Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MadAka    20/01/2019    1 recensioni
Tutto ha inizio con un disegno. Perché è proprio un disegno quello che si trova Ewan, cantante degli Shards, nella tasca dei pantaloni al termine di un concerto. Due figure ben rappresentate su carta, lui e una ragazza e nessun indizio per risalire all'autrice.
Contro ogni previsione, il pensiero di individuare chiunque gli abbia dedicato quel piccolo bozzetto si appropria di lui, portandolo a incontrare una persona che sentiva già di conoscere.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

“So Eleanor, put those boots back on | Put the boots back on and run | Run, come on over here, come on over here, come on over here

Franz Ferdinand. Eleanor Put Your Boots On

 

 

 

Starbucks coffee, Shaftesbury Ave, Londra, 14 ottobre

Ore 9:37 AM

 

“Per fare pace con un ragazzo bisogna prima fare pace con i suoi amici”. Così le aveva detto Pani prima di salutarla alla stazione di Glasgow, per poi stringere l’amica in un lungo, incoraggiante, abbraccio. Amelia sapeva che aveva ragione, per questo nelle quattro ore di viaggio che la separavano dalla capitale aveva deciso di studiare attentamente le sue prossime mosse.

Era arrivata nella capitale la sera precedente e aveva raggiunto l’ostello in cui aveva affittato un letto per le tre notti successive, incontrando i suoi temporanei compagni di stanza. Quelle erano tutte spese che avrebbe potuto benissimo risparmiarsi se solo non fosse scappata da Ewan, ma si disse che così, almeno, avrebbe imparato la lezione, soprattutto perché non era affatto certa che lui l’avrebbe perdonata per il suo comportamento – e, in tal caso, lei non lo avrebbe certo biasimato.

Seguendo il consiglio della migliore amica, Amelia aveva deciso di scusarsi con ciascun membro degli Shards, lasciando Ewan per ultimo. Sperava che raccontando le reali motivazioni che l’avevano portata ad allontanarsi da Londra, Chase, Chris e Trent l’avrebbero aiutata a riappacificarsi con Ewan. Voleva incontrare i tre separatamente, chiedere loro scusa, sperando che le cose andassero per il meglio. Per quello si trovava lì, nello Starbucks di fronte alla sala prove degli Shards, il luogo in chi sapeva avrebbe potuto incontrarli tutti. In quel momento, però, ne stava aspettando uno in particolare. 

Si era seduta in uno dei tavolini più appartati, il cappuccio della felpa in testa e il libro fra le mani per far scorrere il tempo. Si era appostata come nei film, sentendosi quasi un’agente segreto. Era lì da più di mezz’ora, ormai, e, dopo il mocaccino che stava finendo di bere, aveva pensato di concedersi la colazione che, anche complice l’ansia, non era riuscita a mandare giù quella mattina.

Non sapeva se sarebbe riuscita a mandare giù un boccone, si sentiva agitata all’idea di rivedere i quattro Shards. Ancora non sapeva bene cosa avrebbe detto loro, da che parte avrebbe iniziato a raccontare la sua verità, se i ragazzi l’avrebbero capita o, al contrario, si sarebbero accaniti contro di lei, spezzandole definitivamente il cuore. Impossibile stare calmi con tutte quelle incognite addosso, impossibile anche solo pensare di mangiare qualcosa.

Tornò a concentrarsi sulla lettura, tenendo però l’orecchio ben teso verso la porta, così da monitorare ogni movimento, anche se si fosse trattato di persone in cerca di un riparo dalla pioggia che stava scendendo su Londra. Qualcuno di tanto in tanto entrava, ordinava un caffè e usciva, ma di lui nessuna traccia.

Passò all’incirca un’altra mezz’ora, altre persone, altra pioggia.

Amelia sospirò. Forse quella di parcheggiarsi da Starbucks non era stata una gran idea, ma ormai aveva preparato il necessario e il barista aveva consentito ad aiutarla. Quando aveva ipotizzato la cosa le era sembrato un buon piano. Proseguì nella lettura, diventando sempre più impaziente. Si disse che se entro le 11:30 il ragazzo non fosse arrivato avrebbe trovato un altro metodo per incontrarlo, anche se quello che aveva ipotizzato lì nel caffè era perfetto per lui.

Alla fine, quando era ormai prossima a perdere del tutto le speranze, pronta per recuperare le sue cose e andarsene da lì per studiare un piano di ripiego, il ragazzo entrò.

Chase superò la soglia del locale, salutò il barista e ordinò un caffè americano come suo solito. Il ragazzo di Starbucks gli disse che glielo avrebbe preparato a breve, il tempo di ultimare quelli che stava facendo, e il batterista prese posto a uno dei tavoli. Quasi lo avesse fatto apposta, si sedette poco lontano dal punto in cui si trovava Amelia e le diede le spalle, senza neanche vederla. Lei, infatti, si era calcata per bene il cappuccio in testa e si era nascosta dietro le pagine del libro, facendosi il più piccola possibile, osservando circospetta la scena sotto i suoi occhi. Il cuore cominciò a batterle forte per l’agitazione. Cosa avrebbe detto Chase trovandola lì, a Londra? 

Osservò il barista avvicinarsi al tavolo del ragazzo, lanciare a lei uno sguardo d’intesa, infine posare il bicchiere sotto al naso di Chase con un “Il suo caffè, prego” di tutto rispetto. Il batterista lo ringraziò, un po’ sorpreso per quel servizio extra e afferrò il bicchiere.

Amelia, alle sue spalle, trasse un profondo respiro, chiuse il libro e si abbassò il cappuccio, mettendosi in attesa. Il suo piano era appena, ufficialmente, scattato.

In un primo momento Chase non si accorse di nulla, troppo preso a rispondere al messaggio della sua ragazza, ma quando bevve il primo sorso della bevanda notò che sul bicchiere c’era qualcosa. Un segno a pennarello e non erano le lettere del suo nome. Ruotò il bicchiere per vedere bene di cosa si trattava e ne fu incredulo. C’era un disegno, un piccolo e ben eseguito schizzo a pennarello di un ragazzo con indosso un costume intero da dinosauro – tyrannosaurus rex, per essere esatti. Osservandolo meglio si rese conto che il soggetto rappresentato era lui, una sua versione a cartoni. Riconobbe il ciuffo che sbucava da sotto il cappuccio a bocca del dinosauro. Anche lo sguardo; quello era il suo sguardo, non aveva dubbi. Quel bicchiere era stato indirizzato appositamente a lui e si mise subito a pensare a chi potesse averglielo mandato. Una volta aveva fatto una chiacchierata con Amelia a riguardo. Più che una conversazione era stato un fantasticare. Le aveva rivelato che stava pensando di comprarsi uno di quei costumi da dinosauro, per adulti, perché gli erano sempre piaciuti, pensando che sarebbe stato buffo indossarlo durante un concerto. Amelia, come faceva ogni volta, lo aveva ascoltato e aveva fantasticato insieme a lui su un concerto in costume degli Shards, magari per una data di halloween, o carnevale, o in un festival come lo Sziget. Per questo, guardando quel bozzetto sul bicchiere, Chase capì che c’entrava la ragazza e alzò subito la testa per trovarla. Si guardò intorno, senza vederla, arrivando addirittura a pensare di aver preso un granchio, almeno finché non si voltò per vedersi alle spalle. Lei era lì, proprio alle sue spalle, seduta al tavolino, un lieve sorriso in volto. I capelli le ricadevano sulla spalla destra e tra le mani teneva il bicchiere di carta, ormai vuoto.

Chase spalancò gli occhi, un sorriso si fece largo sulle sue labbra. «Amelia» esclamò, felice di trovarsela lì davanti. Era anche sorpreso di saperla lì, ma fu la gioia ad avere la meglio. Si alzò e la raggiunse al suo tavolo, portando con sé il suo bicchiere. 

«Sapevo fosse un tuo lavoro» le disse, riferendosi al disegno sul bicchiere. La ragazza sorrise, annuendo. A breve sapeva che avrebbe dovuto iniziare a raccontare la realtà dei fatti a Chase, che presto lui le avrebbe chiesto perché era lì senza aver avvertito nessuno. Amelia, allora, avrebbe dovuto dire tutto, spiegare perché era tornata, scusarsi con lui e pregarlo di aiutarla. 

«Sono contento di vederti» proseguì Chase. «Ma, che ci fai qui?»

Nonostante la ragazza si fosse aspettata e avesse temuto quella domanda, sentirla formulata dal batterista a quel modo fu meno preoccupante del previsto. Certo, lui ancora non sapeva le reali motivazioni che l’avevano allontanata dagli Shards, ma c’era dell’ingenua curiosità nella sua domanda.

«Ewan ha detto che non ti sente da un po’» proseguì lui.

Quelle parole, al contrario delle precedenti, scatenarono nella ragazza una valanga. I sensi di colpa la invasero, quasi fossero una pioggia di mattoni. Era giunto il momento di raccontare la verità. Dopotutto cos’altro poteva fare, scappare? Aveva già visto cosa significava fuggire e si era ripromessa di non farlo più, soprattutto con Ewan. Parlare con Pani di quella storia le aveva fatto bene, non c’era motivo di dubitare del fatto che fare lo stesso anche con Chase – e poi con tutti gli altri – le avrebbe giovato.

Trasse un lungo respiro, chiaro segnale che quanto era in procinto di uscire dalle sua labbra non era nulla di semplice. «C’è...c’è una cosa che devi sapere» esordì.

L’espressione di Chase si fece confusa. Inarcò un sopracciglio, inclinando appena la testa di lato. «Cioè cosa?»

«Non c’è nessun lavoro a Glasgow» disse in un sol fiato lei. Si strinse nelle spalle con espressione colpevole. «Non c’è mai stato, a dire il vero. Almeno non da quando sono arrivata qui la prima volta.»

Diede a Chase il tempo di ragionare su quanto aveva appena detto. Sapeva gli sarebbe servito un momento per capire con esattezza a cosa stava alludendo, dopotutto non aveva per niente contestualizzato la sua ammissione.

Il batterista, però, arrivò alla corretta conclusione in brevissimo tempo. «Se non c’è nessun lavoro, allora perché sei andata via?»

Non sembrava arrabbiato; confuso, quello sì. Amelia pensò da dove iniziare per raccontargli tutto affinché le cose gli fossero chiare. Alla fine decise di partire dalla principale causa di tutto.

«Ho avuto paura» gli rivelò, distogliendo lo sguardo.

Chase si sporse appena sul tavolo, improvvisamente preoccupato. «Paura di cosa?» le chiese, con il tono di chi sottintende di voler fare qualcosa, se necessario, per poter essere d’aiuto. La ragazza non poté fare a meno di pensare a quanto fosse sensibile e premuroso quel ragazzo. Si morse appena il labbro inferiore per via dell’agitazione, iniziando anche a tormentarsi le mani in grembo. Alla fine, però, si fece forza e disse: «È che…ho cominciato a provare…qualcosa, verso Ewan. E, beh…la cosa mi ha spaventata.»

Era una motivazione debole, lo sapeva bene anche lei, ma lì per lì non le era uscito nulla di più efficace di quello.

Chase sollevò le sopracciglia, sorpreso, per poi esibirsi in un sorriso. «Non so se sono autorizzato a dirtelo, ma visto che siamo in argomento ne approfitto: tu piaci a Ewan. E molto, aggiungerei.»

Una fitta di calore si irradiò nel petto di Amelia a quelle parole. Il cantante le aveva detto che lei gli piaceva anche il giorno in cui si erano separati, ma le parole del batterista le avevano appena dato speranza; forse poteva ancora risollevare la situazione, recuperare quanto aveva rovinato con Ewan. Sentì una nuova ondata di motivazione riempirla e si decise a proseguire.

«Sì, lui me lo ha detto. È solo che…tutto ciò mi spaventa» mormorò. Faticava ancora a mettere in fila parole sufficienti per dare un senso alle sue emozioni. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa di efficace. Si costrinse a pensare in modo razionale, a mettere uno dietro l’altro i concetti giusti, quelli sensati e quelli utili.

«Non ci sto capendo niente, lo ammetto» disse Chase, prima di bere un sorso del suo caffè.

Amelia lo guardò, quasi sentendosi in colpa. Non lo stava di certo aiutando a capirla con quel casino di mezze frasi che continuava a borbottare. Doveva partire dal principio affinché lui comprendesse tutto, ovvero da quel passato opprimente e ingombrante che era la principale causa della sua paura di amare.

«È una storia lunga» gli rivelò. «Ma forse è l’unica che posso raccontarti perché tutto ti sia chiaro.»

Quasi contò i secondi successivi, preoccupata di sentire il batterista dire che avrebbe fatto meglio a smettere di prenderlo in giro, che doveva sbrigarsi a spiegarle per quale motivo aveva lasciato Londra ormai un mese prima servendosi di una scusa. Tuttavia Chase non fece nessuna di queste cose. Sollevò le spalle e sorrise alla ragazza. «Beh, il tempo non mi manca.»

Amelia si sentì così sollevata da quella risposta che avrebbe voluto abbracciare e ringraziare il ragazzo finché non si fosse stancata. Alla fine si fece forza, almeno quel tanto che bastava per iniziare a parlare, dopodiché chiuse un momento gli occhi e cominciò a raccontare, decisa a non tralasciare alcun dettaglio.

Con lui fu più complicato che con Pani. L’amica sapeva già tutto del trascorso sentimentale di Amelia, Chase invece no. Pertanto la ragazza si vide costretta a dirgli davvero tutto, partendo dal principio. Gli raccontò prima di Eric, poi di Richard, senza tralasciare nulla del modo in cui si era sentita dopo ciascuna rottura. Gli disse anche degli altri, di quelli che la volevano quasi esclusivamente per il corpo. Il batterista non diede mai segno di non comprendere cosa tutto ciò potesse c’entrare con uno dei suoi migliori amici e lasciò che Amelia finisse di raccontare. Fu così che la sentì ammettere piano che i suoi trascorsi l’avevano portata ad avere una sorta di diffidenza, di paura verso quello che sarebbe dovuto essere il sentimento più importante e puro: l’amore.

Di persone che avevano paura di amare Chase ne aveva già sentite, spesso raccontate in film, canzoni, romanzi, ma non aveva ancora incontrato qualcuno che lo ammettesse davanti a lui. Il fatto che quella prima reale ammissione provenisse proprio da quella ragazza, che aveva conosciuto così spensierata e felice, gli fece provare una gran empatia verso di lei. 

Amelia gli rivelò che era quella la causa reale del suo allontanamento, del perché non avesse motivato la cosa ma si fosse servita di una banale scusa. Sentiva di essere prossima a innamorarsi di Ewan, forse lo era già, e la cosa l’aveva spaventata al punto di farla scappare. 

«Ridicolo, eh?» chiese a Chase dopo averglielo confessato. Era una domanda retorica, di certo non si sarebbe aspettata di sentire il ragazzo risponderle: «Non per me. E di certo non per Ewan.» 

Amelia non disse niente, si limitò a schiudere le labbra in cerca di qualche parola.

«Sei venuta fin qui per dirglielo?» proseguì lui. 

La ragazza annuì. «Già. Non volevo spiegargli tutto e chiedergli di perdonarmi con un messaggio. Patetico. E una telefonata, beh, non credo avrei avuto la forza di farla. Volevo vederlo, chiedergli scusa guardandolo in faccia. Ma...mi serve il vostro aiuto» concluse, alludendo anche a Chris e Trent. Era nervosa, ma molto meno rispetto a quando aveva iniziato a rivelare tutto al batterista. Il modo in cui lui l’aveva ascoltata, dimostrando di capirla, le aveva dato sicurezza. Tuttavia c’era un’altra cosa che ci teneva a dire. «Non ho scuse per il mio comportamento, lo so e, credimi, capirò se doveste mandarmi tutti al diavolo, soprattutto Ewan.»

Le sembrò di essersi tolta un macigno dal petto, ma i secondi di silenzio che anticiparono la risposta di Chase le parvero eterni.

«Non so cosa vorranno fare i ragazzi,» disse poi lui, con una delle sue alzate di spalle più innocenti, «ma io voglio aiutarti. So che è la cosa giusta da fare, anche per Ewan.»

Amelia provò un forte moto di gratitudine dopo quelle parole. Lui sembrava aver capito alla perfezione il tormento che aveva afferrato la ragazza, che l’avesse compreso senza pregiudizi senza “se”. Lei non voleva essere compatita, sapeva di aver sbagliato, di essersi comportata nel modo peggiore, infantile, tuttavia sentire che il batterista era disposta ad aiutarla significava che lui l’aveva capita e che non aveva intenzione di sbarrarle la strada nel suo percorso verso Ewan. 

«Grazie Chase» gli disse infine. Posò le mani sul tavolo, ogni sorta di tremore o agitazione era scomparsa. 

Lui le sorrise. «Mi dispiace per quello che ti è capitato» ammise poi. «Credo che nessuna ragazza si meriti di incontrare degli stronzi del genere. Specialmente tu.» Le parole gli uscirono un po’ impacciate dalle labbra, ma con tutta la sincerità di cui era capace. Rigirò un paio di volte il bicchiere fra le mani, poi tornò a concentrarsi su Amelia. «Sono contento che tu sia tornata qui. Ewan non sarebbe capace di fare una cosa del genere» disse, alludendo a quanti avevano solo usato e basta la ragazza. 

Lei sorrise. «Lo penso anche io, sebbene non lo conosca ancora quanto te.  Ewan è...diverso.»

Il termine “diverso” era qualcosa che non sapeva mai bene in che modo contestualizzare, ma alle volte sembrava l’unica parola in grado di esplicare un pensiero. 

Chase annuì a quell’affermazione. «Oh sì» disse solo, strappando una risata ad Amelia.

Nel silenzio che seguì lui prese un lungo sorso del suo caffè, dopodiché posò il contenitore della bevanda sul tavolo allo stesso modo in cui si potrebbe veder fare nei film western. «Chi  è il prossimo sulla tua lista?»

Lei pensò che, vista la scena e la domanda, ci sarebbe stato bene anche pulirsi la bocca con la manica della felpa. Per fortuna lui era un ragazzo ben educato. 

«Direi Chris» rispose dopo essersi stretta nelle spalle.

Al batterista quelle parole parvero bastare. Estrasse il cellulare e scorse in fretta sull’elenco dei numeri preferiti. «Puntiamo all’effetto sorpresa?» le chiese con un sorriso. Lei replicò con lo stesso gesto, annuendo. 

La chiamata fra batterista e tastierista non durò a lungo. I due si diedero appuntamento per l’ora successiva, in un piccolo locale di Camden Market che, Amelia ebbe modo di scoprire, piaceva molto a Chris. Quest’ultimo non fece alcuna domanda riguardo al perché dovevano trovarsi, la ragazza lo dedusse dalle frasi che sentì dire a Chase. 

Il ragazzo chiuse la chiamata, con un soddisfatto “ok”. Alzò lo sguardo su Amelia e lei gli sorrise per ringraziarlo. Tuttavia non le riuscì di trattenersi dal dire: «Hai dimenticato di dirgli una cosa importante, però.»

«Ovvero?» domandò preoccupato lui.

«Vieni da solo» recitò con tono teatrale la ragazza. 

Chase scoppiò a ridere, annuendo un paio di volte per far intendere che il riferimento gli era piaciuto. Quando si fu ricomposto osservò la piccola riproduzione da dinosauro che Amelia gli aveva fatto. «Penso che conserverò il bicchiere» le disse.

Lei scattò subito. «Oh, no, non sei obbligato.» Frugò nella propria borsa in cerca di qualcosa. Aveva riposto il piccolo rettangolo di carta in un angolo sicuro, per tale ragione non ebbe bisogno di molto tempo per individuarlo. Lo allungò a Chase, senza però farlo scorrere sul tavolo.

Il batterista lo prese in mano e lo guardò, riconoscendo lo stesso disegno che c’era sul bicchiere. A differenza di quest’ultimo, però, quello che aveva fra le mani era fatto molto meglio e con un delicato e sapiente uso del colore.

«Lo adoro, Ami» esclamò, sorridendo.

Lei ne fu contenta e non riuscì a nascondere la cosa. Era chiaro che Chase non sembrava aver alcuna intenzione di condannare o rinfacciare le decisioni prese da Amelia in merito a tutta quella storia con Ewan. Anzi, aveva appena deciso di aiutarla e aveva mosso la pedina di un ulteriore passo verso il cantante.

Il ragazzo si alzò in piedi. «Vogliamo andare? Così magari riusciamo a fare anche un giretto per Camden prima che Chris arrivi.»

Amelia si disse d’accordo. Guardò Chase infilare nel portafoglio il disegno che gli aveva appena regalato e prendere il caffè, così da finire quanto rimasto lungo il tragitto.





Camden Market, Londra, 14 ottobre

Ore 11:54 AM



Ferma davanti al luogo in cui si erano dati appuntamento con Chris, Amelia non riusciva a fare a meno di continuare a leggere la vetrata e quanto vi stava evidenziato sopra. Davvero quello era uno dei posti preferiti di Chris? Era un localino piccolo, di recente comparsa – senza alcun dubbio – e specializzato in centrifugati e frullati di frutta, oltre alla più comune caffetteria. 

La ragazza ricamò con le labbra la parola “Bio” mentre questa le si parava davanti, sempre più incredula. Non avrebbe mai detto che il tastierista degli Shards fosse uno da centrifugato di frutta vitaminico e bio, non dopo tutta la quantità di patatine fritte che lei gli aveva visto ingurgitare da quando lo aveva conosciuto. Era proprio vero che non si smetteva mai di scoprire cose nuove sulle persone.

«Chris mi ha appena scritto che è sceso dalla Tube. A breve sarà qui.»

Amelia si voltò verso Chase quando lo sentì parlare. Il batterista mise via lo smartphone e lanciò un’occhiata alla ragazza, un sorriso – all’apparenza incoraggiante – in volto. Lei annuì con il capo, dopodiché disse: «Non pensavo che fosse uno da centrifugati bio

«Perché no? Sono ottimi» rispose lui. «Dovresti provarne uno.» Si bloccò a quelle parole, con un’idea che gli era appena balzata alla mente. Estrasse il portafoglio e allungò dieci sterline ad Amelia. Lei le afferrò, confusa.

«Giochiamo sull’effetto sorpresa, sarà divertente» esordì lui. «Io lo aspetto, tu nel mentre prendi qualcosa da bere, anche per lui.» Si voltò in direzione del locale e lesse in fretta la lista delle bevande. «Il suo centrifugato preferito è quello arancione, con il frutto della passione.»

«Interessante» disse con tono scherzoso Amelia, dopo aver fatto schioccare la lingua. Aveva capito cosa voleva fare Chase e trovò che sarebbe stato divertente comparire alle spalle di Chris a quel modo. «Tu vuoi qualcosa?» gli chiese. Il batterista scosse la testa e lei fece per avviarsi, ma la sua voce la fermò prima: «E prendine uno anche tu. Ne vale la pena, davvero.»

Lei promise che lo avrebbe fatto ed entrò nel locale, rigirandosi la banconota in mano mentre leggeva le varie bevande.

Fuori, Chase notò Chris arrivare facendosi strada fra un gruppetto di turisti. Quando il tastierista lo ebbe raggiunto si salutarono e il batterista fece in modo di concentrare l’attenzione dell’amico su di sé. Non che ce ne fosse poi tanto bisogno, Amelia, infatti, era ben nascosta dietro la moltitudine di scritte e disegnini che decoravano la vetrata del locale.

«Ti andava un giro per Camden?» chiese Chris.

Chase alzò le spalle. «Qualcosa del genere.»

L’altro lo guardò perplesso, ma il messaggio che ricevette sul cellulare consentì a Chase di prendere altro tempo. Il tastierista rispose, canticchiando qualcosa che l’amico non riconobbe, ma che lui sapeva essere Eleanor Put Your Boots On dei Franz Ferdinand – e che gli era venuta in mente perché l’aveva sentita come suoneria del telefono a una ragazza sulla metro. 

«Dove si va?» chiese poi, dopo aver risposto al messaggio, sollevando la testa verso il compagno di band. 

A Chase serviva altro tempo. Si guardò intorno, pensando in fretta, ma per sua fortuna non ce ne fu bisogno.

«Arancione?»

La mano di Amelia comparve fra i due ragazzi, un bicchiere colmo di liquido arancio dal profumo fresco e invitante. Chris guardò il centrifugato corrucciando la fronte, confuso, poi seguì mano e braccio fino a voltarsi, trovandosi davanti la ragazza.

Piombò un silenzio da far rabbrividire. Il tastierista rimase immobile a fissare Amelia con gli occhi sbarrati, quasi davanti a sé avesse un fantasma. Chase pensò che le cose si stessero mettendo male; di solito il suo amico aveva tempi di reazione celeri, non si bloccava così. Forse puntare sull’effetto sorpresa era stato un po’ eccessivo. Proprio quando era in procinto di fare qualcosa, però, Chris reagì. Si voltò verso la ragazza e l’abbracciò senza dire nulla, stringendola forte.

Il suo gesto colse gli altri due così impreparati da non sapere bene come comportarsi. Amelia allargò le braccia con l’intento di proteggere la t-shirt bianca del ragazzo da possibili schizzi di bevanda arancione o verde – quest’ultima era il centrifugato che si era presa per sé, così da onorare il volere di Chase.

«Grazie al cielo sei tornata» le disse il tastierista prima di lasciarla andare.

«Mi hai fatto paura» ammise Chase. «Dio, credevo le avresti tirato un pugno.»

«Anche io» si accodò la ragazza.

Chris li guardò perplessi. «State scherzando? Non sono uno da scazzottata. Tranne forse con qualche deficiente» aggiunse sovrappensiero. Dopodiché indicò il centrifugato arancione. «È mio quello?»

Amelia annuì, tendendoglielo. Lui la ringraziò, ignorando il fatto che era stato Chase a offrirglielo quando lei glielo disse. Il batterista non parve sorpreso dalla cosa e mise via il proprio resto, tendendo l’orecchio ai due, in attesa di sentirli iniziare la conversazione.

«Allora? Non pensi di doverci una spiegazione?» chiese  Chris dopo il primo sorso della bevanda.

La ragazza annuì, abbozzando un sorriso. «Chase sa già tutto.»

Il tastierista si voltò verso di lui. L’altro si limitò ad annuire grave, cosa che lasciò intendere che, di qualsiasi cosa fossero in procinto di parlare, andava presa seriamente. 

«Ok, lui sa tutto, ma io no.»

«Forse conviene andare a sederci da qualche parte» propose il batterista, avviandosi.

Gli altri due lo seguirono lungo vie e viottoli di Camden, finché raggiunsero una panchina poco distante dalle stradine principali, abbastanza tranquilla per poter parlare senza essere interrotti. Si misero a sedere. Si vedeva benissimo che Chris moriva dalla curiosità di sapere per quale motivo Amelia fosse tornata senza dire nulla a nessuno, così come di sapere per quale ragione Chase fosse stato a conoscenza della sua presenza a Londra prima degli altri.

Come prevedibile, alla ragazza servì un lungo respiro prima di iniziare a parlare, lo stesso che si era reso necessario quando aveva deciso di aprirsi con il batterista. Non che avesse paura di dire la verità a Chris, ma non era facile mettere a nudo il lato più sensibile e fragile di sé. Il ragazzo, però, le diede il tempo di cui aveva bisogno.

«Ok, beh» iniziò lei, cercando le parole migliori. Come spesso le capitava quando doveva raccontare qualcosa che la toccava nel profondo, l’esordio non fu dei migliori. «Il vero motivo per cui ho lasciato Londra prima del tempo è perché ho avuto paura.»

Di nuovo le sembrava di essersi liberata da un masso di quintali posto sullo stomaco. La verità era liberatoria.

«Paura di cosa? Di noi?» chiese basito Chris. La questione della paura non l’aveva calcolata, specie perché non capiva di cosa si potesse avere paura riguardo a loro.

Amelia scosse la testa. «Tu sai cosa stava succedendo fra me e Ewan» disse, lasciando cadere la frase.

Non era una domanda, ma il ragazzo capì che lei aveva bisogno di una risposta o, meglio, una conferma. «Certo, l’avevo capito. Tutti lo avevamo capito, per questo non siamo riusciti a spiegarci per quale motivo te ne fossi andata così su due piedi.»

La ragazza rigirò il proprio bicchiere fra le mani. Lo tese a Chase, che le sorrise e bevve un sorso del contenuto verdino. Per un attimo pensò che fosse bello essere lì, insieme a quei due ragazzi a sputare fuori la propria realtà, le insicurezze, consapevole che almeno uno dei due era pronto e disposto a sostenerla.

«Ewan ci è rimasto malissimo» proseguì Chris, riportando Amelia alla realtà con una stretta al cuore. «Per questo sono stato così felice di rivederti, prima. Se sei tornata vuol dire che le cose si sistemeranno, vero? In un modo o nell’altro.»

Lei si morse il labbro inferiore a quelle ultime parole. Era lì per sistemare le cose, su questo il tastierista aveva ragione. Il punto era: Ewan voleva? Lei non aveva raggiunto Londra con la certezza assoluta del fatto che lui le avrebbe perdonato il suo comportamento, pronto a riprenderla e, soprattutto, lei non poteva neanche pretendere che le cose andassero a quel modo. Si era comportata in modo deplorevole, lo sapeva, ed esisteva il rischio che lui avesse deciso di chiudere ogni possibile relazione o contatto con lei. Tuttavia Amelia stava inseguendo uno a uno i membri degli Shards per poter spiegare cosa l’aveva spinta a comportarsi a quel modo, per chiedere loro di scusarla e pregare il cantante di avere quella seconda chance che non sentiva di meritare.

«In qualche modo sì, si risolverà» rispose infine.

«Dobbiamo aiutarla a fare pace con Ewan» intervenne Chase con fare risoluto, facendo sorridere la ragazza.

«Fare pace» bofonchiò Chris prima di bere un altro po’. «Tecnicamente non hanno litigato, si sono solo allontanati.»

«Io mi sono allontanata» precisò Amelia, ben decisa a prendersi le proprie responsabilità.

«Ma perché poi?» domandò il tastierista, approfittando del fatto di essere tornati sull’argomento. 

Anche la ragazza colse al volo l’occasione. Come aveva fatto con Chase, specificò al ragazzo che si trattava di una storia abbastanza lunga, che per necessità richiedeva di andare un po’ indietro nel tempo. Anche a Chris non parve importare quella digressione all’apparenza senza scopo e ascoltò la storia di Amelia e di quelle delusioni che le avevano scavato tali voragini nel profondo da portarla a temere di vederne comparire altre.

«Per farla breve – anche se direi che ormai è tardi – avevo capito che stavo iniziando a provare qualcosa di serio per Ewan e la cosa mi ha...resa insicura» disse, preferendo quel termine a “spaventata” che le era venuto in mente subito. «Ho iniziato a pensare agli uomini che avevo incontrato nel mio passato, al modo in cui erano andate le cose con tutti loro. Stavo male all’idea che sarebbe potuto succedere anche con Ewan, davvero male. Sono sensazioni che non sono in grado di controllare.

«Non so» proseguì, giocherellando con la cannuccia del bicchiere che Chase le aveva restituito. «Ho pensato che allontanarmi da tutto fosse la scelta migliore, anche per Ewan. So di aver sbagliato, in tutti i sensi. Per questo sono qui. Vorrei rimediare, per quanto possibile.»

Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, non sapendo che altro dire. Aspettò una qualche reazione da parte del tastierista e, per sua fortuna, quella avvenne in tempi celeri. Il ragazzo, infatti, si sfregò un paio di volte le mani sulle cosce, sentendo la stoffa ruvida del jeans contro i palmi, dopodiché attorcigliò la punta del baffo destro fra indice e pollice e prese fiato. «Ho capito. Beh, ansia e paura alle volte giocano davvero dei brutti scherzi» disse poi, sorridendo in direzione della ragazza. «Quello che conta per me, è che ora tu sia qui, intenzionata a spiegare tutto a Ewan.»

Amelia acconsentì a quelle parole. Sospettava già che anche Chris acconsentisse ad aiutarla, se non per lei almeno per il suo cantante e amico. La cosa le avrebbe dato una spinta ulteriore nel proseguire la sua “caccia”, a cui ora mancavano solo due membri su quattro.

«Ewan è mio amico e anche tu ormai sei mia amica» proseguì lui, facendo sorridere di dolcezza la ragazza con quelle ultime parole. «E io voglio poter essere d’aiuto ai miei amici. Hai fatto male ad andartene senza prima confrontarti con Ewan» continuò, assumendo un tono grave. «Ma visto le persone di merda che hai incontrato non riuscirei a biasimarti neanche volendo. Quello che conta è che ora sei qui per rimediare e, se possibile, vorrei fare la mia parte.»

La ragazza rimase a guardarlo, rincuorata e grata per quelle parole. Si piegò verso il ragazzo e lo abbracciò alla bell’e meglio. «Grazie Chris.»

«Qual è il piano?» domandò poi il tastierista, dopo aver avuto il tempo di godersi il gesto di Amelia. «Si va da Ewan e gli si dice tutto?»

Amelia scosse la testa. «Pani mi ha dato un consiglio che intendo seguire fino in fondo. Prima devo farmi perdonare dagli amici di Ewan, ovvero voi. Quando avrò spiegato a tutti voi cosa ho fatto e avervi chiesto scusa, allora potrò andare da lui consapevole di non aver lasciato indietro niente» disse, snocciolando i passaggi come un piano d’attacco studiato nei minimi dettagli.

Chris si lasciò sfuggire un lungo fischio. «Questa mi mancava. Però se è il tuo piano, va bene.»

«Anche io sono dentro» intervenne Chase, che cominciava a divertirsi molto con tutta quella storia. «Perciò, se Ewan è l’ultimo, ne manca uno solo» osservò.

I tre fissarono davanti a sé, consapevoli della cosa. Era semplice indovinare chi sarebbe stato il prossimo. Il suo nome, infatti, uscì nello stesso istante dalle loro labbra.

«Trent.»

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MadAka