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Autore: Uptrand    23/01/2019    7 recensioni
La guerra contro i grigi è terminata vittoriosamente. Andiamo a vedere come sono cambiati gli equilibri di potere e come trascorrono le loro giornate gli uomini e donne della Noveria Corps.
Queste storie hanno lo scopo di far conoscere meglio i vari personaggi.
In altre raccolte "Dopoguerra 2" e "Dopoguerra 3" parlerò dei personaggi delle altre fazioni.
Sono presenti descrizioni prese dal codex del gioco.
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il locale era abbastanza spazioso con i suoi centoventi metri quadrati, ben illuminato da luci sul soffitto e interamente rivestito da bianche pareti di metallo. 
Era il proprio laboratorio privato quello in cui Mores del clan Quod si stava muovendo, sebbene chiunque avrebbe pensato più a un magazzino di ciarpame per l'enorme grado di disordine. Non solo per quello presenti sui tavoli, ma per tutti i fili e componenti elettriche buttate a terra.
Alcune fatte a pezzi da lui, dopo esserci saltato sopra adirato per aver fallito un qualche esperimento. Solo su una piattaforma e attorno a essa non vi era il minimo disordine, dove ora si trovava lui.  
Il krogan indugiò a osservare la propria creazione, amava quella soddisfazione che provava al termine di un lavoro. Un esemplare adulto come lui, come si poteva intuire da segni gialli sul epidermide e tendenti al marrone, aveva avuto molte occasione per provarne ma solo da quando lavorava per Dasha Weaver poteva dirsi soddisfatto. 
Era stato per secoli un armaiolo, un esperto di armi, piuttosto che un guerriero anche se come ogni vero krogan non aveva mai rifiutato un campo di battaglia.
La sua esperienza su di esse era interamente pratica, non avrebbe mai programmato un IV di puntamento nel modo migliore ma le parti meccaniche ed elettriche non avevano segreti per lui. 
Questo gli era valso il ruolo di capo del settore “Sviluppo Armamenti” della Noveria Corps, sapeva cosa desiderava chi cercava un'arma. 
Generalmente erano sviluppate ricercatori che non avevano idea di cosa volesse dire combattere. Gente che ascoltava distrattamente i consigli dei militari chiamati a sottolineare pregi e difetti di quello che creavano. Il risultato era sempre un'arma di cui sarebbero uscite continue versione corrette. Non capivano che i test erano validi fino a un certo punto.  
Lui trovava questo estenuante. Era così difficile mettere in commercio un'arma fatta e finita?
Per questo una donna Dasha Weaver lo aveva apprezzato, mettendolo a dirigere uno dei reparti più importanti. 
Era vera passione quella che sentiva nell'animo quando assemblava, sosteneva che tanto più rumore faceva l'arma maggiore era la passione che vi aveva messo a crearla. 
Su ordine della Weaver e su richiesta delle figlie adottive della donna, era il solo ad occuparsi di una faccenda per loro assolutamente personale. 
Proprio perché vi era una differenza enorme se qualcosa veniva creato per passione o per denaro. 
Era appunto tale mansione che aveva appena portato al termine: le realizzazione e messa appunto delle nuove armature phantom. Un lavoro che per lui, mosso dalla pura passione del proprio mestiere, era un stato vero piacere non avendo per esso limiti di risorse o tempo.
Queste facevano bella mostra di se, indosso a dei manichini.
Era infatti l'armatura di Isabella che stava osservando soddisfatto di se stesso. Un pezzo raro di cui esistevano solo altri tre esemplari.
Principalmente di colore bianco, con chiazze di nero e giallo. I colori erano quelli originali di Cerberus, sebbene nessuno dei phantom sostenesse le idee di quella vecchia organizzazione terroristica avevano voluto mantenere la medesima colorazione. 
La prima era già stata usata di recente in combattimento e aveva permesso di ottenere dati importanti, in particolare con gli yagh l'occultamento non era sufficiente date le loro capacità visive. 
Aveva lavorato settimane per rimediare. 
Le altre tre erano ancora “vergini”, in attesa di essere consegnate per il diciottesimo compleanno delle ragazze. Conducevano attualmente tutte uno stile di vita abbastanza tranquillo, non c'era quindi esigenza che avessero a disposizione delle simili dotazioni. 
Ma vi era molto altro al di sotto della leggera corazza che si vedeva, l'esempio più lampante al riguardo era il loro costo. 
Se mediamente per una corazza di alto livello si spendevano diecimila crediti, se con ventimila si aveva un prodotto di lusso, una sola di quelle corazze phantom costava sessantadue milioni di crediti.
Il costo di un moderno caccia stellare. La tecnologia contenuta in essa non era niente di straordinario, lo era il processo di miniaturizzazione che aveva permesso di condensare nello spazio di una corazza così tante e diverse tecnologie. 
Guardandole si sentiva davvero orgoglioso, quel sentimento gli riportò alla mente un antico ricordo di quando ancora lavorava su Tuchanka.  
La battaglia tra clan era appena finita, le distese di Pagaru erano ricoperte di nemici sconfitti, il capo clan Gerax lo ringraziava per il funzionamento perfetto della sua arma.
Un vecchio, classico e consumato fucile a pompa che sparava solo un colpo su tre, prima che ci pensasse lui a ripararlo. Quello fu il primo riconoscimento ricevuto da un capo clan. 
« Non ho mai chiesto a Gerax perché non cambiava quel rottame...deve essere stato quattrocento o quattrocentocinquanta anni fa. » mormorò fra se. 
Aveva fatto molta strada da quei giorni, anche se la sua vita aveva avuto un'accelerata solo dopo aver incontrato Dasha Weaver. Era passato quasi un decennio da quel giorno.
Successe su Omega, lui tirava avanti avendo allestito un'armeria. Era arrivato su quella stazione dopo essere scappato da un gruppo di mercenari che aveva truffato. 
Il giorno dopo aveva trovato un locale abbandonato, vi si era piazzato con tutta la sua roba. 
Così aveva aperto la sua attività. 
Niente affitto da pagare o altro, su Omega se sopravvivi significa che hai ragione. 
« Il mio fucile di precisione è danneggiato, riparalo. » fu l'ordine tassativo di quella umana in armatura nera da nemesis. Il grande oculare rosso puntato su di lui. Un phantom gli premeva una spada alla gola, anche solo tagliare la gola a un krogan non era facile ma aveva la sensazione che avrebbe perso la testa all'istante.
« Se non la faccio? » chiese per niente intimidito.
« Muori. »
« Non lavoro gratis. » disse rudemente.
« Se il lavoro sarà ben fatto, la paga sarà generosa. » 
Quella dichiarazione lo stupì, aveva parlato per provocare e far capire che non avrebbe semplicemente ubbidito.
« Se c'è una paga, si può fare. » prese il fucile tra le mani e cominciò a esaminarlo, ma appena qualche minuto dopo esclamò « Mi prendi per il culo? Questo fucile non ha difetti! »
« Invece ne ha! » ribadì seccamente la nemesis.
Lui sia alzò in piedi adirato « Allora il problema è la tua stupida testa, ora prendi la tua arma e andatevene prima che ti stacchi la testa a morsi pensando che potrebbe essere uno spuntino gustoso. » 
« Quest'arma è difettosa. » fu la ferrea e semplice risposta di lei. 
« No! È perfetta. » ribadì più deciso che mai e ignorando il phantom. La morte non era un problema, mettere in discussione il suo parere sulle armi sì. 
La reazione successiva della nemesis fu gettare un chip da mille crediti sul tavolo « Questo per pagare il disturbo. Mi serve un esperto di armi, qualcuno che lavori per me in esclusiva. » 
« Se hai il denaro, tutto questo non serviva. » rispose, afferrando e mettendo via il chip. Ancora dubbioso e non capendo ancora bene la situazione, ma il denaro era sempre tale. Non importava da chi arrivasse.
« Mi piace accertarmi delle doti di chi assumo. Se ho torto voglio che mi venga detto.» 
« Sentiamo, quanto mi pagheresti? Ti conviene essere generosa, se mi vuoi in “esclusiva” è perché sai che valgo. » affermò mettendo ben in chiaro la sua posizione. Se quell'umana pensava di forzarlo si sbagliava, avrebbe fatto la scelta che più gli conveniva. 
« Per cominciare salvandoti da qui mercenari che ti cercano per averli truffati, mezz'ora al massimo saranno qui. Hanno saputo da me dove trovarti. Adesso puoi solo seguirmi sulla mia nave o aspettarli? »
La sua risposta fu un ringhiare rabbioso « Cosa avresti fatto se non avessi soddisfatto le tue aspettative? » 
« Me ne sarei andata lasciandoti a loro, non perdo tempo con chi non mi serve. Sarebbe stato anche il comportamento più onesto, visto che mi hanno pagato per sapere dov'eri. » 
L'espressione del krogan fu di puro stupore, rise fragorosamente subito dopo. 
« Quanto gli hai preso? » domandò diverto.
« Tremila crediti. » 
« Sai umana, quelli come te noi li chiamiamo Guyasa. »
« Stronza, credo sia questa la versione umana del termine che hai usato. » 
« Non sembri offesa? » lui non poteva saperlo, ma era certo che sotto il casco quella donna stesse sorridendo.  
« Sono abbastanza onesta da riconoscerlo con me stessa, dopotutto, sono pronta a passare sui cadaveri di tutti i miei sottoposti se mi fosse utile. Anche il tuo, questo farai bene a ricordarlo. Non credo ci sia altro modo per definire una persona così. » 
« Allora...come dovrei chiamarti? Almeno questo credo di aver bisogno di saperlo. »
« Dasha Weaver, il phantom è Isabella. »
Quello fu il suo colloquio di assunzione, istintivamente si portò una mano alla cresta dove il segno più scuro di una cicatrice dava bella mostra di se. 
Solo in un occasione aveva provato a mollare Dasha, forzandole la mano, quando aveva deciso che allearsi con Olivia W. Shepard per salvare la galassia non faceva per lui. Si era ritrovato con un coltello da guerra piantato in testa, nella placca frontale, vivo non certo per caso. 
Gli era ancora utile, solo per questo non aveva raggiunto il vuoto dove riposano le anime dei guerrieri morti.
« Se Dasha fosse una femmina krogan ogni maschio lotterebbe per avere un figlio da una simile guerriera..ehm...certo che i maschi umani devono essere messi male se lei si è unita a un'altra femmina. Ecco cosa capita ad avere due testicoli invece di quattro. » 
Ma quel pensiero ne richiamò un altro e sbuffò divertito « Quelle tre sono diventate delle vere guerriere, non potrei chiedere mani migliori per le mie creazioni. » 
Ripensò a quando rivide Alexya, Diana e Trish mentre tutta la galassia credeva che Dasha Weaver fosse morta, ragazzine quindicenni che usavano i miliardi della madre per organizzare una rivolta armata su Noveria e riprendersi il pianeta occupato dai mercenari ingaggiati da una spia dei grigi. 
Anche quella volta aveva deciso che non avrebbe partecipato, lavorava per la Weaver non per delle mocciose. Per tutta risposta gli sfondarono la porta del laboratorio, gettandolo al suolo e premendogli le lame alla gola. Gli davano una scelta: vivere e aiutarle o morire lì dov'era?
« Come si dice in questi casi: “l'uovo si vede dalla femmina.” » disse recitando un vecchio adagio del suo popolo.
Per un esperto armaiolo krogan il massimo dell'onore era sapere che una propria creazione sarebbe passata alla storia.
Ma con il clima di pace che si era instaurato quell'epoca di sangue sembrava essersi chiusa per la sua razza. La sua era una scommessa su quelle tre: sarebbero diventate famose, con esse anche il loro equipaggiamento e tutti avrebbero un giorno ammirato e parlato di Mores del clan Quod che con insuperabile perizia aveva forgiato qualcosa di unico. 
Per la progettazione di quelle corazze era partito da qualcosa di totalmente diverso. Siccome i poteri delle ragazze, a differenza di un biotico normale, non si scaricavano mai aveva iniziato studiando la progettazione dei reattori a eezo. 
Non avrebbero solo protetto ma realmente facilitato e potenziato l'uso di energia biotica. Invece di batterie collocate nell'armatura, essa stessa sarebbe stata un'enorme batteria con una durata di tre giorni galattici. Questo aveva permesso di eliminare tutta la parte dell'alimentazione, risparmiando su peso e volume. Nella parte più interna, quella a contatto con il biotico, circuiti stampati trasmettevano l'energia all'esterno senza il minimo spreco o il bisogno di cavi.
Aveva copiato le tute ambientali dei quarian, anche se era passata una generazione da quando erano un popolo nomade rimanevano i maggiori esperti di quel settore. 
Non esisteva condizione ambientale che potesse metterle in pericolo, persino nel vuoto dello spazio la persona al suo interno sarebbe potuta rimanere in vita per giorni. I sistemi di supporto vitale avrebbero riciclato l'aria e depurato le urine ottenendo acqua, fintanto che c'era energia fornita dal biotico stesso. 
Infine aveva appreso dalla natura imitando la fisiologia krogan, biologicamente progettati per combattere, la sua razza possedeva organi secondari che entravano in funzione quando il principale veniva danneggiato. Lo stesso valeva per quelle armature, per un qualsiasi sistema in caso di danno ve ne erano altri due a sostituirlo. 
L'armatura era su più strati, qualcosa di mai tentato prima su scala così piccola essendo la tecnica usata per le corazzate spaziali. A questa si aggiungevano gli scudi biotici. 
 mantenendo un peso ridicolmente basso per tutto quello che vi era installato: dodici chili e novecento grammi.
Altre a questo si aggiungeva una connessione totale a qualsiasi rete di comunicazione, una scansione tattica in tempo reale del campo di battaglia, il sistema d'occultamento e uno di hackeraggio per superare difese informatiche e automatiche. Come sistema offensivo, sebbene le ragazze preferissero l'uso di spade e poteri biotici, aveva ripreso e aggiornato l'idea del canone biotico di Cerberus.
Invece di una lente sul palmo sinistro che permetteva di usare con la sola mano destra la spada, l'uso dei circuiti stampati integrati nell'armatura  aveva rimosso tale limitazione. Non vi era nessuna lente o qualcosa di riconducibile a una bocca da fuoco. Avrebbero solo dovuto puntare la mano aperta contro il bersaglio e il colpo sarebbe partito.
Si fece i complimenti da solo per quel trucco, se per qualche motivo fossero state disarmante nessuno avrebbe pensato che nascondevano un'ultima arma proprio nel palmo delle loro mani. 
Provando a immaginare Alexya, Diana e Trish con indosso quelle creazioni si sentì eccitato.
Questo gli ricordò una curiosità che aveva sentito sulla storia umana, un tizio che aveva partecipato alla realizzazione della prima arma nucleare disse “Ora siamo tutti figli di puttana.”
Sembrava quasi che fosse dispiaciuto del risultato, eppure non ci sarebbe stato niente di meglio di vedere che una propria invenzione uccidere a milioni i nemici del proprio clan. 
Se quelle tre ragazze avessero coperto ogni mondo della galassia con i cadaveri dei loro nemici usando le sue creazioni, lui non avrebbe potuto che esserne orgoglioso. 
Sbuffò, quindi si voltò lasciando perdere qualsiasi indugio e ricordo del passato. Aveva altro lavoro da fare, le nuove armi per il mercato galattico non sarebbero apparse da sole.
Doveva controllare che quegli idioti dei suoi sottoposti non producessero qualche cosa di difettoso, se non voleva trovarsi a dare spiegazioni a una Dasha incazzata. 
Nel laboratorio ormai vuoto le luci si spensero automaticamente una alla volta, facendo rimanere nell'oscurità quei preziosi regali di compleanno. 
   
 
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