Fuori ogni logica,
contro ogni regola, lo sto facendo. Cosa? Partire. Prendere quell’aereo.
Londra. Lui. Un viaggio che mi sono dedicata. Da sola. È stato difficile
convincere i miei, ma altrettanto complicato il mio ragazzo. Mi ha accusato di
voler fare le cose da sola. Ma questo viaggio serve a me. Solo dopo di esso
sarò nuovamente padrona della mia vita.
“I passeggeri del volo AF1605 per Londra
sono pregati di recarsi all’imbarco”.
Eccolo. Respiro, sospiro, tremo. Lo sto facendo sul serio? Mi volto un’ultima
volta e mi lascio Napoli alle spalle. Il Vesuvio, avvolto nel manto nero delle
nuvole, sembra presagirmi qualcosa di negativo.
Salgo sull’aereo.
Prendo posto. Sono talmente nervosa da non riuscire a dormire. Il mio cervello
rifiuta di spegnersi, continua a martellarmi. Basta, cavolo! Sbuffo
infastidita. Il viaggio più lungo di tutta la mia vita. Passo il tempo a
giocherellare nervosamente con le dita, la musica nell’ipod non mi aiuta. Mi
muovo di continuo, stranamente non avverto la paura per il volo. È la mia prima
volta in aereo…
Una vocina
stridula e maledettamente inglese, annuncia che stiamo per atterrare. Tum, tum, tum…Cavolo! Il mio cuore. Ma
che gli prende?!? Inspiro e butto fuori l’aria. Una, due, tre volte. La
vecchietta accanto a me, mi guarda preoccupata. Provo a sorriderle…quando
invece vorrei gridarle che sono pazza, perché solo tale posso essere definita
per quello che sto facendo.
Aspetto che mi
ridiano la valigia, il colmo sarebbe che me l’hanno smarrita. No, mai! Le mie
cose perse a Londra, proprio qui. Mi rifiuto anche solo di pensarci. Scuoto la
testa e finalmente vedo il mio caro trolley nero e bianco spuntare da dietro
l’angolo. Lo afferro ed esco velocemente fuori dall’aeroporto.
Mi fermo un
attimo, mi guardo attorno. Quante volte nei mesi scorsi avevo immaginato il mio
arrivo qui, la mia reazione. Resto impalata lì, la gente mi passa velocemente
accanto; la frenesia è di casa anche qui.
Cammino, prendo la
cartina dalla mia borsa. Uff non riesco ad orientarmi, dove sarà l’”Hotel Wild”?
Sono proprio una frana, io che con l’inglese sto litigata, ho avuto la
brillante idea di venire qui. Da sola per giunta. Ha ragione mia madre, quando
dice che sono proprio cambiata. E ripenso a lui…frutto del mio cambiamento,
della mia momentanea follia. Perché sarà solo un momento, vero?
Provo a chiedere
informazioni. Mi capiranno? Dicono qualcosa, credo di aver capito che devo
andare dritto, poi girare a destra e poi a sinistra. Bene, m’incammino poco
sicura e dopo mezz’ora giungo a destinazione. Ormai è sera, ma non mi va di
dormire.
Mi cambio, indosso
il mio caldo giubbino, il mio cappello adorato, mi avvolgo in una sciarpa nera
e scivolo fuori per strada. Piove, non smette da quando sono arrivata.
Londra è davvero
una città magica: le sue luci, i suoi colori, i suoi mille odori diversi. Ha
ragione lui quando dice che non può farne a meno…stop, mi fermo! Ancora e
sempre lui…di nuovo…Rido nervosa e una canzone inizia a girarmi per la testa…
“ce la faro' ma adesso no
ora che parlo di te ancora ancora no
ce la faro' ma adesso no
voglio pensarti una notte ancora
ancora un po'.”
Non so se ridere o
piangere. Come ho potuto permettermi una debolezza del genere? Quand’è che sono
divenuta così fragile? Sono qui per risolvere questo problema, ancora non so
come, ma lo devo fare. Per me, per il mio ragazzo…per tutti…
Senza volerlo, mi
ritrovo davanti al Tamigi. È proprio come lo avevo immaginato, le gocce di
pioggia si divertono a creare diverse geometrie, colorate dalle luci della
città. Fisso l’acqua e mi chiedo se davvero esista un battello. Alzo gli occhi
e lo vedo. Spalanco sorpresa la bocca. Assurdo! Un enorme imbarcazione è
dinanzi a me, tutta illuminata, sfreccia leggera sull’acqua, avverto il suono
della musica e del vociare delle persone. Le lacrime si insinuano al di sotto
delle mia ciglia. Apro la borsa, come una disperata, e prendo i fogli…quei fogli…rileggo più volte il passo in
cui parlavo proprio di quel battello e della cena con lui…
<<“E’ perfetto…ogni cosa è
perfetta…spero solo che non sia un sogno...” sospirai senza rendermi conto che
avevo pensato ad alta voce, Robert mi strinse più forte, poi mi girò verso di
lui, mi accarezzò i capelli “Non è un sogno...” “Tu ed io...se non è un sogno
questo...” risposi sorridendo, mi alzai sulle punte e gli sfiorai le labbra con
le mie, poi poggiai la mia testa sul suo petto e mi misi in ascolto del suo
cuore. Robert poggiò il suo mento sulla mia testa “Si, noi siamo qui INSIEME…“
”Insieme…” replicai io, attraversata dal brivido di piacere che quella parola
mi procurava “…tu sei il mio sogno, il mio tutto, ti può sembrare sciocco,
frettoloso, ma è quello che sento. Ho desiderato questo momento dal primo
momento che ti ho visto ed ora che è vero, mi sembra impossibile che stia
accadendo a me. IO TI AMO E…NON NE POSSO FARE A MENO...non avere paura
delle mie parole, non mi aspetto nulla da te, voglio solo avere la possibilità
di starti vicino fino a quando tu vorrai...”. Dissi quelle parole tutte di un
fiato, doveva sapere la verità, ero troppo coinvolta e la sua reazione avrebbe
dato una risposta ai miei dubbi. “Ecco: gliel’ho detto…gli ho detto che lo
amo…sono folle…si…sono folle…perché…perché lo amo follemente, con tutta me
stessa…” “Margherita…” disse interrompendo il fluire dei pensieri “…io non ho
paura dei tuoi sentimenti, come devo fartelo capire? Quello che tu senti ci
accomuna più di quanto immagini: mi sei piaciuta subito per la tua spontaneità,
la tua timidezza, nessuno mi ha mai colpito come hai fatto tu…” mi strinse di
più a se poi continuò “…TI AMO…” alzai la testa di scatto e lo fissai “...E
NON NE POSSO FARE A MENO...”, sorrisi istintivamente, gli saltai al collo e
lo baciai più forte che potevo.>>
La mia fantasia
non ha limiti e le ho permesso di superare una barriera pericolosa, oltre la
quale non mi sarei mai dovuta spingere. Mi sono innamorata di una persona che
neanche conosco, se non attraverso video, foto, interviste. I suoi gesti, il
suo maledettissimo sorriso. Ogni giorno di più hanno portato il mio cuore a
perdersi nei suoi occhi azzurro mare, profondi e misteriosi. Lui così timido,
dolce e tremendamente imbranato. Stringo forte quei fogli e li ripongo con
rabbia in borsa, mentre i miei occhi continuano a lacrimare. Non riesco più a
fermarli.
Mi rimetto in
cammino, diretta non so dove. Onestamente non m’importa! Io vorrei che tu fossi
qui vicino a me, sento costantemente la tua presenza, ti vedo di fianco a me,
dentro di me, lontano da me. Ovunque mi volti, il tuo viso compare e mi ruba un
respiro. Vorrei che fosse l’ultimo. Vorrei non dovermi sentire così. Io non voglio amarti. È
sbagliato…impossibile…
Passo dinanzi ad
un’edicola, mi volto controvoglia e quel manifesto è un pugno in pieno petto…l’ennesimo…: tu e lei. Quello che avevo
sempre sospettato. Infondo si, lo avevo sempre saputo, temuto, ma non ci ho
badato. Stupida, stupida che non sono altro. Ho continuato a parlare di te, a
scrivere di te, coinvolta sempre di più. Ma poi è arrivata la resa, il conto. E
mi tocca pagarlo. Chiudo gli occhi, quando li riapro noto un’altra rivista. In
prima pagina il tuo sorriso e una fitta al petto mi blocca. No ti prego, non
così forte. Cavolo!
“Ma che cos'è
Quest'emozione forte che mi fa scoppiare il cuore
Da che ci sei
Sento che non mi basti
Dimmi
Nel tuo sorriso affondo e poi non so più risalire
Giuro che io
Non sono stato mai così
Sono cose che io
Non ho provato mai”
(http://www.youtube.com/watch?v=SzWOsaAwA1A&feature=PlayList&p=47B2639617EF43B9&playnext=1&playnext_from=PL&index=57)
Sorrido. È sempre
così, ogni qualvolta la tua spontaneità mi disarma, privandomi delle mie
barriere difensive. Come si fa a non amarti? Che qualcuno me lo spieghi. Da
quando, come una catapulta, sei entrato nella mia vita, mi hai cambiata, hai
risvegliato in me passioni, voglie, desideri, sentimenti e emozioni che non
conoscevo più. Hai dato un pizzico di colore e di vivacità alla mia vita
monocromatica e monotona. Ho riso, ho pianto…Scuoto la testa e decido che il
momento di ritirarsi…un’altra notte insonne mi aspetta…
È mattino ormai,
una flebile luce si fa, a fatica, spazio tra le tende della stanza. Io sono
accovacciata a terra. Ginocchia avvolte dalle mie stanche braccia, chiudono il
mio volto in una morsa senza speranza. Lenta alzo la testa e guardo fisso davanti
a me…il venticello smuove le carte riposte con cura sul letto, facendole cadere
proprio dinanzi a me…ne afferro uno a volo e di nuovo mi ritrovo immersa nel
mio mondo
<<“Scusa…ho creduto che fosse giusto raccontarti tutto…” “No, hai fatto
bene. Posso farti una domanda?” “ Certo” “Pensi che io sia l’uomo ideale?” ero
stupita di quella domanda, ma conoscevo la risposta…”Io non penso che tu lo
sia…” mi fermai e vidi i suoi occhi strabuzzare “…io ne sono certa…il cielo
ha una sola porta Rob, e tu sei quella porta…l’ho aperta perché tu sei la mia
unica certezza…”,>>
Ho scritto davvero
io queste parole? Sono una pazza…io quella porta la devo chiudere, prima di
impazzire ulteriormente!
(http://www.youtube.com/watch?v=VYmoCLISAP8)
“Ragiono tra me catturo
un'idea
ma e' una farfalla che mi scappa via
mi guardo le dita e la polvere che adesso c'e'
sa di magia, così divento ballerina
in punta di piedi io mi abbraccio da me
mi lascio andare così al vento che e' qui
e non mi chiedo perché: un piccolo amore
non sa le parole, non sa dire che
e' grande per me…e' un piccolo amore
e non lo so dire, ma poi penso che
bisogno non c'e'se davvero puoi
guardandomi gli occhi troverai
vorrei comprare una vetrina
per metterci dentro i sentimenti che ho
tutta la gente così fermandosi lì
capirebbe cos'e' un piccolo amore
che non ha parole, ma e' tutto perchè
e' grande per me, e' un piccolo amore
non sta sul diario tra foto che ormai
staccare vorrei. Io sogni di carta non ne ho più
li hai presi tu e spero che non mi prendi in giro
se un piccolo amore
non ha le parole, non sa dire che
e' grande per me. Le frasi d'amore
si seccano in gola, ma se davvero puoi
capire saprai. La farfalla ormai e' libera
si riempie di blu e' la mia idea
io sto chiusa qui in camera: e' bello sognare
un piccolo amore”
D’un tratto però
la porta s’apre e una voce m’inonda la testa, facendomi scalpitare “Non è possibile”. Resto pietrificata
quando mi rendo conto che non sto sognando. Un ragazzo, altro 1,85 circa,
scende rapido i due scalini che portano all’entrata. Indossa una felpa nera col
cappuccio, rayban neri e jeans stracciati al ginocchio. Mi blocco quando per un
impercettibile millesimo di secondo, lui dirige la sua testa verso la mia
direzione. Entra nella mercedes nera ferma a pochi metri da me e va via,
scortato chissà dove. Io sono ancora lì. Impietrita. E meno male che avevo
calcolato tutto! Lui non doveva essere qui.
Dall’uscio, si
affaccia una donna bionda che guarda malinconica quell’auto allontanarsi
frettolosamente. Un venticello improvviso mi smuove i capelli e fa volare via
il mio adorato basco, mi volto di scatto e gli corro dietro. Maledetto
cappello, fermati! Ad un tratto il vento placa la sua forza e il basco mi cade
tra le mani. Finalmente.
Il destino forse
ci ha rimesso lo zampino e mi ritrovo davanti quella mercedes nera. Tum, tum, tum. Il mio cuore riprende la
sua folle corsa. Il traffico lo ha bloccato. Cosa faccio? Guardo tra i vetri
scuri e mi sembra di scorgere i suoi capelli scombinati. Rido. Probabilmente
sta andando a prendere l’aereo, un nuovo lavoro? O più probabilmente sta
raggiungendo lei…la sua ossessione, il motivo che lo ha spinto a fare quel
film. Sbuffo irritata, mi dà fastidio, che posso farci. Poi ricordo qual è
invece la motivazione per cui io sono a Londra. Sfioro ancora con lo sguardo la
mercedes e poi riprendo il mio viaggio mentale. Direzione: Edimburgo.
Il taxi dopo
qualche ora di viaggio, mi ferma nel bel mezzo di un verde smeraldo accecante.
La pioggia lo ha reso ancora più magico. Scendo e mi incammino, con lo sguardo
perso e meravigliato per quella bellezza. Proseguo nella Old Town e resto
sempre più basita: questo luogo ha un non so che di magico, mi sento come se mi
trovassi nel mondo delle favole. Ogni casa è ben curata, particolare, anche le
persone sembrano diverse…senza rendermene conto sono giunta al famoso castello.
Mi blocco sia per la sua imponenza, sia per i ricordi che associo ad
esso…ovviamente ricordi immaginari, legati alla mia storia. In automatico apro
la borsa e caccio fuori il malloppo, lascio scorrere il mio sguardo tra le
righe fino a giungere al capitolo “L’Atena del Nord”…sospiro e comincio a
leggere…rido come una matta quando mi soffermo sull’assurda storia che avevo
inventato per
L’antichità che si respira in questo posto, mi fa stare bene, mi
soffermerei a vivere qui, ho sempre sognato di nascere in un posto del genere,
dove la natura e i suoi melodiosi suoni ne fanno da padrona. Mi intrattengo nel
giardino che affianca il castello e mi guardo attorno malinconica…esiste anche
questo; sbuffo infastidita. Qui, nella mia storia, canto con Eric, incrociando
gli occhi famelici e incantatori di lui…l’uomo che desidero…ehm no…scuoto la
testa in segno di dissenso.
Vado via…altre otto ore di viaggio mi aspettano. Rientro a Londra ormai
in serata, le luci incantevoli della sera mi affascinano, rido e immagino di
ballare con lui per le strade, sotto lo sguardo curioso dei passanti, mentre ci
pronunciamo parole d’amore. Si, sono impazzita…ma ammetto che mi piace esserlo…anche
se fa male…
Giungo in albergo…mi lavo, mi cambio ed esco…ho bisogno di sentirmi
viva e per farlo devo stare in mezzo alla gente. Giungo in un pub, uno dei
mille presenti a Londra, ordino una Coca-cola; noto con piacere che c’è il
karaoke…rido: altro scherzo del destino, mi viene voglia di alzarmi e cantare.
Resto per un po’ a pensare sul da farsi, torturandomi le mani, con la paura nel
cuore di fare una figuraccia; alla fine però, mi dico che è stato già rischioso
arrivare in questa città da sola, cosa mi costa ora cantare? Mi avvicino al
signore che dirige il tutto e col mio scarso inglese, gli faccio capire che mi
piacerebbe cantare una canzone, il tipo mi guarda pensieroso, poi si scioglie
in un sorriso e mi annuncia…
Le note delicate di “My immortal” mi penetrano fino alle ossa e la
sento vibrare nelle mie corde, siamo un tutt’uno io ed essa; lenta,
sofferta…un’agonia piacevole, ma allo stesso tempo, devastante, mi spappola il
cuore, ma non m’importa…io la devo cantare!
Presto si è fatto giorno, un’altra notte in bianco mi ha accompagnata,
un’altra missione mi aspetta. Prendo tutte le mie cose e mi incammino verso la
mia prossima meta: Primrose
hill. <<Ci fermammo dinanzi ad un
enorme collina “Oggi proseguiamo il tour dell’Inghilterra…” sorrise, poi
aggiunse “Questa è Primrose hill”, scendemmo dalla macchina e proseguimmo a
piedi; con mio stupore da quella collina si godeva una vista meravigliosa di
tutta Londra “Oh mio Dio!!!” esclamai “E’ bellissimo!!!”, sentivo il suo sguardo
su di me “Si, da questo posto si ha vista eccezionale”, mi prese per mano,
giocherellò con le mie dita, mentre io fingevo di continuare a guardare il
panorama. Resistere era difficile e lo divenne ancora di più quando mi cinse
timidamente la mano intorno alla vita e mi abbracciò, avevo il cuore a mille.
Poggiai la testa sotto la sua spalla e restai in ascolto del suo respiro.>>
Mi accomodo sul
prato, spoglio delle sue solite violacee primule. È un incanto, proprio come
l’ho immaginato…scruto l’orizzonte e spalanco la bocca meravigliata: Londra è
completamente ai miei piedi. Lascio che il vento trapassi i miei capelli e li
scombini, disparandoli in ogni direzione…chiudo gli occhi e provo ad inspirare
forte, ma un malessere mi trafigge il petto. È inutile continuare a negarlo, io
sto davvero giù, comincio a pensare che questo viaggio sia stato un grosso
errore, a cosa è servito? A danneggiare ulteriormente il mio animo incrinato?
La mia psiche ne sta risentendo e se non mi fermo in tempo, so che sarà ancora
più difficile uscirne. D’un tratto odo delle voci: mi volto incuriosita e una
giovane coppia, cammina tranquillamente per la collina, si fermano ai piedi di
un grosso albero e timidi si accarezzano. Li guardo sognante, percepisco
perfettamente l’attrazione che c’è tra loro, la pelle mi si accappona e sorrido
stupidamente quando lui l’afferra per il mento e si china per baciarla…perché
un gesto vale più di mille parole…
Abbasso il volto e
mi poggio sulle mie stesse gambe, chiudo gli occhi e mi dondolo piano, scandendo
quel ritmo con la mia voce ”I’m so tired
of being here. Suppressed by all my childish fears and if you have to
leave, I wish that you would just leave 'cause your presence still lingers here
and it won't leave me alone…” (http://www.youtube.com/watch?v=idd_92ajjwY&feature=fvst) .
E nella mia testa volteggiano silenziose le frasi della mia storia:
<<“Io volevo avere la possibilità di conoscerti, non mi
interessa che sei un attore, non mi importa che sei famoso, mi interessa come
sei realmente, cosa pensi, cosa fai, i tuoi interessi…tutto…e per quello che ho
potuto vedere sia attraverso le interviste sia standoti vicino, sei come ti
avevo immaginato…un ragazzo semplicemente dolce e timido…”>>
Non cosciente dei
miei gesti mi allontano…cammino a lungo, perdendomi tra gli imponenti monumenti
londinesi, mi scruto attorno meravigliata, se potessi non partirei più, questo
posto mi affascina. È elegante, timido e incantevole…proprio come lui…sospiro
triste e tornando verso l’albergo mi rendo conto che quello che sto facendo è
sbagliato. La sofferenza non è minimamente diminuita. Mi fermo un attimo
dinanzi alla hall e mi volto verso la città, con gli occhi sognanti e
lacrimanti scruto ciò che mi circonda e un senso di nostalgia mi opprime il
petto, costringendomi a respirare più velocemente. Socchiudo le palpebre e conto
“Uno, due, uno, due, uno, due…” e non appena il cuore si placa, riapro gli
occhi e sorrido scossa “E’ arrivato il momento di tornare a casa…”.
Il mattino
seguente, Heatrow è un via vai di persone, io sono impalata al centro
dell’aeroporto e mi guardo intorno confusa, mi stringo nelle spalle e inizio a
tremare…tornare a casa è davvero ciò che voglio?
Mi accomodo su una
delle mille sedie e aspetto con ansia la partenza…non riesco a non pensare al
primo giorno, a quel millesimo di secondo in cui i nostri sguardi si sono
sfiorati…ed eccolo di nuovo: il mio battito cardiaco impazzisce…mi chiudo a
riccio, aspettando che si calmi. Avverto una presenza al mio fianco, guardo il
pavimento e mi fisso sulle scarpe della persona al mio fianco…un bel paio di
Nike nere…con lo sguardo ripercorro il suo corpo passando dalle gambe, fino a
giungere al suo torace...ed infine arrivo al viso e mi si mozza il fiato in
gola. Il ragazzo gioca nervoso con le sue mani, ha la testa bassa, gli occhiali
da sole oscurano i suoi occhi, ma io sono certa di conoscerli, mi ci sono
immersa mille volte. Lo osservo sconvolta, fino a quando lui non si volta a
guardarmi, un tonfo al cuore mi blocca il respiro e gli occhi mi si spalancano.
Mi sorride e un timido “Hi” fuori esce dalle sue candide labbra “H-h-hi”
rispondo balbettando, continuiamo a fissarci in silenzio, escludendo tutto ciò
che ci circonda. “Are you ok?” domanda gentile “Ehm…yes” dico abbassando lo
sguardo, lo sento ridere e lascio che la sua risata mi invada l’animo,
solleticandolo piacevolmente. Volevo dimenticarmi dei suoi occhi, della sua
voce, delle sue mani, di quel folle sentimento che provo per lui, era questo lo
scopo del viaggio…ma ora che lui è seduto qui accanto a me, mi rendo conto di
quanto sia stato tutto vano. Io non lo dimenticherò mai…pur volendo…
“My name’s
Margherita” gli porgo la mano, lui la guarda titubante, poi la sua bocca si
scioglie in un sorriso e mi porge la sua “I’m Robert…” e si ferma,
probabilmente aspettando la mia reazione, meravigliandosi di non vedermi fare
la pazza. Comincio a ridacchiare e lui mi guarda alzando il sopracciglio e
passandosi la mano tra i capelli…ah no quel gesto no…mi immobilizzo di nuovo,
ora è lui quello che ride. Ma quanto è bello? Lo ammiro sognante e sospiro,
rendendomi conto che presto dovrò salutarlo…per sempre…mi si apre uno squarcio
nello stomaco, gli occhi mi pungono e sono costretta a girare la faccia. Di
sottecchi, cerco di carpire la sua reazione, vedo che mi osserva, si toglie gli
occhiali, mostrandomi lo scintillio delle sue gemme e non posso non voltarmi
verso di lui. Restiamo così per qualche minuto…”Robert, Robert, you’re crazy!
You put again the glasses!” gli urla
una donna bionda correndogli incontro, lui sbuffa infastidito. Deve essere
difficile per lui non poter essere semplicemente se stesso…La donna ci
raggiunge, mi guarda, ma poi sposta subito i suoi occhi verso di lui “The
flight is about to depart”, Robert annuisce, ma non sembra particolarmente
contento, si alza e si dirige verso la grande vetrata che dà su Londra e la
osserva malinconico. In quell’esatto momento, mi sento morire, vederlo così
triste mi uccide, vorrei alzarmi e correre da lui, ma non posso…sbatto i pugni sulla sedia e mi maledico, trattenendo a
stento le lacrime. Attiro la sua attenzione, sento il suo sguardo su di me e mi
vergogno come una ladra, cavolo se solo potessi dirgli ciò che sento…alzo lenta
il mio viso e provo a sorridergli, ma la sua bocca si piega verso il basso. Oh
no, amore mio, non essere triste per me…io voglio solo vederti sorridere,
nient’altro. Con le dita, innalzo la mia bocca verso l’altro, lui scoppia a
ridere divertito ed io volo verso un mondo migliore “Vorrei, vorrei che tu fossi felice in ogni istante..vorrei, vorrei,
stare insieme a te, così, per sempre però, lo sai che io vivo attraverso gli
occhi tuoi! E vorrei poterti amare fino a quando tu ci sarai sono nato per
regalarti quel che ancora tu non hai, così se vuoi portarmi dentro al cuore
tuo, con te io ti prego, e sai perchè...” (http://www.youtube.com/watch?v=Q3LxrxK56Zs)
“Robert, come on!”
dice la sua manager, rompendo la bolla che si è appena creata tra noi e
riportandomi coi piedi sulla terra. Guardo prima lei e poi lui, potrei
scoppiare a piangere di nuovo da un momento all’altro, ma reprimo quel
desiderio. La donna si avvia, Robert rimane in piedi fermo, davanti alle sedie,
sguardo basso, una mano tra i capelli e l’altra in tasca “Bye Robert. Good trip”,
fa cenno con la mano mentre va via “Bye Margherita”…il mio nome col suo accento
inglese è melodioso e di nuovo il mio cuore batte forte e il sangue pompa troppo
veloce, impedendomi di respirare.
“Addio
Robert…addio stella gemella…” dico alzandomi all’in piedi e lasciando che
quelle parole siano bagnate di lacrime, mentre un vento leggero agita i miei
capelli e il mio vestito che, per ironia del destino, si protendono verso la
figura che sta allontanandosi per sempre da me…
“…So I'll sing this song to you,
for the last time.
and my heart is torn in two,
thinkin' of days spent without you.
and there is nothing left to prove
I’m counting all the things I could done,
to make you see that I wanted us to be
what I go to sleep and dream of
I want you to know that I'd die for you.
I'd die for you.
I couldn't breathe you in like I need to
and the words don't mean a thing”
(http://www.youtube.com/watch?v=GlIssATI8Ho&feature=related)