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Autore: dreamlikeview    01/02/2019    3 recensioni
Il regno di Camelot è in guerra con il popolo dei druidi da tempo immemore e il capo dei druidi, Mordred, tende una trappola ad Arthur Pendragon, il re di Camelot, per mettere fine all'antica guerra tra di loro. Invece di uccidere il re, il druido lo manda con un incantesimo in un mondo nuovo, moderno, in cui il re del passato e del futuro incontrerà non poche insidie. Nel suo peregrinare, farà la conoscenza di Merlin Emrys, un giovane infermiere che sarà l'unico a tentare di dargli una mano. Riuscirà il re a tornare a Camelot e a porre fine alla guerra con i druidi? E se, invece, scoprisse l'amore, riuscirebbe a rinunciare ad esso per amore del suo popolo?
[Merthur, semi-AU, modern!Merlin, king!Arthur, time-travel, mini-long]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: I personaggi qui descritti non mi appartengono (niente, davvero, ho anche chiesto a mia madre di cercare il mio Arthur personale, ma nemmeno lei è riuscita a trovarlo, sad) niente di tutto ciò è finalizzato ad offenderli (forse giusto un po' a tormentarli, ma poi alla fine sono buona con loro) e non ci guadagno nulla, perdo solo la faccia in queste cose.

Avviso: L'OOC è nell'avviso della storia, anche se io ho cercato di mantenermi in linea con i personaggi (ma ahimé non ci riesco quasi mai e lo metto per sicurezza) inoltre l'ambientazione non è quella del telefilm, anche se c'è Camelot e tutto il resto. 
Enjoy!

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Il sole stava appena iniziando a sorgere, quando un rumore assordante si estese per la dimora indemoniata, chiamata appartamento. Arthur fu subito in piedi, temendo un attacco da qualche mostro o da qualche nemico e impugnò la spada, correndo fuori dalla stanza da notte che Merlin gli aveva concesso, indossando solamente i calzoni della tuta che sempre Merlin gli aveva prestato il giorno prima. Non aveva riposato bene, i rumori erano eccessivi e quelle luci che entravano dalle finestre insopportabili, come facevano le persone di quel tempo, a dormire con quel baccano? La notte a Camelot era piacevole – sempre che non ci fossero criminali in fuga o agguati notturni e quindi che le maledette campane iniziassero a suonare all’impazzata per dare l’allarme – non si udiva alcun rumore molesto e non c’era nessuna luce che filtrava dalle finestre, ferendogli gli occhi, perché il suo fidato servitore gli tirava per bene le tende, sapendo quanto i suoi occhi fossero sensibili durante il sonno. La sua prima notte in quel mondo nuovo e bizzarro era stata popolata da inquietudine e pessime sensazioni, si era rigirato più volte in quel letto così diverso dal suo, nel poco tempo che era riuscito a dormire, aveva avuto degli incubi sul suo popolo conquistato e distrutto dai druidi senza che lui potesse proteggerlo e poi, quando finalmente aveva trovato un po’ di pace, era arrivato quel rumore infernale a disturbare il suo riposo tormentato. Quell’epoca era un vero e proprio incubo e lui desiderava solo tornare nel suo castello.
Fuori dalla stanza, si guardò attorno con fare guardingo, udì il rumore infermale provenire dalla stanza di Merlin, il suo soccorritore del giorno precedente, e si precipitò verso di essa, la raggiunse in fretta, temendo che l’altro fosse in pericolo. Si aspettava di trovarlo in preda al panico, che cercava di scacciare via la belva o l’invasore, e invece lo trovò placidamente sdraiato sotto le coperte, con la mano appoggiata su uno strumento strano, che smise di produrre quel rumore infernale non appena fu toccato.
«Cosa diavolo era quel rumore infernale?» domandò Arthur, la spada ancora in pugno, in tensione.
«Arthur!» esclamò il moro, sbucando da una massa enorme di coperte, con un sobbalzo «Perché sei già sveglio?» domandò, poi notò che il re non indossasse alcuna maglietta e spalancò gli occhi, allibito «E, in nome della mia sanità mentale, perché sei mezzo nudo? In inverno, per giunta!» esclamò, certo, non che si lamentasse di avere certe visioni di prima mattina, ma… insomma, quel re da strapazzo si stava impegnando per farlo impazzire.
«Ho sentito quel rumore, temevo fossi in pericolo!» rispose con ovvietà, rilassando il braccio con cui teneva Excalibur, rendendosi conto che di pericoloso non c’era nulla, e forse quella era un’altra diavoleria di quell’assurdo mondo in cui era finito. Merlin si mise seduto sul letto, inclinando la testa «E comunque io dormo sempre così».
«Certo, ovviamente» borbottò il moro, rivolgendogli uno sguardo perplesso «Aspetta, hai detto che temevi fossi in pericolo?» chiese poi con un sorriso dolce sulle labbra, gli occhi ancora arrossati dal sonno; Arthur annuì «Era solo la mia sveglia, Arthur» gli disse, per rassicurarlo. Certo, se stava dicendo la verità – e lui ancora non sapeva cosa credere di tutta quell’assurdità – doveva essere stato davvero strano svegliarsi in un luogo a lui sconosciuto.
«Una sveglia, interessante. Cos’è? Una specie di gallo che annuncia l’inizio del mattino?» chiese il re, appoggiando la schiena allo stipite della porta, e guardando il ragazzo davanti a sé con aria curiosa. Se desiderava trovare un modo per tornare a casa, doveva innanzitutto iniziare a conoscere meglio quel bizzarro e alquanto strano mondo.
«Sì… diciamo di sì. Come va stamattina?» chiese Merlin, cercando di guardare qualsiasi cosa presente in quella stanza, tranne il suo petto muscoloso.
«Come ieri, perfettamente» rispose con semplicità «Devo tornare a Camelot e sconfiggere i druidi e tu» puntò il suo dito indice verso di lui «Mi aiuterai nella mia missione» affermò con sicurezza «Ma prima, portami la colazione nella mia stanza» ordinò, lasciando la stanza di Merlin, portandosi dietro la spada, per ritornare in quella che gli era stata assegnata. Mentre la raggiungeva, sbadigliò sonoramente. Era stanco, molto di più rispetto a com'era stato durante le sue numerose missioni, ma doveva iniziare una nuova giornata e trovare il modo di tornare a casa per sconfiggere definitivamente Mordred. Quel vigliacco che, invece di affrontarlo a viso aperto, gli aveva scagliato contro quella maledizione e lo aveva mandato lì, in quel mondo così strano.
«Alza il tuo regale culo dal letto e vieni a fare colazione in cucina» urlò Merlin, dopo essersi alzato, passando davanti alla stanza degli ospiti «Non sono il tuo servitore e non ho intenzione di esserlo in questa vita, maestà!» aggiunse divertito.
«Insolente!» esclamò Arthur uscendo dalla stanza «Non tollero questo atteggiamento da parte tua!»
«D’accordo, allora torna pure in strada e fatti prendere per pazzo da chiunque» lo sfidò guardandolo negli occhi «Sono certo che appena ti sentiranno parlare, ti faranno rinchiudere in una clinica di riabilitazione».
«E cosa diavolo sarebbe?» chiese indispettito «Un’altra delle tue stranezze magiche di questo tempo assurdo?» domandò allibito, non capiva molto il parlare di questo giovane, alcune cose che diceva gli sembravano davvero impossibili da capire e comprendere. Voleva tornare a Camelot, il più in fretta possibile, ma capiva di aver bisogno di Merlin per farlo, lui poteva indirizzarlo sulla strada giusta; possibile che in quel tempo ci fossero tante cose, ma non ci fossero stregoni? Ecco, in quel momento, gli avrebbe fatto davvero comodo avere uno stregone al suo fianco.
«Lascia perdere» mormorò il moro scuotendo la testa «Ti va di fare colazione?» gli chiese con gentilezza.
«La colazione, certo! Esiste anche da queste parti? E cosa mangiate di solito?»
«Niente di complicato, vostra altezza, andranno bene dei biscotti confezionati e un tè inglese?» domandò ironicamente.
«Non ho idea di cosa siano le cose che hai detto» rispose il biondo, facendo sorridere di nuovo il moro. Era tenero, in un certo senso, e Merlin non riusciva a resistere davanti a quello sguardo dolce e profondo. Santo cielo, doveva smetterla.
«Andiamo in cucina» gli disse facendogli strada, l’altro non ebbe nulla da ribattere e si limitò a seguirlo fino alla cucina, dove si sedette su una di quelle scomode sedie di legno e attese che Merlin prendesse la colazione. Adesso quale diavoleria avrebbe tirato fuori? Poi lo vide aprire l’anta della credenza e prendere qualcosa che non riuscì a vedere bene, poi appoggiò sul tavolo, direttamente davanti al suo naso, un sacchetto con degli strani disegni sopra «Ecco, questa è quella che noi chiamiamo confezione di biscotti».
«Desolato, non so cosa sia» proferì l’altro con aria spaesata osservando quell’oggetto. Almeno non sembrava stregato come tutte le altre diavolerie della casa. Merlin ridacchiò, infilò la mano nella confezione e ne tirò fuori alcuni dischetti decorati con puntini neri.
«Questi sono i cookies americani, sono deliziosi» disse il moro con aria seria «Assaggia, non te ne pentirai» aggiunse divertito, iniziando a mangiare per primo uno di quei biscotti, forse per dimostrargli che non fosse avvelenato o qualcosa del genere. Titubante, Arthur ne prese uno e lo portò alla bocca, diede un morso, e non poté che concordare con lui, quel biscotto era davvero buonissimo, era dolce, croccante e quei pezzetti scuri che ignorava cosa fossero, erano semplicemente la cosa più buona che avesse mai mangiato. A Camelot non c’erano cose del genere, tutti i dolci che preparavano non avevano niente a che fare con questo qui. Merlin gli spiegò che quelli erano biscotti al cioccolato, tipici dell’America (si astenne dal chiedere cosa fosse, perché aveva già troppe informazioni da elaborare) e Arthur li adorò, anche se non aveva idea di cosa fosse il cioccolato o l’America o tutto il resto. Dopo averne mangiato uno, ne prese subito altri due, sotto lo sguardo divertito di Merlin, che sorrise, notando che al biondo piacessero i biscotti e mise su il bollitore per preparare il tè; si perse qualche istante ad osservarlo mentre scopriva per la prima volta un biscotto al cioccolato; Arthur era davvero spaesato, realmente non conosceva la maggior parte degli oggetti che vedeva e non capiva la maggior parte delle frasi che lui gli rivolgeva. E in quel momento, Merlin cominciò a credere che la sua storia fosse vera. Cioè, se quello era davvero il re di Camelot, ciò voleva dire che quello che se ne stava in casa sua, a mangiare biscotti insieme a lui, era una leggenda. Ma come era possibile? Sembrava essere finito in un episodio di Doctor Who. Come era possibile che il vero re di Camelot fosse nella sua cucina a mangiare biscotti e a chiedere altri deliziosi cerchi con i pezzetti scuri. Doveva esserci una spiegazione a tutta quella storia, e pensò che prima o poi ne sarebbe venuto a capo.
«Penso che andrò ad usare di nuovo quella tua tazza magica, Merlin» disse come se fosse stato un importante proclama, alzandosi, Merlin rise, comprendendo che si riferisse al WC. Proprio la sera precedente, Arthur l’aveva definito in quel modo, quando gli era stato mostrato come tirare lo sciacquone, dopo essersi liberati dei propri bisogni fisiologici.
«D’accordo, io preparo il tè» sospirò Merlin. Era il suo giorno libero e si ritrovava a passarlo con un pazzo che sembrava uscito da un libro medievale e la cosa peggiore era che lui iniziava a credere alla sua storia assurda. La magia! La magia lo aveva portato nell’epoca moderna, assurdo. Ma se è così assurdo, allora perché gli credo? – si chiese, senza riuscire a trovare una risposta alla sua domanda.
Dopo un po’, lo sentì uscire dal bagno complimentandosi con se stesso e con lui. Adesso cosa aveva scoperto?
«Questa tunica è davvero fantastica, Merlin, ma toglimi una curiosità, perché sembra un abito da donna? E perché non me l’hai mostrata prima?» chiese entrando in cucina indossando l’accappatoio del padrone di casa. Il ragazzo in questione si schiaffò una mano sulla fronte e lo guardò, cercando di non scoppiargli a ridere in faccia.
«Quello è il mio accappatoio, Arthur, serve per asciugarsi dopo la doccia». Maledizione, perché ora girava di nuovo mezzo nudo in casa sua? Non bastava il fatto che si fosse presentato in camera sua a torso nudo? E perché sembrava interessato ad indossare accappatoi che gli lasciavano le gambe scoperte? Quale errore aveva fatto nelle sue vite precedenti per avere una punizione del genere? Beh, parlare di punizione è esagerato, guarda che gambe… oh, no, no. Un po’ di contegno, Merlin! – si rimproverò mentalmente l’infermiere, sospirando.
«Fantastico, ne voglio uno anche io» disse soddisfatto, lisciandoselo addosso come se fosse stato un vestito «Anzi, questo ora è di mia proprietà, tu ne procurerai un altro per te, ne sono sicuro» disse sedendosi di nuovo in cucina, accavallando le gambe (Oh dèi, vi prego, anche questo no! – pensò sconsolato) aveva intenzione di indossarlo tutto il giorno? Non aveva nemmeno un po’ di pudore?
«È così soffice. Mi piace» commentò dopo un po’, mentre mangiava un altro biscotto.
«Non puoi indossare l’accappatoio tutto il giorno, avrai freddo» disse il moro guardandolo contrariato «Siamo in inverno».
«Hai già detto prima che siamo in inverno» rispose Arthur con ovvietà «Eppure io non ho freddo in questa tua dimora, e non possiedi un camino» osservò con giusta ragione il re, guardandosi intorno alla ricerca di un camino.
«I camini sono sopravvalutati, io uso i riscaldamenti» disse, indicando dei grossi quadrati bianchi attaccati al muro.
«Curioso» disse il re, avvicinandosi ad uno di questi, appoggiando ingenuamente una mano sopra «Ah! Ma brucia!» esclamò ritirando immediatamente la mano, dannazione.
«Idiota, te l’ho detto che riscaldano l’ambiente» sbuffò «Testa di fagiolo» borbottò scuotendo la testa, poi si allontanò un secondo e tornò con una scatola di metallo e gli fece segno di avvicinarsi a lui. Arthur si avvicinò e Merlin gli afferrò la mano ferita con una strana delicatezza.
«Ecco, adesso ti passa subito» disse, spruzzando una cosa fredda e umida sulla sua mano, il re lo guardò perplesso ma tacque sull’argomento, forse era un medicamento di quel tempo e non voleva proprio sapere cosa fosse, forse era una specie di unguento o qualcosa di simile; il dolore iniziò a svanire «Comunque ripeto, non puoi girare in accappatoio per la casa» ribadì, mentre sistemava di nuovo i suoi strambi medicamenti nella sua scatola di metallo.
«Oh, d’accordo» disse un po’ dispiaciuto di doversi separare da quel morbido copri-corpo «Va bene, ma posso tenerlo ancora un po’?» chiese mostrandogli due occhi languidi e un’espressione così tenera che a Merlin vennero le ginocchia molli per quello. Oh santi numi, perché doveva essere anche così adorabile, oltre che enormemente affascinante?
«Okay, va bene» rispose il moro, Arthur sorrise allegramente e tornò a sedersi, mentre Merlin si avvicinava di nuovo ai fornelli, lo vide smanettare un po’ e prendere due tazze; quando tornò al tavolo gli porse una tazza con una strana bevanda fumante e si sedette di fronte a lui con una tazza simile con la stessa bevanda dentro. Gli spiegò che si trattava del tè (sì, una specie di infuso alle erbe), una bevanda tipica dell’Inghilterra, che tutti gli inglesi erano soliti prendere la mattina per colazione e il pomeriggio alle cinque. Per volere di sua maestà – aveva commentato ironicamente Merlin. Arthur si emozionò quando sentì dire dall'altro maestà, voleva dire che in quella landa c’era anche un re o una regina, e prima o poi si sarebbe fatto accompagnare al castello per avere udienza con il sovrano del luogo.
Una buona notizia, in quei giorni infausti per lui, era arrivata finalmente.
Mentre era perso nei suoi pensieri pittoreschi, Merlin sfrecciò nel bagno ed uscì, dopo pochi minuti, vestito con degli abiti tipici di quel posto, e perfettamente pettinato e in ordine. Arthur si soffermò giusto qualche istante a guardarlo, ma distolse lo sguardo in fretta. Non aveva per niente sentito uno strano fremito dentro di sé, non gli accadeva da anni e non sarebbe accaduto in quel frangente, non poteva accadere in quel frangente.
«Allora io andrò a fare la spesa, perché ho il frigo mezzo vuoto, tu resta qui e non distruggere niente».
«Cosa significa fare la spesa?» chiese l’altro, inclinando la testa.
«Uhm, ho il frigo vuoto, e ho bisogno di riempirlo, quindi vado a comprare alcune cose» rispose divertito. Sapeva che reggergli il gioco era un potenziale errore, e che dovesse finirla subito, non era nemmeno professionale da parte sua, ma Arthur era così divertente. E poi non sapeva perché, ma stava iniziando a credere a quella storia.
«Quindi vai a fare provviste?» chiese, a quella domanda Merlin annuì «Oh. Bene una battuta di caccia è ciò che ci vuole per me» disse entusiasta, schizzando in piedi «Vado a prepararmi anche io!» esclamò, sparendo nel corridoio e poi nella sua stanza.
Oh no, pensò Merlin, una brutta sensazione si fece largo in lui e lo seguì nella stanza degli ospiti, dove lo trovò nudo, che cercava di indossare l’armatura.
«Fermo, fermo! Che hai intenzione di fare?» chiese allibito.
«Vengo con te a caccia, mi sto preparando, il re non si tira mai indietro davanti ad una battuta di caccia!» esclamò con ovvia indignazione «E da solo. Perché tu non vuoi aiutarmi» aggiunse indispettito.
«Non si caccia! Qui la caccia è vietata da anni!» affermò ad alta voce scuotendo la testa «E non puoi andare in giro con l’armatura, ti prenderanno per pazzo!» esclamò ancora, ignorando volutamente l’aggiunta di Arthur, ci mancava solo che si mettesse ad aiutarlo a vestirsi e a svestirsi, scosse la testa a quel pensiero e si recò nella stanza accanto, tornando dopo un po’ con altri abiti.
«Ecco una felpa pulita e un paio di jeans. Questi sono gli abiti che si indossano in questo tempo» sospirò scuotendo la testa «Muoviti, ti aspetto. Non posso lasciarti qui da solo» Arthur lo guardò inclinando la testa «E comunque, insomma, come te lo spiego, è come andare al mercato, okay? Hai presente?»
«Oh, certo, il mercato. Beh, solo le donne e i servi vanno al mercato a Camelot, noi uomini andiamo a caccia» disse con ovvietà il re, Merlin alzò gli occhi al cielo e sbuffò leggermente «Comunque è deciso, ti aiuterò a fare provviste per l’inverno» disse con serietà il re, iniziando ad indossare quegli strani indumenti. Avrebbe preferito i calzoni che gli erano stati prestati il giorno prima, erano decisamente più comodi di questi cosi strappati. Fu pronto dopo un po’, e quando si guardò nello specchio, si disse che poi non era così male. A lui donava tutto, dopotutto era il re, era nel suo sangue essere eccellente in qualunque contesto e con qualunque vestiario; si dispiacque quando dovette lasciare Excalibur lì, non si sentiva sicuro ad uscire fuori senza la sua spada.
«Mi accompagnerai a fare la spesa, vorrai dire» ribatté divertito Merlin, guidandolo fuori dall’appartamento.
«Va bene, se in questo tempo, fare provviste si dice in questo modo, lo accetterò».
Merlin trattenne una risata, e lo afferrò per un braccio, trascinandolo sul pianerottolo, salutò alcuni vicini che stavano prendendo l’ascensore e vide Arthur impallidire davanti ad esso. Il grande condottiero che non tremava davanti a nulla, aveva paura di un misero ascensore? Sul serio?
«Vuoi prendere le scale?» chiese con gentilezza.
«Sì, sarebbe meglio» disse, puntando il dito contro la gabbia «Non mi fido di quel coso».
«Okay, ma quando torniamo con la spesa, prendiamo l’ascensore, affare fatto?» domandò Merlin guardandolo di sottecchi. Un compromesso, Arthur era esperto di compromessi, quando si trattava di stipulare la pace dopo una battaglia.
«E sia. Scenderemo le scale e saliremo con la gabbia».
 
Arrivare al supermercato fu un’impresa. Arthur prima non voleva entrare in auto, perché era solo un mostro di metallo rombante, poi aveva fatto mille domande su ogni negozio che vedevano, e altre cose che avevano stancato Merlin psicologicamente. Non sapeva come affrontare il supermercato con lui, davvero, sarebbe stata una sfida ardua, e esattamente come si aspettava, fu così. Appena presero il carrello, il re di Camelot guardò l’oggetto in esame con stupore «Questo è una specie di carriola, ma molto più pratica e maneggevole» aveva detto, quando lo aveva visto in funzione. E poi erano entrati nel supermercato «Queste porte sono intelligenti, Merlin, si aprono al passaggio del re. Sono suddite devote».
«No, Arthur, è semplicemente la fotocellula che si attiva al passaggio di qualcuno, le aziona e loro si aprono. Funziona con tutti» spiegò. Arthur mise su la sua migliore espressione indignata, borbottando quanto secondo lui fosse ignobile che un sovrano non avesse un ingresso speciale o delle porte personali che si aprissero al suo passaggio.
E così iniziò il vero incubo di Merlin: fare la spesa con Arthur. All’ingresso del supermercato c’era il banco ortofrutta, e Arthur si soffermò ad osservare ogni singola verdura e ogni singolo frutto, sostenendo che non fosse possibile trovare cose del genere a Camelot e «Contadino, complimenti per i tuoi ortaggi!» commentò, guadagnandosi un’occhiataccia dal fruttivendolo, mentre Merlin era intento ad ordinare delle mele e delle arance, poi il moro aveva dovuto trascinarlo via dal frigorifero con le insalate «Merlin è fantastico, guarda, quelle erbe sono già nelle loro scatole! Dove sono i servitori che le mettono lì dentro? A Camelot potrebbero essere utili!»
«Oh santo cielo» si ritrovò a mormorare Merlin, mentre lo trascinava con sé. Al centro del supermercato, c’erano le offerte del giorno, e Arthur iniziò a mettere qualsiasi cosa nel carrello, anche le cose inutili.
«Voglio solo aiutarti a fare provviste, Merlin, e anche se non so cosa siano la metà delle cose, voglio che tu ti nutra come si deve, sei tutto pelle, ossa e orecchie grandi!»
«Perché a me?» si lamentava il moro, tra un reparto e l’altro, mentre cercava di togliere le cose inutili che Arthur metteva nel carrello e di ricordare cosa mancasse a casa sua, il biondo lo aveva distratto talmente tanto che aveva dimenticato di scrivere la lista, maledizione. Il reparto dei formaggi e degli yogurt fu una passeggiata, Arthur non ne fu particolarmente attratto, ma fu nel reparto carni e suini che il moro quasi scoppiò a ridere in faccia al re. Merlin aveva fatto l’errore di dire ad Arthur di controllare se nei banchi c’erano delle offerte, ma non toccare nulla e non parlare con nessuno, si era raccomandato, mentre lui aspettava il suo turno al banco del pane e dopo un po’, vide il biondo tornare al suo fianco con una confezione tra le mani e l’espressione indignata sul volto.
«Cosa ti è successo?»
«Quel villico è un barbaro sassone, oltre che essere menzognere e maleducato» disse il re offeso, indicando il macellaio.
«Cosa hai fatto?»
«Io niente! Ho solo chiesto in quale battuta di caccia era stata procurata questa selvaggina» disse indicando la vaschetta confezionata che teneva tra le mani con fare vittorioso «E non solo mi ha riso in faccia, ha anche detto che sono un idiota e che dovrei leggere l’etichetta che dice allevato in una fattoria».
«Arthur, te l’ho già spiegato, in questo tempo non esiste la caccia» gli spiegò con calma, mentre riponeva nel carrello il pane e augurava buona giornata alla commessa che gliel’aveva passato. Ripassarono nel reparto carni e suini e Merlin prese anche delle altre confezioni; dopo venne il reparto dei surgelati, che lasciò Arthur con gli occhi spalancati.
«Ma quindi il pesce viene pescato e poi messo nel ghiaccio e poi nelle scatole?»
«Beh, più o meno» rispose il moro, l’altro annuì fingendo di capire, anche se non capiva molto «Deve essere tutto strano per te, vero?» Arthur annuì nuovamente «Forse avresti preferito restare a casa, ambientarti meglio?»
«No, mi sto divertendo, se escludiamo il sassone odioso laggiù» disse spedendo un’occhiataccia verso il macellaio che gli aveva risposto male «In quest’epoca non si deve cacciare per avere le cose. Basta venire qui e puff, ti danno tutto quello che ti occorre» disse sorpreso il re, guardandosi intorno «Mi sta iniziando a piacere il futuro».
Merlin ridacchiò, mentre passavano anche nel reparto bevande e prendeva una cassa d’acqua «Ne sono contento» disse sorridendogli. Arthur notò che il moro facesse una fatica immane a sollevare quell’oggetto pesante e si fece avanti.
«Dai a me, ti aiuto» disse spostandolo e togliendo la cassa dalle mani di Merlin senza alcuno sforzo «Quindi in questo futuro non si va al pozzo per prendere l’acqua, interessante, Merlin» disse, dopo aver sistemato la cassa d’acqua nel carrello; il moro spalancò gli occhi, ma da dove veniva fuori quel tizio? Pure Mr Muscolo dell’anno il fato doveva mandargli a casa? Non solo era bello come un dio greco e sembrava uscito dai suoi sogni erotici più proibiti, ma doveva anche essere cavalleresco e aiutarlo nelle difficoltà?
«Grazie…» mormorò imbarazzato, sentendo le gote andare leggermente in fiamme davanti al suo gesto. Nessuno dei suoi ex era mai stato tanto gentile e cortese con lui.
«Oh mio dio, che carini!» esclamò una ragazza passando loro accanto «Sono una coppia così dolce! Il biondo ha appena aiutato il moro ad alzare la cassa, aaaah, è così forte e cavalleresco! Sono adorabili!» esclamò, senza pudore, senza badare al fatto che loro potessero ascoltare tutto. Per fortuna, Arthur non capiva la metà delle cose che stavano dicendo le ragazze, ma sarebbe stato divertente vederlo rispondere a suo modo a quelle insinuazioni.
«Siete molto gentili, mie signore» disse in risposta «Ma noi due non siamo una coppia, Merlin è solo il mio soccorritore».
Il moro si ritrovò a ridere di gusto alle sue parole e senza aggiungere nulla, proseguì con la sua spesa, prendendo le ultime cose: un bagnoschiuma nuovo, uno spazzolino per Arthur (di certo non gli avrebbe fatto usare il suo), lo shampoo che era quasi finito e altre piccole cose che finirono nel loro carrello, il tutto mentre cercava di fermare Arthur dal mettere nel carrello le cose inutili come gli assorbenti da donna e i pannolini per neonati. Era sfiancante e non lo avrebbe portato mai più con sé, ne era certo. Anzi lo avrebbe rimandato a casa sua molto presto, oh sì.
Si misero in fila alla cassa per pagare, Arthur continuò a fare commenti su questa o l’altra cosa, mentre Merlin cercava di rispondergli a tono basso, per non farsi sentire dalle altre persone, ma il biondo continuava a parlare e commentare a voce alta, mettendolo in imbarazzo. Arrivarono con fatica alla cassa, e il re rimase sorpreso per gli oggetti che si muovono da soli sul tappeto mobile e per la cassa che faceva un bip davvero simpatico e anche un po’ fastidioso.
La giovane cassiera fece un sorriso ad Arthur, il quale ricambiò e fece una riverenza alla donna, complimentandosi con lei per il suo lavoro e augurandole buona giornata, dopo averle baciato la mano – Merlin gli aveva detto di essere gentile, e questo era il solo modo che conosceva per esserlo – e la vide arrossire davanti al suo gesto. Nel frattempo, Merlin aveva messo ogni cosa nelle buste, aveva pagato con una carta strana (dov’era l’oro?) e aveva ringraziato anche lui la donna.
«Tornate presto a trovarci, signori».
«Ma certo, my lady!» le sorrise Arthur, aiutando Merlin con i pesanti sacchi pieni delle cose che avevano acquistato «Buona giornata» le disse, mentre lui e il moro uscivano dal super-coso e andavano a mettere le cose nella macchina.
«Merlin, dov’è il tuo oro?» chiese immediatamente.
«Arthur, adesso esistono le carte di credito» disse riferendosi alla carta che aveva usato prima «E oggi, comunque, ci sono le sterline, non si paga più con l'oro» spiegò, mentre raggiungevano l’auto. Arthur annuì pensieroso, era davvero strano il futuro, non c’era più l’oro, i pesci venivano messi nel ghiaccio e nelle scatole, la selvaggina cresceva nelle fattorie e c’erano le scatole con gli ortaggi tagliati, oltre a tutti i mostri del progresso che aveva incontrato fino a quel momento.
«Sono sorpreso, Merlin, non credevo di divertirmi così, ma andare a caccia è molto più stimolante» commentò, dopo aver messo ogni sacchetto nell’auto ed essere saliti entrambi a bordo, rivolgendo uno sguardo al moro accanto a sé, che scosse la testa divertito. Nonostante tutto, si era divertito anche lui, e anche se non avrebbe mai più portato Arthur con sé a fare la spesa, sapeva che non avrebbe mai dimenticato quella mattinata folle.
E fu mentre guidava verso casa, che qualcosa di strano accadde: gli sembrò di vedere un uomo che guardava nella sua direzione, gli occhi puntati esattamente su di lui e su Arthur, ma non ne capì il motivo. Ebbe una strana sensazione e un brivido di paura percorse la sua schiena da cima a fondo. Cercò di ignorare la terribile sensazione mentre guidava verso casa, e solo quando parcheggiò l’auto e rientrò in casa si sentì al sicuro. Ignorò lo sguardo perplesso di Arthur, e nemmeno pensò di dargli una spiegazione, sperò solo che quell’episodio non si ripetesse mai più. Quell’uomo, quello sguardo, quella sensazione gli avevano dato i brividi, ed essa non sparì per tutto il resto del giorno. Cosa diavolo era appena successo?
 
§§§§
 
La mattina del terzo giorno di convivenza forzata con Arthur, Merlin si svegliò con una strana sensazione, l’inquietudine del giorno prima non l’aveva abbandonato e aveva fatto degli incubi a cui non riusciva a dare spiegazione, i quali gli avevano lasciato addosso una strana sensazione di malessere, ma non poteva stare lì a rimuginare, doveva andare in ospedale, aveva il turno di mattina quel giorno.
Era profondamente combattuto, da un lato non voleva lasciare il biondo da solo a casa sua, ma dall’altro era l’unica cosa da fare, perché doveva andare al lavoro e non poteva portarlo con sé, non riusciva neanche ad immaginare le reazioni dell’altro davanti al progresso della medicina, senza contare che lo avrebbe messo in imbarazzo con chiunque con il suo atteggiamento “non proprio facile da sopportare” e poi non poteva rischiare che si presentasse come il re di Camelot, come lo avrebbe spiegato ai suoi colleghi?
Si alzò, fece una doccia rapida e si vestì per andare al lavoro, controllò che il biondo dormisse ancora e sorrise leggermente vedendolo dormire stravaccato sul letto, a pancia in giù, che abbracciava il cuscino – e cercò di non badare al fatto che fosse mezzo nudo, davvero, doveva risolvere quel problema – poi passò in cucina e preparò la colazione per sé e per Arthur, lasciandogli un biglietto in cui gli diceva che sarebbe tornato per ora di pranzo e di non preoccuparsi di nulla, avrebbe preparato tutto lui al suo ritorno – non voleva che gli distruggesse la cucina. Santo cielo, proprio non si fidava a lasciarlo lì da solo, avrebbe potuto ferirsi con qualsiasi cosa, e lui non avrebbe potuto far nulla per aiutarlo. Ma doveva andare in ospedale assolutamente, come avrebbe giustificato un giorno di ferie così all’improvviso? Senza preavviso? O avrebbe dovuto prendere un giorno di malattia? Forse sarebbe stato meglio così.
Okay, poteva sperare che dormisse fino a tardi, giusto? Non sarebbe successo nulla, se Arthur avesse dormito fino a tardi. Illudendosi che quella fosse la scelta più saggia, uscì di casa e si recò in ospedale.
 
Quando Arthur si destò dal suo sonno, stavolta meno tormentato – Merlin aveva avuto il buon cuore di chiudere ogni spiraglio che facesse entrare la luce e il rumore nella sua stanza – si alzò dal letto e come prima cosa indossò i calzoni che gli aveva dato Merlin, quelli comodi che sembravano le sue braghe medievali. Le felpe – così Merlin aveva definito quelle strane tuniche con il cappuccio – non gli piacevano molto, ma doveva adattarsi, anche se quella che gli aveva prestato, era un po’ piccola per lui, forse avrebbe dovuto chiedere a Merlin di procurargliene qualcuna un po’ più grande… decise che non l’avrebbe indossata quella mattina, così con solo i pantaloni uscì dalla sua stanza, sperando che Merlin lo vedesse. Aveva notato che, quando girava per la casa in quel modo, il moro arrossiva e tentava di distogliere lo sguardo da lui, conosceva quello sguardo, il suo era interesse allo stato puro, e ne era lusingato, a Camelot era guardato così da molte dame, e anche dalle serve e dai servi. Sapeva di essere un uomo piacente, e ne andava particolarmente fiero, i suoi amanti non si erano mai lamentati, dopotutto.
«Merlin?» lo chiamò, ma non sentì la risposta dell’altro, controllò nella stanza del moro, ma non c’era, il suo letto era perfettamente riordinato e di lui non c’era traccia. Che qualche mostruosità moderna gli avesse fatto del male? Scosse la testa, Merlin sembrava piuttosto a suo agio in quel tempo, e niente sembrava spaventarlo. Per precauzione, ritornò nella sua stanza e prese la sua spada, e si diresse nella cucina. Attaccato allo strano oggetto chiamato frigorifero c’era un pezzo di carta, sembrava una pergamena strappata. Lo afferrò velocemente e lo osservò, c’erano scritte delle parole sopra con una scrittura un po’ disordinata, ma perfettamente leggibile, la pergamena strappata diceva: “Arthur, sono andato al lavoro, non potevo assentarmi. Ti ho preparato la colazione e ti ho lasciato alcune cose che potrebbero esserti utili. Tornerò per ora di pranzo. Non toccare la cucina, ti prego, anzi non toccare nulla di tecnologico. Non ti ho ancora spiegato come funzionano molte cose. Ci sono libri e altro se vuoi, mi dispiace non averti insegnato ad usare il televisore, ma lo farò presto.
Buona giornata,
Merlin”.
Cosa diavolo significava tecnologico, adesso? Arthur sbuffò, cercando di decifrare il messaggio, sarebbe stato più facile tradurre gli incantesimi dei druidi! L’unica cosa che capì fu che il suo soccorritore era uscito senza di lui, era andato a svolgere il suo lavoro, e sebbene fosse ammirevole che lo facesse, Arthur adesso si sentiva spaesato; era solo in un mondo sconosciuto, di cui non conosceva nulla, e iniziava a sentire una leggera frustrazione per essere stato abbandonato, in quel modo dal solo alleato che aveva. Sbuffò e si sedette sulla sedia di legno, per niente adeguata ai suoi glutei regali e consumò la colazione che il moro gli aveva preparato – quei biscotti erano davvero deliziosi. Poi decise che quella fosse una buona giornata per un po’ di allenamento. Come poteva allenarsi un po’ in quel mondo strano? Di certo non c’erano i cavalieri, no, ovviamente, e di certo non poteva tornare in strada e parlare con quei villici ignoranti che di etichetta non capivano nulla. Ci rifletté un po’ su, guardò la sua spada e sospirò. Percorse un paio di volte l’appartamento di Merlin, cercando un buon modo per allenarsi, non sarebbe stato onesto da parte sua distruggere il suo mobilio, ma quando entrò nella stanza del moro, il suo sguardo si illuminò vedendo un fantoccio di legno scuro su un lato della camera, non lo aveva notato il giorno prima. Sopra c’erano alcuni abiti del moro, ma non si sarebbe offeso se avesse usato il suo fantoccio, giusto? Anzi, gli avrebbe fatto piacere che lui avesse fatto un po’ di movimento e non fosse stato lì, seduto sul divano a non fare nulla. Tolse gli indumenti di Merlin dal fantoccio e li gettò per terra con poca grazia, e fece roteare la spada nella sua mano, e poi iniziò ad allenarsi, colpendo il fantoccio. Sfogò la sua frustrazione e la rabbia che sentiva dentro di sé, da quando il druido malefico lo aveva mandato in quel posto così strano e fuori dal suo abitudinario, così lontano dalla sua casa, sfogò tutto ciò che aveva represso in quei primi due giorni, durante i quali era stato così sconvolto da non rendersi conto di quanta rabbia avesse accumulato, e la sfogò tutta contro quel fantoccio di Merlin, e solo quando si sentì soddisfatto, tornò nella sala con le poltrone, appoggiò la spada contro il muro e si sedette ad aspettare. Aspettare lo innervosiva, non era abituato ad aspettare. Dopo un po’, si rese conto di aver bisogno di lavarsi, dopo un allenamento, era bene darsi una sistemata, così entrò nel bagno e si gettò nella scatola magica con la pioggia calda e si fece una lunga e rigenerante lavata, fino a che non sentì l’acqua magicamente diventare fredda. Soddisfatto, uscì da lì e si avvolse nel meraviglioso copri-corpo morbido che gli piaceva tanto e decise che sarebbe rimasto con quello addosso, e che avrebbe aspettato Merlin nella stanza con il fantoccio. Cosa si aspettava, che si mettesse a leggere, davvero? I libri non gli erano mai piaciuti nemmeno quando era a Camelot, le uniche cose che leggeva erano i rapporti del giorno o altre cose riguardanti il regno. Doveva solo aspettare ancora un po’, poi il ragazzo sarebbe tornato e avrebbero cercato insieme un modo per riportarlo a Camelot, immediatamente. Non avrebbe sopportato un altro giorno in quella landa piena di cose assurde.
 
Per tutta la mattinata lavorativa, Merlin si sentì in colpa e a disagio, aveva lasciato Arthur da solo a casa sua, e non sapeva cosa aspettarsi al suo ritorno a casa. Davvero, era stato in ansia e quasi non si era concentrato, quasi, perché dopo un richiamo del capo, aveva subito ripreso a lavorare come suo solito. Tuttavia, non aveva smesso di pensare ad Arthur, e ci aveva pensato Freya, la sua collega, a fargli notare che avesse tutt’altro per la testa.
«Dimmi la verità, Merlin, stai pensando ad un ragazzo» indagò lei.
«No» rispose schiettamente lui, cercando di ignorare la domanda dell’amica. Sarebbe stato troppo strano parlarle di Arthur senza risultare pazzo. Se ne avesse parlato, sicuramente avrebbero pensato che fosse pazzo, più pazzo del biondo visto che credeva alla sua storia assurda e aveva intenzione di aiutarlo.
«Non ci credo» disse lei con il suo tono curioso «Hai quello sguardo, Merlin, quello che hai quando incontri qualcuno che ti colpisce!» esclamò «A me puoi dirlo, non andrò a sbandierarlo ai quattro venti!»
«No, lo dirai solo a tutto il reparto» scherzò lui «Non c’è nessuno, davvero. Solo un amico che sto aiutando».
«Ed è bello quest’amico?»
Lui alzò gli occhi al cielo divertito «Sì, okay, sì. È molto, molto bello» certe gambe… e le braccia… - lei lo guardò con uno sguardo indagatore a cui non seppe mentire «Okay, sembra un adone greco, ma non mi piace!» rispose, cercando di non mettere troppa enfasi nella voce «Adesso devo andare, mi chiamano» disse indicando il suo cercapersone «A dopo!»
«Non mi sfuggi così, Emrys! Ti farò parlare!» esclamò lei con enfasi; Merlin ritornò al suo lavoro con il cuore più leggero, quella semplice conversazione fece scemare un po’ la sua ansia. Quando vide che finalmente si erano fatte le due – magistralmente aveva evitato le domande inopportune di Freya per tutto il giorno – salutò i suoi colleghi e schizzò via dall’ospedale, dirigendosi subito a casa, avrebbe pensato a cosa cucinare una volta tornato lì ed essersi assicurato che Arthur non avesse fatto qualche pazzia, danno o che non si fosse ferito mentre lui non c’era, ne sarebbe stato capace. Mentre tornava a casa, ebbe di nuovo la sensazione spiacevole del giorno prima, ma era troppo preoccupato per badare a quella, per notare che, da un angolo della strada, un uomo non gli toglieva gli occhi di dosso.
Quando arrivò al suo appartamento, non sentendo una foglia muoversi, chiamò a gran voce il nome di Arthur, che gli rispose con il tono seccato dalla sua stanza, cosa ci faceva Arthur nella sua stanza? Perché non era in quella degli ospiti dove lo aveva ospitato?
«Cosa ci fai in camera mia, Arthur?» chiese ad alta voce, mentre percorreva il corridoio, con una strana sensazione dentro di sé. Arthur aveva combinato qualche guaio, ne era certo.
«Non mi piace aspettare, Merlin, odio aspettare, sono rimasto qui per ore, a non fare nulla, perché tu non c’eri» si lamentò a gambe incrociate sul letto, indossando solo l’accappatoio, cosa che mise un po’ a disagio il moro, che lo guardò allibito.
«Cosa avevamo detto dell’accappatoio in casa?»
«Davvero? È questo che ti turba? Io sono rimasto da solo, senza nulla da fare» disse scandendo bene le parole.
«Dovevo lavorare, Arthur, e poi ti ho detto che potevi prendere alcuni dei miei libri, sei così asino che non sai leggere?» chiese guardandolo con un sopracciglio alzato.
«Non ne avevo voglia» rispose «Mi sono allenato un po’ con la spada» continuò con tono soddisfatto e fiero «Il tuo fantoccio è perfetto per l’allenamento».
«Il mio…» solo in quel momento, Merlin si guardò intorno e inorridì, sul pavimento giacevano due felpe e il giubbotto e il suo appendiabiti era scheggiato e rigato in più punti, probabilmente dove Arthur l’aveva colpito con la spada e per terra c’erano alcuni residui di legno. Oh santo cielo.
«Arthur!» esclamò arrabbiato «Non puoi distruggere le mie cose solo perché sei annoiato!» continuò «Perché mi hai distrutto l’appendiabiti?» chiese scioccato, era basito dal poco rispetto di quell’asino verso le sue cose, ma come si permetteva? «Guarda qui che hai combinato» mormorò guardando le schegge di legno per terra e i graffi dell’appendiabiti; ricordava quando era andato a comprarlo e sua madre gli aveva suggerito quel modello perché stava bene con l’arredamento complessivo della casa, e insieme avevano deciso che il posto giusto per quello fosse la stanza di Merlin, perché altrove non c’era abbastanza spazio. Sospirò vedendo in che stato fosse adesso.
«Credevo fosse un fantoccio!» esclamò l’altro, ma Merlin non lo ascoltò.
Cosa ne poteva sapere lui? Di certo non aveva dovuto farsi in quattro per ottenere ogni cosa, non aveva dovuto sudare per avere quello che aveva, e non aveva dovuto sentire sua madre dirgli addio. Scosse la testa, quello stronzo arrogante non poteva ridurlo così, si ricompose in tutta la sua dignità e gli diede le spalle e se ne andò in cucina, per non mostrarsi debole, davanti a lui. Non era l’appendiabiti in sé, era il ricordo che c’era dietro di esso e per il gesto infantile dell’altro. Solo perché era annoiato, ciò non voleva dire che fosse autorizzato a distruggergli la casa o le cose in essa presenti.
Si mise a cucinare per non pensare e per far scemare la rabbia.
«Merlin?» la testa bionda di Arthur fece capolino nella cucina, mentre stava calando la pasta «Hai smesso di urlare? Sei ancora arrabbiato?» domandò «Credevo fosse un fantoccio, non sapevo fosse una cosa di valore!» esclamò a sua discolpa.
Merlin non rispose, si limitò a continuare la preparazione del pranzo, e alla fine mise due piatti di pasta sul tavolo, poi si sedette e lo ignorò ancora.
«Andiamo… non puoi ignorarmi per sempre» disse ancora con il tono lamentoso «Merlin! Non sapevo cosa fare!»
«E hai pensato di distruggere camera mia? Giusto, perché tu sei il re, quindi puoi fare queste cose?» domandò retoricamente guardandolo «Io ti ho ospitato, ho creduto alla tua assurda storia, e tu resti da solo qualche ora e decidi di usare la tua spada per distruggere la mia camera, vedo che voi regali sapete ricambiare bene i favori» disse a denti stretti, scuotendo la testa.
«Ti ripagherò» disse guardandolo «Sono costernato per aver danneggiato il tuo fantoccio, il mio atteggiamento non è stato dei migliori e me ne scuso» disse con un sospiro, non era abituato a compiere gesti del genere «Se fossimo a Camelot ti darei il permesso per mettermi alla gogna e lanciarmi il primo pomodoro marcio» affermò. Merlin provò a tenergli il broncio, davvero, ma quella sua affermazione, lo fece ridacchiare sommessamente.
«Non ti credo» disse, poi si strinse nelle spalle «Non è per quello, comunque, è che ci ero legato affettivamente» sospirò scuotendo la testa «Mia madre ha scelto la metà delle cose che sono in questa casa e…» disse, Arthur lo guardò sorpreso e accigliato «L’ho persa due mesi fa» concluse abbassando di nuovo la testa.
Arthur deglutì e si sentì un verme per quello che aveva fatto, avrebbe fatto di tutto per ottenere il perdono del moro, il suo era stato un atto improprio e meschino. Non poteva immaginare che quel fantoccio, che apparentemente era un pezzo di mobilio importante, fosse così caro a quel ragazzo, che avesse un ricordo così caro per lui. Merlin aveva ragione, il moro si era prodigato per lui, istruendolo pazientemente su quasi tutte le stranezze che lo circondavano e lui si era comportato da perfetto ingrato distruggendogli un dono che gli aveva fatto sua madre. Re o non re, aveva sbagliato.
«Sono davvero dispiaciuto, Merlin, non mi comporterò più in questo modo».
«Lo apprezzo, grazie» disse, battendo le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, parlare di sua madre gli faceva sempre un certo effetto e non riusciva mai a mascherare bene il dolore, che Arthur notò subito, ma non glielo fece notare. Pranzarono in assoluto silenzio, e Arthur si offrì di sparecchiare, e mettere le stoviglie in quella scatola che li lavava al posto di Merlin, il quale guardò la scena stupefatto e senza parole.
«Arthur, non è necessario» gli disse, alzandosi a sua volta, raggiungendolo.
«Lasciami fare, Merlin» disse guardandolo «Un cavaliere sa ammettere di aver fatto un errore, e io ne ho commesso uno imperdonabile. Sono stato ingrato e terribile con te, quando tu cercavi solo di aiutarmi, ho dimenticato l’onore di un cavaliere e spero in questo modo di riscattarmi ai tuoi occhi».
«Oh» deglutì guardandolo, wow, era la prima cosa educata che gli diceva ed era sorpreso del suo atteggiamento. Decise di lasciarlo fare e annuì senza dire altro «Io vado a dare una sistemata al disastro là» disse semplicemente, alzandosi. Arthur annuì mortificato mentre sistemava la cucina. Merlin andò nella sua stanza e raccolse le felpe e i giubbotti dal pavimento e li ripose nel suo armadio; osservò l’appendiabiti e rifletté un attimo, visto che già era distrutto, avrebbe permesso al re di usarlo per sfogare la rabbia quando era arrabbiato, come quella mattina.
Arthur lo raggiunse mentre lui stava passando l’aspirapolvere, eliminando i residui di legno sul pavimento: «Cosa diavolo è quell’oggetto?!» domandò indicando la scopa elettrica come se fosse un oggetto indemoniato.
Merlin spense l’elettrodomestico e lo guardò «Questo è un aspirapolvere, e serve per spazzare il pavimento».
«Santo cielo, impazzirò in mezzo a tutta questa stregoneria» borbottò il re, scioccato «La tua servitrice ha fatto un rumore strano, Merlin, forse dovresti andare a controllare».
«Cosa hai fatto?»
«Niente! Quello che fai tu! Ho messo tutte le stoviglie dentro, e ho premuto tutti i tasti colorati! E poi ha fatto un rumore, io non c’entro nulla!» subito, Merlin lo superò in fretta e raggiunse la cucina ancora più rapidamente, corse vicino alla lavastoviglie e la osservò, sembrava impazzita, faceva un baccano terribile, e notò che tutte le spie fossero illuminate, il biondo doveva aver premuto letteralmente su qualunque tasto a sua disposizione. Dannazione, subito provò ad annullare il lavaggio, ma questa non si spense, e si ritrovò costretto a togliere la spina per evitare danni.
«Mi dispiace. Giuro che non toccherò più nulla» promise; Merlin non poté che concordare con lui.
«Okay, dai, non è successo niente» disse «Più tardi proverò a farla ripartire, forse hai azionato tutti i programmi insieme contemporaneamente ed è impazzita momentaneamente» scherzò, mettendogli una mano sulla spalla «Adesso io ho bisogno di riposare un po’, vieni con me sul divano» suggerì, così avrebbe potuto tenerlo d’occhio. Arthur non osò obiettare e insieme i due giovani andarono nel salotto di Merlin e si accomodarono sul divano, il moro afferrò il telecomando per accendere la tv, Pendragon o non Pendragon, non avrebbe perso il suo appuntamento settimanale con Doctor Who, non l’avrebbe perso per nessuna ragione al mondo. Quando accese il televisore, e il biondo emise un verso strano.
«Merlin!» esclamò Arthur, appena la prima immagine comparve sullo schermo «Quell’uomo è imprigionato nella scatola magica?» chiese avvicinandosi, la spada in pugno «Dobbiamo salvarlo?»
«Non azzardarti a distruggermi il televisore, Arthur Pendragon, o giuro che ti infilzo con la tua spada» lo minacciò, lanciandogli uno sguardo truce. Il biondo alzò le mani in segno di resa e lo guardò allibito.
«Che cosa è allora?»
«Questo è un televisore, ci trasmettono i programmi» spiegò guardandolo «Sono solo immagini, le persone non sono davvero imprigionate lì» disse sorridendo, il re si lasciò cadere accanto a lui sul divano e lo guardò.
«E tu dici che questa non è stregoneria» borbottò.
«No, non lo è, si chiama tecnologia».
«Buffo» disse, poi guardò il televisore «Noi vediamo loro…» disse il re pensieroso «E loro guardano noi?» chiese.
«No, no!» rispose divertito il moro «Non funziona così, ascolta, sta iniziando il mio programma preferito, ne parliamo dopo?»
«D’accordo» mormorò pensieroso, senza capire «E cosa guardiamo noi?»
«Doctor Who» rispose, Arthur si accigliò un momento. «È una serie tv, che parla di un alieno con due cuori che viaggia nello spazio e nel tempo» spiegò rapido, prima di zittirlo di nuovo. Arthur guardò la serie interessato, e non proferì parola fino a che Merlin non spense l’oggetto – che poi tanto malefico non era – e si accoccolò meglio nel divano, per scaricare la tensione della giornata.
«Merlin?»
«Sì?»
«Non puoi presentarmi questo Dottore?» chiese guardandolo; a quella domanda il moro scoppiò a ridere «Lui con la sua scatola magica blu potrebbe portarmi a Camelot! Dobbiamo trovare questo famigerato Dottore!»
«No, Arthur, è un personaggio di fantasia. Non esiste realmente» gli disse Merlin, costernato.
«Oh» fu la sua unica espressione, con una punta di delusione; il moro gli batté una mano sulla spalla con fare confortevole; forse Arthur aveva sperato di poter tornare indietro nel tempo, fino al suo tempo per poter ritornare a casa con il Tardis, la cosa sarebbe stata davvero comica, se il biondo non avesse avuto quello sguardo avvilito e disperato sul volto.
Non lo biasimava, anche lui avrebbe preferito ritornare a casa sua, se si fosse ritrovato in un contesto a lui sconosciuto, sospirò, pensando a come sarebbe stato per lui risvegliarsi in un contesto completamente diverso dal suo. Ed ecco che tornava la sua maledetta empatia, non poteva farne a meno, si immedesimava sempre negli altri, anche quando non avrebbe dovuto. Tuttavia, Arthur aveva bisogno di qualcuno che cercasse di aiutarlo in quel momento, qualcuno dalla sua parte, un alleato, come avrebbe detto lui. E anche se la sua storia sembrava assurda, lui gli credeva, perché lui era convinto che il soprannaturale esistesse, e che da qualche parte nel mondo la magia fosse ancora viva e pulsante. E al diavolo, nessuno sarebbe stato in grado di fingere così tanto, di credere così tanto ad una recita, nemmeno il più capace degli attori.
«Ti aiuterò io» disse con sicurezza, cercando lo sguardo del biondo «Troveremo un modo per farti tornare a casa».
«Lo faresti davvero? Anche se non mi sono comportato bene con te?»
«Lo farò, perché hai bisogno di aiuto» gli disse con serietà «Se sei davvero il re di Camelot e sei arrivato qui con la magia, allora da qualche parte, qualcuno, che sia in grado di praticare la magia per riportarti a casa, deve esistere» disse ancora «E io ti aiuterò a trovarlo» concluse. Arthur si ritrovò a bocca aperta, Merlin aveva parlato come un vero cavaliere, nessuno avrebbe dimostrato la sua forza d’animo e il suo coraggio in una situazione del genere. Forse in un’altra vita era stato un cavaliere o un nobile, magari aveva incontrato una sua vita precedente a Camelot, ma non ne era sicuro.
«Te ne sarò eternamente grato».
In quel momento, mentre in quel nuvoloso pomeriggio invernale un minaccioso temporale stava per scoppiare, mentre si scambiavano uno sguardo complice, i due uomini strinsero un’amicizia destinata a diventare qualcosa di più, il re finito in un tempo estraneo al suo e l’infermiere imbranato che avrebbe fatto di tutto per riportarlo a casa sua erano destinati a grandi cose, era scritto nel loro destino. La loro avventura, era appena iniziata, ma nessuno dei due conosceva quali sorprese il futuro avesse in serbo per loro.




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Hola people!
Eccoci con il secondo capitolo! Conto di pubblicare anche il terzo a breve (credo massimo entro domenica, tempo permettendo) per poi ritirarmi nel mio antro oscuro in ritiro ascetico/mistico per ripetere per gli esami. Anyway, speriamo che la Merthur mi porti fortuna ahah
Okay, Arthur fa un po' di disastri, ma povero, è arrabbiato e spaesato e sa sfogare la rabbia solo con la spada! (tranquilli, tra poco Merlin userà altri metodi per distrarlo ohoh) c'è già un po' di mistero, eh? Chi sarà l'uomo che fissa Merlin? Uhuh. E perché Merlin fa sogni strani? No, nessuno spoiler.
Il prossimo capitolo è Merthur allo stato puro :3
Merlin è già cotto di Arthur (eh... pure io lo sono, ma dettagli) e nada, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Il supermercato dove vanno Arthur e Merlin è liberamente ispirato a quello dove vado io abitualmente (god bless la decò e i suoi commessi che non mi fanno mai fare figure di merda che io quando vado a fare la spesa son peggio di Arthur LOL)
Colgo l'occasione per ringraziare lilyy che mi ha seguita anche in questo fandom, dopo aver letto tutte le mie Destiel e elfin emrys che mi ha accolta nel nuovo fandom. Inoltre ringrazio chiunque abbia speso un click per leggere questa storiella e le gentili persone che l'hanno aggiunta alle seguite/preferite :3 
Thank you!
A presto, people!

PS. Chiedo venia per eventuali errori, ho riletto e riletto e ri-riletto, ma qualcuno sfugge sempre ew 

NDA inutili: Ho cambiato leggermente l'intro della storia, rileggendola non mi piaceva come suonava, così è un po' meglio, ma prevedo in futuro altre piccole modifiche, fino a che non ne sarò soddisfatta al 100% 

   
 
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