di caldo in quel vassoio, ma se fai così io non mi raffreddo di certo…” le disse, guardandola negli occhi, un sorriso malizioso in volto.
Regina sostenne lo sguardo dello sceriffo e si mosse lentamente, fino a portare le proprie labbra vicino al suo orecchio. “Non stavo affatto parlando del contenuto del vassoio…” le sussurrò. “Ma adesso che mi ci fai pensare… ho davvero voglia della mia macedonia” le disse, allontanandosi bruscamente da lei e mettendosi seduta.
“Hey, questo è crudele!” si lamentò Emma, sollevandosi sui gomiti e guardandola con un’espressione frustrata così adorabile che Regina non riuscì a non sorridere.
Forse un pochino era crudele, si, ma adorava punzecchiare Emma a quel modo. Le reazioni che lo sceriffo sapeva regalarle erano impagabili.
Divertita, le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le toccò la punta del naso. “Sii gentile signorina Swan, e passami il vassoio con la colazione”.
Emma le rispose mettendo il broncio. E decise di concentrare la propria attenzione sull’altra persona presente nella stanza e che il broncio glielo fece subito sparire.
“Buongiorno pulce” sussurrò, posizionandosi a pancia in giù ed in modo da avere il viso all’altezza del ventre di Regina, sul quale posò un bacio.
“Tua madre è crudele, lo sai?
Ma non preoccuparti: questo tipo di dimostrazioni d’affetto sono riservate solo a me.
E ogni tanto anche ai miei genitori. E a qualche altra manciata di decine di persone di Storybrooke o degli altri regni, ma nulla di che”.
Per tutta risposta, Regina le colpì la testa bionda con la mano e la guardò male.
“Il vassoio, Emma” ripeté.
Ma Emma la ignorò, per nulla sorpresa da quella reazione. Doveva rimanere concentrata sul proprio discorso e sfruttare quell’occasione.
“Però, cucciolino mio, tua mamma è anche tanto gentile e premurosa.
È sempre protettiva con la nostra famiglia e con i nostri concittadini, infatti è un gran bravo sindaco.
Sa sempre ciò che è meglio per la città e per i suoi abitanti e da molti anni fa in modo che tutto funzioni alla perfezione, anche quando a me capita di consegnare i documenti in ritardo…”
“Ossia ogni mese” puntualizzò Regina.
“…o quando mi succede di non compilare un qualche verbale, o di non rispondere a delle telefonate, o di perdere degli oggetti dell’ufficio, o di cancellare inavvertitamente delle mail di lavoro…”
“Ossia almeno una volta al giorno” precisò nuovamente il sindaco, cominciando a giocare con una ciocca dei capelli di Emma.
Aveva notato il pezzo di carta scarabocchiato che fuoriusciva dalla tasca posteriore dei jeans dello sceriffo non appena Emma si era messa in quella nuova posizione e, se nuovi scagnozzi e no turno di notte erano degli indizi, era certa di aver capito dove quel discorso stava andando a parare…
Più che divertita, lasciò che Emma continuasse.
“Vedi rospetto, a Storybrooke serve protezione, servono regole, servono occhi vigili e attenti, servono dei punti di riferimento. E non dovrebbe dover pensare a tutto tua madre. Infatti, ad esempio, la stazione dello sceriffo potrebbe darle una grande mano nella gestione della città. Basterebbe, che ne so, assumere due o al massimo tre nuovi agenti. Verrebbero addestrati e formati correttamente, imparando a gestire come si deve i documenti, che così sarebbero sempre completi e puntuali. E questi quattro agenti lavorerebbero su turni, garantendo forze fresche e attente in ogni momento della giornata, sempre pronte a rispondere alle esigenze dei cittadini o ad attivarsi in caso di crisi. 
Inoltre, si creerebbero dei nuovi posti di lavoro e sarebbe un’occasione di crescita per la città e l’intera comunità, permettendo ai ragazzi di trovare una loro strada o a qualche adulto di cominciare un nuovo ed entusiasmante capitolo della propria vita.
I pesi sulle spalle delle tue mamme diminuirebbero e allo stesso tempo tutti i cittadini si sentirebbero più sicuri!
Ecco quanti vantaggi e quanto bene potrebbe portare la semplice e immediata assunzione di cinque nuovi agenti, capisci mostriciattolo?!”
“Emma!” la richiamò Regina, tirandole la ciocca di capelli che aveva tra le mani. “Vuoi smetterla di chiamare nostro figlio con questi soprannomi orribili e offensivi?!”
“Non sono orribili e offensivi, sono teneri e carini!” si difese lo sceriffo.
“Si, per un bambino in un film horror…” replicò Regina, portando entrambe le mani sul proprio ventre, come a voler schermare le orecchie del piccolo.
“Hey, non è vero!
E se non posso usare questi bellissimi nomignoli, come dovrei chiamare nostro figlio, sentiamo?!” le rispose Emma, piccata.
A quella domanda Regina si bloccò.
Come chiamarlo…
Già, come chiamarlo?
Tutti quei mesi e non ne avevano mai parlato!
Perché prima era troppo presto, e poi doveva essere una bambina, e dopo ancora i problemi, i litigi, le paure, …
Ma tutto quello era passato, lo avevano superato.
Lei ed Emma erano andate oltre ed erano lì, nel loro letto, in quella calda e luminosa mattina d’agosto, con Henry che dormiva tranquillo nella propria camera e il loro secondogenito che dormiva altrettanto tranquillo dentro il suo ventre.
Al sicuro, in salute, vivo e reale al punto da avere ormai bisogno di un nome.
“Dovresti dirmelo tu” sussurrò Regina, gli occhi improvvisamente umidi.
“Che fai adesso, mi prendi in giro?”
“No… sto dicendo che il suo nome dovresti sceglierlo tu.
Io ho scelto quello di Henry, ed è giusto che anche tu abbia questa opportunità” le disse Regina, sorridendo dolcemente.
“Stai… cioè… dici davvero?” le chiese lo sceriffo, incredula.
Regina annuì, il sorriso ancora sulle sue labbra. E fu il turno degli occhi di Emma di inumidirsi improvvisamente.
Gli angoli della bocca le si sollevarono irrimediabilmente verso l’alto e il suo viso tornò a posarsi sul ventre di Regina.
“Hai sentito mostriciattolo? Sceglierò io il tuo nome!” esclamò entusiasta Emma, il cuore colpito in pieno da quella immensa felicità che portava la firma di Regina e Regina soltanto.
E proprio in quel momento anche la guancia di Emma venne colpita.
Con un calcio, una testata, o forse un pugno, ma il bambino l’aveva certamente colpita.
“Hey, e questo adesso cosa vorrebbe dire?!” provò a chiedere Emma, scostandosi leggermente dal ventre di Regina, per poterlo guardare meglio.
“Era un calcio di gioia, vero?
È perché sei contento, vero batuffolino?” chiese lo sceriffo, speranzosa.
Per tutta risposta, il bambino le diede un altro calcio, stravolta sulla mano a contatto col ventre, e Regina scoppiò irrimediabilmente a ridere.
“Regina!” la rimproverò Emma. “Perché mi ha colpita?” le chiese quindi, mettendo di nuovo il broncio, come fosse lei stessa una bambina.
Regina ignorò la sua domanda e la trascinò verso di sé, per poterle baciare via proprio quel broncio.
Bastò un solo bacio per farlo sparire.
Ma Regina gliene diede un altro, un altro e poi un altro ancora, facendo sparire anche l’aria dai loro polmoni.
“Sai, se prestassi attenzione alle riunioni e leggessi le mail che ti mando, sapresti che è già stato stanziato un importo extra per la formazione e la successiva assunzione di due nuove reclute più un consulente magico” le rivelò il sindaco a fior di labbra, un sorrisetto tra il divertito e il rassegnato impresso sul volto.
Perché Regina lo aveva già messo in conto da un po’ che le cose sarebbero cambiate. E lei ed Emma dovevano poter dedicare il giusto tempo alla loro famiglia, senza però rischiare di danneggiare la città e i suoi abitanti. A Storybrooke servivano un municipio e un dipartimento dello sceriffo operativi a tempo pieno e, se da una parte il suo staff era ormai ben organizzato e funzionante anche senza le sue continue direttive, lo stesso non si poteva dire dell’ufficio dello sceriffo, che in quel momento era… beh, esattamente come il proprio sceriffo.
Regina sospirò, comunque grata per quell’imprevedibile uragano che era la sua Emma.
Pasticciona, ritardataria, disordinata, incorreggibile in centinaia di cose, ma non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo.
La sua Emma.
Le sorrise.
“Coraggio mostriciattolo biondo: porta qui quel vassoio. È davvero ora di fare colazione”.
 
 
“Papaaaaà!” urlò Jennifer non appena vide suo padre entrando nella stanza.
Gli corse incontro ed Henry si abbassò leggermente e spalancò le braccia, pronto a sollevarla e a stringerla forte.
La piccola gli gettò le braccia attorno al collo, ricambiando la stretta e riempiendogli il cuore.
“Hey, principeste! Hai fatto la brava?” le chiese Henry, posandole un bacio sui capelli.
“Si papà!
Ho giocato con Robin e con zia Zelena e con nonna Regina e mi sono messa il vestito da principessa e nonna Regina mi ha fatto i capelli e poi ho fatto un disegno e poi nonna Emma ha detto che sono la sua preferita e poi Robin mi ha fatto il solletico e poi io sono scappata!”
Henry le sorrise, travolto da un tale entusiasmo. “Wow, deve essere stata una bella giornata!”
“Siiii!
Possiamo stare ancora qui papà? Eh, possiamo???” gli chiese Jenny, supplicandolo con quei suoi occhioni verdi e quel suo viso apparentemente angelico che già così bene aveva imparato a sfruttare.
Henry la guardò orgoglioso e terrorizzato. A breve sarebbe arrivata anche l’altra piccola e lui non avrebbe più avuto alcuno scampo.
“Henry!” esclamò la voce più che familiare che per prima aveva conquistato e monopolizzato la sua vita e il suo cuore.
“Ti sembra questa l’ora di rientrare?!” lo rimproverò Violet. “Il matrimonio è tra meno di due ore e tu sei ancora in quelle condizioni!”
“Tu invece sei già pronta e sei bellissima” le disse lui, sorridendole estasiato e ben felice di poter sviare l’attenzione da sé.
Violet riconobbe il palese tentativo di cambiare soggetto, ma anche la sincerità di quel suo complimento e non poté non arrossire. “Smettila, sono una balena...”
“Forse, ma sei la più bellissima delle balene” le rispose Henry, ghignando.
Con ancora Jenny in braccio, le si avvicinò per poterla baciare. E poi si abbassò leggermente, per poter baciare anche l’altro suo piccolo pezzo di cuore.
“Ciao mostriciattolo” disse, salutando la sua secondogenita.
“Henry, smetti di usare questi nomignoli orribili per la bambina” lo rimproverò Regina, entrando nella stanza.
“E se qualcuno si decidesse a scegliere un nome non saremmo nemmeno più costretti ad usare dei nomignoli... io con Jennifer non ci ho messo tutto questo tempo” continuò, infastidita.
Henry sospirò, rassegnato.
“Beh, pare che quel qualcuno abbia già scelto un nome da un sacco di tempo, ma non possa svelarlo nemmeno a me e a Violet perché prima deve comunicarlo ad un certo altro qualcuno che però non le parla...”
Gli occhi di Regina si spalancarono, colta alla sprovvista.
Quelli di Violet invece si ridussero a due fessure. “In che senso Emma ha già scelto il nome da un sacco di tempo?!”
“Ehm... dai tesoro, vieni ad aiutarmi col vestito, siamo in ritardo” le disse Henry, prendendole la mano e trascinandola delicatamente fuori dalla stanza.
Prima di uscire però, Henry si fermò a baciare la guancia di sua madre. “È di sopra.
Parlatevi mamma, si risolverà tutto”.
Regina sorrise e sistemò i capelli arruffati del suo piccolo principe, così come aveva già fatto molte e molte altre volte.
Poi Henry uscì e il pensiero di Regina andò ad Emma e a quell’inevitabile confronto che le attendeva.
Si diresse verso le scale che l’avrebbero portata al piano di sopra. Nel cuore, la speranza che sarebbero riuscite a ritrovarsi, così come avevano già fatto molte e molte altre volte.
 
 
 
Buonasera e grazie per aver letto fin qui :)
Questo capitolo è dedicato alle persone che portano la colazione a letto, una delle cose più belle e dolci di questo mondo.
Un grazie particolare a dadona84, che mi ha suggerito il termine “principeste”, perfetto per la piccola Jenny e che non vedevo l’ora di usare, grazie!
E di nuovo grazie per aver letto.
Al prossimo capitolo!
  
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