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Autore: Rack12345    10/01/2019    2 recensioni
[In Sospeso]
Una ragazza fugge dalla Spagna portando con sè notizie importanti, notizie che potrebbero salvare il futuro della Francia.
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-E posso chiedervi cosa ci facevate sola nella foresta, vestita da uomo, inseguita da quegli uomini?-
Ecco appunto.
La ragazza rimase impassibile. E' vero che lui l'aveva salvata ed è vero che quello che aveva davanti era un moschettiere del re, ma non era sicura più di nulla dopo essersi sentita minacciata più dai francesi che dagli spagnoli.
Cercò di rimanere sul vago.
-Sono in viaggio verso Parigi per incontrare mio padre. Devo consegnargli qualcosa di molto importante.-
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-Posso conoscere il nome del mio salvatore?- chiese sorridendo.
-Oh, perdonatemi mademoiselle.- Il moschettiere fece un lieve gesto di riverenza con la mano -Io sono Aramis, moschettiere del Re.-
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-Aramis, sono certa che anche voi abbiate già sentito il mio nome. O meglio il mio cognome.- fece una pausa. -Voi conoscete molto bene mio padre.-
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Storia ambientata dopo la fine della prima stagione.
AramisxNuovoPersonaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Captain Treville, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mademoiselle Treville
I
 
 



1631
Vicino Parigi

Christine si svegliò di soprassalto. Dei cani abbaiavano in lontananza, voci di uomini agitate urlavano indicazioni a destra e a manca e il rumore degli zoccoli dei loro cavalli si faceva sempre più vicino.
Doveva fuggire. Di nuovo. Si tirò su dal suo momentaneo letto che era costituito da tappeto di foglie nascosto sotto un grande masso che creava una specie di grotta. Arrotolò in fretta la coperta e la legò sulla sella del suo cavallo, poi saltò in groppa al suo fedele amico e partì. Con lo schioccare della lingua diede cenno al cavallo di muoversi lentamente. Se gli uomini che la cercavano avessero sentito il rumore dei suoi zoccoli che sfrecciavano nella foresta l'avrebbero sicuramente trovata. Dopo pochi minuti le loro voci si erano fatte più lontane, così con dei piccoli calci ai lati del cavallo, questo cominciò a galoppare. Lei gli si aggrappò affidandosi completamente a lui.
Era da più di una settimana che quegli uomini l'avevano trovata. Era riuscita a fuggire dalla Spagna indisturbata e in Francia, a pochissimi chilometri da Parigi, si era ritrovata questi banditi alle calcagna.
Assurdo. pensò.
Qualcuno evidentemente non voleva il suo ritorno, che si era fatto più complicato del previsto. Se non fosse stato per il fatto che doveva continuamente nascondersi da quegli uomini sarebbe arrivata da suo padre già da tre giorni.
Il suo fedele Philippe continuava a galoppare più veloce della luce. Mancava meno di un'ora per arrivare a Parigi, non poteva proprio farsi prendere adesso. Purtroppo per lei non era riuscita a scrivere a suo padre del suo ritorno, ma le avrebbe fatto molto comodo, in quel momento, se lui fosse arrivato a soccorrerla con i suoi uomini.
Era stanca. Da una settimana non dormiva al chiuso su un letto vero (per fortuna era quasi estate) e non si cibava di altro che di acqua e frutti che trovava appesi agli alberi della foresta. Sarebbe stata perfettamente in grado di cacciare, grazie alla sua abilità con arco e frecce, ma accendere un fuoco per arrostire qualsiasi cosa era troppo rischioso, avrebbero potuto scoprirla sentendo l'odore del fumo o semplicemente vedendolo. La debolezza iniziava a farsi sentire parecchio.
Proprio quando pensava di essere ormai fuori pericolo e quando ormai riusciva a scorgere in lontananza la cima di Nôtre-Dame, un voce rauca parlò poco dietro di lei.
-Ti abbiamo trovato ragazzo.- disse la voce.
Lei  alzò gli occhi al cielo.
Questi idioti non sanno nemmeno riconoscere una donna.
Si voltò appena e lo vide dietro di lei che le puntava contro una pistola. Il suo volto era coperto grazie al cappello ed un fazzoletto di stoffa che gli copriva naso e bocca. Con lo sguardo notò che dietro l'uomo non ce ne era nessun altro. Poteva ucciderlo. Almeno uno se lo sarebbe tolto dai piedi.
Fece girare il suo cavallo in direzione del suo interlocutore ed estrasse la pistola dal cinturone puntandola verso l'uomo sconosciuto.
Quello ebbe un fremito. Non si aspettava che la ragazza fosse armata, probabilmente, o che potesse ribellarsi, visto che da una settimana scappava soltanto.
-Io non lo farei se fossi in te.-
Un altro uomo dietro di lei parlò e sentì il rumore del cane della pistola che veniva tirato indietro dall'uomo alle sue spalle. Si voltò e vide che anche quello aveva il volto coperto e le puntava contro la pistola.
Era finita. Qualsiasi suo movimento avrebbe potuto far venire in mente a quei due di spararle e lei aveva una sola pistola. Se avesse sparato ad uno, l'altro le avrebbe a sua volta sparato.
-Scendi da cavallo e getta la pistola a terra.- le intimò il secondo uomo con un gesto della pistola.
La ragazza fece quello che le era stato detto mentre anche gli altri due scendevano dai loro cavalli.
Si stavano avvicinando. Per lei era finita. Se le lettere che portava con se nella borsa fossero finite in mani sbagliate, quello si che sarebbe stato un problema. Un problema molto più grande della sua morte.
Ciò che le venne subito in mente fu che sarebbe stato meglio che fossero andate perse piuttosto che nelle mani di un branco di banditi assoldati da chissà chi.
In fretta aprì la borsa di pelle marrone che aveva addosso e gettò le lettere nel ruscello che era di fianco al sentiero su cui si erano fermati.
-Puttana!- L'uomo alla sua sinistra si precipitò a cercarle, ma di esse non c'era più traccia.
L'altro la raggiunse di fretta, la agguantò a sè e le puntò la pistola  sotto il mento.
-Non importa.- le sussurrò minaccioso. -Tu sai che cosa contenevano quelle lettere. In un modo o nell'altro ci dirai tutto.-
Christine fu invasa dalla puzza di quell'uomo che le fece venire la nausea, ma riuscì comunque a rispondergli.
-Vi sbagliate. Io non vi dirò proprio nulla.-
Era coraggiosa lei e sapeva combattere con la stessa destrezza di un moschettiere del re. Suo padre le aveva insegnato. Ma il fatto che fosse una donna, e il fatto che i due uomini se ne fossero appena accorti, complicò ancora di più la situazione.
L'uomo che la tratteneva le tolse il cappello e da esso spuntò una riccia chioma bruna lunga fin sotto le spalle di lei.
-Guarda guarda. Una donna. Questo non ce lo avevano specificato.- disse l'uomo sorridendo  con i suoi denti ingialliti.
Christine rimase immobile.
-La ragazza ha fegato Sebastien. Non credo che parlerà.- disse l'altro uomo.
L'uomo chiamato Sebastien la guardò e le passò la pistola su tutto il profilo del suo volto.
-Se non teme per la sua vita allora vorrà dire che temerà per la vita di suo padre.-
La giovane strabuzzò gli occhi. Come sapevano chi era suo padre? Qualcuno li aveva assoldati per forza.
-Voi non avete idea di cosa è capace mio padre.- disse lei velenosa. -starà già venendo qui ad aiutarmi.-
-Io non credo. Sai cara, tuo padre lo abbiamo noi.-
-State bleffando.-
-Parlerai o lui morirà. Semplice.-
-Non sareste mai in grado di catturare mio padre, state bleffando!- la ragazza iniziò ad alzare la voce e ad agitarsi stretta nell'abbraccio doloroso del suo interlocutore.
-Potrebbe essere come dici tu. Ma sei disposta a rischiare?- continuò Sebastien sorridendo diabolico. 
Christine era stanca. Troppo stanca. Sentì il suo corpo cedere, ma si riprese subito.
-Voi non avete mio padre.- sussurrò in preda ad un fortissimo giramento di testa che le fece strizzare gli occhi, come se volesse fermarlo.
Li riaprì e vide tutto bianco. Non mangiava da giorni cose sostanziose, il suo cervello le stava facendo brutti scherzi. Non riusciva più a reggersi in piedi. Sentiva che stava per svenire e chissà cosa avrebbero fatto di lei. Gettò la testa all'indietro stanca, ma riuscì a sentire un rumore di zoccoli che galoppavano verso di loro.
-Ehi!!- urlò una voce maschile che lei non conosceva.
Il bandito la lasciò e lei capì che qualcuno era corso in aiuto dalla sua parte. Cadde a terra a peso morto e tutto quello che riuscì a sentire fu rumore di due spari seguito da due tonfi. Il suo misterioso salvatore le si avvicinò e le sollevò la testa.
-Mademoiselle, riprendetevi.- disse il suo salvatore.
Lei aveva sperato fosse suo padre, ma la gentilezza della voce che le parlava le fece capire che poteva fidarsi comunque.
Prima di svenire del tutto al suo naso arrivò un odore buonissimo di fresco. Sapone alla vaniglia, forse.
Poi il buio.
 
 
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Il fruscio di un ruscello fu la prima cosa che Christine sentì quando iniziò a riprendere conoscenza. Fu quello a farle capire di essere ancora viva. Si beò per qualche secondo di quel rumore così rilassante, poi iniziò ad aprire gli occhi. Li aprì uno alla volta per abituarsi alla luce del sole che era ormai alto. Doveva essere quasi l'ora di pranzo.
Tastò intorno a lei e capì che era distesa sulla sua coperta poggiata sull'erba umida e sotto la sua testa un groviglio di altri stracci la tenevano sollevata. Si voltò leggermente verso il ruscello e a pochi metri da lei vide un uomo che si sciacquava il volto e le mani con l'acqua del ruscello. Era quello il suo salvatore?
Dei capelli mossi e castani gli ricadevano spettinati poco più sotto delle orecchie, Barba e baffi lo rendevano più affascinante e spiccavano sulla sua pelle chiarissima. Indossava una lunga giacca di pelle marrone sbiadita stretta in vita da una fascia azzurra che alla ragazza non era nuova. Accanto a lui a terra vide i suoi effetti personali: la spada, due pistole, un moschetto e un cappello grigio chiaro con tanto di piuma.
Guardò di nuovo il suo volto. Era bello.
Poi si rese conto di un dettaglio molto importante sul  braccio dell'uomo.
Christine sgranò gli occhi e si tirò su a sedere di scatto.
-Voi! Siete un moschet-
Non riuscì a finire la frase che di nuovo la vista le mancò, facendole vedere tutte chiazze bianche. Si portò una mano sul volto e strizzò gli occhi.
Il moschettiere si avvicinò alla ragazza trasmettendole una grande calma. Di nuovo quell'odore di fresco e di vaniglia la invase.
-Non così in fretta, mademoiselle.- disse il moschettiere accucciandosi accanto a lei. Le mise una mano dietro la schiena per sostenerla.
-Siete svenuta, ma non siete ferita per fortuna. Cosa vi è successo?-
Il giovane le porse una fiaschetta in pelle con dentro dell'acqua. Christine la scolò tutta d'un fiato, ignorando la domanda che le era appena stata fatta.
-Perdonatemi, sono giorni che bevo poco e mangio solo bacche e frutti come se fossi un uccellino.- rispose lei quasi con il fiatone.
Probabilmente il moschettiere accanto a lei voleva più che altro sapere come mai era inseguita da quei banditi. Ma lui non lo aveva chiesto esplicitamente quindi non serviva rispondere.
-E posso chiedervi cosa ci facevate sola nella foresta, vestita da uomo, inseguita da quegli uomini?-
Ecco appunto.
La ragazza rimase impassibile. E' vero che lui l'aveva salvata ed è vero che quello che aveva davanti era un moschettiere del re, ma non era sicura più di nulla dopo essersi sentita minacciata più dai francesi che dagli spagnoli.
Cercò di rimanere sul vago.
-Sono in viaggio verso Parigi per incontrare mio padre. Devo consegnargli qualcosa di molto importante.-
Fino a quel momento non aveva ancora sollevato lo sguardo verso il suo interlocutore. Quando lo guardò ebbe la conferma che era un moschettiere davvero affascinante. I suoi occhi neri e profondi per poco non la risucchiarono. Scosse la testa sperando che lui non si fosse accorto di nulla, ma il moschettiere sapeva benissimo qual era l'effetto che provocava alle donne e sorrise sotto i baffi.
Christine tentò di cambiare argomento, anche se l'argomento "affascinante moschettiere" era cominciato solo nella sua testa.
-Posso conoscere il nome del mio salvatore?- chiese sorridendo.
-Oh, perdonatemi mademoiselle.- Il moschettiere fece un lieve gesto di riverenza con la mano  -Io sono Aramis, moschettiere del Re.-
Aramis.
Aveva già sentito quel nome. In qualche lettera di suo padre. Una delle poche che gli era stato possibile inviarle.
-Aramis... ho già sentito il vostro nome.- sorrise la ragazza.
-Spero solo cose buone siano legate ad esso!- rispose l'uomo. -E voi chi siete? Se posso chiedere.-
Christine si gonfiò di orgoglio. Finalmente poteva di nuovo pronunciare il suo nome per intero, senza essere uccisa.
-Aramis, sono certa che anche voi abbiate già sentito il mio nome. O meglio il mio cognome.- fece una pausa. -Voi conoscete molto bene mio padre.-
-Non capisco, mademoiselle.- Aramis deglutì rumorosamente. Temeva che la ragazza potesse essere la figlia di qualcuno che aveva ucciso. O peggio di qualcuno a cui aveva rubato la moglie per una notte.
La ragazza si alzò in piedi e si sistemò la giacca di pelle nera per poi iniziare a sistemare le coperte che il moschettiere aveva preso dal suo cavallo.
Aramis rimase seduto a terra imbambolato con lo sguardo dove poco prima era la giovane.
-E dunque? Il vostro nome?-
Chrtistine tacque ridendo sotto i baffi senza farsi vedere. Aveva sentito che la voce di Aramis era agitata. Forse non era proprio questo il modo di ringraziare il proprio salvatore!
Il ragazzo si precipitò ai suoi piedi in ginocchio e con le mani giunte e la pregò con voce leggermente tremante.
-Vi prego mademoiselle, ditemi che torto ho fatto a vostro padre e saprò fare a menda. Ditemi, ho per caso.. preso in prestito sua moglie per qualche giorno parecchio tempo fa?- le chiedeva guardandola dal basso.
Christine aprì la bocca in una piccola o per parlare, ma non le uscì nulla. Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere!
Un momento.
Ma certo! Ora ricordava in che occasione suo padre le avesse menzionato Aramis. Lo aveva fatto anni prima parlandole dei suoi tre più fidati moschettieri, Athos, Porthos ed Aramis e le aveva detto che Aramis era un "romantico eroe libertino".
Scoppiò a ridere.
-Oh Aramis, perdonatemi, non volevo tenervi così in ansia.- lo fece alzare.
Aramis rimase ancora con le mani giunte continuando a non capire.
-Il mio nome è Christine. Christine de Tréville.-
Aramis sgranò gli occhi.
-Tréville?- chiese.
La ragazza annuì.
-Oh mio Dio, voi siete la figlia del capitano??!!- esclamò l'uomo salendo con la voce di qualche tonalità per lo stupore.
-In carne ed ossa!-
-Ma non eravate morta quindici anni fa per una grave febbre?-
Christine allargò le bracca per constatare l'ovvio.
-Evidentemente no!-
Christine sorrise di nuovo, poi vide Aramis muovere le labbra, ma non sentì il suono della sua voce. La testa iniziò a girarle di nuovo. Vide Aramis mutare espressione in una più preoccupata e si sporse verso di lei, prendendola in tempo, prima che svenisse.
Di nuovo.
Aramis la osservò. Lui l'aveva vista una volta. Non era ancora diventato moschettiere quando Treville comunicò che per qualche giorno si sarebbe assentato per prestare cure a sua figlia malata. Quindici anni erano passati. Per questo non l'aveva riconosciuta. I capelli scuri che le ricadevano sul volto fecero risalare ultieriormente il pallore della sua pelle e Aramis capì che non poteva di nuovo aspettare che si riprendesse. Doveva portarla alla guarnigione e farle mangiare qualcosa di buono per farla riprendere.
La adagiò sul terreno, solo il tempo di legare il cavallo di lei al suo, poi la riprese e salì, con non poca difficoltà sul cavallo, adagiando con più cura possibile ragazza tra le sue braccia che non era del tutto svenuta.
Chissà se era fuggita dopo giorni di prigionia o se Treville sapeva dove era stata per tutto questo tempo. Chissà se sapeva che sua figlia stava tornando a casa. Chissà se sapeva che era viva. Chissà cosa contenevano quelle lettere che aveva trovato sulle rive del ruscello.
Con due schiocchi di lingua diede il via al cavallo che partì ciondolando lentamente verso Parigi.
-Tranquilla dolcezza, entro mezz'ora sarai da tuo padre.-


 
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-Aramis! Che cosa hai combinato stavolta! Sei il solito..-
-Giuro nulla! Aiutatemi.-
...
-Cosa sta succedendo qui?-
-Capitano credo che..-
-Oh mio Dio, Christine!-
-Non sei stato.. vero?-
-Che?? Certo che no!!-
-Christine, ci sono io. Portatela dentro.-



 
Questo era ciò che ricordava Christine quando aprì gli occhi. Un miscuglio senza senso di voci. La voce di Aramis, di altri uomini e, finalmente, la voce di suo padre. Il profumo di vaniglia che continuava a riempirle le narici le dava la consapevolezza che fosse ancora viva.
Aprì gli occhi e sopra di sé vide delle assi di legno. Un tetto.
Finalmente.
Si mosse appena ed il letto sotto di lei scricchiolò, facendo scattare sull'attenti l'uomo seduto al tavolo poco distante da lei. L'uomo si alzò abbandonando le sue scartoffie e corse dalla ragazza. Si inginocchio al lato del letto e le prese le mani baciandogliele.
-Christine. Dovevi avvertirmi.- sussurrò, quasi sbuffò, come a buttare fuori tutta la tensione che aveva accumulato in quelle due ore.
-Ciao, papà.- disse debolmente la ragazza guardando il capitano Treville.


























Ciao!
Io sono Rack e questa è la mia umile fanfiction, spero possa piacervi!
Sono ben accette recensioni e critiche costruttive!
A presto! =)

 
  
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