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Autore: giecsonuang    15/01/2019    0 recensioni
solo un brutto sogno.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Jr. / Park Jinyoung, Wang Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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un tuono.
e poi subito un altro.
mi rigirai nel letto una ventina di volte, cercando di riprendere il sonno che da settimane aveva deciso di lasciarmi abbandonato a me stesso.
tirai un grido di frustrazione quando, per l’ennesima volta, mi ritrovai con gli occhi spalancati e privo di ogni tipo di stanchezza.
ogni notte era sempre la stessa storia.
guardai l’ora che erano le 2:45, finii di vestirmi che erano le 2:58 ed uscii di casa che erano le 3:12.
faceva un freddo cane ed io ebbi la brillante idea di indossare solo una felpa leggera sopra la stoffa del pigiama.
ripensandoci non m’importava.
avevo completamente smesso di provare emozioni ed i -2 gradi che minacciavano di disintegrare ogni mia capacità fisica non mi facevano poi così tanta paura.
non mi preoccupai nemmeno di chiudere a chiave la porta, pur sapendo di aver lasciato via libera a tutti i lupacci abitanti di quella periferia.
ma ancora una volta, non m’importava.
percorsi a passi svelti quella stradina immersa nel buio spinoso della notte, tavolta sperando di trovare qualche pazzo criminale davanti pronto a porre fine alla mia vita.
in realtà era l’unica cosa in cui speravo da otto mesi a quella parte.
vivere per me era solo uno strazio, andarmene definitivamente da quel mondo non avrebbe cambiato poi così tanto le cose.
svoltai a destra che erano le 3:29 ed arrivai a destinazione circa dieci minuti dopo.
presi un profondo respiro, nascondendo le mani, ormai viola per colpa del freddo, nelle maniche della felpa e mi avvicinai al cancello che, chiuso come ogni notte, si ergeva di fronte a me. mi guardai attorno assicurandomi che non ci fosse nessuno e scavalcai due ringhiere come se stessi saltando un muretto.
“l’ho fatto così tante volte che ormai riuscirei a farlo ad occhi chiusi.” pensai.
sentii delle goccie ghiacciate cadere sui miei capelli castani ed alzai la testa verso il cielo, notando a malincuore che a breve si sarebbe scatenato un forte temporale.
svoltai a sinistra che erano le 3:56, sentendo il cuore tremare per il fottuto silenzio che avvolgeva quel luogo nell’angoscia più totale.
feci uno scatto quando mi trovai a pochi metri da ciò che stavo cercando e mi accasciai a terra, scoppiando in un pianto disperato senza nemmeno rendermene conto.
avevo trattenuto tutto per troppo tempo.
sentii il fango bagnarmi le ginocchia attraverso il tessuto dei pantaloni ma me ne fregai, come di tutto ciò che avevo attorno, del resto. le lacrime si riversavano a fiumi lungo le mie guance rosse dal freddo e le mani tremavano senza dare segno di volersi fermare.
“perché deve finire sempre così, me lo spieghi?”
le mie labbra liberarono un grido di frustrazione tanto forte da farmi venire la pelle d’oca.
“che cazzo ho fatto di male, io?”
mi portai le mani tra i capelli e li tirai con forza, urlando di nuovo.
“io mi sono sempre preso cura di te!”
mi accovacciai per terra, lasciando che i singhiozzi riempissero l’aria fredda e tesa da far quasi paura.
“perché mi hai fatto questo?”
tirai un pugno contro la lastra di marmo, sentendo subito dopo un bruciore indescrivibile espandersi lungo tutto il mio braccio.
“sapevi che fosse pericoloso!”
un altro pugno.
mi passai le dita sporche del mio stesso sangue tra le ciocche di capelli, scostando con rabbia il ciuffo che mi copriva la visuale.
i singhiozzi ed i tremolii del freddo mi scuotevano con violenza, facendomi quasi mancare il respiro.
“perché cazzo non ti sei lasciato venire a prendere quel giorno?”
tirai su con il naso, trovando vano il tentativo di mettermi in piedi.
“perché cazzo avevi quella fottuta fissa di voler fare tutto da solo? perché, jinyoung, perché? che cosa c’era di sbagliato in te, che cosa cazzo c’era di sbagliato in te?”
le lacrime aumentavano ogni secondo di più e per un momento mi sentii morire. gridavo, mi sfogavo senza sosta, continuando a tirare pugni a quella fottuta lapide ed a buttare fuori tutto il veleno accumulato in quei mesi.
“perché te ne sei andato?”
gattonando, mi avvicinai alla foto che mostrava il tuo splendido sorriso e avvertii il pianto diventare sempre più forte alla vista di quell’immagine. la accarezzai, immaginando di accarezzare il tuo volto come tanto amavo fare e rimasi ad osservarla per quelli che mi sembrarono minuti infiniti. poi mi alzai di scatto, rischiando di cadere a causa dello scarso equilibrio e rimasi con lo sguardo fisso nel vuoto per un’ora esatta.
mi tolsi la felpa completamente zuppa di acqua e fango e la lasciai sulla lastra di marmo che presentava segni di sangue secco, non dando peso al fatto che, una volta tornato a casa, ci sarei dovuto rimanere per l’intero mese successivo, almeno.
con i capelli gocciolanti, gli occhi gonfi ed ancora pieni di lacrime e le mani sporche di sangue e terra mi diressi verso l’uscita di quel cimitero, pronto a riprendere la via di casa.
«amore, ehi.»
sentii una voce dolce chiamarmi.
una voce che conoscevo fin troppo bene.
scossi la testa, ripetendo a me stesso che era solo la mia stupida immaginazione.
continuai a camminare, trascinando i piedi sull’asfalto bagnato ed ignorando tutto ciò che avevo intorno.
«hyung stai piangendo?»
parlò di nuovo.
“non di nuovo, non di nuovo.”
ripetei ad alta voce, accelerando il passo e scavalcando distrattamente la recinzione.
«jackson, amore, svegliati.»
il mio viso era ormai invaso da ogni tipo di lacrima che con violenza cercavo di scacciare via, sentendo già il bruciore provocato dai graffi che mi stavo procurando. a testa bassa iniziai a correre, non preoccupandomi della strada che stavo percorrendo.
«jackson, ehi.»
urlai disperato, voltandomi di scatto verso la fonte della voce.
“basta, basta, basta, ti prego basta!”
e mi lasciai cadere sulle ginocchia nell’esatto momento in cui sentii il rumore di un clacson appropriarsi totalmente di ogni mia capacità uditiva.
il rumore acuto delle ruote sfregate contro l’asfalto e la luce fin troppo forte dei fari.
aprii di scatto gli occhi, il fiatone a provocarmi capogiri infiniti e gli occhi colmi di lacrime del mio ragazzo che, spaventati, erano rivolti verso di me.
«jinyoung?»
singhiozzai, ritrovandomi addosso il castano in pochi secondi; le sue braccia attorno al mio collo ed il viso nascosto sul mio petto.
mi trovai spaesato per una manciata di secondi ma ricambiai forte la stretta quando realizzai di esserci cascato di nuovo.
«era solo un brutto sogno amore, era solo un brutto sogno.»
erano le 6:25.
   
 
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