Cap.31 Non sei rimasta
Resta, resta!
Tsuyoshi accarezzò la
tomba della moglie e si nascose il
viso tra le mani, sospirando pesantemente. L’incenso che si
alzava dai bastoncini
nel vasetto posato sulla superficie di marmo.
Una lacrima gli rigò il
viso e serrò un pugno, mentre con l’altra
mano accarezzava la fotografia della moglie.
“Mi manchi… Non
sono mai riuscito a dirti di restare…”
sussurrò.
< Resta nei ricordi, almeno,
resta… Perdonami per tutti i
miei sbagli. Avevi ragione tu, ho sbagliato tutto. Non puoi legare a te
una
rondine e impedire che voli, la uccidi > pensò. Un
roco singhiozzo gli
sfuggì dalle labbra sottili.
Tsuyoshi si
strinse il
laccio candido che gli cingeva la testa e si avvicinò al
tavolo.
“Sei
davvero così
arrabbiata?” domandò. Tentò di sfiorare
la moglie, in piedi sulla superficie di
legno, ma lei si ritrasse. Fece una capriola all’indietro,
sfiorando con i piedi
minuti il lampadario, e atterrò su un tavolo tondo,
facendolo ondeggiare.
“Sono
stanca delle tue
bugie” sussurrò. I lunghi capelli argentei le
ondeggiavano intorno alle spalle.
Osservò il corpo abbronzato del marito, i suoi muscoli
appena definiti, la pelle
solcata da diverse cicatrici e assottigliò gli occhi.
“Non puoi far crescere
anche nostro figlio nella menzogna”.
Tsuyoshi si
massaggiò
il collo e sospirò.
“Io
ti amo, ma sono un
ricercato dei Vongola. Non posso certo venire allo scoperto, per non
parlare
del fatto che ora che Tyl è morto, dovrei morire anche io
perché non si venga a
sapere il mio stile di combattimento”.
Lavanda
fletté le
gambe e balzò, atterrando su una trave all’angolo
del negozio, sfiorando il
tetto di legno.
“Lo
sappiamo entrambi che
sono scuse per non affrontare il tuo passato. Però non
riesci neanche a
sbarazzartene, tieni la spada nascosta sotto il mobiletto in cui
cucini…” lo
richiamò.
Tsuyoshi
strinse le
labbra, fino a farle sbiancare, e si arrampicò su per una
trave di legno, si
sporse con la mano verso di lei, rischiando di cadere.
“I
Vongola non ci
avrebbero mai fatto stare insieme… E lo sai che ti
voglio” ribatté. Riuscì a
sfiorare una gamba di lei. “Non è un segreto che
ho mai cercato di nascondere”.
Lavanda
avvolse le gambe
intorno alla trave e si lasciò scivolare a testa in
giù.
Tsuyoshi si
sporse,
facendo sfiorare i loro nasi.
“So
che anche tu mi
desideri…” mormorò.
Lavanda si
aggrappò
con le mani, liberò le gambe e si lasciò cadere.
Tsuyoshi la
vide
roteare in aria e atterrare, iniziò pian piano la discesa.
“Pensi
che ce lo
lasceranno semplicemente fare? Vongola e Yamamoto sono le principali
famiglie
mafiose di questo mondo. Te l’ho detto dall’inizio,
il nostro destino ci
spingerà a miglia di distanza l’uno
dall’altro.
E tu glielo
stai
permettendo, lasciando che nei ‘tarocchi’ del tuo
fato ci siano segnate solo
menzogne” disse Lavanda.
Tsuyoshi
finì di
scendere e si diresse verso di lei, cercando inutilmente di
abbracciarla.
Lavanda
balzò su un
tavolo, allontanandosi.
“Sei
tu che sei fuori
dalla mia presa. Potranno fare qualsiasi cosa, ma tu sei qui, nel mio
cuore.
Nessuno
può fermarmi
quando decido qualcosa. Sei tu il mio unico destino”
ribatté Tsuyoshi. Si
arrampicò sul tavolo, Lavanda gli si mise davanti.
Tsuyoshi
sentì il
fiato accelerare, mentre lei gli passava la mano sotto la giacca del
kimono,
allentandogli di un po’ la cintura, passando le sue dita
sottili sulla sua
pelle. La sentiva accarezzarlo in centri concentrici,
arrossì, mentre il suo
battito cardiaco accelerava.
“Pensi
sia così
facile?
Pensi che io
non
voglia correre da te?
Ma ci sono
montagne e
porte che non possiamo trapassare” ribatté Lavanda.
Ritrasse le
mani di
colpo, lui si sbilanciò e cadde pesantemente giù
dal tavolo, con il viso
rivolto verso l’alto, respirando pesantemente.
Lavanda si
affacciò e
controllò stesse bene, lo guardò sedersi,
massaggiandosi il capo, passando le
dita tra gli aguzzi capelli mori.
“So
che ti stai
chiedendo perché noi siamo capaci di essere solo tu ed io,
ma al di fuori delle
anguste mura di questo negozio, so cosa ci aspetta. Quando usciremo da
qui ti
sveglierai e scoprirai che siamo senza speranza.
Lo leggerai
negli
occhi di tutti” disse Lavanda. Gli porse la mano, Tsuyoshi
l’afferrò, la moglie
lo aiutò a rimettersi in piedi e lo lasciò andare
di nuovo. Fece qualche passo
indietro, continuando a camminare sul tavolo.
< Non
capisco se è
arrabbiata con me, con se stessa o con il mondo che ci ha ridotti a
questo >
pensò Tsuyoshi.
La
seguì, sfiorando
con la mano i bordi dei tavoli, guardandola dal basso
all’alto.
“Se,
invece,
riscrivessimo questo mondo? Riscriviamo le stelle.
Nessuno
può dire chi
siamo e cosa diventeremo. Dipende solo da te e da me” le
disse.
Lavanda si
piegò e gli
accarezzò la guancia, lì dove c’era un
accenno di barba e il mento era
spigoloso.
“Vorrei
fosse vero.
Nonostante tutto, mi sento fatta per essere tua”
soffiò.
<
Nulla ci ha mai
separati veramente. Sei colei che ritroverei anche dovessi perderla
mille volte
> pensò Tsuyoshi.
Si
arrampicò nuovamente
sul tavolo, Lavanda gli prese il viso tra le mani e lo baciò
con foga, Tsuyoshi
con una mano iniziò a slacciarle i nodi delle spalline del
vestito di lei, con
l’altra avvicinò il capo della moglie al proprio.
La lingua di Lavanda forzò la
bocca chiusa di Tsuyoshi, le loro lingue s’intrecciarono,
scivolando l’una
sull’altro, mugolavano con i fiati vicendevolmente mozzati.
Continuarono
a
baciarsi, rischiando di farsi cadere a vicenda, arrossandosi le labbra
e
screpolandole. Tsuyoshi le fece scivolare il vestito fino alle
ginocchia e le
slacciò il reggiseno, una ciocca di capelli argentei di lei
gli solleticò il
viso.
“Perché
non
riscriviamo le stelle?” domandò Tsuyoshi. Si morse
un labbro, incidendolo con i
denti, riprendendo affannosamente fiato, aveva il viso arrossato e le
pupille
dilatate. Si mise in ginocchio davanti a lei e le prese il seno in
bocca,
succhiandolo avidamente, solleticandole il capezzolo turgido con la
punta della
lingua, ricoprendole la pelle chiara di uno strato di saliva.
Lavanda
mugolò di
piacere e gettò indietro la testa, lui si staccò,
accarezzandole i fianchi e le
posò dei baci sul ventre, sopra l’ombelico.
“Forse
il mondo può
essere nostro…” la invogliò Tsuyoshi.
Le abbassò pian piano gli slip e li
lasciò cadere dal tavolo. “…
Stasera”.
Lavanda gli
mise un
piede sulla spalla e lo spinse, facendolo cadere seduto a gambe aperte
con un
rumore secco proveniente dal legno.
“Ti
sveglierai e
vedrai che dopotutto siamo senza speranza” rispose Lavanda.
Tsuyoshi la
guardò
balzare e appendersi a una sporgenza in legno del soffitto.
“Nessuno
può
riscrivere le stelle” gli disse la moglie, passando da una
trave di legno
all’altra, con un movimento fluido del bacino. Il suo corpo
ignudo sembrava
brillare alla luce della lampada, i suoi muscoli erano tesi.
Tsuyoshi
deglutì,
sentendo la bocca secca e la gola riarsa.
< Non
ti trovo e ti
cerco nei miei sogni, ma… Forse hai ragione. Come posso dire
che sarai mia?
> si domandò. Smise di seguire i movimenti di lei e
alzò il capo sulla trave
sopra di lui, saltò un paio di volte, cercando di
aggrapparvisi, si screpolò le
dita.
<
Iiiih. Questo
dev’essere l’inferno! Tutto ci dicono chi e cosa
possiamo essere. Non dipende
né da te, né da me, quello che succede.
Ti faccio
così
arrabbiare, ma ti giuro che sono stato messo al muro. Niente per me
è più
importante di te e di nostro figlio >.
Lavanda lo
vide
precipitare e lo afferrò per una mano, lo tirò a
sé con un mugolio e gli
permise di aggrapparsi a una sporgenza di legno, Tsuyoshi
salì sopra di essa,
sedendosi a cavalcioni.
“Eheh…
Pensavo che mi
sarei ammazzato” ammise.
Lavanda era
seduta
sulla trave accanto a lui, dimenando i piedi nudi e gli
accarezzò la guancia
con il dorso della mano, posandogli dei baci sul collo.
“Sembri
avere così
tanto ragione tu.
Come
possiamo dire che
sarai mia?
Tutto ci
tiene
distanti… Non faccio che sbagliare… Ed io non
sono colui che eri destinata a
trovare” ammise Tsuyoshi. “Nyuh…
C-che… si-situa…
situazio-situazione…”
balbettò, con gli occhi liquidi.
Lavanda
continuava a
baciarlo, risalendo fino alle orecchie, Tsuyoshi lasciò che
le sue pesanti
scarpe di legno cadessero di sotto, scheggiando qualche trave di legno
del
pavimento.
Tsuyoshi si
voltò e
gli prese le mani nelle proprie.
“Voglio
solo dire che
il mondo può essere nostro stasera” le disse.
Lavanda gli
lasciò
andare le mani e si rimise in piedi, camminò
all’indietro.
Tsuyoshi
strisciò a
gattoni verso di lei.
“Come
possiamo
riscrivere le stelle?” le domandò.
Lavanda si
afferrò al
filo del lampadario, rallentando con la pioggia qualsiasi
sfilacciamento, e si
lasciò ondeggiare al centro della stanza.
Tsuyoshi si
sciolse la
cintura di tela del suo kimono e si spogliò, rimanendo solo
con una fascetta di
stoffa rossa all’altezza del petto e dei pantaloni azzurri
inguinali, i pesanti
vestiti caddero sul pavimento. Legò
un’estremità della cintura e si lanciò,
appeso con una mano all’altro capo.
Volteggiò
intorno alla
moglie, guardandola negli occhi, i loro fili s’intrecciarono
e si ritrovarono
con i corpi aderenti. I loro respiri bollenti si confondevano, mentre i
loro
visi erano a un dito di distanza.
“Tutto
quello che
voglio è volare con te” si sussurrarono a vicenda,
con voce vibrante.
Tsuyoshi scoppiò a
piangere rumorosamente, mentre lacrime e
mugo si mischiavano sul suo viso affilato.
Takeshi lo osservava, nascosto dietro
un albero, con la
spada stretta al petto.
“Io resterò,
papà. Te lo prometto” sussurrò.
Incassò il capo
tra le spalle e si sedette su una radice. < Farò
quello che mamma non ha
fatto con noi > pensò.