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Autore: Noa    20/01/2019    0 recensioni
Storia che parla di una Eos differente, dove Lucis, Tenebrae, Accordo e l'impero del Niflheim non sono i soli giocatori sulla scacchiera. Uno sguardo a come si è arrivati all'intricata situazione di Ardyn con gli Dei che lo hanno reso il demone che è diventato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gladiolus Amicitia, Ignis Stupeo Scientia, Noctis Lucis Caelum
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-È infetta- constatò con voce critica ed un vistoso disappunto nello sguardo.
Nae Shiba era una donna temprata nel fuoco, nata per la guerra e non per la diplomazia. Vederla vestita negli abiti degli Eruditi era quasi un insulto al buonsenso, il suo corpo snello ed asciutto reclamava una divisa militare.
Era difficile darle l’età solo guardandola, era giovane forse più vicina ai trenta che ai venticinque, ma il suo sguardo sembrava davvero antico. Occhi verdi ramati impietosi, un viso affilato ed un’espressione dura che le toglieva il diritto di essere definita bella, lasciandole variegate sfumature di fascino d’altro genere.
-Lo immaginavo- fu la blanda replica di Toturi mentre si fasciava la mano, dai due taglietti alle dita dopo il suo incontro con il Re si erano propagate alla mano ed al polso delle venature nere, come una malattia che lo stava invadendo da quella che doveva essere un’inezia come ferita.
–Sei stato avventato – sferzò di nuovo la donna con rimprovero, andando ad appoggiarsi ad una delle pareti mentre guardava distrattamente da una delle finestre.
–Cosa sento, una critica? - sorrise sornione l’altro finendo la fasciatura, –non mi ucciderà, non preoccuparti non dovrai portare il mio cadavere da qualche parte mentre mi rimpiazzi nella lettura–
–Spiritoso, ma ti debiliterà, forse per anni– sibilò lei senza raccogliere i toni leggeri dell’altro. Era seriamente stizzita dalla cosa.
–Ha una chance ora, ne è valsa la pena–
–Stronzate! È un debole, insicuro e dalla volontà incrinata. Ha scelto di morire in un assedio invece di combattere per il suo popolo. Non c’è chance che tenga per chi sceglie il suicidio-
–Ha preso una decisione, forse non la più saggia, ma è quanto stato in grado di fare ed il suo spirito è forte abbastanza da fronteggiare le conseguenze di questa, non molti uomini possono dire altrettanto– disse l’altro buttando indietro la testa e sospirando ad occhi chiusi. Mostrava calma, ma era chiaramente in sofferenza.
–Gli è stato inculcato che non è la sua guerra, ma la guerra per cui deve preparare suo figlio, unico prescelto. Sono furbi Nae, subdoli e manipolatori, o non ci sarebbe voluto un Nie per crepare la loro facciata benevola– proseguì poi guardandola dritta negli occhi.
–Ti auguro di avere ragione, perché siamo in questa landa di inetti plagiati invece che dove dovremmo essere- ringhiò quasi, scostandosi da dove stava con un gesto veloce e frustrato, era come un animale in gabbia.
–Siamo esattamente dove dovremmo essere– corresse lui parandolesi davanti con un impeto di veemenza.
Toturi era alto ben più di un metro e ottanta, troneggiava sulla donna di un buon quindici centimetri, eppure era come se si stessero guardando direttamente alla stessa altezza.
–Te l’ha detto Larsa? – tono di sfida.
–L’ha comunicato a noi tutti il Cancelliere: è il volere del Nie. I decenni passano e la memoria inizia a darti noie? - pungente, pronto ad accogliere la sfida lanciata, deciso a non spostarsi senza un chiarimento di intendi da parte dell’altra.
Si fissarono a lungo, troppi secondi perché fosse solo un piccolo attrito, un battibecco tra compagni d’armi. Nae ruppe lo stallo con una smorfia, passandosi poi una mano nei capelli corti biondo scuri dal taglio sbarazzino, una risata per nulla divertita seguì il suo scostarsi.
–E tu l’hai visto? L’imperatore? Il nostro nobile Nie III - chiese insinuante, –Siamo i suoi Araldi o sbaglio? Perché non ci ha convocato a Rabanastre per dirci il suo geniale piano di riprendere in mano una scaramuccia con i Sei di Eos? - l’attrito non era concluso.
–Il Cancelliere parla in sua vece–
–Ohh, soldatino ubbidiente, Toturi- lo motteggiò falsamente suadente, –come tutti gli Akodo del resto. Io vengo da Kadessa però. Noi fenici vogliamo qualcosa di più del cerimoniale, dato che siamo a guardia dei confini dai tempi della Notte degli Inganni– si muoveva come un gatto, in apparenza lenta e distratta nel suo giragli attorno.
–Attenta a quello che dici, non c’è spazio per i sovversivi in questa missione– non era una minaccia, era un’ammonizione.
–Perché mai? Il cielo mi folgorerà se oso pensare con la mia testa? – fece no con il capo, ancora derisoria, –il Nie questa volta è nato nella stirpe dei draghi, ma l’hanno cresciuto gli scorpioni e ce l’hanno tenuto nascosto, non ti viene nessun dubbio sul perché? Non sei deluso che non sappiamo nemmeno che faccia abbia? –
–Perché dovrei? Sarà il nostro imperatore anche dopo che ne avremo visto la fisionomia, il Cancelliere ha la mia fiducia e da quanto sapevo anche la tua. È stato tuo maestro o sbaglio? Shusei l’Inamovibile–
–È stato tanto tempo fa, ragazzino– calcò sull’appellativo, – evidentemente è stato smosso alla fine, ora fa da babysitter al Nie, rinchiuso a Rabanastre come uno scribacchino–
–Perché accettare allora e venire qui adesso? Potrebbero volerci anni lo sai–
–Come potevo dire di no? E lasciare te ed uno scorpione a guardia del fortino. Me ne sarei andata non fraintendermi, ma Gabranth deve aver avuto la mia stessa idea e ci ha mollato qui– altro scuotere allusivo del capo, buttò indietro la testa con una mezza risata puramente derisoria. –Perché non hai fatto parlare lei con il patetico Re? Magari eravamo fortunati e la piaga l’avrebbe messa a terra per qualche mese– sogghignò malevola.
Toturi si irrigidì per un secondo, ma non perse la sua compostezza. La donna sorrise tronfia e pose fine al balletto avviandosi alla porta.
–Vado a dare un’occhiata fuori dalla barriera, sono stanca dell’aria afosa di questa città marcia, il puzzo di questo ammasso di codardi mi rivola–
–Se dovessi essere vista metteresti a repentaglio la nostra presenza ad Insomnia e noi non possiamo mentire, ti ricordo –
–Oh, mio caro, non c’è problema, non posso essere vista in una città di ciechi – sibilò tagliente.
–Abbiamo un dovere da portare a termine! –
–I tutelari di Archadia mi proteggano! - invocò esasperata scoccandogli un’occhiata di disgusto, –il tuo attaccamento agli obblighi verso il Nie mi fa vomitare– sferzò con sguardo di puro disprezzo.
-Quegli obblighi sono anche tuoi- non cedette corda sul punto in discussione.
-Oh ma certo- di nuovo strafottente, - ma per te è differente vero? Tu sei suo- ammiccante ed allusiva, volutamente dava un tono equivoco al tutto - il suo braccio destro, il suo Campione di Smeraldo- disse sfrontata, fissandolo con qualcosa che sfiorava il rancore.
Toturi la fissò con gelido rimprovero.
-Lui lo sa che sei così pazzamente innamorato... della sua causa?- di nuovo volutamente equivoca.
L'albino scattò e un kunai finì conficcato nel muro dove poco prima c'era la testa di Nae. Lei gli lanciò un'occhiata eloquente.
-Come dicevo appunto, mi dai il voltastomaco, saldatino!- decretò uscendo.

Il giovane rimasto solo sospirò con stanchezza, concedendosi una palese dimostrazione di debolezza solo in solitaria, lasciandosi cadere indietro ad appoggio su una libreria. Erano ovunque, come grate di una prigione, quei dannati scaffali gremiti di libri che onestamente, come avrebbe detto Nae, a Lucis non si meritavano di avere. Chiuse gli occhi per un momento e si strinse l’avambraccio destro con la mano sinistra, il dolore era intenso e si stava propagando piuttosto velocemente.
–Dovresti riposare Akodo– lo colse alla sprovvista una voce flemmatica, – il miasma non è controllabile a questo stadio, devi pazientare, come un salice prima della tempesta–
Toturi si irrigidì, non l’aveva sentita arrivare, non la sentiva mai. Si scostò rapidamente dalla libreria e fece sparire in un lampo l’espressione sofferente inquadrandola con lo sguardo.
Una ragazza dai capelli rossi come il sangue stava scendendo le scale del soppalco sovrastante dove si trovavano e dove certo non immaginava lei si stesse seguendo la scenetta di poco prima. Portava sugli occhi una maschera di ceramica nera di Ussura, indistruttibile, che gli nascondeva leggermente anche gli zigomi ed era completamente chiusa da non mostrare le iridi, tramite delle lenti nere. La pelle diafana, le fattezze falsamente delicate, il volto esposto inespressivo come la maschera che indossava.
–Sono certo che Nae non incrinerà i delicati rapporti con il sovrano– si affrettò ad una difensiva l’albino.
–Non ho dubbi su questo– disse lei con un sorriso pacato, impossibili leggere tracce dei suoi pensieri. Finì di scendere le scale e passando accanto all’uomo sembrò scrutarne lo stato.
–Non pensavo fosse così ostile, Shusei ha…–
–Critichiamo Re Regis per la sua fede cieca nei Siderei e nel retaggio dei suoi predecessori– lo interruppe lei con voce solenne, –se non diamo spazio al dubbio del buonsenso non siamo migliori dei Sei. La fenice ha diritto alle sue critiche, il fatto che sia qui nonostante tutto è un grande sollievo–
–Vorrei solo che capisse– mormorò distogliendo lo sguardo, a disagio.
–Vuoi che sappia o vuoi che comprenda? Sono due cose diverse–
Tacque, cautamente, resosi conto di non conoscere lui stesso la risposta a questa domanda.
–Hai rischiato che il Cristallo reagisse con violenza. La nostra presenza ha riattivato il vincolo di Egill, ma questo non toglie che possano fare qualcosa, Somnus è implacabile– accantonò la fastidiosa domanda di poco prima in favore di tutt'altro discorso.
–Era necessario, è passato più di un anno, il Re stava cedendo al plagio, stava andando oltre la paranoia. Ora ha una reale possibilità, la presa sui suoi pensieri si allenterà piano piano, inoltre si è fermato da solo. Regis non vuole le nostre vite, non vuole azzittire il dubbio nel suo cuore, vuole risposte, ma non sa se ha ancora il diritto di formulare domande–
–Lo stai dicendo a me o a te stesso? –
Domande, domande, sempre domande. A doppio senso, a triplice intreccio. Era così con le Ombre di Sabria, gli scorpioni osservatori delle tenebre, i tessitori di inganni.
–Siamo dove volevamo essere- tagliò corto, - ora è cominciata per davvero, siamo nel tempo di Lucis alla loro velocità, con le loro scelte–
–È così, ma il tuo è stato un gesto avventato. Non sapevi se si sarebbe fermato, mi avevi detto niente azzardi– riprese lei disinvolta. Le pause tese nel discorso sembravano non toccarla.
–Tu invece avevi detto che il caso è il più funzionale dei piani se colto al momento giusto. È stato un caso, ho deciso di cogliere l’attimo– le scoccò un’occhiata torva.
Dissonantemente dai toni del discorso lei sorrise.
–Potevi lasciare andare a me, sono abituata ai miasmi, non dev...–
–Quello che ha detto la fenice era solo per creare zizzania, mi stava pungolando, il piano non cambierà– le parlò addosso bloccandola, sembrava un volo pindarico, ma non lo era. Odiava fissare i contorni della maschera, senza sapere cosa passasse negli occhi di lei mentre lo guardava. –La piaga non mi ucciderà, sarà solo un fastidio per qualche tempo– tagliò corto.
–Qualche anno– lo corresse monocorde.
Stallo. I dialoghi tra loro erano sempre controversi, è difficile conversare con uno scorpione, gli aveva detto Shusei anni addietro. Aveva dannatamente ragione.
La giovane dai capelli cremisi provò a sfiorargli la mano bendata, lui scansò agilmente ed arretrò verso la porta.
–Aznable!– l’ammonì severo.
–Non vuoi il mio aiuto, o non vuoi aiuto a prescindere? –
–Non voglio la tua accondiscendenza– ribatté ferito, come se il gesto fosse stato un oltraggio al suo onore, ma si impose di ricomporsi, –credo di aver davvero bisogno di riposo, lascio a te la lettura– chiuse i dialoghi lasciando lo studio.



-Ignis, cosa sono quelli? - chiese l’adolescente Noctis guardando critico una delle grottesche decorazioni per il suo sedicesimo compleanno. Lo sfarzo di Insomnia a volte era un mero insulto alla realtà, quella oltre la barriera ovviamente.
-Aquiloni e lanterne con lo stendardo dei Lucis Caelum, verranno lanciati in aria nel tardo pomeriggio dopo la cerimonia per il tuo compleanno-
-Stai scherzando spero! - La voce stava scadendo nel polemico.
-Assolutamente no, prenderai la spada che tuo padre ti ha donato questa mattina privatamente, fingendo che te la stia dando per la prima volta e ti inchinerai, umile e composto- notificò disinvolto, - ci saranno due salve di fucili e via agli aquiloni e alle lanterne. Questa sera poi ci sarà uno spettacolo pirotecnico in tuo onore, sponsorizzato da Lady Calianna- era odiosamente metodico Ignis a volte, ma era necessario per contenere il ribelle del cerimoniale che stava crescendo impenitente dentro le fattezze di quello che doveva essere il principe di Insomnia. Tutto quello che faceva, di fatto, era un machiavellico gioco per gestire il temperamento cupo del giovane.
-Onore di cosa? che sono più vecchio? Non è che serva esattamente una grande abilità per invecchiare- riottoso il tono, ostile.
-Hai sedici anni, entri nell’età della ragione – circa, era sottointeso, - È la tradizione, Noct–
Il modo in cui l’altro scosse il capo con sdegno indicava molto dei pensieri dell’adolescente principe sulla questione “tradizioni”. A quasi otto anni dal suo incidente semi-mortale e dalla fuga da Tenebrae l’accettazione del suo ruolo tardava ad arrivare.
-È come essere un fantoccio, a cui hanno bisogno di applaudire, non gli servo io, un pupazzo fungerebbe parimenti allo scopo-
-No, altezza, il Consiglio Governante e sua maestà saranno lì per voi, e tutta Lucis merita la rassicurazione della tua persona- lo fissò dritto negli occhi, Ignis aveva delle iridi dalle multiple sfaccettature verdi e azzurre, scorci di cielo in un manto di tempesta. -Fatti trovare pronto per le quattro del pomeriggio. Non durerà a lungo e non dovrai nemmeno presentare discorso pubblico, come da te richiesto-
Era un misto tra un precettore, un amico ed uno psicologo al tempo stesso. Efficiente, sensibile quanto basta, non indulgente e drammaticamente votato alla causa, era praticamente impossibile definire la soglia tra cosa volesse e cosa il suo dovere imponesse.
Ignis era cresciuto in modo simbiotico con il principe, qualcosa di escogitato in modo così elegante da sembrare accidentale, un gesto gentile persino. Re Regis lo aveva accolto a palazzo, dopo la morte dei genitori, il parente più prossimo era un nobile Accademico della cittadella, Sylas Scintia, in modo del tutto ragguardevole aveva fatto di lui il guardiano di suo figlio, un vero onore si potrebbe dire. Il Sovrano aveva creato la certezza che il bambino che aveva quasi perso in un incidente con l’impero non sarebbe stato solo, anche se prigioniero delle precauzioni per tenerlo in vita.
La celebrazione fu anche più fastidiosa del pensato per Noctis che odiava ogni aspetto pubblico dell’essere l’erede al trono, soprattutto quando guardava l’invecchiamento accelerato del padre od origliava qualche commento di Clarus e Cor.
Odiava le feste da ballo, odiava i nobili riuniti in uno spazio che per quanto ampio era troppo stretto perché i discorsi non finissero sempre su toni sgraziati di un falsamente faceto purismo di classe. I puri di Insomnia che non conoscevano la guerra se non come racconto dei telegiornali o seconde pagine dei giornali, ormai non era nemmeno un fatto da prima pagina. Le costanti non lo sono mai del resto.
Il tutto fu equamente finto e formale. Abito da cerimonia, inchino, sceneggiata con la spada e uno scroscio di applausi a coprire l’angoscia che non poteva palesare con nessuno a voce alta. Un rinfresco all’ultimo piano di un grattacielo con un manipolo di nobili altezzosi ed un appuntamento a guardare il cielo dopo il tramonto per lo spettacolo pirotecnico.
Noctis non resse nemmeno un’ora al ricevimento da ballo, fece quindi quello che gli riusciva meglio: dileguarsi. Ignis, preparato come sempre, giustificò l’assenza di sua altezza con un’elegante argomentazione su come fosse toccato dal dono che segnava il suo passaggio verso l’età adulta, la sua prima spada. Un vero politico.
-Commosso? - disse ironica la voce del Re raggiungendo il giovane Ignis, solo al parapetto della terrazza. Camminava più lentamente, rughe non idonee alla sua età anagrafica gli solcavano il viso.
-Assolutamente, vostra maestà- replicò lui composto, inchinandosi, aggiungendo poi con garbo – i due minuti di silenzio dopo che gli avete dato la spada, questa mattina, sono molto indicativi-
Il Re rise. Ammirava l’eleganza con coi Ignis si districava nelle faccende politiche e come sapeva quando mollare gli ormeggi di apparenza per una conversazione onesta.
-Vederlo ballare e parlare con i nobili è troppo immagino- rammarico nella voce del sovrano, il modo in cui proseguì il discorso era un istante di pausa per lui.
-Lady Calianna eccede nei toni sfarzosi, il principe è un animo minimalista – di nuovo perfetto nel ruolo di Precettore che parla del suo discepolo con delicatezza.
Regis avrebbe voluto qualche altro minuto con questo ragazzo che aveva incastrato in un ruolo ingrato, un destino ingiusto che gli aveva presentato impacchettato in un gesto di altruistica gentilezza. Voleva affrancazione, forse anche un tacito segno di perdono, piccoli istanti di pace, ma Clarus lo richiamò alla realtà, come sempre faceva fin dall’infanzia.
-Vostra maestà? Notizie da Alstor-
-Arrivo, amico mio- disse con un che di stanco, abbozzo un sorriso all’indirizzo del giovane – grazie Ignis- e non lo stava dicendo per la chiacchierata.


La stirpe del Drago di Archadia, gli isolati abitanti del Principato di Ussura, definiscono il caso come l’istante nel tempo e il luogo spazio dove è possibile cambiare il fato del mondo. Non esiste la fortuna o la sfortuna, solo eventi...
Successe un po’ per sbaglio e un po’ per ripicca del fato, chissà. Per nascondersi da un Prompto contrario alle sue sparizioni ed in chiaro delirio da festa, deciso ad immortalare il principe minuto per minuto, Noctis si costrinse ad una fuga alternativa, in zone alternative della cittadella.
La storia della chiusura dell’ala ovest dell’immensa biblioteca di palazzo non era più argomento da salotto nobiliare da mesi. Aveva fatto scalpore, ma in seguito la meravigliosa spiegazione sensata del Consigliere Amicitia aveva sedato ogni sospetto, tutti avevano pronunciato parole di solidarietà e supporto per i coraggiosi studiosi dei Deamons, che a dispetto di provenire da territori nemici volevano cercare di aiutare per un bene superiore, nascondendosi nell’anonimato.
Ci avevano creduto. Circa tutti, incluso il principe. Perché la bugia più funzionale è la versione più chiara e noiosa di quello che si può immaginare e spesso è semplicemente una quasi verità che nessuno vuole ascoltare.
Gli accessi erano tutti bloccati, come atteso, ma il principe quest’anno aveva speso la totalità dei suoi allenamenti e le poche sedute private con il Padre, momenti rari, per riuscire a realizzare il salto warp. Indubbiamente sgraziato, lento e scoordinato, ma per una fuga in luoghi ad accessi bloccati era certamente equipaggiato bene. Dopo un anno, era riuscito solo a fare al massimo due salti in successione, mai in linea davvero retta e aveva frantumato svariate armi da allenamento, era doloroso all’inizio il salto e lasciava braccia e gambe intorpidite, come se trapassate da una scossa elettrica. Era disposto a subire il tutto per evitare un ballo ed il cerimoniale, tanto era forte la sua determinazione a non essere presente tra i nobili.
Voleva stare solo con la sua frustrazione, un ragazzino con il broncio, che di fatto voleva porsi domande e non inscenare risposte quando di fatto non ne aveva. Si sentiva ottuso tra Militari e Politici, a disagio il più delle volte anche con il cerchio più ristretto degli amici del Padre, membri del consiglio governativo o accademici.
Passò il muro della cinta occidentale senza drammi, più difficile l’intreccio di grate levigate dove la sua giacca a taglio marsina diede la vita per l’impresa. Finì per raggiungere i giardini interni sotto il torrione di occidente con la camicia strappata e i pantaloni sgualciti.
Aveva l’affanno, come gli diceva Gladio, praticamente ogni volta che si allenavano, era semplicemente imbarazzante in quanto a resistenza. Ed imbarazzato e fuori posto era esattamente come si sentiva ora. Con il fiato corto e la rabbia montante scagliò una quarta volta la spada, dono di suo padre, evocandola con una fluidità di cui non era padrone fino a ieri, sfruttò il momento, da sopra il muro di separazione del giardino prese la mira e scagliò la lama verso uno dei piani alti della torre, una terrazzina angolata in esterno. La lanciò con tutta la sua frustrazione e il warp non fu qualcosa di teso e sgraziato che lo lasciava con il voltastomaco e gli arti indolenziti, fu eccitante e dinamico. Voleva rompere uno dei tanti divieti di suo Padre per controbilanciare l’umiliazione di essere il fantoccio di ciò che il popolo si aspettava da lui.
L’idea era di raggiungere il piccolo terrazzino, ma nonostante l’attimo funzionale le cose non vanno sempre come si vuole, o non ci sarebbero la meraviglia della casualità. Con il salto warp a piena potenza, per quanto fosse a sedici anni, passò oltre il terrazzo in pietra, sfondò la finestra in pieno in una pioggia di vetri resi rossastri per via della luce del tramonto e si abbatté precipitante su di un tavolo da lettura in legno chiaro in una drammatica cascata di libri.
Un guazzabuglio degno di una commedia comica. Il principe rimase per qualche secondo rigido e dolorante, steso male sulla scrivania… davanti all’impassibile Erudita dello scorpione che stava leggendo uno dei tomi che ora si trovava sul pavimento in mezzo ai vetri.
Il rosso dei capelli fu la prima cosa che notò nel raddrizzarsi con qualche gemito. Poi vide il sangue sulla guancia sinistra e solo alla fine, la maschera nera.
-Ah- gemette ancora, cercando di raddrizzarsi, gli occhi blu sgranati sul viso della donna, il cervello che non riusciva a computare in modo corretto il perché di quella maschera in successione con il caos appena avvenuto.
-Stai bene? - fu la domanda piena di incrollabile aplomb che lo raggiunse.
-Prego? -
-Se stai bene- pacata nel ripetersi, non si allontanava e non si avvicinava, semplicemente lo guardava, o così sembrava, la maschera non concedeva molto dei suoi occhi. Il taglio sul viso sanguinava vistosamente, ma lei sembrava non badarci.
Gli ci vollero manciate di secondi, forse qualche minuto, ma alla fine Noctis rotolò pesantemente su un fianco e acciaccato si rimise in piedi, togliendosi dallo scrittoio.
-Ah- di nuovo gemette per una fitta al braccio, - no,.. cioè… si, si sto bene, solo non mi aspettavo…- di fare un casino simile nel mio momento di breakdown personale, la sua faccia parlava per lui, ma ebbe la buona creanza di non dirlo.
-Non dovresti essere qui- accennò conciliante la ragazza, non poteva avere più di vent’anni per Noctis, ma era difficile valutare bene, non perché la maschera fosse immensa, di fatto copriva solo una porzione del viso, ma era totalizzante, quando la si guardava.
Stupidamente il principe si ritrovò a badare a banalità, questa imperscrutabile persona a cui era letteralmente piombata addosso non si stava inchinando, né gli parlava con un lezioso cerimoniale, era serafica, ma semplice e diretta. Inebetito finì per fissarla in silenzio.
-Ho detto: non dovresti essere qui-
-Cosa? - si riebbe, -no, certo… ma io…- sono il principe? No non voleva giustificarsi così pateticamente.
-Nessuno può accedere all’ala ovest, per decisione del Re-
-Sei uno degli studiosi di Accordo?-
-Sono un Erudita-
-Già…- mormorò imbarazzato, solo ora occhio cervello connessero - la tua… la tua guancia?! - come un idiota impacciato, dopo dieci minuti che la guardava, -sono stato io?- panico.
-Possiamo dire che è stata la finestra-
-Come? –
Lei non era turbata nemmeno di striscio, cosa che mandava di più in panico il ragazzo, semplicemente prese un fazzoletto dal tascone della veste nera e si tamponò la guancia. -E’ un taglio superficiale, scenoso indubbiamente, ma non grave- qualificò il tutto, -dovresti andare ora- incalzò.
-Cosa? No,… insomma, no… devo, voglio- le parole gli uscivano in un flusso disconnesso, - voglio sistemare questo macello prima e se posso aiutarti con la ferita-
-Non è necessario e comunque scopa e paletta non sono qui, e come dicevo poco fa non dovresti essere qui- calcante sulla locazione.
Nuova forma di panico.
-Lo dirà a mio padre? - la voce depressa ed ansiosa, proprio come un ragazzino colto a marinare la scuola, di colpo però si corresse, - alle guardie, volevo dire, lo dirà alle guardie? - rabbercio incespicante.
-Tuo padre? - ripeté lei con un sorrisetto sornione, risaltante dopo la tanta inespressività. Era bello il suo volto, anche quando il suo sorridere era tutt’altro che solare.
-Ah…- in panne di nuovo, - ecco…-
-C’è solo un padre che potrebbe averne a male- continuò lei, - dico bene, Principe Noctis?-
Colpito ed affondato, lo sguardo gli scivolò alle scarpe, non provò nemmeno a mentire.
-Non chiamerò le guardie, ma devi andartene- dichiarò l’Erudita, dopo averlo lasciato in graticola sadicamente per quasi un minuto, - invero non è un favore che ti faccio, perché suppongo che ucciderebbero prima me che preoccuparsi di dare una lavata di capo a te, Principe- un colpo di coda, aveva nell’informalità del tono inserito un frammento di etichetta.
-Cosa? – stranito, - uccidere? -
Lei sorrise, di nuovo c’era qualcosa che feriva nel suo sorriso alabastro, stava sottolineando un punto senza poterlo quantificare a parole, ma il ragazzino era come dissociato dagli indizi che sentiva e non riusciva a ricondurre.
-Devi andare, Principe e sì, la finestra è la via-
-Aspetta, no! Chi sei? – domanda stonata, fece una smorfia sentendosi un cretino, - nel senso, perché dovrebbero ucciderti? Chi sei per cui dovrebbero ucciderti? -
-Un Erudita, te l’ho già detto-
-Siete ospiti- insistette preoccupato, una strana angoscia dietro il fondo dei pensieri, un po’ come quando scopri che i grandi eroi magari sono diventati tali uccidendo uno sfacelo di innocenti, ma ti dicono che si chiama statistica.
-Lo siamo-
-Allora perché dici una cosa simile? -
-Non tutti gli ospiti ricevono la stessa ospitalità-
Difficile per il giovane principe tenere testa ad un tessitore di inganni. La sua favella faticava a tenere il passo e le risposte placide di lei lo spingevano in un brutto angolo.
-È un ordine di mio padre? -
-È un contratto tra le parti-
Era disturbante il modo in cui gli rispondeva.
-Che significa? – sbottò, di colpo si rese conto di aver alzato la voce, ma soprattutto che era buio e c’era una lieve brezza. Erano sul terrazzino e non si era nemmeno reso conto che si fossero spostati, la studiosa sempre a due passi da lui, la guancia aveva smesso di sanguinare e le si vedeva una linea nera sul viso, nella penombra della sera.
-Una conversazione troppo lunga per un impellente congedo, Principe- deflesse con garbo, come se avesse gentilmente accettato che non si passa la cartavetrata sui sogni di un ragazzino.
-Non mi sto congedando! - ribatté di prepotenza.
-Dovete congedarvi- inserì il voi all’improvviso, formale, la giusta distanza tra le parti. Noctis fremeva di rabbia.
-Voglio solo una risposta e poi me ne andrò-
-Non è solo una risposta che chiedi, è un cambio di prospettiva, poi non puoi tornare allo status quo delle cose, non puoi elidere di conoscere la risposta, la vuoi comunque? -
Lui si irrigidì nervoso, la dialettica della donna lo urtava e confondeva.
-Rispondi e basta! –
-Possiamo stare nell’ala ovest, ma solo se evitiamo ogni contatto. Se violiamo i vari punti dell’accordo, il sovrano ha diritto alla legge marziale con noi-
-E’ assurdo. Siete del Niflheim? non come membri di Accordo sottomessi all’impero, intendo proprio del Niflhem?- aveva bisogno di un appiglio, come ogni ragazzino che idealizza un genitore serve un particolare tipo di schiaffo per risvegliarsi ed accettare che quel genitore può essere grandioso anche se umano e fallace, ma bisogna prima passare la gogna della delusione.
-No-
-Perché tutto questo per degli studiosi del Protettorato? Siete di Altissia?- domande a pioggia per la caccia alla risposta valida.
-No- ancora telegrafica. Il Nervosismo di Noctis si stava esponenzializzando.
-Spiegati! - sbottò.
-Perché non veniamo dai quattro regni- la voce fu ferma e calma, ma la risposta tardò un paio di secondi, comparata alle altre.
-Come? - la testa gli stava andando in tilt.
-Questo è il punto del non ritorno, Principe- riprese la mezza via formale e informale la donna, fece due passi sulla terrazza, appoggiando le mani al parapetto, guadando l’orizzonte. -Quel punto in cui lo status quo cambia e non puoi fare niente per restarvici ancorato-
- È follia, se non venite da Eos, da dove venite? - riottoso, come una viverna sulla difensiva.
-Veniamo da Eos, ma Eos non finisce ai confini delle vostre mappe moderne,… ma prima di addentrarci nella tana del bianconiglio, sei pronto per rinunciare allo alla tua visione delle cose? Volendo puoi ancora andartene e mentire, non è come non sapere ma potrebbe reggere- insisteva proprio su questo punto, come se fosse necessaria la scelta volontaria, il consenso al passo.
-Ho detto che voglio sapere! - rimarcò con testardaggine, che certamente aveva la meglio sul buonsenso del neo-sedicenne. La scorpione sorrise e questo sorriso era nella categoria poco raccomandabile.
-Va bene, principe, vediamo se riusciamo a tenerci tutti la testa sul collo dunque- esordì, - veniamo da oltre le lande della Nebbia Perenne, da Archadia. Se fossi un lettore più accanito della vostra cosmogonia la parola potrebbe persino farti suonare dei campanelli, ma il tuo sguardo vacuo mi dice altrimenti- era elegantemente graffiante, nell’insultarlo.
-È follia, venite da oltre la nebbia? Ma non c’è niente oltre la nebbia, il reame dei Sei…-
-Bella storia quella, ma non sono sovrani di nulla ad Archadia… solo ladri fuggiti nella notte dopo una ruberia di cui non hanno probabilmente mai colto la portata-
-Oh ma certo! Ora critichi anche le Divinità? - il discorso stava scadendo per Noctis, era ai limiti del surreale, al punto che stava provando pentimento per la fuga dalla cerimonia.
-Direi che siamo ad un’impasse, altezza- cenno al parapetto, - perché non chiudere questo disagiante dialogo? -
-Cosa? Stai ancora cercando di cacciarmi dopo tutte queste follie? -
-Vorrei la testa sul mio collo per ancora qualche decennio-
-Per Shiva! Nessuno ti ucciderà-
-Tuo padre lo farà, come da accordo- veemente.
-No, non è possibile! - esplose furente.
La donna incrociò le braccia al petto, probabilmente spazientita lo stava fissando esasperata sotto quella maschera, o questa era la percezione che ne aveva il giovane.
-Perché dovrebbe? Siete studiosi no?-
-Altre domande, Principe. Direi che non è il caso-
-Provami che è la verità-
-Sono un canarino in gabbia, se non lo avessi notato- la sferzata di ribattuta lo schiaffeggiò, eppure il tono della voce era rimasto basso e pacato, seppur più freddo.
Il ragazzo strinse il pugno con foga.
-Troverò le prove da solo! - promise in un tono aggressivo, - e lo farò senza farti rischiare la testa, ma vorrò le tue scuse a quel punto! - le sbottò contro con foga, aprì il braccio destro verso l’esterno ed evocò la spada che lanciò immediatamente sparendo di nuovo in un salto warp perfetto.
Di colpo un sibilo nell’aria, lo spettacolo pirotecnico stava cominciando.
Lo stupore sul volto della ragazza durò solo il tempo di un’esplosione di luce, si sa, la sorpresa non dona sul volto dei tessitori di inganni.

  
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