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Autore: teenspjrit    27/01/2019    1 recensioni
Un incontro del tutto inaspettato in un locale di Londra, nel Novembre del 1970.
Una giovane ragazza, stressata da tutti i problemi e gli impegni che comporta l’Università, viene trascinata ad una serata a tema rock in un bar dal suo migliore amico.
Lei odia il rock, ma non sa che quella sera stessa, la persona che incontrerà sarà proprio una delle icone più importanti della storia di quel genere musicale.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Strascicavo il dito sull’orlo del bicchiere per cercare di sentire quel tipico suono che emettono quelli di cristallo. Nessun risultato. Forse era colpa della troppa confusione in quel bar, o forse era semplicemente un bicchiere di vetro.

 

“Un altro, grazie” ordinai un altro drink al barista, visibilmente infastidita.

 

“Insomma, non capisco perché dovevo per forza venire con te. Avevo tanto da studiare, e domani all’università mi si aggiungeranno come minimo altre cento pagine” aggiunsi, lamentandomi con Adrian.

 

Quella sera, quel deficiente del mio migliore amico, nonché coinquilino, Adrian, mi aveva costretto ad accompagnarlo in quel locale, semplicemente perché in qualche modo aveva scoperto che il ragazzo che gli piaceva, Jaden, sarebbe stato a uno di quei soliti concerti che facevano solitamente lì, il Sabato sera.

Non ero una tipa a cui piacevano molto questo genere di feste, serate, se meglio vogliamo dire. Preferivo starmene in casa ad ascoltare un vinile in sottofondo mentre studiavo, piuttosto. 

Già, perché non mi restava altro da fare. L’Università mi stava stressando, e io non riuscivo a pensare ad altro se non studiare e studiare, tanto che mi rendeva irascibile e isterica. 

Infatti, pochi istanti dopo aver realizzato ciò che avevo detto, aggiunsi: “D’accordo, scusami, ma lo sai come divento quando devo studiare così tanto in così poco tempo. In ogni caso, cercherò di non crearti altri problemi stasera. Voglio dire, è la tua serata, divertiamoci!”

 

Adrian con un sorrisetto scaltro, ma allo stesso tempo soddisfatto, alzò il suo drink in segno di brindisi, ed io accolsi il suo invito.

 

“Così ti voglio, mia cara” proferì con il suo solito tono di voce malizioso, ed io non potei altro che lasciarmi scappare ironicamente uno sbuffo, roteando gli occhi al cielo.

 

La band sul palco smise di suonare, il frastuono che c’era nel locale diminuì lentamente. Pochi secondi dopo, probabilmente il proprietario del locale, prese in mano le redini della situazione, salendo sul palco e afferrando il microfono in mano: “E ora, gente, diamo il benvenuto ai Queen, una nuova ed energetica band!”

 

La confusione cominciò a regnare di nuovo in quel posto, feci per girarmi verso Adrian ma già era sparito. 

D’accordo, sicuramente aveva trovato Jaden. Stavolta lo avrei perdonato.

 

Io, a questo punto, non potei far altro che cercare di rilassarmi e a concentrare più che altro la mia attenzione ai quattro tizi che erano saliti sul palco: il primo era un ragazzo di media statura, dai suoi lineamenti si capiva che non era originario dell’Inghilterra. Aveva i capelli neri, lunghi fino alle spalle, e sulla fronte ricadeva una frangetta scompigliata. Il suo abito di scena era molto particolare, una tuta aderente che lasciava il petto scoperto quasi fino all’ombelico, piena di paillettes bianche e nere. Prese posto davanti al microfono, e da lì capii che doveva essere il front-man; il secondo ad uscire dalla tenda del mini siparietto allestito dal locale stesso fu un ragazzo poco più alto di quello precedente, coi capelli decisamente lunghi e disordinati, di un castano nocciola. Il suo costume di scena non era esuberante come quello del front-man, indossava una specie di camicia di lino senza bottoni, nera, con le maniche larghe a “pipistrello”. Aveva un basso, quindi a questo punto lui era il bassista; il terzo era un ragazzo dai capelli ricci, bellissimi capelli ricci. Li ricordo ancora alla perfezione, non avevo mai visto dei capelli ricci così definiti e voluminosi. Erano abbastanza lunghi, poco più delle spalle. Portava allacciata attorno alla spalla una chitarra rossa lucida, mentre il suo costume di scena era molto simile a quello del bassista, solo bianco e con molte orlature; il quarto e ultimo ragazzo... Beh, mi fece avere un tonfo al cuore appena uscì da quel sipario. Capelli perfettamente biondi, lineamenti angelici i quali erano incorniaciati ancora meglio da una frangetta sparpagliata sulla fronte. Indossava uno scamiciato bianco, probabilmente di pelle e borchiato qua e là, con delle frange all’altezza del petto che scendevano lungo quest’ultimo, che era scoperto e, a mio parere, mozzafiato.

 

Infatti mi mozzò letteralmente il fiato. Lo osservai, anzi, probabilmente lo mangiai con gli occhi per degli istanti che parvero interminabili, tutto sembrava muoversi a rallentatore. Il mondo si era decisamente fermato da quando lui aveva messo piede su quel palco. 

Lui prese posto dietro la batteria, e in quel momento i nostri sguardi si incrociarono. Sussultai, come se qualcuno mi avesse appena messo qualcosa di ghiacciato dietro la schiena. 

Ero visibilmente imbarazzata, così altro non feci se non rigirarmi nuovamente verso il bancone e ordinare l’ennesimo drink al barista, e negli istanti a venire, a lanciare occhiatine al bel batterista sul palco, che ogni volta, inaspettatamente, sembrava ricambiarle tutte.

 

Tra l’altro, oltre ad essere tutti e quattro indubbiamente di bell’aspetto, erano anche spaventosamente talentuosi.

Suonavano rock, e a me solitamente non piaceva per niente questo genere, ero più una tipa... Come dire, soft? Il jazz mi faceva impazzire. E invece, indovinate un po’? Questi ragazzi mi avevano rapita, e probabilmente mi aveva rapita sopratutto il batterista che, anche lui, oltre ad essere pericolosamente troppo bello, era anche molto, molto bravo.

 

In circa mezz’ora di spettacolo avevo bevuto circa tre drink, ormai il problema del conto era decisamente svanito e non ci pensavo nemmeno più. Dopotutto avevo bisogno di una cazzo di nottata di svago.

Ma, se vogliamo essere del tutto onesti, quella sera avevo bevuto così tanto solo per trovare il coraggio di andare a cercare il batterista, dopo lo spettacolo. Senza l’ausilio dell’alchool, decisamente non mi sarei mossa da quello sgabello.

 

Non feci nemmeno in tempo a terminare i miei pensieri che, quasi come se l’avessi predetto, i quattro ragazzi smisero di suonare, con un assolo di chitarra e per ultimo, di batteria.

Mi girai ancora una volta verso il palco, mentre loro ringraziavano il pubblico e invitavano la gente ad andare a sentirli da lì a pochi giorni in un altro locale, qui vicino. Non feci caso alle loro parole, i miei occhi andarono a cadere di nuovo sul biondo, che stavolta lanciò un’occhiata fugace verso la mia direzione. Un altro colpo al cuore.

 

Mi morsi il labbro inferiore dal nervoso, e tirai un sospiro come per scacciare l’ansia. Era il momento di andare a cercarlo. Ma con quale scusa?

 

Hey, il vostro concerto mi è piaciuto molto, e tu sei incredibilmente bravo!

 

Ciao, ti ho visto sul palco e ti ho trovato carino, ho pensato di venire a cercarti.

 

Ciao bello, sei fidanzato? Perché c’è una mia amica che sarebbe interessata a te e non aveva il coraggio di venire a parlarti, perciò eccomi!

 

Okay, no, decisamente no. Non sapevo cosa dirgli. E tutte queste frasi non andavano bene.

Fanculo. Avrei improvvisato, però ora dovevo alzarmi, prima che lui se ne andasse.

Ci risiamo, avevo i piedi incollati al pavimento. Forza, ragazza, muoviti, non vorrai di certo perdere l’occasione della tua vita.

 

La mia mente stava andando avanti decisamente a monologo interiore, però dovevo sbrigarmi, infatti, “incazzandomi” con me stessa riuscii finalmente a fare un passo, dal quale poi ne seguirono istintivamente altri.

Ora il problema era solo trovarli.

Dopo essermi guardata a lungo intorno, trovai a pochi centimetri da me il proprietario del locale, intento a parlare con un gruppetto di persone, che dai modi di fare, si poteva dedurre che dovevano essere suoi amici.

 

“Salve, mi scusi, sa.. Sa mica dirmi dov’è andata la band che ha suonato poco fa?” 

 

“Solitamente vanno sul retro, prova lì” mi accennò un sorriso, indicandomi poi la strada per raggiungere il retro del locale.

 

Mormorai un “grazie mille”, e mi diressi verso quella direzione. Ora toccava di nuovo a me.

 

Aprii due pesanti porte di ferro, capendo che era l’uscita antincendio, e ritrovandomi nel parcheggio posteriore del locale. Poche macchine erano parcheggiate, forse quelle delle persone che lavoravano lì dentro, ma i miei occhi vennero subito catturati da un mini van bianco e rosso scolorito: i ragazzi erano seduti sul retro, ma quando mi avvicinai a loro mi accorsi che erano soltanto tre e, appunto, il biondo mancava. E ora cosa dico?

 

“Bel concerto, ragazzi” sorrisi, dondolami sulle punte dei piedi. Oh, ma davvero? Non sapevi fare di meglio? Mi rimproverai mentalmente per ciò che avevo appena detto.

 

“Grazie, cara” disse il front-man, con un sorriso sincero stampato sulle labbra, mentre portava via il filtro della sigaretta da quest’ultime.

 

“Stavo...” Tossii. “Stavo cercando il ragazzo biondo... Ehm, sapete dov’è?”

 

“Roger?” Chiese retoricamente ora il riccio, il chitarrista. “Ha detto che entrava dentro, stava cercando qualcuno” Mi rispose sorridendomi.

 

“Già, come al solito” Mormorò probabilmente un pensiero ad alta voce il front-man, e tutti e tre scoppiarono a ridere.

 

Accennai una risatina anch’io, o per lo meno la sforzai, ero delusa.

 

“Non importa. Grazie comunque, ragazzi. Siete stati forti stasera” Rivolsi loro stavolta un sorriso sincero, e senza neanche aspettare che replicassero, mi diressi di nuovo da dove ero uscita.

 

Mi era sembrato troppo strano che il biondo... Roger, si chiamava? Sì, mi era sembrato troppo strano che Roger stava guardando proprio me. Mi ero illusa per tutta la serata che ero io quella a cui lanciava le occhiatine, mentre probabilmente le stava facendo a qualcun’altra. Ma che potevo aspettarmi? Davvero avevo pensato che un ragazzo così bello fosse “interessato” a me?

 

Ero immersa nei miei pensieri tanto che non me ne accorsi quasi di essere rientrata nel locale, se non fosse stato per il contrasto tra il caldo del bar e il freddo della strada.

Camminavo con lo sguardo fisso a terra, ci ero rimasta decisamente troppo male e non riuscivo neanche a capire il perché, d’altronde non lo conoscevo nemmeno.

Da una parte ero delusa, dall’altra infastidita da me stessa che dava troppa importanza alle “piccole” cose, e mentre pensavo proprio a questo, andai a sbattere contro qualcuno, cadendo quasi all’indietro per il forte scontro.

Per fortuna il tizio mi prese per un braccio, e quando i miei occhi si alzarono per andare ad incontrare quelli del mio benefattore, mi accorsi che era proprio lui. Da così vicino, ora, potevo guardare ogni piccolo particolare del suo viso. Occhi azzurri, profondi e grandi. Labbra rosa, sottili ma anche solo visibilmente soffici, pelle liscia, come quella di un bambino. Non aveva un filo di barba. Alcune ciocche dei suoi capelli biondi ricadevano sui suoi dolci e delicati lineamenti insieme alla frangia. In una frazione di secondo realizzai che quel Roger poteva essere rappresentato come l’angelo più bello di tutto il Paradiso.

 

“Ti stavo cercando” uscì dalla sua bocca, e io osservai le sue labbra morbide che si muovevano mentre proferiva quelle parole, le quali risuonarono nella sua dolce e vellutata voce.

   
 
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