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Autore: vamp91    26/01/2019    0 recensioni
La stanza intorno a me iniziò a vorticare; tutto si fece confuso. L'unica cosa ben definita era il palco. Tutto il resto scomparve; c'eravamo solo io, lui e la musica. La sua voce roca, profonda e sensuale era qualcosa di indescrivibile. Ne avevo sentite tante, ma mai come quella. Stava risvegliando in me emozioni che avevo deciso di reprimere da tempo. Le note mi penetrarono fin nelle ossa, facendomi fremere...
(Se le mie storie vi piacciono commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Ian...” ansimai. Il suo corpo nudo premeva contro il mio, quasi schiacciandomi.
Non ricordavo come fossimo finiti in questa situazione, ma sapevo di volere che non smettesse.
Lui continuava a percorrere il mio corpo con le sue grandi mani, mentre la sua bocca lasciava baci infuocati sulla mia pelle.
Ero in preda a una sorta di bramosia, ne volevo di più, sempre di più.
 Le mie dita percorsero quelle ampie spalle, per poi ancorarsi alla sua schiena.
Ian sembrò gradire mentre emetteva un grugnito, e continuò a baciarmi con più impeto.
Mi sentivo bruciare dal desiderio. I suoi occhi glaciali adesso brillavano di una luce mai vista prima. Era mio, solo mio...
Aprii gli occhi di scatto, svegliandomi in un lago di sudore. Che cosa avevo appena sognato?
- Non é possibile – sussurrai passando le dita tra i capelli, cercando di districarli. Sembrava così reale... riuscivo ancora a sentire il calore di Ian su di me.
Nascosi il viso tra le mani... ero davvero andata oltre qualsiasi limite.
Sapevo che quel sogno era dovuto alla mia attrazione per lui, ma anche agli eventi che lo riguardavano; non per ultimo il messaggio che aveva lasciato. Avevo perso il conto di quante volte lo avessi riletto.
Ancora una volta riflettei sulla possibilità di rispondere; ma finivo sempre per lasciar perdere.
Avrei voluto confidarmi con Chris, ma poi avrei dovuto spiegare perché fossi così restia a incontrarlo.
Zoe era fuori questione; per quanto le volessi bene era troppo impicciona; di sicuro mi avrebbe spinta ad andare, sminuendo l’accaduto.
Dovevo soltanto fingere che quell’ SMS non fosse mai arrivato.
Il giorno seguente raccontai del mio non-appuntamento- a Chris. Sembrava entusiasta nel sentirmi dire quanto mi fossi sentita a mio agio con Jeff.
“Smettila” ordinai “ non é come pensi”.
“Certo, assolutamente” mi beffeggiò.
“Seriamente Chris... è stato un pomeriggio piacevole, credo che lo richiamerò”.
“Beh, é già un passo avanti” sorrise “potremmo andare ad una delle prove della band qualche volta...”
“Assolutamente no!” quasi urlai “ci sono mille motivi per non farlo”.
“Dimmene uno...”
“Beh, è vero che ho ripreso a suonare, ma non significa che voglia immergermi nell’atmosfera che c’è durante le prove”.
“Si, hai ragione...”
“E poi c’è Ian, non mi va di incontrarlo e allo stesso tempo mostrarmi amichevole con Jeff”.
“Non sei un po’ troppo sensibile nei confronti di Ian? Insomma ti preoccupi troppo di come possa prenderla o di come possa reagire”.
“Sono così con tutti...” cercai di giustificarmi.
“Sarà, a me sembra che tu abbia un occhio di riguardo per lui...”
“Ma no, davvero...”
Chris ovviamente aveva ragione; ero io che non potevo ammetterlo.
Era palese che mi comportassi in modo diverso nei suoi confronti. Ian mi piaceva, e questo era un dato di fatto; ma allo stesso tempo mi preoccupava.
Il suo carattere e i suoi modi mi avevano frenata fin dall’inizio.
- Non mentire – pensai – sai bene che la cosa va ben oltre la semplice attrazione –
Ed era vero. Per quanto cercassi di soffocare quella vocina interiore, sapevo che aveva ragione.
Ecco un altro dei tanti motivi per cui non potevo incontrare Ian; quando ero con lui facevo fatica a restare lucida.
Sospirai.
“Qualcuno è pensieroso...”
Alzai gli occhi dal mio caffè. Dylan mi guardava abbozzando un sorriso.
Come un automa mi ero diretta al solito bar dopo il lavoro per schiarirmi le idee.
“Giusto un po’” sorrisi.
“Me ne vuoi parlare?” chiese.
“Non devi lavorare?” mi guardai intorno. Non volevo fosse richiamato per colpa mia.
“Sono in pausa... su, sputa il rospo”
Potevo davvero confidarmi con lui?
“Fammi indovinare...” prese fiato “riguarda il metallaro dell’altra volta”
Lo guardai in preda all’ansia “Come fai a saperlo?”
Dylan scoppiò in una sonora risata “era davvero evidente. Ricordo la tua faccia quando cercavi di auto-convincerti che non ci fosse nulla tra voi”.
“Ma davvero non c’è niente...” borbottai.
“Però vi piacete...”
Feci una smorfia “trattandosi di Ian si può interpretare con un semplice – portarmi a letto-”
“Ah, ecco perché sei combattuta”.
“Lui mi piace... me ne sono resa conto solo adesso, ma questo suo modo di fare mi spaventa. Non voglio soffrire a causa sua. Ecco perché l’ho allontanato. Ma poi se ne esce con quell’ SMS!”
Raccontai tutto a Dylan, comprese le mie vere emozioni; lui ascoltò in silenzio senza interrompermi.
“È chiaro che ti sei inn...” lo bloccai quasi urlando “Non dire quella parola!”
Lui sorrise “anche se non la dico la realtà non cambia..”
“Ma se non lo ammetto posso fingere che non sia vero...” la mia teoria era un po’ contorta, ma mi dava una via di fuga.
“Io dico che dovresti affrontare i tuoi sentimenti”.
Lo incenerì con lo sguardo “sei peggio della mia coscienza”.
Dylan rise di gusto “Beh, la mia pausa é quasi finita...” disse guardando l’orologio.
“Oh, mi dispiace” mi scusai “ ti ho rubato troppo tempo”.
“Naa, stai tranquilla, mi ha fatto piacere. Fammi sapere come andrà, ok?”
Lo ringraziai e tornai a casa.
Dylan mi aveva fatto capire che ignorare il problema non lo avrebbe risolto.
Non facevo altro che rimuginarci sopra; quindi sobbalzai quando il mio telefono squillò per avvertirmi che era arrivato un messaggio.
Jeff...
“Sabato sera suoniamo al solito pub, spero ci sarai ;)”
“Cazzo!” esclamai. E adesso? Se non fossi andata Jeff si sarebbe insospettito, ma andandoci Ian avrebbe visto il mio essere in confidenza con Jeff. Merda, che guaio.
Forse avrei potuto dire di essere malata... ma non era una scusa molto originale.
Sospirai; non avevo altra scelta. Forse Ian avrebbe lasciato perdere. In fondo non si era mai esposto davanti ai membri della band. Avrei fatto un salto, giusto per farmi vedere e poi sarei andata via prima che finisse fingendo un imprevisto. In questo modo avrei evitato qualsiasi contatto sia con Ian che con Jeff.
Quando proposi l’uscita Chris ne fu entusiasta.
“Jeff sarà contentissimo” tuonò al telefono.
“Smettila” lo imbeccai.
La fatidica sera del concerto ero nervosa, molto più di quanto lo fossi mai stata. Non sapevo cosa aspettarmi e la cosa mi turbava parecchio. Arrivando al pub sperai di non incappare in qualcuno di mia conoscenza. Decisi quindi di aspettare nel vicolo accanto per non essere vista. Faceva abbastanza freddo; mi stringevo nel cappotto cercando di trattenere più calore possibile.
“Ehilà”
Mi girai verso la voce; un tizio robusto sui 35 anni mi si stagliò di fronte, bloccandomi la strada.
Rabbrividì. Possibile che attirassi tutti questi guai?
“Sei da sola?”
Continuava a parlare avanzando verso di me, mentre io contemporaneamente indietreggiavo cercando con gli occhi una via di fuga.
“I miei amici sono dentro. Mi lasci passare...”
La sua mano mi spinse contro il muro, bloccandomi. Questa volta non era come con Ian; adesso avevo paura di essere davvero spacciata e che potesse succedermi qualcosa di male.
“Secondo me invece sei tutta sola... perché non ci divertiamo un po’?”
Sentivo il suo alito fetido sul viso darmi il voltastomaco. Non potevo esitare, dovevo reagire e in fretta. Feci un bel respiro, concentrai tutta la forza che avevo e gli tirai una ginocchiata tra le gambe.
Lui mollò la presa per qualche secondo, dandomi il tempo di svicolarmi. Cercai di correre via, mentre stava piegato per il colpo ricevuto; ma fu più veloce di me. Mi strattonandomi.
Urlai dal dolore.
“Brutta troia!” tuonò in preda alla rabbia.
Era tutto inutile, ormai non potevo fare più nulla.
Chiusi gli occhi, ripetendo nella mia mente come un mantra: - Salvami, salvami!-  Non sapevo nemmeno a chi mi stessi rivolgendo.
Fu in quel momento che sentii uno spostamento d’aria intorno a me, e il peso che mi schiacciava scomparve.
Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere il mio aggressore essere scaraventato a terra prima di ricevere una scarica di calci e pugni.
Mi lasciai scivolare lungo il muro tappandomi le orecchie; poi a poco a poco il rumore si attutì.
Un’ombra mi coprì la visuale. “Stai bene?”
Oddio... alzai la testa per guardarlo in faccia. Non ero mai stata più contenta di vederlo come in quel momento.
Mi sollevò di peso; ero una bambola nelle sue mani. Gli lanciai le braccia al collo, affondando il viso nel suo petto muscoloso. Il suo odore familiare mi fece calmare un po’.
“Shhh... é tutto ok, tranquilla piccola”.
“Ian...” singhiozzai. Non riuscivo a parlare.
“Lo so” sussurrò accarezzandomi la testa. “Sono qui”.
Mi tenne in quella posizione per un bel po’, poi pian piano mi allontanai.
I suoi occhi blu mi scrutavano, preoccupati. Le sopracciglia aggrottate. Sentivo le sue mani sui miei fianchi, pronte a sorreggermi se ce ne fosse stato bisogno.
“Ti ho sporcato tutta la camicia...”borbottai indicandola.
Lui abbozzò quel sorriso che mi aveva sempre fatto battere il cuore; questa volta però non contagiò gli occhi, che rimasero seri. Era chiaro che stesse trattenendo la rabbia. “Non fa niente”.
Lo guardavo, rendendomi conto di quanto ormai fossi presa da lui.
“Il concerto!” esclamai tornando lucida per un momento “farai tardi”.
“Ah, giusto... non lo sai ancora” disse.
“Che cosa?”
“Katy ne ha combinata un’altra delle sue. Non riusciamo a rintracciarla. Abbiamo sperato fino all’ultimo che si facesse viva, ma alla fine abbiamo dovuto annullare il concerto”.
“Oh...peccato” non sapevo che cos’altro dire.
“Su, andiamo. Ti accompagno a casa”.
Non obbiettai. Si tolse il giubbotto di pelle e me lo poggiò sulle spalle.
“Ian così ti prenderai un accidente” dissi cercando di ridarglielo; ma lui mi bloccò.
“Sto benissimo, non preoccuparti” mi sorrise dolcemente. Sembrava del tutto un’altra persona.
“Allora va bene”. Me lo strinsi ancora di più addosso cercando di riscaldarmi, inutilmente. Inspirai affondando il naso nell’indumento, stupendomi di quanto fosse impregnato dal suo odore.
Mi fece strada fino alla sua auto, aprendo la portiera e aiutandomi a salire.
Il tragitto verso casa fu silenzioso, tuttavia non c’era imbarazzo. Ian mi stava dando il mio spazio; sapeva che facevo difficoltà a parlare.
Poi il mio telefono squillò rompendo la tranquillità dell’abitacolo.
“Chris” risposi.
“Finalmente, pensavo ti avessero rapita” scherzò ridendo.
“Non proprio”
“Il concerto é stato annullato”
“Davvero? Che peccato; stavo giusto uscendo di casa...” mentii “sarà per la prossima volta allora”.
Lo salutai prima di riattaccare. Guardai ancora lo schermo solo per accorgermi che sul display appariva l’icona di un messaggio. Sapevo già chi era. Jeff mi avvertiva di quello che ormai sapevo da un po’. Digitai in fretta una risposta poi lo spensi. Non volevo sentire nessuno.
“Ti va un caffè?” chiesi quando parcheggiò sotto casa. “È il minimo che posso fare vista la situazione...”
Ian mi guardò, non lo avevo mai visto così serio prima di allora. “Fammi strada...”
Mi seguì fino al pianerottolo, aspettando pazientemente che aprissi la porta; ma le mie mani non ne volevano proprio sapere di smettere di tremare.
“Faccio io” disse mentre faceva scivolare via le chiavi dalle mie dita.
Vederlo oltrepassare la soglia mi fece uno strano effetto.
“La cucina è li a destra... ti spiace se intanto mi do una sistemata?”
“Fa pure...”
Si diresse al frigo e prese una birra. Era così strano vederlo a proprio agio in un posto che non fosse casa sua, eppure mi dava la sensazione di sicurezza. Se qualcuno avesse fatto irruzione in casa in quel momento non avrei avuto nessuna paura.
Entrando in bagno chiusi a chiave la porta, mi tolsi i vestiti e mi infilai sotto l’acqua bollente; cercando di lavare via la brutta esperienza della serata.
Non so per quanto rimasi sotto la doccia, ma sapevo che era arrivato il momento di affrontare tutto. Infilai dei leggins e una t-shirt, i capelli erano ancora umidi. Non avevo voglia di asciugarli.
Tornai verso la cucina; c’era molto di cui parlare. 
  
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