Videogiochi > Dark Souls
Ricorda la storia  |      
Autore: Saylat    31/01/2019    0 recensioni
"Qualcosa lo spinse al rigetto quando sollevò lo sguardo annebbiato dalle lacrime, per scoprire la ragione di tale ostilità da parte del drago nei suoi confronti."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La cenere che impregnava l'aria, sollevatasi durante la frenetica battaglia, rendeva l'atto respiratorio difficoltoso e doloroso per i polmoni; ma quel dolore parve come una benedizione per coloro che potevano percepirlo: quella sofferenza nel respirare era la prova stessa che ce l'avevano fatta, erano sopravvissuti alla Grande Battaglia.

I Cavalieri del Dio del Sole nelle loro scintillanti armature argentate, rese leggermente opache dall'intensissimo calore scatenato dalla foresta di alberi giganti in fiamme, erano distesi a braccia aperte, ansimanti, con lo sguardo rivolto verso il cielo cremisi in un punto indefinito. Assaporavano il dolore del respiro come se fosse acqua nel deserto e questo rimase per decine di minuti il loro unico pensiero, mentre i primi cominciavano a rialzarsi con l'aiuto delle loro scudi. Guardandosi intorno, si resero conto dell'orrido spettacolo che si stagliava dinanzi a loro: un immenso bosco di alberi ormai cinerei e spogli, che si ergevano al di sopra di un terreno completamente coperto di polvere, sangue e... centinaia di migliaia di cadaveri. Nessuno riusciva ad esultare per la vittoria, perché ognuno di loro aveva perso qualcosa di molto importante.

Il Cavaliere del Leone d'Oro tese una mano verso il proprio maestro ed amico fidato, il Generale dei Cavalieri d'Argento, che era riverso in ginocchio verso la sua ultima vittima: un immenso Drago Piumato, una delle specie più maestose del suo genere, aveva conficcato nel suo ventre al livello dell'esofago quella che chiunque avrebbe definito come un incantevole ibrido tra una spada ed una lancia. La lama, permeata dal potere del fulmine, unica debolezza delle scaglie che garantivano alla stirpe draconiana l'immortalità, scintillava ancora in un flebile sprizzo di energia. I movimenti dell'uomo erano innaturalmente lenti per gli occhi del suo allievo, abituato a vederlo saettare nei suoi affondi, fondendosi al divino fulmine che sin dalla nascita aveva utilizzato come fosse la cosa più naturale del mondo: e proprio da quella sua strabiliante capacità era nata la leggenda di quello che sarebbe dovuto diventare il più potente e grandioso Signore dei Tizzoni, degno erede del suo leggendario padre, l'uomo che aveva condotto alla vittoria la razza umana nella guerra che era appena finita e le quali gesta sarebbero stata tramandata nel corso degli eoni.

Egli, però, era diverso da suo padre: fino alla fine del combattimento era rimasto contrario allo sterminio di quella razza, credeva che esistesse spazio per la pace e la coesistenza. Come spesso accade, la forza è grande in coloro che sono restii ad usarla se non a scopo di pace; e lui, in quella landa ove l'unico suono che si udiva ancora era quello del fuoco che avvolgeva gli arbusti e crepitava, non riusciva a vederla. Si domandava a cosa fossero serviti i suoi sforzi nell'addestrare i cavalieri che ora erano riversi a terra nel loro stesso sangue, privi di quella vita che avevano dato per strapparla ad altri esseri. Non riusciva a trovare il nesso logico tra le promesse del Dio del Sole, che annunciavano prosperità, e quel paesaggio di morte e devastazione. Con il nobile obiettivo di proteggere le persone che amava, era diventato però anch'egli parte di quell'atrocità, e sentiva le forza mancare mentre il suo amico lo chiamava ed il sangue sgorgava rosso dalla ferita mortale inflitta al suo rivale in un istintivo gesto di autodifesa.

Qualcosa lo spinse al rigetto quando sollevò lo sguardo annebbiato dalle lacrime, per scoprire la ragione di tale ostilità da parte del drago nei suoi confronti: tra le sue piume blu come la notte, infatti, protetto anche dopo la morte in un abbraccio materno, risaltava un candido uovo bianco. Restò in silenzio per diversi minuti, lo sguardo fisso su quella che pareva essere la sua possibilità di redimere sé stesso: decise quindi di sfidare le proprie origini al fine di preservare la propria identità morale, di ripudiare quel mondo di falsi dei benevoli che l'avevano cresciuto nell'amore solo perché in lui vedevano l'orgoglio della propria specie, di lasciare la propria vita al fianco delle sue reclute che un giorno avrebbero protetto l'uomo che aveva portato le stesse ad una strage senza eguali. Lentamente, si sporse in avanti afferrando l'uovo tra le sue braccia, giurando a quell'abbraccio amorevole che il suo non sarebbe stato da meno, e mentre una silenziosissima lacrima scendeva il suo viso, ritrasse dalla ferita la lancia che ora scintillava tra le sue mani, piena di un potere che finalmente aveva uno scopo.

Tali furono i ricordi che tornarono in mente a Sen mentre, sulla Vetta dell'Aricdrago presso la quale si era ritirato secoli prima in cerca di pace, ritraeva la lama conficcata in segno di pietà nel collo del suo piumato amico, fino ad un istante prima in fin di vita e agonizzante in seguito alla battaglia, per poi puntarla tonante verso colui che lo aveva appena privato di ogni cosa.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dark Souls / Vai alla pagina dell'autore: Saylat