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Autore: Freak_Nali    25/01/2019    0 recensioni
«Non è la fine del mondo, stai calma».
«Non è la fine del mondo? Davvero, Luke? Hai accidentalmente rubato la valigia piena di erba e cocaina di uno spacciatore, il quale ci sta inseguendo in giro per il mondo, un dogsitter californiano del tutto incapace ha perso un cane che ha quasi staccato la gamba ad Ashton e siamo a quindici ore di volo da casa nostra. Se permetti, io questa la definirei la fine del mondo».
Genere: Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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36 giorni prima

La fila al check-in è molto meno lunga del previsto, tanto che recarsi all'aeroporto con tre ore di anticipo, dormendo così un paio d'ore scarse questa notte, si è rivelata del tutto inutile. Davanti a noi ci sono soltanto sette persone, e in pochi minuti saremo pronti per imbarcarci.

Uno sbadiglio sfugge al mio controllo, e Ashton mi guarda preoccupato.

«Tutto bene?», chiede apprensivo, portando una mano sulla mia guancia, per accarezzarla con un pollice come da abitudine.

«Abbiamo dormito solo due ore stanotte, ma va tutto bene», rispondo e lui mi sorride, portando con la stessa mano che era sulla mia guancia fino a un istante fa una ciocca di capelli dietro il mio orecchio. I miei capelli mossi non ne hanno mai voluto sapere di stare al loro posto, e spesso mi finiscono davanti agli occhi quasi senza che me ne accorga. È sempre stato così, e Ashton ha preso l'abitudine di spostarmeli quando eravamo ancora alla scuola materna. Sosteneva che gli ricordassi uno di quei cani pelosi a cui si deve fare il codino, altrimenti non ci vedono e sbattono da tutte le parti.

«Beh, abbiamo un viaggio di otto ore davanti, avrai tutto il tempo di recuperare le energie».

«Sette ore e quaranta, per l'esattezza», lo correggo, controllando sul mio piccolo quaderno rosso, dove ho annotato tutti i minimi dettagli di questo viaggio, e lui ridacchia.

«Conoscendoti, sono sicuro che avrai anche calcolato i litri di benzina che useremo quando dovremo noleggiare delle auto», mi prende in giro e io chiudo il quaderno, riponendolo nello zaino, così che non possa controllare la risposta che sto per dare rubandomelo.

«Certo che no, non sono così maniacale», ridacchio a mia volta, e lui scuote la testa.

«Quanti da Los Angeles a San Francisco?», mi chiede e io non esito a rispondere, guadagnandomi una delle sue occhiate di chi la sa lunga, quelle che mi riserva sempre come per dirmi "io te l'avevo detto".

«Ok, ok, ho calcolato tutto nei minimi dettagli, lo sai che...».

«Che se non hai tutto sotto controllo ti impanichi, lo so. Ma puoi stare tranquilla, niente può andare storto in questo viaggio», mi sorride incoraggiante, e devo ammettere che ha ragione.

Abbiamo pianificato questo viaggio per anni, considerando i minimi dettagli, ipotizzando eventuali imprevisti. Andrà tutto bene, ne sono sicura.

Gli sorrido a mia volta, e vedo finalmente spuntare sulle sue guance le fossette che tanto ho amato sin dal primo istante in cui le ho viste. Sono state la prima cosa che ho notato di Ashton, prima ancora dei suoi occhi, dei suoi capelli, o del fatto che avesse delle mani eccessivamente grandi per avere soltanto cinque anni.

Il suo sorriso, però, scompare non appena avvista qualcosa oltre le mie spalle, e dalla sua espressione sembra quasi abbia appena visto un fantasma ballare la macarena con un gonnellino hawaiano e due noci di cocco come reggiseno. Non saprei dire se sia spaventato, raccapricciato o confuso. Probabilmente un insieme delle tre.

«Non ci posso credere», mormora poi, senza staccare gli occhi da quel punto dietro di me, spingendomi a seguire il suo sguardo e voltarmi per trovare l'incubo del mio migliore amico, nonché la croce che mi sono scelta senza rendermene conto diversi anni fa.

«Nemmeno io», rispondo, guardando il ragazzo in questione salutarci con la mano con fare entusiasta, quel suo solito sorriso esagerato sulle labbra, prima di camminare verso di noi trascinandosi dietro un'enorme valigia.

Non può essere vero.

«Perché l'hai invitato?», quasi ringhia Ashton, mentre stringe i pugni con forza, fino a far diventare le nocche bianche.

«Io non l'ho invitato», ribatto confusa.

«E allora cosa diamine ci fa qui?», chiede, rilassandosi quel minimo che basta a fargli distendere le dita, e io mi chiedo la stessa identica cosa.

«Ciao ragazzi! Grazie dell'invito! Non vedo l'ora di girare il mondo con voi!», esclama il diretto interessato non appena ci raggiunge, dopo essersi fatto spazio tra le persone in coda dietro di noi ricevendo diverse proteste a cui non ha prestato la benché minima attenzione. Vive sempre nella sua bolla di sapone colorata, che lo protegge dalla cattiveria del mondo e preserva la sua ingenuità. E io l'ho sempre adorato per questo, oltre che invidiato perché io quella dote l'ho persa troppo presto.

«Invito?», chiedo io, scettica.

«Sì, Mac, ricordi quando eri a casa mia e mi hai parlato di questo viaggio nei minimi dettagli? E poi hai dimenticato il tuo quaderno rosso sul mio letto, aperto proprio sulla pagina dei voli con i prezzi accanto? Se non è un invito questo!».

«Io lo inviterei volentieri a fare paracadutismo dall'aereo in volo», borbotta Ashton, forse tentando di farsi sentire solo da me ma fallendo.

«Ma no, Ashy, il paracadutismo non è nel programma, e io lo so bene! L'ho fotografato per intero e ce l'ho in un album nella galleria del telefono!».

Vedo Ashton tirare fuori il cellulare, forse nel tentativo di distrarsi, ma mi ricredo quando mi arriva proprio un suo messaggio.

"Se ci va fatta bene, riusciamo a lasciarlo in Asia fingendo sia stato un errore".

Non gli rispondo, ma gli lancio un'occhiata e, dato il suo sorriso soddisfatto, direi proprio che ha capito. Sono d'accordo con lui. Del resto, non è poi così assurdo perdere un ragazzo come Luke in viaggio, specialmente di questa portata, lasciandolo in aeroporto. Diciamo che non brilla di intelligenza e, anzi, a volte è proprio rincoglionito, ma in maniera adorabile. Sarebbe ipocrita però dire che un elemento del genere, in un viaggio come quello che stiamo per intraprendere, non sarebbe un peso. Significherebbe avere un bambino a cui dover prestare attenzione tutto il tempo, per evitare che si perda o si cacci in qualche guaio come solo Luke sa fare.

Ashton mi si avvicina per borbottare qualcosa al mio orecchio, mentre l'oggetto del suo discorso raggiunge il banco per fare il check-in, onorato del fatto che gli abbiamo dato la precedenza.

«Non mi stupirei se si perdesse da qualche parte e non fosse in grado di raggiungerci».

«In quel caso non dovremmo nemmeno sentirci in colpa», ribatto ma, tutto sommato, fare questi pensieri mi fa stringere lo stomaco.

In fondo gli voglio bene, anche se è un caso perso e stargli dietro è come badare a un bambino di cinque anni. Lui c'è sempre stato per me, ha sempre avuto una parola di conforto e una carezza in più nei miei confronti, e io gliene sarò sempre grata. Non potrei mai lasciarlo solo e impaurito tra le strade di Tokyo mentre noi siamo in viaggio verso l'America. Ma questo, per il momento, Ashton non deve saperlo. Sono sicura cambierà idea sul suo conto prima di quel momento,  non si può resistere alla tenerezza di quel ragazzo.

Un rumore mi distrae dai miei pensieri, facendomi voltare di scatto verso la sua origine. Luke è disteso sul nastro trasportatore, la mano appesa alla maniglia della valigia, la hostess lo guarda spaventato prima di bloccare il movimento del nastro e Ashton ride.

«Macky, ma perché di tante persone che potevano capitarci come imprevisto, proprio Luke Hemmings?».

  
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