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Autore: Black Iris    29/01/2019    0 recensioni
Quando le persone iniziarono a morire, lasciando in vita solo i più giovani, il mondo cambiò il suo volto. I sopravvissuti cercarono un modo per tirare avanti, senza i numeri, o i mezzi necessari per sopravvivere. Qual è la causa di tutto? Perché sono rimasti solo loro?
La magia risvegliatasi li guiderà verso il loro destino, loro, che hanno sentito il richiamo dell'eco dalle stelle.
E se questa fosse la fine? E se questa fosse l'apocalisse?
E' il momento di combattere, l'ora della rivalsa, ora tocca a loro frapporsi tra il bene e il male, ma riusciranno a tacere le tenebre della loro anima?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tra i stretti sedili dell'autobus le stava salendo il nervoso. Con le cuffie nelle orecchie cercava di coprire i rumori della strada e guardava fuori dalla finestra, le gocce che si rincorrevano sulla finestra. Detestava le persone: ingombranti, rumorose, maleodoranti e l'autobus a quell'ora del mattino non si risparmiava affatto. L'uomo seduto a fianco a lei teneva le gambe larghe e, seppur notando il suo fastidio, la ignorava bellamente. Mai fu viaggio per l'università più irritante. La sua facoltà era tra l'altro isolata, insieme ad un'altra, lontano da tutti e da tutto. Il mondo era altrove. Quel mattino a Bologna si respirava un'aria pesante, non che i gas di scarico delle automobili aiutassero molto, ma si trattava di un'aria intimamente pesante. Era tra le persone che camminavano, frenetiche, senza guardare avanti, gli autisti spazientiti, i turisti che non si fermavano a porta Galliera. La fermata della piccola linea che usava per andare in facoltà era colma di gente, anche loro dai volti pesanti. Si rese conto di non essere molto diversa da loro quella mattina, aveva poca pazienza e molto nervosismo addosso. Il cielo di un grigio grumoso, come se stesse per piovere. Voleva distrarsi con il cellulare, quindi passò a controllare le notifiche e i social. Un messaggio su Whatsapp, Liko! "Buongiollo sfigata, come te la passi senza di me?". Era inutile, Liko non abbandonava il suo linguaggio ridicolo, usava spesso termini infantili e inusuali, parole immaginarie, sostantivi come verbi e verbi come sostantivi. Jillian alzò lo sguardo sorridente, vedendo la propria immagine riflessa sulla navetta appena arrivata: i suoi occhiali hipster, che le davano un'aria molto intellettuale e il cappuccio rosso, di lana intonato con la sciarpa rossa e la giacca nera, lunga fino alle ginocchia, stretta in vita. Aveva i capelli biondi disordinati davanti al volto e gli occhi scuri che risaltavano sulla sua carnagione chiara.

Ma quel giorno qualcosa non andava, si sentiva nell'aria.

All'università il cielo sembrava più gravoso e la strada in salita più ripida. I messaggi di Liko le tenevano compagnia durante la faticosa camminata:

"oh la mia compagna di stanza è malata, sembra perennemente ubriaca", "per me si innietta alcol nelle vene". Jillian per lo più rideva e rispondeva con battute e insieme a Liko ipotizzavano una quantità di motivi assurdi come causa della stranezza della compagna di stanza di Liko. Entrata in aula, Jillian gettò lo zaino in un posto vuoto e scavalcò il banco per sedersi. Nelle orecchie aveva ancora gli Script. Salutò i suoi compagni e iniziò a preparare il quaderno e gli evidenziatori (i suoi innumerevoli ed adorati evidenziatori) per la lezione di fisica. Restò in attesa con il volto immerso nel cellulare a chattare con l'amica, finché non si accorse del ritardo del professore, troppo per uno fissato con la puntualità.

"Il mio prof è scappato in Messico" scrisse a Liko.

"Ha dei baffi finti?" rispose Liko.

"Non gli servono, lui ha i big money".

Tra le due, la mattinata sembrava svolgersi come se effettivamente ci fossero entramebe, come se fossero vicine e stessero parlando invece che chattare.

Le due erano sempre state molto amiche, sin da quando erano piccole, cresciute insieme e legate come sorelle. Ma ora Liko era a divertirsi in Puglia, con la vacanza insieme alla squadra di pallavolo, nella quale stava solo da pochi mesi. Jillian era rimasta da sola a Bologna e aspettava il suo ritorno per andare insieme al concerto degli Imagine Dragons. Parlavano proprio del concerto, quando il segretario entrò in aula, chiedendo che gli studenti gli concedessero la loro massima attenzione.

-il professore Boretti non potrà sostenere la lezione oggi, per questioni di causa maggiore, quindi la vostra lezione è sospesa, mi raccomando, solo le sue ore, quelle dopo ci sono ancora-.

Il prof non dava lezione? Doveva avere un tumore allora, perché quello andava ad insegnare anche con l'ebola. Sulla sua spalla picchiettò delicatamente una mano, si voltò, era Robbie, la sua compagna d'università.

-Ehi ciao!- disse entusiasta.

-Oi, buongiorno- rispose Jillian, -possiamo ripassare in aula studio, se ti va-.

-piuttosto facciamoci un giro- disse scocciata, -abbiamo due ore per noi, andiamo in quel negozio strano in fondo alla via?-. Avevano visto quel negozio solo una volta, per caso, mentre camminavano a vuoto, aveva un'entrata colorata e lucida e un nome scritto con delle lettere difficili da leggere a causa della calligrafia troppo curvilinea.

-Ok, ma torniamo in tempo, almeno guardiamo un po' di chimica prima della prossima lezione-.

Lasciarono la loro ampia aula a scalinate e uscirono. Subito notarono una certa agitazione tra tecnici e i segretari, una tensione palpabile nel profondo. Alcuni ragazzi del secondo anno erano fermi ai distributori e chiaccheravano a voce bassa: -morto!- disse quello alto, -ti dico che lo hanno ritrovato morto in mezzo al marciapiede!-; queste le frasi che aveva captato Jill mentre gli passava affianco, ma non ci aveva dato molto peso, poco le importava di cosa stessero parlando in quel momento. Mentre Robbie e Jill camminavano per strada intanto parlavano di scuola, spettegolavano sui loro compagni di classe e ridevano delle situazioni che si creavano involontariamente. Studiavano chimica ed entrambe adoravano le scienze e la letteratura, avevano molte cose in comune ed erano diventate amiche sin dal primo giorno. Mentre camminavano con gli zaini in spalla notarono un gruppo di persone più avanti, diverse persone guardavano curiose un evento da film: la polizia raccoglieva prove in una zona ad accesso limitato, un corpo giaceva sull'asfalto della pista ciclabile, coperto da un lenzuolo, mentre un'altro poliziotto interrogava un signore, appoggiati all'autovettura della polizia. Da quello che le due capirono, cercando di origliare, l'uomo era semplicemente caduto dalla bici e non si era rialzato. Poco distante dal corpo c'era un segno tondo per terra, evidentemente la biciletta era stata rimossa, forse era già stata sequestrata come prova. Una poliziotta in carne e dal tono autorevole disse alla gente di continuare per le prorpie strade. Jill e Robbie aggirarono la scena e chiesero ad uno degli uomini che si erano fermati per guardare cosa fosse successo.

-E' morto uno di quei professoroni- rispose il vecchio, -come si chiamava? Borelli? Bometti?-

-Boretti?- chiese Jill, -che ne so- rispose il vecchio indispettito, -era solo uno dei professoroni inultili di quella università per figli di papà-. Mentre il vecchio si allontanava barcollando, Jill si ricordò delle parole del ragazzo dal secondo anno: "morto in mezzo al marciapiede", che fosse il loro prof? La morte era l'unica cosa che poteva impedire a quell'uomo di lavorare, questo era certo, ma che fosse morto per essere caduto dalla bici? Era veramente possibile passare la propria vita a formare futuri scienziati e morire in un modo talmente penoso? Il destino era buffo delle volte. Robbie camminava vicino a lei, forse più intimorita di lei, con uno sguardo perso, i suoi occhi a mandorla e i suoi lineamenti dritti non davano l'idea di una ragazza serena. Quando arrivarono al negozio cercarono di non pensarci, l'idea che uno dei prof migliori che avessero mai avuto non ci fosse più, non portava un'aria tranquilla. Quando entrarono, notarono che dentro era pieno di cianfrusaglie sparse tra scaffali, banchi e persino appesi al soffitto, cianfrusaglie di cui non conoscevano nemmeno l'utilità, completamente in disordine e completamente impolverate.

-Come posso aiutarvi?- la commessa era una signora di mezza età, magra e sbilanciata verso l'alto, con il collo ossuto e gli zigomi sporgenti, due occhietti chiari alla base della fronte e le sopracciglia disegnate.

-Stiamo solo guardando- rispose Jill.

-Naturalmente- disse la signora alzando gli occhi.

-Che cos'è questo?- chiese Robbie prendendo un gioccattolo simile ad una trottola, ma con dei tappi alle punte.

-Una scarabocchiatrice- rispose la commessa. Robbie tolse i tappi e notò che si trattava di una penna. Girando il gioccattolo su un foglio, effettivamente, sarebbero stati disegnati scarabocchi-.

-Questi cosa sono?- chiese Jill vedendo delle carte uscire da una scatola nera senza nessuna scritta indicativa.

-Quale?- chiese la commessa aggrottando la fronte, -questa- rispose Jill porgendole la scatola.

-Ah queste- disse prendendo la scatola con cautela, -sono carte indovinatrici-.

-Vuole dire dei tarocchi?- chiese Robbie muovendosi con attenzione verso Jill.

-No- rispose in tono spazientito, -sono carte indovinatrici,i tarocchi sono una truffa, queste- alzò le carte verso il cielo, -funzionano! Volete provare?-.

Jill e Robbie si scambiarono uno sguardo d'intesa prima di rispondere.

-Solo una prova- disse Jill alzando il dito.

La commessa le fece sedere davanti alla cassa e si mise a mescolare le carte in mano, aveva una certa bravura e un particolare talento nel mischiarle. Dal mazzo ne mise alcune con la faccia rivolta verso il basso e disse a Jill: -scegline una e girala-. Jill girò istintivamente quella al centro che rappresentava una clessidra con persone al posto della sabbia. Il disegno era molto macabro e cupo, prevalevano i colori freddi e le linee forti.

-Cosa significa?-

-L'ora è giunta- rispose la commessa.

-Quale ora?- chiese Jill con un velato tono di curiosità. Lei studiava una materia scientifica e quindi non credeva alle superstizioni.

-L'ora per le persone di passare a miglior vita, anzi, -disse, -la clessidra ha già iniziato a contare il tempo, alcuni sono già scesi, altri scenderanno ancora-.

Jill e Robbie si scambiarono un'occhiata di comprensione l'una per il disagio dell'altra.

-Ne giri un'altra- disse la commessa incrociando le braccia. Jill questa volta ponderò meglio e ne girò una a destra, poco storta rispetto alle altre.

-Ah- disse la commessa con un sorriso. L'immagine rappresentava un carro vuoto trainato da due cavalli scheletrici. -Il viaggio- iniziò a spiegare la donna, -questa carta indica tante cose, ma prevalentemente un viaggio, gli altri significati sono anche una delusione inaspettata o la conclusione dolorosa di un lungo percorso-.

-Sta a vedere che parla degli esami- bisbigliò piano Robbie.

La terza carta che Jill girò rappresentava un fiore.

-Che fiore è questo?- chiese Jill inclinando la testa.

-E' un crisantemo- rispose Robbie, -è bianco e ha i petali come quelli dei fiori nei cimiteri-.

-Il crisantemo è una carta ambigua- disse la commessa, -ha sia significati buoni che cattivi, se la prossima carta che pescherai sarà buona, allora anche il crisantemo lo sarà, sennò sarà cattivo-. Jill pescò una carta a caso tra quelle sul bancone, tanto a certe cose non ci credeva. Questa volta la carta rappresentava un branco di lupi nero che riposava in una valle.

-E' buona o cattiva?- chiese Jill senza staccare gli occhi dai lupi.

-E' buona- rispose con un mezzo sorriso, -il crisantemo ti è amico. Quando la clessidra avrà smesso di contare il tempo e le ragioni del tuo viaggio saranno terminate, allora ti verrà incontro un crisantemo e ti porterà all'origine, alla verità, alla tranquillità, come i lupi che riposano sereni in una valle prima di una frenetica caccia-.

Al ritorno a lezione Jill e Robbie non parlarono dell'incontro con la signora delle carte, del negozio, del corpo coperto dal lenzuolo sul marciapiede e nemmeno continuarono a spettegolare spensierate sui loro compagni di classe. Il mondo era altrove.

  
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