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Autore: lady lina 77    21/01/2019    4 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella sua vita londinese era stata tante cose: Una fata, una musa amata e venerata, una Lady e anche, forse per la prima volta, una ragazzina spensierata, quella che non aveva mai potuto essere dov'era nata.

Era arrivata a Londra sei anni e mezzo prima con due bambini piccoli, un cuore a pezzi, un amore perduto in modo crudele e tante incognite sul futuro. Credeva che nulla di buono avesse in serbo per lei il destino, ma poi era arrivato Hugh che aveva saputo guardare oltre le convenzioni e le regole del suo ceto, le aveva dato amore, le aveva accarezzato quel cuore che credeva ormai di pietra dandogli nuova vita, un nuovo futuro, un nuovo ruolo e altri due meravigliosi figli.

C'erano state risate in quegli anni, serenità, gioia e calore famigliare con cui poi aveva potuto affrontare il dolore vero di una morte ingiusta per poi rialzarsi da donna nuova.

Lady Boscawen, Lady Armitage... Così la chiamavano tutti, con una strana ammirazione nel tono di voce che forse non aveva mai compreso e che la imbarazzava ancora, ma che aveva imparato a gestire con grazia ed educazione, come richiedeva il suo ruolo.

E poi di colpo tutto si era interrotto, bruscamente, in un caldo pomeriggio ad una gara di trotto. Improvvisamente Lady Boscawen era sparita, così, in un attimo, riportando in vita Demelza Carne... O peggio ancora, Demelza Poldark...

Ross, il suo incubo, il suo dolore nascosto dell'anima e del cuore era riapparso per qualche strano motivo davanti a lei, a Londra, a centinaia di chilometri da casa sua... Avrebbe voluto fosse un incubo, un brutto sogno...

Ma era davvero lui che aveva toccato con quella sua mano calda le sue dita, era davvero lui, nessun altro aveva quel tocco e quell'effetto sulla sua pelle...

Era scappata, spaventata e sconvolta, sotto shock, incapace di stare a sentirlo parlare. E ora erano giorni che si chiedeva, passato il trauma di averlo rivisto, cosa ci facesse lì, se la stesse cercando, se fosse stato un caso, se... se... se... Se vederlo fosse stato un qualcosa di orribile o forse il realizzarsi di un sogno segreto che aveva sempre cullato nel cuore, di nascosto pure da se stessa...

Mille se e mille domande di affollavano nella sua testa e non sapeva se voleva delle risposte oppure no perché non averle avrebbe significato non incontrarlo più. Ma non si illudeva, se Ross l'aveva vista e aveva deciso che doveva parlarle, anche contro ogni logica e ogni cambiamento intercorso in quegli anni, lui non si sarebbe arreso finché non fosse arrivato a lei. Lo conosceva, lo conosceva bene. Lo conosceva ancora...

Cosa voleva da lei? Voleva qualcosa? Cosa sapeva della sua vita, ormai tanto diversa da quella della Demelza che gli aveva detto addio a Trenwith? Dove l'aveva vista la prima volta?

Tante domande si affollavano nella sua mente, su di lui. E su se stessa... Mai aveva pensato all'eventualità di rivederlo e ora non aveva idea di cosa fare. Solo Prudie sapeva cosa provasse, Prudie che lo conosceva, che le era sempre stata accanto e che aveva raccolto, nel corso di quegli anni, tutti i suoi sfoghi. Come una madre...

Ma gli altri? I Boscawen non sapevano nulla del suo passato e sembrava non importare loro da dove venisse, Dwight non aveva mai affrontato il discorso su Ross e ora si trovava fuori Londra, in campagna, con Caroline e con la loro piccola Sophie, nata da un mese a colmare il vuoto lasciato da Sarah e i bambini... No, i bambini non dovevano sapere nulla!

Si girò e rigirò nel letto, cercando la pace per dormire qualche ora, dopo una notte insonne a causa delle mille preoccupazioni di cui era preda e del caldo torrido di quell'estate londinese. Stava albeggiando e la grande casa dei Boscawen era avvolta nel silenzio. Pensava... Pensava a quando c'era Hugh ed era la sua fata e anche a com'era serena solo dieci giorni prima...

E rimpiangeva quei momenti, quella leggerezza che l'aveva cullata a lungo, spezzata come un fulmine a ciel sereno da quell'incontro. Era Ross, era Ross ed era lui perché solo Ross Poldark aveva l'effetto di un terremoto quando entrava nella tua vita... Non sapeva cosa provasse ormai per lui o se lo sapeva, aveva preferito per lungo tempo non pensarci. Era perso, lei era persa e cambiata e qualsiasi cosa il suo cuore potesse provare per lui, nel bene e nel male, doveva essere cancellato. E lui doveva essere tenuto lontano!

Solo così avrebbe potuto rimettere a tacere la sua anima... Era Lady Boscawen, aveva ogni mezzo per tenere lontana gente non gradita e soprattutto era una madre. Avrebbe fatto ogni cosa per difendere la serenità dei suoi cuccioli e non avrebbe MAI permesso a Ross di avvicinarsi a loro. Non aveva mai avuto a cuore i suoi figli, bambini che per lui erano contati sempre poco più di nulla, bambini che aveva abbandonato o forse no, nemmeno quello... Si abbandona chi una volta si è amato, ma Ross non aveva mai speso un momento dei suoi pensieri per amor loro, nemmeno prima di quella dannata notte in cui l'aveva tradita...

Era un eroe per tutti gli altri, avrebbe dato la vita per tutti, si sarebbe sempre speso in grandi battaglie di giustizia per chi amava... Solo lei e i bambini non avevano mai meritato, ai suoi occhi, il suo tempo, le sue battaglie, le sue attenzioni e il suo affetto...

Si voltò nel letto, albeggiava, la finestra era socchiusa per lasciar entrare un pò d'aria e Demian dormiva con indosso solo le mutandine, a braccia spalancate e coi suoi meravigliosi capelli biondi sparsi sul cuscino.

Eccolo il volto dell'amore, un figlio nato dall'amore di un uomo... Un amore vero, un amore di un padre emozionato ogni giorno della gravidanza, un padre che avrebbe voluto assistere al parto, un padre che aveva sistemato ogni cosa affinché i suoi figli, dopo la sua morte, potessero star bene...

Baciò Demian sulla guancia, dolcemente, sperando di trovare in lui pace e tranquillità.

In quei giorni, per fortuna, la sua casa era tranquilla e poco affollata e lei, fra quelle mura, poteva rifugiarsi e sentirsi più libera di vivere quel momento tanto particolare.

Lady Alexandra e Lord Falmouth, come ogni estate, erano andati per alcune settimane in un loro cottage fuori Londra, per un periodo di riposo, visto che il Parlamento era chiuso per la pausa estiva. E come sempre avevano chiesto di portar con loro Jeremy e Clowance per farli svagare e divertire all'aperto, all'aria di campagna. Demelza li aveva lasciati andare come sempre, per il loro bene e anche perché, con Ross a Londra, era meglio che se ne stessero lontani.

Lei era rimasta, adducendo una scarsa voglia a partire con i gemelli, ingestibili in un lungo viaggio, e la preferenza a rimanere a vegliare sulla casa. Molta della servitù era stata mandata in vacanza e nella dimora c'era il minimo indipensabile di personale e così, assieme a Prudie, era un pò come tornare ai vecchi tempi in cui, da sole, gestivano casa e bambini. Certo, c'era il maggiordomo, c'erano le domestiche, le cuoche, i giardinieri. Ma tutto a rango ridotto e tutto vissuto in maniera informale...

Era la sua casa, quella. E ora anche il suo rifugio dorato dove nascondersi, pensare, imparare di nuovo a diventare forte e decidere cosa fare con assoluta tranquillità.

Improvvisamente la porta si aprì e Daisy sgattoiolò dentro, con la sua camicina da notte gialla. Si era legata, non sapeva bene come, i capelli in una coda di cavallo e ora era lì, cosa stranissima per lei.

La sera prima era andata più volte a controllarla nella sua camera perché temeva a lasciarla sola, data l'assenza di Clowance, ma la bambina si era addormentata senza problemi e conoscendo quanto amasse dormire per i fatti suoi, l'aveva lasciata lì.

Daisy si avvicinò al letto, appoggiandoci sopra il visino. "Mamma... Sono sveglia".

"Lo vedo! Vuoi venire quì con noi?" - rispose Demelza, facendosi da parte per lasciarle spazio in modo che potesse salire sul letto.

Daisy sbuffò. "Con te e Demian?".

"Sì".

La bimba scosse la testa. "Fa caldo, non voglio venire da voi! Mi date fastidio!".

A quella frase, Demelza ridacchiò, allungando la mano a pizzicarle leggermente la punta del nasino. Era straordinariamente sincera, fin troppo... "Hai il carattere di un orso!".

"Cos'è?".

"Un animale grande, grosso, feroce e che borbotta sempre!".

Daisy rise. "Lo voglio!".

Anche Demelza rise. "Ci basti tu!". Poi si alzò, aprì ancora un pò di più la finestra e infine le si avvicinò, togliendole la camicina da notte e lasciandola con indosso solo le mutandine, come Demian. "Così va meglio?".

"Sì".

"E allora su, vieni a letto con me" – sussurrò dolcemente Demelza mentre Garrick, nella sua cesta, si lamentava per quel chiacchiericcio che lo disturbava nel suo sonno.

Daisy ci pensò, guardandosi senza vestiti. "E'... è dis... dirindingevole...".

"Cosa?".

Daisy salì sul letto, mettendosi a pancia in giù. "Diring... Non lo so, lo dice la nonna!".

"Disdicevole?" - la aiutò Demelza.

"Sì, quello! Lo dice nonna Alix".

Demelza sospirò, chiedendosi quando sarebbe riuscita a far sue tutte quelle assurde regole di etichetta che coinvolgevano anche i bambini. "Non c'è nulla di male se stai solo con le mutandine, sei piccola e fa caldo... E nonna Alix non c'è" – concluse, strizzandole l'occhio.

Daisy annuì. "Chiamiamo Prudie? Voglio giocare".

"E' presto amore, Prudie dorme ancora come sta facendo Demian... Su, sta quì buona con me per un pò".

"Sì ma non mi toccare! Mi da fastidio".

Demelza la guardò con aria di sfida, sfiorandole la base del collo per farle il solletico. E la bimba reagì sgambettando nervosamente sul letto. "Mamma!" - sbottò, mentre Demian continuava a dormire beato.

Demelza non si fece scoraggiare. Era una piccola orsa ma era adorabile e quella sua inaspettata visita l'aveva distolta un pò dai suoi mille pensieri. La baciò sulla testolina e poi la lasciò tranquilla e Daisy per un pò rimase ferma. Ma durò poco, come era normale che fosse... "Mamma...".

"Dimmi".

"Caldo...".

"Amore, lo so... Non so come aiutarti".

Daisy si mise seduta, sul letto. "Andiamo in giardino e facciamo il bagno nella fontana!".

Non era una cattiva idea, spesso i bambini in estate avevano giocato nell'acqua della grande fontana del loro giardino, quella piena di zampilli e talmente capiente da farli giocare come pesciolini per ore.

A quella proposta di Daisy, Demian, che sembrava profondamente addormentato, si svegliò di colpo, come punto da uno spillo. Era strano, anche quando dormiva era come se fosse sempre all'erta, soprattutto quando Daisy era nei paraggi a proporre cose che sarebbero piaciute anche a lui. Erano magici come diceva Hugh e sempre, anche se fisicamente separati, i gemelli si percepivano a vicenda solo con la forza del pensiero. "Fontana! Sì!" - strillò Demian, sveglio da subito come un grillo.

I due gemelli si salutarono come se non si vedessero da secoli, si abbracciarono emozionati e pronti a giocare, sul letto, rotolando e strattonandosi a vicenda e Demelza, osservandoli, si rese conto che ai bambini non servivano quei minuti per riordinare le idee di cui necessitano gli adulti fra l'attimo in cui aprono gli occhi e quello in cui lasciano il letto, i bambini una volta svegli, SONO SVEGLI! Sorrise loro, perché no? Era mattino presto e potevano giocare liberamente prima che la casa prendesse vita. "D'accordo, avete vinto! Andiamo".

Li prese in braccio e così com'era, in camicia da notte smanicata e lunga fino ai piedi, uscì con loro in giardino. Li mise in terra e i bimbi, a piedi nudi, corsero fino alla fontana, tuffandocisi dentro con indosso solo le loro mutandine. L'acqua, decisamente frizzantina a quell'ora, non fece loro alcun effetto. Iniziarono a schizzarsi, a tuffarsi, a ridere e a tentare di nuotare come se fossero stati due ranocchie e Demelza si sedette sul bordo, a osservarli, cercando di far sua quella serenità e quel momento tanto magico e piacevole. A Hugh sarebbe piaciuto esserci e avrebbe riso e giocato con loro...

E con questo pensiero, decise. Entrò lei stessa in acqua, che le arrivava alle ginocchia, si avvicinò ai gemelli e prese a giocare con loro, incurante di etichette, regole e buone maniere. E ancora una volta Demelza Carne l'aveva vinta su Lady Boscawen... Vero, Alix non avrebbe gradito ma Alix era lontana, lei era la padrona di casa e soprattutto la mamma dei bambini e vederli tanto felici ed eccitati dal giocare con lei in acqua, era la giusta risposta ai dubbi se stesse facendo bene.

Il tempo perse consistenza e quando Prudie comparve dietro di loro, erano completamente fradici tutti e tre.

"Ragazza?".

"Prudie, mi hai spaventato!" - esclamò Demelza, presa alla sprovvista.

Daisy si affacciò al bordo della fontana. "Giuda, hai spaventato la mamma!".

Prudie le ringhiò, schizzandola sul viso con l'acqua. "Non devi andare al centro per i poveri? Non avevi detto che dovevi portare i vestiti per l'inverno che hai cucito con la signora Alexandra?".

Demelza sospirò, non l'aveva dimenticato. Nelle settimane precedenti avevano scucito i vecchi abiti pieni di inutili pizzi dei bambini e, con della lana che avevano acquistato, avevano poi fatto dei vestitini caldi per i bimbi poveri di Londra, da distribuire in vista dell'inverno. Non erano molti, per ora solo una ventina di abitini destinati a due grossi ed indigenti nuclei famigliari, poteva portarli da sola facendo una passeggiata ed era attesa. Uscì a malincuore dalla fontana, baciò i gemelli sulla fronte dicendo loro di fare i bravi con Prudie e poi uscì per andare ad asciugarsi, cambiarsi e svolgere le sue commissioni.

"Bada ai gemelli, non lasciarli mai soli se sono in acqua" – raccomandò a Prudie.

"Che vuoi che succeda?".

"Di tutto... Sono piccoli e l'acqua è pericolosa".

Prudie guardò storto i bimbi. "Han più vite di un demone, non preoccuparti anche per questo... Ne hai già troppi di pensieri, ragazza".

Demelza sorrise, grata per averla vicina e per la pazienza avuta nei giorni precedenti quando lo sconforto l'aveva avuta vinta su di lei ed era stata la spalla su cui piangere e sfogarsi. "Grazie".

Prudie annuì, capendo che parlava di Ross. "Se lo vedo, lo prendo a padellate in testa... Ma magari non ha il coraggio di avvicinarsi di nuovo".

"Ci credi, Prudie? Pensi davvero che potrebbe arrendersi così, solo perché gli ho detto di starmi alla larga?".

La domestica sbuffò. "No, ma volevo darti conforto".

"Ci hai provato!". Demelza sorrise, accarezzandole la mano e chiudendo il discorso. "Ciao, a dopo. Ciao bambini!".

"CIAO MAMMA!" - urlarono i gemelli, continuando a giocare nell'acqua.

Sorrise loro e poi tornò in camera per cambiarsi, per la prima volta sentendo un peso ad uscire di casa. L'intento era nobile, era una delle sue cause di lotta nella società londinese e far delle opere di carità rappresentava una delle poche libertà concesse a una donna che voleva impegnarsi nel sociale ma da quel dannato giorno della gara di trotto, era come se avesse paura ad uscire. Ogni passo, ogni via, ogni angolo, poteva riportarla a lui... E non voleva vederlo! O forse, con timore, sì... Per dirgli con fermezza di tornare nell'oblio da cui era venuto.


...


Non era tornato in Cornovaglia, per la chiusura estiva del Parlamento, com'era inizialmente nei suoi propositi. Non poteva, non dopo aver scoperto che Demelza viveva lì, a pochi passi da lui.

Dalla gara di trotto e dalla reazione di paura e rifiuto di Demelza, aveva rimuginato per giorni cercando di trovare una soluzione a quell'assurda situazione.

Demelza non era preparata a un loro incontro, era palese che l'avesse presa di sorpresa e di certo non si aspettava che gli gettasse le braccia al collo, ma non poteva demordere, non poteva arrendersi. Doveva trovare un altro modo, più soft, per giungere a lei senza spaventarla. Anche se poi, sorgeva il secondo problema. Cosa le avrebbe detto? Cosa voleva da lei? Come avrebbe reagito a trovarsi davanti il dannato uomo che aveva sposato? Perché ora, a mente fredda, capiva che un marito c'era, c'erano dei figli e c'era una famiglia potente alle spalle di Demelza che di certo non avrebbe gradito un suo avvicinamento alla madre dei suoi piccoli eredi. Non aveva diritti su Demelza e lei non ne aveva su di lui, erano due estranei, di fatto. Ma due estranei che erano stati marito e moglie, che si erano persi in maniera drammatica e che avevano messo al mondo tre bambini di cui lui era padre e per i quali era uno sconosciuto. Ripensò alla piccola Julia, alla cui nascita era seguito il periodo più sereno e bello della sua vita, a Jeremy che teneva in braccio mentre giocava col suo cavallino di legno e che ora era cresciuto e a sua volta si prendeva cura dei fratelli più piccoli, alla bellissima ed elegante Clowance, con la sua lupa albina Queen. La sua famiglia, avrebbe potuto esserlo ancora, per sempre, se lui... Se lei...

Strinse i pugni, camminando nelle strade afose di Londra. Faceva già un caldo tremendo quella mattina, anche se era ancora presto, ma aveva delle faccende da sbrigare e rimanendo attivo, manteneva attiva anche la sua mente che cercava incessantemente delle soluzioni ai suoi problemi.

Negli ultimi giorni aveva perlustrato le zone più povere di Londra, verificando in prima persona le condizioni disumane di vita della parte più povera della popolazione. Era giunto nella capitale per questo in fondo e non voleva dimenticare la missione che l'aveva portato fin lì. I poveri di Londra erano più poveri e disperati dei poveri della Cornovaglia e la miseria era davvero una piaga terribile in quella città così ricca per pochi e avara di possibilità per molti. C'erano padri di famiglia che non riuscivano a sfamare i figli, madri di famiglia che piangevano neonati morti di stenti che non erano riuscite ad allattare, bambini che iniziavano a lavorare ancor prima di aver compiuto sei anni e miseria, miseria ovunque, assieme a tanta sporcizia che faceva parte della vita quotidiana di quei disperati.

Si recò a visitare il centro di assistenza dei poveri, quella mattina, per verificare cosa si facesse per quella gente e scoprendo, suo malgrado, che né i nobili né il Parlamento avevano alcun merito nella gestione di quel luogo di speranza gestito solo da dame di carità e volontari che raccoglievano quel che potevano per poi distribuirlo ai più bisognosi. Poco, troppo poco per aiutare davvero quella città anche se, di fatto, era davvero ammirato da chi si impegnava per migliorare le cose.

Trovò file di bambini che aspettavano il loro turno per avere un pezzo di pane, donne che distriuivano abitini trovati chissà dove alle loro madri e uomini che discutevano fra loro su dove trovare qualche lavoretto per la giornata.

Ross sospirò, andandonese con il peso della sconfitta sulle spalle. Come poteva, da solo, aiutare quelle persone? Nessuno di chi contava sembrava averle davvero a cuore e lui non era che l'ultimo arrivato, giunto con la baldanza di sfidare regole ormai consolidate da secoli di privilegi a cui nessuno voleva rinunciare.

Col viso basso svoltò in un piccolo vicoletto che lo avrebbe allontanato da quel luogo di miseria quando fu costretto a fermarsi. Davanti a lui, come al matrimonio, per magia comparve Demelza. Sbatté gli occhi, incredulo che fosse davvero lei e sopreso di vederla in un luogo del genere, di cui non faceva ormai più parte. Voleva rivederla, certo! E sembrava essere stato inaspettatamente baciato dal caso e dalla fortuna! Aveva indosso un abito leggero, azzurro, legato in vita da un nastro blu e in testa aveva un cappello di paglia con un nastro anch'esso blu, per proteggersi dal sole. I suoi capelli sembravano umidi e i boccoli le ricadevano dolcemente sulle spalle, dandole l'aspetto di una bambolina. Era incredibile che lei fosse lì e per un attimo, di nuovo, pensò di essere preda di allucinazioni. Ma lo sguardo stupito e perplesso di Demelza era la chiara dimostrazione che non stava sognando. "Demelza?".

Lei, con aria decisamente meno spaventata del giorno alla gara di trotto, parve ricomporsi subito dalla sorpresa di quell'incontro inaspettato. "Che ci fai quì?".

Ross le si avvicinò di alcuni passi, con circospezione. Era meno timorosa di qualche giorno prima ma incredibilmente più fredda. "Dovrei chiederlo a te... Non è luogo per Lady Boscawen, questo".

Demelza si morse il labbro, rendendosi conto che lui conosceva molte cose su di lei. Strinse un pacchetto che aveva fra le mani e poi sospirò. "Vengo quì spesso per portare degli aiuti e sto portando dei vestiti per l'inverno per alcuni bambini".

"Oh...". Era stupito, piacevolmente. Allora non era cambiata proprio del tutto e ancora oggi, anche se in una posizione agiata, non dimenticava chi aveva meno di lei. Questo gli fece piacere e lo riempì di un rinnovato ottimismo. Forse la sua Demelza, quella che aveva combattuto con lui per il bene dei loro minatori ed amici, esisteva ancora e nulla era perso del tutto... "Sono felice di vederti, non sapevo come contattarti e ho bisogno di parlarti".

Lei lo guardò, gelida. "Io non sono altrettanto felice ma in fondo è un bene che ci si sia incontrati in modo così fortuito, oggi. Potremo chiarire alcune cose...".

"Cosa vuoi sapere?" - le chiese.

"Cosa ci fai quì, innanzitutto? E come mi hai trovata? Cosa sai di me? Cosa volevi da me alla gara di trotto? Scusa se ti faccio tutte queste domande ma trovarti alle mie spalle dopo sei anni e mezzo, quì a Londra, è stato un qualcosa che mai mi sarei aspettata".

Era fredda, voleva mantenere le distanze e Ross capiva perfettamente che dietro a tutte quelle domande c'era una chiara volontà di capire per poi agire di conseguenza. Decise di risponderle, con assoluta sincerità. "Sono stato eletto con Lord Basset, alle elezioni per rappresentare la Cornovaglia a Westminster. Sono un membro del Parlamento e...".

"Lord Basset?" - lo interruppe lei, stupita.

"Sì, lo conosci anche tu, l'ho scoperto solo una volta arrivato a Londra, per puro caso. Non sono venuto quì a cercarti, ti ho vista per caso a un matrimonio il mese scorso e Lord Basset mi ha spiegato chi eri... Sono stato a casa tua alcune volte, senza sapere che tu vivessi lì... E poi alcune volte dopo il matrimonio, per...".

"COSA?". Lo sguardo di Demelza si indurì, diventando freddo e rabbioso. "Sei stato a casa mia?".

"Da Lord Falmouth... Mi ha introdotto Lord Basset e spesso sono venuto per discutere di questioni politiche. Ho visto anche i bambini, pur senza sapere, inizialmente, chi fossero".

Gli raccontò del giorno del matrimonio e di cosa fosse successo e Demelza ascoltò con sguardo di pietra, senza mutare mai la sua espressione. Cosa provasse, se fosse sorpresa o arrabbiata, era difficile da decifrare.

"Ora capisco..." - rispose lei, lentamente, in tono piatto.

Ross deglutì, doveva trovare un punto di contatto, un modo per spezzare quella freddezza così inusuale per lei. Era da tanto che non si parlavano ed era come trovarsi davanti a un'estranea. "Era una bambina, allora..." - disse, con voce emozionata, pensando a Clowance.

"Di cosa parli?".

"Di nostra figlia...".

A quella frase, Demelza divenne rabbiosa. "MIA figlia, non tua... I MIEI figli, non i tuoi. E qualsiasi cosa tu abbia visto, qualsiasi cosa tu pensi di essere, dimenticala. Non sono figli tuoi, non sono tua moglie e non voglio che ti avvicini a casa mia. Se vuoi o hai necessità di vedere Lord Falmouth, l'ingresso ai suoi appartamenti è separato dai miei, ragion per cui non c'è motivo che tu mi veda. Per te sono una sconosciuta, non osare dire nulla sul mio conto a Lord Falmouth... Non dire nulla dei bambini... Entra in quella casa quando vuoi se è per politica, lo fanno in tanti... Ma per tutti, io e te non ci conosciamo! Segui questo consiglio e forse andrai d'accordo con Falmouth e non ti farà sbattere fuori casa e dal Parlamento a calci, se sapesse cosa ci hai fatto. Farai un favore a me, ai bambini, a te stesso e a ciò che di buono potresti fare, quì".

Ross parve stupito. Così Lord Falmouth non sapeva nulla del passato di Demelza, di lui e di chi fosse il padre dei bambini che lo chiamavano zio? Che rapporti c'erano in quella casa? Cosa li legava? E chi era e dov'era il nuovo marito di Demelza? "Non ho detto nulla e non lo farò, sta tranquilla! Anche se mi sembra davvero strano che...".

"Ottimo!" - tagliò corto lei, decisa ad andarsene.

Ma Ross la bloccò, correndole vicino e prendendola per il polso. "Fermati! Dobbiamo parlare".

Con uno strattone, lei si liberò. "Di cosa?".

"Dei bambini, di te, di me... Non puoi andartene così! Sei sparita sei anni e mezzo e dannazione, hai idea di quanto io sia stato in ansia per voi? Mai una lettera, un indirizzo, nulla di nulla! Hai idea di cosa ho provato scoprendo come vivi quì, chi sei, che sei sposata? Che hai avuto altri figli, che... che...?".

Demelza lo fulminò con lo sguardo, si voltò verso di lui e lo fronteggiò. "I bambini non sono affar tuo, così come il mio matrimonio e la mia famiglia. Non ho vincoli verso di te, tu non ne hai verso di me e hai una famiglia, mi pare. Quella che hai sempre voluto, quella per cui hai scelto di abbandonarci e di togliere ai bambini il tuo cognome. Lo ricordi? E ora cosa vuoi sindacare? Il tuo orgoglio ti fa andare in bestia all'idea che io e i bambini abbiamo trovato amore e una famiglia altrove? Che loro abbiano trovato un padre? Beh, non so cosa farci, so solo che hai delle persone di cui occuparti e di certo non siamo noi...".

Ross deglutì, i suoi errori passati li conosceva tutti ma sentirseli sbattere in faccia dalla voce di Demelza faceva incredibilmente male. Come poteva spiegarle quanto avesse sofferto, quanto si fosse maledetto, quanto l'amava e quanto aveva pensato a loro? Come poteva dirgli tutto questo e far si che lei ci credesse? "I bambini... I bambini sono sempre stati i MIEI bambini. Mai ho smesso di pensare a loro in questi termini e...".

Demelza fece una risatina sarcastica. "Hai pensato ai bambini? In questi anni?".

Era ironica, lo faceva per ferirlo e ne aveva diritto ma non poteva sfuggire a quella conversazione, anche se dolorosa. "Ogni giorno. A te e a loro".

"Vuoi dire che hai sprecato un pò del tuo prezioso tempo a pensare a una serva e a dei bambini senza nome? Che onore, Ross Poldark...".

Spalancò gli occhi, davvero era questo che pensava di lui? Davvero credeva di essere solo questo ai suoi occhi...? "Non puoi davvero credere a quello che hai appena detto... Non ho mai pensato a te in questi termini... E nemmeno ai bambini. Sono stato un padre pessimo e so di aver fatto molti errori, so di essere stato orribile e... E ho pagato tutto questo, l'ho pagato vivendo l'inferno... Ma vi ho sempre...".

Lei sospirò, imperturbabile, poi lo bloccò prima che finisse la frase. "Sei un uomo di successo, hai sicuramente una bella famiglia e un futuro radioso. Non voglio sapere nulla di te e mi auguro che tu faccia altrettanto con me. Stacci lontano, ti chiedo solo questo, fa che entrambi viviamo serenamente in questa grande città dove non incontrarsi è facile, nonostante questo incontro di stamattina. Ignoraci, fa come se non esistessimo, in fondo non deve essere difficile per te perché è così che hai sempre fatto, anche quando vivevo a Nampara. Ultimi nei tuoi pensieri e nelle tue preoccupazioni... Fallo anche ora, non ho bisogno di te e non ne hanno i miei bambini. Tu hai una nuova vita e io pure e non voglio che tu ne faccia parte".

Gli occhi di Ross presero a pungere. Faceva male vedere quanto Demelza si fosse sentita non amata, trascurata e sola. Era vero, spesso era stato assente con lei, troppo occupato a risolvere i problemi di tutti per pensare a cosa succedeva ai suoi cari, ma era sempre stato convinto che Demelza sapesse che aveva completa fiducia in lei e che per questo sentiva che poteva lasciarla a cavarsela da sola. Ora capiva... Aveva sottovalutato gli effetti delle sue mancanze e sopravvalutato la forza di quella donna sicuramente di valore ma che desiderava anche averlo più vicino e sentirsi amata e protetta, oltre che apprezzata per le sue capacità di massaia e di donna di casa. "Non è come pensi e tu... e i bambini...".

"Non sono i tuoi bambini, non più. O forse, non lo sono mai stati. Di certo non Clowance, mai è stata una Poldark. Per TUA scelta! E Jeremy... Non lo volevi, non lo hai mai voluto e lo hai ampiamente dimostrato. Contava solo Jeoffrey Charles, Jeremy non esisteva e appena hai potuto, te ne sei andato e lo hai abbandonato. Non sei il loro padre, Ross! Non basta andare a letto con una donna e metterla incinta, per esserlo. Essere padre significa sapere qual'è la fiaba preferita dei propri figli, sapere di cosa hanno paura, qual'è il loro cibo preferito, a che età è spuntato il primo dente, avere piacere a stare con loro, a vederli svegliarsi e addormentarsi, a sentirli parlare storpiando le parole... Sono stata, siamo stati solo un diversivo mentre cercavi un modo di tornare con la donna che davvero volevi, tutto quì. Banalmente quì...".

Scosse la testa, disperato. "Demelza, non è così".

"Non importa, non più..." - disse lei, in tono stanco e meno rabbioso. "Sta lontano da noi... Sei un parlamentare, conosci le regole della società e di certo sai chi sono... Odio usare i privilegi che la mia condizione mi ha concesso ma per una volta me ne avvarrò".

"Che vuoi dire?" - chiese, con paura. Demelza gli stava chiudendo ogni possibilità e precludendo ogni speranza.

"Che ho una posizione e un titolo nobiliare superiore ai tuoi. Non hai titolo di rivolgermi la parola, se io non desidero che tu lo faccia. E non lo voglio! Sta lontano da noi, Ross, sta lontano da me e dai bambini. Hai una famiglia tua e io una mia, come ben sai ormai! Fallo, te lo consiglio... Se ti trovo a girare attorno a casa mia, chiamerò le mie guardie e ti farò arrestare. Ed Elizabeth non gradirebbe...".

"Stai bleffando" – rispose, cercando in quegli occhi azzurri un briciolo d'amore che una volta aveva per lui.

"Mettimi alla prova, allora" – rispose lei, glaciale. E poi si voltò, allontanandosi da lui. "Buona giornata e buona fortuna, Ross. Non ho più nulla da dirti" – sussurrò, sparendo velocemente nella via senza dargli modo di ribattere.

E rimase fermo, incapace di fare qualsiasi cosa, in mezzo alla strada, chiedendosi se quello fosse l'inferno che meritava per quello che aveva fatto. Era la moglie di un altro, certo... Lo aveva metabolizzato e aveva trovato un senso a questa cosa comunque dolorosa, ma quel che faceva più male era ciò che pensava di lui, sentirglielo dire, vederla sicura e con la convinzione di non essere mai stata nulla mentre non era vero, per lui era stata tutto.

E ora l'aveva persa... Persa per sempre...

Ross strinse i pugni. Mai si era arreso nella sua vita ma forse, ora, era arrivato il momento di farlo, dopo sei anni in cui dolore e speranza si erano mischiati aiutandolo ad andare avanti. Era finita... Non lo considerava più un marito e un padre, non era nulla per lei ormai, lei che lo aveva così tanto amato una volta, coi suoi pregi e coi suoi mille difetti... Demelza e i bambini erano felici senza di lui e doveva solo accettarlo. Ma come? COME???


...


Demelza tornò a casa con cuore e mente in tumulto. La sua paura di incontrarlo si era inaspettatamente avverata anche se, di fatto, le aveva permesso di dissipare molti dubbi sulla sua presenza a Londra.

Era stata fredda, distante, decisa e sicura nel confronto con lui. Si era imposta di esserlo anche se spesso aveva dovuto far violenza a se stessa per non piangere davanti a Ross, offrendogli uno spiraglio che poteva costarle un attimo di debolezza che poi avrebbe pagato amaramente.

Aveva detto che li aveva pensati... Mai avrebbe creduto possibile una cosa simile e anche se quando lo aveva affermato sembrava sincero e commosso, come credergli? Era un uomo dai nobili natali, di successo, votato a una sicura e brillante carriera e con una famiglia meravigliosa alle spalle, la famiglia che aveva sempre voluto. Come poteva credergli? Che senso avrebbe avuto?

Camminò per i corridoi silenziosi, avvolti dal tepore del riposo del primo pomeriggio. La casa sembrava addormentata e Prudie, dopo aver messo a dormire i gemelli, doveva essere andata a sua volta a fare un pisolino. Arrivò fino alla camera da letto e scoprì, senza esserne troppo sorpresa, che i gemelli non dormivano affatto! Trovò Demian che, seduto in terra e abbracciato a Garrick, sfogliava un libro di Hugh spiegando al cane le figure che vedeva e questo strappò a Demelza un sorriso. Era incredibilmente calmo, segno che quella mattina doveva aver giocato come un pazzo ed era stanco. Prudie doveva averlo lavato, i capelli erano umidi e spettinati e indosso aveva abitini puliti. Daisy sbucò da sotto il letto, correndole incontro. Era ancora mezza nuda come l'aveva lasciata, con indosso solo le mutandine. E anche lei aveva già fatto il bagno e profumava di sapone.

I bimbi le saltarono fra le braccia, contenti di vederla. Anche Daisy, di solito avara di coccole... E Demelza li strinse a se... Erano il suo mondo, la gioia, la pace. La sua pace...

  
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