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Autore: cityoftheflower    01/02/2019    3 recensioni
Jungkook e Soo-Min si conobbero una vita fa,
entrambi avevano appena iniziato le elementari...
insieme affrontarono il trapasso delle medie...
e insieme attraversarono anche le esperienze del liceo...
ma entrambi rischiavano di perdersi tra le parentesi inevitabili di quella stessa vita.
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PS: il mio nome cambierà in cityoftheflower
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: questa "one shot" è un po' lunga, perchè direi che si presenta di più come una storia breve che avrei potuto dividere anche in capitoli. Tuttavia ho deciso di mettere tutto insieme, siccome finisce in un modo che potrebbe aprire la strada ad un seguito, non so. Fatemi sapere cosa ne pensate! ♡

 





Jungkook e Soo-Min si conobbero una vita fa,

entrambi avevano appena iniziato le elementari...

 

 

La piccola Soo-Min tirò su con il naso, si asciugò le lacrime con il pugno chiuso passandolo sulle guance arrabbiata e si dette una piccola spinta facendo dondolare di poco l’altalena, dato che le suole delle sue scarpe a malapena toccavano terra. Con l’altra mano tentò di lisciarsi i capelli in cima alla testa orientandosi con l’ombra del suo corpo venutasi a creare dinanzi a lei, ma il suo tentativo di ridare ordine a quelle trecce scure, che pazientemente sua madre le intrecciava ogni mattina, fallì miseramente.
«Perchè stai piangendo?» chiese una voce infantile di fianco a lei.
La bambina si voltò di scatto notando solo in quel momento la piccola figura di un ragazzino poggiato contro il palo d’acciaio dell’altalena, che la fissava con dei grandi occhi neri e sinceramente dispiaciuti.
Soo-Min alzò le spalle e sconfortata si guardò la punta delle scarpe: «quegli stupidi bulli non vogliono ridarmi il mio coniglio di peluche. Dicono che sono troppo grande per continuare a portarmelo in giro, ma… lui è il mio coniglietto! E poi io non riesco a dormirci senza...» spiegò con le guance nuovamente inondate dalle lacrime.
«Dove sono andati?» chiese il ragazzino squadrando accigliato l’area giochi del parco, leggermente più in basso rispetto a dove si trovavano loro. Lei rialzò la testa e titubante gli indicò altri due ragazzini in lontananza, che ai piedi di uno scivolo si calciavano il peluche di Soo-Min come fosse un pallone. Lui non se lo fece ripetere due volte e mosso da un precoce desiderio di giustizia, discese a grandi passi la piccola collinetta su cui si trovavano le altalene intenzionato a ridare il sorriso a quella bambina tanto carina e restituirle ciò che le apparteneva.
«MA-» urlò Soo-Min tentando di richiamarlo, però sfortunatamente si era dimenticata di chiedere il suo nome: «dove vai? Sono troppo grandi anche per te!» aggiunse saltando giù dal sedile di plastica spaventata.
Con il cuore in gola vide quel bambinetto fronteggiare gli atri due, uno molto più alto di lui e l’altro molto più grosso. I tre non ci misero molto prima di azzuffarsi e Soo-Min si portò le mani sulla bocca quando quello più grosso diede uno spintone al ragazzino che aveva parlato con lei, tanto forte da fargli fare un breve volo e poi atterrare a qualche metro di distanza, proprio sul sentiero di pietre e ghiaia che diramava attraverso il parco.
Tuttavia lui si rialzò quasi subito sfoggiando un profondo taglio sanguinante sulla guancia sinistra, cosa che spaventò gli altri due, i quali prima indietreggiarono alzando le mani – uno di loro fece anche un frettoloso inchino di scuse – e poi scapparono via.
Il ragazzino affannato e dolorante raccolse il peluche di Soo-Min con soddisfazione, cercò di ripulirlo un po’ dalla polvere e tornò indietro verso di lei, già a metà strada tra lui e le altalene.
«Tieni» disse semplicemente, allungandolo alla bambina «dovrai dire a tua mamma di lavarlo però» aggiunse poi facendo un sorriso gentile che gli assottigliò gli occhi e gli arricciò il naso.
«G-grazie» balbettò lei commossa da tanto eroismo, riprendendo con se il suo coniglietto senza staccare lo sguardo dal volto sanguinante dell’altro.
«Come ti chiami?» chiese gentilmente lui.
«Kim Soo-Min. Ma mio fratello Jin mi chiama solo Min, puoi farlo anche tu!» e anche lei sorrise prima di chiedere: «e tu come ti chiami?»
Il ragazzino fece per aprire la bocca ma la sua vocina venne coperta dal suono di un’altra, più profonda e decisamente agitata «JEON JUNGKOOK!» urlò un uomo precipitandosi verso lui.
«Oh no!» esclamò il proprietario di quel nome sbarrando gli occhi «è mio padre, ora mi ucciderà!»
«Che cosa ti è successo alla faccia?! Hai litigato con qualcun altro?» sbottò allarmato gettandosi in ginocchio di fronte a lui per raggiungere la sua altezza e controllargli il viso da vicino.
«No niente, sono caduto!» si giustificò Jungkook, ma suo padre non parve minimamente convinto da quella versione.
Tuttavia prima che lui potesse rimproverarlo fu Soo-Min a parlare: «è vero! Cioè veramente è stata colpa mia, eravamo sull’altalena e come una stupida ho lasciato cadere il mio pupazzo. Jungkook si è sporto subito per riprenderlo ed è caduto, è finito con la faccia per terra...mi dispiace, è tutta colpa mia...» spiegò cimentandosi in una perfetta recitazione, con tanto di lacrime agli occhi.
L’uomo alzò entrambe le sopracciglia commosso ed intenerito dalla bambina con le trecce scure e spettinate «è così che è andata?» chiese al figlio che annuì immediatamente, folgorandolo con quei grandi occhioni innocenti. Il papà di Jungkook sospirò esasperato ed estrasse un fazzoletto di stoffa dalla tasca dei pantaloni per tamponare il sangue che ancora cadeva copioso sulla guancia del ragazzino «va bene, ma credo che tu abbia bisogno di medicare questa ferita. Torniamo subito a casa! E tu, sei da sola piccola?» disse con gentilezza rivolgendosi a Soo-Min.
La bambina scosse la testa indicando un grande complesso di appartamenti bilocali che affacciavano proprio sul parco: «abito qui di fronte, sto aspettando che il mio fratellone torni da scuola. Ah! Eccolo lì!» aggiunse con un cenno veloce del capo nella sua direzione.
Un allampanato Seokjin, con gli occhiali squadrati dalle lenti spesse che gli ingigantivano gli occhi e uno zaino un po’ troppo grande per il suo fisico mingherlino, raggiunse sua sorella confuso.
«Mi scusi signore, qualche problema?» chiese il ragazzo all’uomo che brevemente gli spiegò le false dinamiche dell’accaduto, mentre i due più piccoli si scambiarono un divertito sguardo d’intesa.
«Non c’è bisogno di scusarsi, questa peste ne combina una ogni ora! Meglio che lo riporti a casa!» disse l’uomo garbato di fronte ai molteplici inchini di Seokjin, prendendo poi per mano il figlio «arrivederci Seokjin e ciao anche a te, piccola!» aggiunse con un sorriso molto simile a quello di Jungkook.
«Ci vediamo domani Min!» promise il ragazzino mentre veniva trascinato via dal padre «e tu tieni d’occhio la tua sorellina, quattrocchi spilungone!» aggiunse burbero, prima di venire nuovamente rimproverato da suo padre che lo prese di peso mettendoselo in spalla.
«Eh, Quattrocchi spilungone? Ma ce l’aveva con me?» chiese incredulo Seokjin.
«Jin Oppa, non sembra anche a te che la faccia di Jungkook somigli a quella del mio coniglietto?» chiese teneramente Soo-Min osservando il peluche sporco e consumato che teneva ancora stretto in mano.



 

Jungkook e Soo-Min si conobbero una vita fa,
insieme affrontarono il trapasso delle medie...

 

«Eddai non piangere, festeggeremo il tuo compleanno la settimana prossima. Quando starai meglio! Anche gli altri sono d’accordo! Anzi, sono molto dispiaciuti e sperano tu ti rimetta presto!» disse Jungkook dall’altra parte della cornetta, cercando di rincuorarla.
«Ma io volevo festeggiarlo domani!» rispose Soo-Min disperata «non è per niente giusto, compio dodici anni. Mamma aveva detto che mi lasciava uscire da sola con voi, proprio adesso doveva venirmi l’influenza?» disse tra le lacrime.
Jungkook sospirò affranto e guardò il soffitto per un lungo attimo con gli occhi lucidi, cercando di trovare un modo per ridarle il sorriso. Era così carina quando sorrideva!
«Senti, tanto non ci vado nemmeno io al luna park se tu non vieni! Quindi smettila di piangere!» protestò il ragazzo.
«Ma non è per questo che sto piangendo, stupido!» ribatté lei, e dopo un attimo di silenzio aggiunse: «e poi non importa, vacci comunque. Non è giusto che resti a casa anche tu!» 
Lui scosse la testa nonostante fosse consapevole che lei non potesse vederlo, continuò a misurare il pavimento a grandi passi fermandosi poi di colpo proprio al centro, incrociando il suo stesso sguardo attraverso il lungo specchio posto dietro la porta chiusa della sua camera.
Pensa, Jungkook, pensa. Si ripeté, prima che un’incredibile idea gli folgorasse la mente come un lampo in un temporale.
«Non lo so se vado o no» mentì «ma comunque, guarda il lato positivo. Domani è pur sempre il tuo compleanno, magari potrebbe capitarti lo stesso qualcosa di bello» aggiunse con un sorriso.
«Mmh, davvero? E tu come fai a saperlo?» rispose scettica lei soffiandosi il naso in un fazzoletto.
«Ho detto magari! Se la smettessi di piangere tra l’altro, sarebbe già una bella cosa...» la rimproverò.
«Ho smesso!» sbottò la ragazza, prima che dei colpi contro la porta della sua camera la facessero sussultare «Jungkook-ah aspetta un attimo! Avanti?» 
Suo fratello maggiore aprì la porta di botto «Min, sei ancora attaccata al telefono con quello gnomo? Ti vuoi dare una mossa? Devo fare una telefonata!» sbraitò.
«Gnomo?! Digli di rimettersi quei fondi di bicchieri che aveva al posto degli occhiali perché ancora non ci vede!» 
«Jin Oppa, due minuti e ti lascio telefonare. Promesso!» rispose angelicamente Soo-Min facendo finta di non aver sentito le proteste dell’amico.
«Qualcosa non va? Perchè stai piangendo?» chiese Seokjin premuroso, stanziando sulla porta.
«Perché hai un fratello come lui. Devi comunque dirglielo prima o poi, cogli l’occasione adesso!» continuò Jungkook imperterrito e la ragazzina non riuscì a trattenersi dal ridere. 
«Cosa sta dicendo faccia da coniglio di tanto divertente?» ribatté il fratello sospettoso.
Soo-Min scosse la testa «niente di importante, e comunque è tutto a posto adesso davvero. Ci tenevo a passare il compleanno al luna park con i miei amici, ma farò qualcos’altro...» spiegò.
Seokjin le accarezzò affettuosamente la testa «appena starai meglio ti ci porto io al luna park» ribatté.
«Sai che divertimento, lo sentiranno urlare perfino in America» commentò Jungkook e Soo-Min dovette impiegare ogni fibra del suo corpo per impedirsi di tornare a ridere.
«Certo Oppa!» rispose invece rivolgendogli un sorriso che lui ricambiò «comunque chi devi chiamare di tanto importante?» chiese poi curiosa. 
Il sorriso di Seokjin divenne più ampio e leggermente imbarazzato comunicò alla sorella la grande notizia: «la mia ragazza!». 
Dall’altro capo del telefono Jungkook scoppiò a ridere senza ritegno, talmente tanto che perfino Seokjin lo sentì.
«Dammi il telefono» disse spaventosamente calmo.
«Ma-»
«Soo-Min, dammi questo stramaledetto telefono» sibilò, sua sorella alzò gli occhi al cielo ma tuttavia glielo consegnò senza osare contraddirlo oltre.
«...come la sua ragazza?» stava dicendo Jungkook tra le risate «e chi è, Susan Storm? La donna invisibile dei fantastici 4?» 
«Molto divertente, faccia da coniglio» commentò Seokjin piatto «addio.» aggiunse prima di riagganciargli il telefono in faccia.

 

Il giorno seguente fu una domenica molto piacevole, Soo-Min ricevette svariate chiamate da parte dei suoi compagni di classe e amici, che le augurarono buon compleanno e una pronta guarigione.
Sua madre preparò un pranzo sofisticato apposta per lei con l’aiuto di Seokjin e suo padre tornò a casa con una torta esattamente uguale a quella che Hagrid consegnò ad Harry Potter il giorno in cui gli disse di essere un mago. Tutto sommato, non era andata poi così male!
Intorno alle quattro del pomeriggio il campanello trillò inaspettatamente: «JIN, LA PORTA!» urlò sua madre dalla cucina, troppo rapita dal drama che stava guardando alla televisione per raggiungerla personalmente.
Il ragazzo si trascinò scocciato giù dalle scale un attimo dopo, imprecando a mezza voce;
«Devo fare tutto io in questa casa!» si lamentò raggiungendo l’ingresso, dove l’ospite inatteso schiacciò nuovamente il campanello. Seokjin guardò attraverso lo spioncino prima di sbuffare ed aprire la porta «che vuoi?» chiese secco.
«Bel modo di accogliere il migliore amico di tua sorella!» protestò il ragazzo stringendo le dita intorno alla piccola gabbia che aveva tra le mani.
«Purtroppo mia sorella non sa scegl-» il più grande s’interruppe a metà frase osservando lo stesso oggetto «ma che diavolo...che razza di bestia hai intenzione di far entrare in casa mia?!»
Jungkook alzò gli occhi al cielo «è un coniglio nano non lo vedi? Corri a prendere due bicchieri per guardaci attraverso, ti aspetto qui» ribatté sarcastico. Seokjin fece per chiudere la porta ma il più piccolo la bloccò con un piede «eddai Jin hyung, è il regalo di Min!» protestò.
Il maggiore sospirò e sapendo quanto sua sorella avrebbe amato quel regalo, si fece da parte per lasciar entrare Jungkook, prima di rivolgere lo sguardo al piano superiore dell’abitazione ed esclamare a gran voce: «Min! Faccia da coniglio ti cerca!» beccandosi un’occhiata truce dal diretto interessato.
La madre dei due fratelli si affacciò curiosa dalla cucina e si aprì in un sorriso commosso quando intravide Jungkook e il suo regalo.
«Jungkook-ie?» chiese confusa Soo-Min dalla cima delle scale, in pigiama e vestaglia.
Gli occhi dei due ragazzi si incontrarono solo per un attimo, prima che quelli di lei si posassero sul regalo che lui aveva posizionato sul tavolino di fronte al divano.
«Sorpresa!» sorrise Jungkook.
«Oh mio dio!» urlò Soo-Min scendendo le scale di corsa e saltando gli ultimi quattro gradini per raggiungere il salotto, dove si piegò per guardare il piccolo coniglietto bianco all’interno della gabbia «sembra...» cominciò lei.
«Il tuo vecchio peluche, si.» concluse lui.
La ragazzina si alzò e incurante del fatto che probabilmente fosse contagiosa si buttò tra le braccia del suo migliore amico, che la strinse a se altrettanto deciso ad ignorare quel dettaglio.
Seokjin fece una smorfia, ma prima che riuscisse a dire qualcosa per rovinare l’atmosfera sua madre lo prese per un braccio trascinandolo con se in cucina, lasciando da soli i due ragazzi.
«Jungkook-ie è sempre così carino, spero che un giorno...» cominciò la donna.
«Non osare fantasticare, non siamo in uno di quei drama scemi che segui alla tv! Se quello gnomo tocca mia sorella: lo distruggo.» ribatté il ragazzo e sua madre alzò gli occhi al cielo dileguando la sua futile minaccia con un gesto della mano.

 

 

Jungkook e Soo-Min si conobbero una vita fa,
e insieme attraversarono anche le esperienze del liceo…

 

Soo-Min si affacciò sul cortile nel retro dell’edificio scolastico accertandosi che fosse momentaneamente deserto e sospirando si diresse alle gabbie che si trovavano sul fondo, in una piccola porzione di prato sotto una tettoia. Infilò un ramo di sedano tra le sbarre, sorridendo appena quando uno dei conigli all’interno si accorse di lei e avvicinandosi cominciò a mangiucchiare l’estremità dell’arbusto.
«Povero Bunny…» sussurrò.
Sfortunatamente il coniglio bianco che tre anni prima le aveva regalato Jungkook era recentemente morto, a causa di un’infezione all’orecchio di cui nessuno si era accorto e di cui la ragazza non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.
«Sapevo che ti avrei trovata qui» disse la voce del suo migliore amico, avvicinatosi furtivamente alle sue spalle.
Soo-Min sussultò voltandosi di scatto «dio Kook! Mi hai fatto venire un infarto!» si lamentò lei portandosi la mano al centro del petto, dove percepì il suo cuore battere all’impazzata.
Lui rise e le scompigliò appena i capelli bruni rubando il ramo di sedano che ancora stringeva tra le dita, infilandolo in un punto diverso della gabbia e osservando i conigli mangiarlo con il sorriso sulle labbra.
Lei rimase a guardarlo per qualche momento, era proprio cresciuto. Si era sempre distinto negli sport e ora che era al liceo praticava tante discipline diverse, le quali avevano reso il suo fisico – già grosso di costituzione – definito e tonico. In quel momento i capelli neri gli ricadevano sulla fronte arrivando a sfiorargli gli occhi grandi e quell’espressione intenerita addolciva i lineamenti marcati del suo viso, donandogli le sembianze di un bambino troppo cresciuto. Il cuore di Soo-Min continuò a tamburellare prepotente contro la cassa toracica, mentre un sorriso spontaneo si apriva sul suo volto candido e le sue guance si coloravano un po’. Quando era diventato così bello?
«Come stai comunque?» chiese lui all’improvviso.
«Mh?» Soo-Min sbatté le palpebre «oh…come? Si, sto bene, davvero! Certo, mi sentirò per sempre in colpa, ma sto bene...» rispose cercando di darsi un contegno.
«Alla fine i conigli, specie quelli nani, non vivono allungo. E tutto sommato Bunny ha fatto una bella vita, a parte il fatto che ha dovuto vedere la faccia di Seokjin per tutti e tre gli anni in cui ha vissuto» sdrammatizzò lui facendola ridere.
«Dai non infierire, anche Jin ci è rimasto male» lo difese Soo-Min.
«Comunque...» Jungkook fece una pausa, poi sospirò «sei davvero sincera quando dici che va tutto bene?» chiese tornando serio.
«Perchè dovrei mentire?» rispose lei con il cuore in gola.
«Non lo so, sei strana ultimamente...»
Soo-Min deglutì, i suoi pensieri agitati vennero sovrastati dal rumore del battito cardiaco che sentiva fin dentro le orecchie, le mani si ricoprirono di una patina di sudore e tutta la sua saliva parve esaurirsi. Glielo dico? Si chiese titubante. 
«JUNGKOOK!» urlò qualcuno all’improvviso dal fondo del cortile, sbucato dalla stessa porta da cui erano usciti i due ragazzi «Kook-ie, cosa stai facendo? Oh, ciao Soo-Min!» aggiunse uno dei migliori amici di Jungkook quando riconobbe la ragazza, che fece un lungo sospiro sollevato. Che stupida, davvero aveva pensato di poterglielo dire?
«Ciao Jimin» rispose lei sorridendogli.
«Kook dai vieni, Taehyung ha finito con il club di musica. Ce ne possiamo andare!» lo informò.
«Tu vieni?» chiese Jungkook alla sua amica.
Lei annuì «allora anche Yoora avrà finito» aggiunse incamminandosi con i due ragazzi.
E in effetti entrati in corridoio sia Yoora che Taehyung erano fuori dall’aula di musica con i propri strumenti tra le mani, lui un sassofono e lei un violino, intenti a discutere sulle difficoltà degli spartiti.
«Tae cristo, finalmente! Ci hai messo una vita!» sbottò esasperato Jimin, Yoora alzò gli occhi al cielo. 
«Il professore ci ha tenuto un quarto d’ora in più, visto che tra poco c’è il concerto di fine anno!» spiegò l’altro spazientito.
«Torniamo a casa insieme?» chiese Soo-Min alla sua migliore amica.
«Perchè invece non andiamo a prenderci qualcosa in quella caffetteria in centro tutti insieme? Quella con le imposte rosa e gli schienali delle sedie a forma di cuore?» chiese d’un tratto Jungkook.
Taehyung alzò un sopracciglio perplesso ma fu Jimin ad intuire il reale motivo che si nascondeva dietro quella richiesta tanto specifica:
«andiamo Kook! Quella cameriera non ti cagherà mai, è troppo grande per te!» disse sghignazzando.
Il cuore di Soo-Min perse un battito ed improvvisamente le sue guance tornarono candide, senza alcuna traccia di quel rosa intenso che si veniva a creare ogni qual volta Jungkook era nei paraggi.
Yoora schioccò le labbra infastidita «andateci voi in quel buco! Noi abbiamo altro da fare!» sbottò arrabbiata. Come faceva quell’idiota ad essere così cieco?
Afferrò la sua migliore amica per un polso e la trascinò con se lungo il corridoio, sotto lo sguardo attonito dei tre ragazzi. Svoltò l’angolo e si intrufolò nella prima porta a destra, al sicuro nel bagno delle ragazze.
«Ehi, senti non gli dar retta. I ragazzi sono tutti degli stronzi!» cominciò sperando che insultare il genere maschile bastasse a rincuorarla.
Gli occhi di Soo-Min divennero velocemente umidi «lui non mi vedrà mai come una ragazza. E non negarlo! E non provare a dire che sono una ragazza, perché lo sai che intendo! Gli piacciono quelle più grandi, punto. Sono io che sono stupida, non è nemmeno colpa sua!» rispose lei bruciante di collera.
Yoora sospirò abbracciando la sua amica «tu non sei stupida. E non è che gli piacciono quelle più grandi invece di quelle più piccole o viceversa, ma ai ragazzi idioti come loro piacciono quelle che sicuramente gliela danno! E poi, già che se la fa con Park Jimin dice tutto… non capisco come faccia quel piccoletto a piacere a Sobin. Entrambe, seriamente, dovete smetterla di andare dietro a quei due. Ci sono tanti ragazzi in giro, migliori!»

 

 

Jungkook si appoggiò contro l’inferriata che delineava il perimetro del luna park e incrociò le braccia al petto sbuffando.
«Kook, si può sapere che diavolo ti è preso questa sera?» chiese scocciato Taehyung.
«Si dio, che palle che sei!» si lamentò Jimin, gettando lo stecchetto dello zucchero filato ormai esaurito nel cassonetto lì di fianco.
«Ma voi veramente vi divertite ancora ad andare su queste giostre? L’abbiamo fatte un milione di volte.» rispose lui ostentando il fatto che fosse terribilmente annoiato.
«Mica siamo venuti per le giostre? È un modo diverso per passare una serata in compagnia di tutti gli altri!» ribatté Taehyung indicando il gruppetto dei loro amici – chi più, chi meno – a qualche metro di distanza.
Anche Jimin li osservò e la sua attenzione venne catturata da un dettaglio in particolare: Soo-Min per tutta la sera era rimasta in compagnia delle sue due amiche e di un ragazzo, Jung-Su pareva si chiamasse, con il quale stava conversando anche in quel momento.
Jimin fece un sorriso furbo, non è che forse...
«Ehi, tu. Faccia da coniglio, vieni qui» disse all’improvviso una voce, richiamando l’attenzione dei tre ragazzi.
Jungkook alzò un sopracciglio «Jin hyung? Che ci fai qui?» chiese perplesso avvicinandosi all’auto che si era appena accostata al marciapiede.
Il fratello di Soo-Min era al volante mentre i suoi amici, Namjoon e Hoseok, occupavano il sedile del passeggero e uno di quelli posteriori.
«Mamma mi ha chiesto di passare a prendere Min, ma senti un po’» disse lanciando uno sguardo furtivo al gruppo di ragazzi nei pressi del cancello del parco «chi è quel tipo che sta parlando con lei?»
Namjoon alzò gli occhi al cielo «dai lascia stare, santo il dio!» sbraitò.
Ma Seokjin fece finta di non aver sentito, continuando a guardare Jungkook in attesa di una risposta. 
L’altro sbuffò: «ma che ne so, uno nuovo.»
«E come ti sembra?»
«Un idiota»
«Ma veramente noi non lo conosciamo dav-» tentò di intromettersi Jimin, tuttavia sia Jungkook che Jin alzarono una mano per zittirlo.
«Puoi liberarti di lui?» chiese il più grande con fare cospiratorio.
Hoseok si batté una mano sulla fronte «non penso proprio che questo sia giusto nei confronti di-» ma anche lui venne zittito nello stesso modo.
«Penso di si» rispose il più piccolo complice dell’altro.
Seokjin annuì soddisfatto, tuttavia puntò minaccioso un dito contro i tre ragazzi «e se uno di voi tre tenta di provarci con mia sorella, vi apro il culo. Intensi?»
Namjoon e Hoseok alzarono nuovamente gli occhi al cielo, esattamente come Jungkook: «lo sai che è come una sorella anche per me» rispose.
Seokjin rimase per un attimo in silenzio, combattuto tra il desiderio di esultare e il dispiacere per i sentimenti fin troppo evidenti e non ricambiati di sua sorella.
«Bene» disse infine, prima di schiacciare il palmo della mano sul clacson facendo voltare una ventina di teste nella sua direzione: «SOO-MIN, SALI!» urlò dal finestrino aperto, mettendola volutamente in imbarazzo.
La ragazza salutò i suoi amici mortificata e velocemente fece il giro dell’auto, aprì la portiera con energia e si infilò al suo interno immediatamente, nei sedili accanto ad Hoseok.
«Ciao Hobi, Nam.» disse con un filo di voce ricambiando i loro saluti «era proprio necessario fare tutto questo casino?» sibilò poi rivolta a suo fratello.
Seokjin rimise in moto e ripartì con calma, evitando accuratamente di rispondere alla sua domanda. Tuttavia non passò molto tempo prima che interrompesse la conversazione che Namjoon stava avendo con lei riguardo a quello che avrebbe avuto intenzione di studiare all’università, tra un anno.
«Comunque, chi era quello?»
«Chi?» chiese la ragazza aggrottando le sopracciglia.
«Quel ragazzo con cui stavi parlando: alto, con il berretto e la camicia da imbecille» rispose Seokjin.
Namjoon si passò una mano su gli occhi e con uno scatto si sporse verso lo stereo alzando di colpo il volume, rendendo praticamente impossibile qualsiasi conversazione.
Quando suo fratello parcheggiò l’auto fuori casa, Soo-Min si catapultò letteralmente fuori e arrabbiata s’incamminò dentro casa senza aspettare gli altri tre.
«Sei contento adesso?» chiese Hoseok in tono di rimprovero.
Il diretto interessato aumentò il passo per raggiungere la sorella «ma scusa, che ho detto di male? Era una semplice domanda!» si giustificò con fare fintamente innocente nel mezzo del salotto.
«Non sono affari tuoi, Seokjin!» sbraitò lei incurante del fatto che gli amici del fratello avessero appena fatto il loro ingresso.
«Ero solo curioso...» rispose lui sull’orlo dell’offesa.
«Davvero? E c’era bisogno di offenderlo?»
«Allora ti piace?!»
«E se anche fosse?!»
«Ma non ti piaceva Jungkook?» la ragazza arrossì di colpo trattenendo il respiro e lo stesso fece suo fratello, consapevole di essersi spinto un po’ troppo oltre. Nel salotto discese un teso silenzio, Soo-Min passò in rassegna i volti di Namjoon e Hoseok, il primo tentò di dire qualcosa mentre il secondo si guardò immediatamente le scarpe. Infine si voltò e come una furia risalì le scale che portavano al piano superiore dirigendosi in camera sua a grandi passi, sbattendo poi la porta con così tanta violenza che il suono dello schianto parve vibrare nell’aria per alcuni minuti.
«Sei davvero un imbecille, Jin» commentò Namjoon seccato, dirigendosi a sua volta su per le scale.
«Dove pensi di andare?» chiese l’altro alzando un sopracciglio.
«A tentare di parlare con tua sorella, qualcuno le deve delle scuse» rispose l’amico dandogli le spalle.
«Non esiste, tu non entri nella sua stanza!» sbraitò.
«Ma vaffanculo!» gli rispose Namjoon dall’alto, prima di svoltare l’angolo ed imboccare il corridoio.
Seokjin fece per seguirlo ma Hoseok lo bloccò «senti amico, questa sera hai proprio esagerato. Lascia parlare l’esperto, okay? Non studia psicologia per niente e inoltre, chiunque ha più tatto di te»

 


 

«Questa è la nostra l’ultima sera da liceali, non siete contente?» chiese Sobin con un sorriso, arricciando l’ultima ciocca dei capelli bruni di Soo-Min.
Yoora si lasciò ricadere sul letto di quest’ultima sospirando serena «grazie a dio, non dovrò più rivedere quelle facce di merda!» commentò facendo ridere le altre due.
Soo-Min si rialzò dalla sedia della scrivania più felice che mai, attraversò la stanza e aprì l’armadio per ripescare il vestito nero che avrebbe indossato quella sera.
«Chissà che deve dirmi...» ripeté tra se.
«Ripetimi cosa ti ha detto Jungkook, sto morendo di ansia!» chiese Sobin per quella che doveva essere almeno la terza volta di seguito.
«Dopo tanto tempo che non parlavamo praticamente di niente, oggi pomeriggio mi ha chiamato! Ha detto che aveva una cosa da dirmi stasera. Una sorpresa...» ripose l’altra con un ampio sorriso.
Yoora alzò gli occhi al cielo e poi scrutò le altre due con una sensazione di disagio sulla bocca dello stomaco, aveva proprio un brutto presentimento. 
«Perchè non ti ha invitato al ballo? Avrebbe potuto farlo e parlarti da solo in santa pace...» rifletté sprezzante «preferisce andarci con quei due sfigati dei suoi amici?»
«Oh andiamo, non sono per niente due sfigati!» li difese Sobin che al solo pensiero di Jimin in smoking già sentiva il viso scottare «e pensavo che almeno Taehyung ti piacesse!» aggiunse.
Yoora non l’avrebbe mai ammesso ma era vero, aveva sempre avuto un debole per lui, tuttavia in quel frangente non poteva certo parlar bene di Jungkook o di tutto ciò che lo riguardasse.
«Non hai proprio idea di che sorpresa si tratti?» chiese invece a Soo-Min, alzando un sopracciglio.
Lei scosse la testa indossando finalmente il tubino «però l’ho sentito sorridere attraverso la cornetta, deve essere di sicuro una bella cosa no?» rispose cercando conferme, che ricevette da Sobin.
«Mmh sarà...» ribatté l’altra.
«Non rovinare sempre tutto! Quanto sei pessimista!» sbuffò Sobin, aiutando Soo-Min a tirare su la cerniera del vestito.
«Sono realista, è diverso!» si difese Yoora.
«Sentite, qualunque cosa avrà da dirmi che lo rende felice mi andrà bene! È il mio migliore amico, lo conosco da una vita!» rispose la diretta interessata.

 

La palestra della scuola non era mai stata così affollata come quella sera; siccome il ballo dei diplomanti era di norma aperto a tutti, molti ex-studenti o semplicemente persone che volevano passare una serata a ballare e divertirsi, ne prendevano parte.
Il professore di educazione fisica aveva allestito un piccolo chiosco in un angolo di fianco agli spalti dove serviva qualsiasi genere di drink, da quelli alcolici – dopo aver controllato il documento del richiedente naturalmente – ai più stupidi, come un succo di frutta.
Soo-Min si guardò intorno eccitata dal momento in cui intravide Jimin e Taehyung, che appena notarono le tre ragazze nei pressi del piccolo bancone del chioschetto, si avvicinarono stupiti.
«Wow, ragazze! È la prima volta che vi vedo così bene...» fu il commento di Jimin appena le raggiunse, squadrandole dall’alto in basso con la solita espressione da pervertito in volto.
«Oh mi fa piacere, hai cambiato le lenti a contatto per caso?» fu l’ironica risposta di Yoora, facendo scoppiare a ridere Taehyung.
Jimin sbuffò «ti trovo sempre dolce e simpatica…» aggiunse sarcastico.
«Comunque stai davvero bene con lo smoking» se ne uscì Subin di punto in bianco, con le guance rosse ma un sorriso coraggioso sulle labbra.
Il ragazzo sorrise affabile, sorpreso dal commento della ragazza «grazie… anche tu stai molto bene»
Yoora alzò gli occhi al cielo «si d’accordo, stiamo tutti davvero molto bene. Ma si può sapere dov’è quell’altro? Perché manca all’appello?» tagliò corto.
«Oh...» rispose Taehyung titubante «è qui fuori, sta arrivando...» disse rivolgendo una fugace occhiata a Soo-Min sentendosi dispiaciuto per lei. Sembrava molto più carina quella sera, sembrava che il suo viso traboccasse di gioia speranzosa e sembrava convinta che quella serata sarebbe stata indimenticabile. Beh, forse dopotutto lo sarà… pensò distrattamente il ragazzo.
E infatti, quando Jungkook fece il suo ingresso dalle porte spalancate della palestra, Soo-Min fu letteralmente rapita dalla sua bellissima immagine. Indossava un semplice completo nero con una camicia bianca e una cravatta dello stesso colore del vestito, le scarpe di vernice, i soliti piccoli cerchi di metallo ad adornargli i lobi delle orecchie e i capelli corvini pettinati con il ciuffo di lato, in modo da lasciare scoperta la fronte. Tuttavia solo quando fu troppo vicino per fare finta di non averlo visto, Soo-Min notò che lui stava stringendo la mano di un’altra ragazza.
Il mondo vacillò, si fermò improvvisamente e poi si capovolse nello stesso momento. A Soo-Min parve di stare a testa in giù, con il sangue che velocemente fluiva tutto verso il cervello; e poi le sembrò di precipitare attraverso l’atmosfera terrestre per quella che poteva essere un’eternità o un paio di secondi, prima di immaginarsi fluttuare via nell’universo, diretta nel luogo più lontano possibile da quella palestra.
«Cosa diavolo…?» fu il tentativo di Yoora di dare voce al suo sgomento, mentre Subin era letteralmente senza parole.
«Ciao ragazzi!» li salutò allegro Jungkook «come vi avevo già annunciato, ho una sorpresa per tutti voi!» rise e la ragazza alle sue spalle si aprì in un tenero sorriso imbarazzato.
Yoora lo guardò disgustata e fece per aprire la bocca, pronta a dargli milioni di suggerimenti su dove poteva ficcarsi le sue sorprese di merda, quando Soo-Min – decisa a mantenere il controllo di se stessa con ogni mezzo a lei disponibile – sorrise di rimando e fece un cenno del capo per incitarlo a continuare.
«Lei è Yamada Nori, la mia ragazza.» disse continuando a sorridere bellamente, ignaro del fatto che avesse appena distrutto il povero cuore della sua migliore amica «è giapponese e ha la nostra età. Si è trasferita da poco a Seoul e comincerà l’università a breve anche lei!» annunciò.
Il resto del gruppo si presentò: Jimin e Taehyung si inchinarono entusiasti e Subin fece del suo meglio per sembrare gentile, cosa che invece a Yoora non passò nemmeno per l’anticamera del cervello e infatti le rivolse uno sbrigativo cenno del capo.
Soo-Min sbatté le palpebre e fece un grande sforzo per continuare a respirare, conficcò le unghie nel palmo della mano destra stringendola a pugno e continuò a sforzarsi per tirare fuori il sorriso migliore che riuscisse a fare in quel momento.
«Molto piacere, Soo-Min» disse, constatando come pronunciare quella semplice frase fosse stata la cosa più difficile che avesse mai fatto nei diciott’anni della sua vita.
«Soo-Min? Come Min?» chiese Nori con un sorriso gentile «Jungkook mi ha parlato molto di te, ha detto che vi siete conosciuti una vita fa» continuò sperando di star simpatica alla migliore amica del suo ragazzo.
«Tu pensa» commentò Yoora senza riuscire a trattenersi «a noi non ci ha detto proprio niente. Che…birbante, proprio una bella sorpresa...» aggiunse con la voce leggermente inclinata dalla rabbia che cercava in tutti i modi di tenere a freno, solamente per rispetto della sua migliore amica.
Nori parve un po’ confusa ma fortunatamente fu Jimin ad intervenire e risollevare la situazione, almeno in parte: «beh? Andiamo a ballare?» chiese allegro. Afferrò improvvisamente Subin per un braccio e Jungkook dall’altro, che a sua volta teneva Nori ancora per mano, e li trascinò in mezzo alla folla che si accalcava al centro della grande sala decorata da luci e festoni.
«Ehm… Min, stai bene?» chiese lentamente Taehyung. Lui era l’unico ad essersi accorto dei profondi sentimenti che la ragazza provava per il suo amico, ma non aveva detto mai niente per evitare di complicare le cose; tuttavia ora si sentiva tremendamente in colpa per essere rimasto a guardare. Soo-Min spostò lo sguardo che aveva fisso nel nulla sul bel volto del ragazzo e poi incrociò quello rovente della sua migliore amica che aveva tutta l’aria di stare per esplodere da un momento all’altro, cosa che in quel momento non avrebbe aiutato affatto la povera ragazza.
«Per favore, lasciatemi da sola»
«Cosa cazzo stai dicendo?»
«Ho detto, lasciatemi da sola.» ripeté con un sibilo aggressivo, azzittendo per la prima volta l’altra da quando la conosceva.
«Faremo come dice, non costringerla. Mi dispiace tanto Min.» s’intromise Taehyung e prima che Yoora ritrovasse la voce, l’afferrò per un polso e si allontanò trascinandola con se.
Soo-Min si aspettò di scoppiare a piangere, di cadere in ginocchio sbattendo i pugni per terra o di impersonare la patetica parte della vittima in qualsiasi altra scena altrettanto drammatica, ma invece non successe nulla. Era consapevole di avere un corpo, di star camminando con attenzione su quegli stupidi trampoli e di star aprendo bocca per parlare a qualcuno, eppure non percepiva direttamente tali azioni.
«Mi dia il drink più forte che è in grado di fare, professore» si sentì dire, rivolta all’uomo dall’altra parte del piccolo bancone.
«Come? Signorina Kim, è sicura?» chiese sorpreso l’insegnante.
La ragazza seppe di aver annuito: «Sono maggiorenne e non è la prima volta che bevo, quindi si» ma in realtà in quel momento non era sicura proprio di niente, nemmeno di esistere davvero.
Il professore le lanciò uno sguardo tra il perplesso e il sospettoso ma tuttavia accontentò la sua richiesta.

 

Qualche ora dopo Soo-Min si ritrovò fuori dalla palestra, senza sapere esattamente come ci fosse finita e si sfregò le braccia a causa dell’aria leggermente più fredda del normale.
«Cosa ti succede, Min?» chiese sprezzante a se stessa «non piangi e ti disperi per quello stronzo? Come mai? Devi decisamente avere qualcosa che non va...» continuò pensando di essere sola.
Tuttavia però la ragazza udì uno sbuffo divertito e rialzò gli occhi dalla punta delle sue scarpe per incontrare uno sguardo scuro e felino, incorniciato da un viso estremamente bello e altrettanto chiaro, con una chioma di capelli ribelli di un biondo quasi bianco. Dai lobi delle orecchie penzolavano diversi orecchini, indossava una giacca di pelle nera e dei jeans con molteplici strappi, mentre tra le sue labbra spuntava la stecca bianca di un lecca-lecca.
Tutto di quel ragazzo urlava: pericolo; eppure, benché avesse un’espressione vagamente arrogante in volto, i suoi occhi sembravano gentili.
«In realtà, dovresti preoccuparti di più del fatto che parli da sola» commentò ironico.
«In realtà, nessuno ha chiesto il tuo parere. Quindi, non dovresti preoccuparti di dare consigli» rispose acida lei, sorpresa da se stessa. Probabilmente in una situazione normale, avrebbe fatto fatica anche solo a guardarlo direttamente in faccia.
Lui però non parve minimamente offeso dall’atteggiamento ostile dell’altra, bensì sorrise, sfoggiando una serie di piccoli denti bianchi: «però, che caratterino… non me l’aspettavo.» rispose sorpreso.
«Ma tu chi sei?» chiese Soo-Min.
«Chiunque tu voi che io sia...» ribatté e alla ragazza scappò una risata incredula.
«Fai sul serio?» chiese poi alzando un sopracciglio.
Anche lui rise appena e poi le porse sfacciatamente la mano «Min Yoongi, e tu?» disse e la ragazza per un folle attimo si chiese se fosse davvero coreano; come mai non si inchina come le persone normali?
Tuttavia strinse quella mano tesa, scoprendola fin troppo calda al tatto «Kim Soo-Min» rispose.
«Soo-Min» ripeté il ragazzo accarezzando con la lingua la pronuncia del suo nome con quella voce bassa e leggermente roca, facendolo sembrare quasi sensuale «hai le mani ghiacciate, comunque»
«Mi dispiace, ho dimenticato il cappotto nell’auto di mia madre» spiegò la ragazza, come se a lui potesse davvero interessare quel dettaglio.
E invece lo vide fare un sospiro seguito da un sorriso a mo’ di sfida, prima di togliersi la giacca di pelle e porgergliela «mettiti questa» disse con nonchalance, sembrava quasi che la stesse mettendo alla prova.
La ragazza istintivamente afferrò quell’indumento e ancora sconnessa dal resto del mondo, finì per indossarlo. Quella giacca era calda e sapeva di dopobarba misto al buon profumo di qualcos’altro, forse della sua pelle.
Soo-Min deglutì: «grazie» disse semplicemente osservandolo con attenzione. Non era molto alto – anche se lo era senz’altro più di lei – ed aveva un fisico abbastanza asciutto, accentuato dall’aderente maglietta nera a maniche lunghe con cui era rimasto.
«Chi è lo stronzo di cui parlavi prima?» chiese curioso Yoongi, appoggiandosi contro il muro di fianco a lei.
«Non mi va di parlarne» rispose immediatamente Soo-Min. Sicura del fatto che se avesse proferito anche solo una parola riguardo Jungkook, avrebbe perso quell’innaturale contegno sorretto probabilmente anche dal drink che aveva mandato giù a forza, per via del cattivo sapore.
«Non ti ho mai visto da queste parti, comunque» aggiunse la ragazza.
«Infatti vengo da Daegu, mi sono trasferito a Seoul solo da qualche settimana. Ho vinto una borsa di studio per l’università.» la informò alzando le spalle «Abito nei dintorni e ho sentito che c'era una festa, così sono venuto a curiosare.» aggiunse infine gettando la stecca di plastica, con cui ancora giocava tra i denti, per terra.
«E cosa studi?»
«Letteratura… ma in realtà, sono un compositore. Suono il pianoforte e ogni tanto scrivo anche qualche canzone.» disse con un breve sorriso, prima che il suo cellulare prendesse a vibrare all’impazzata.
Yoongi lo afferrò dalla tasca posteriore dei jeans e controllò lo schermo sbuffando «mi dispiace Soo-Min, è stato molto interessante parlare con te… ma ora devo proprio andare. Ci vediamo in giro!» disse sbrigativo.
«Ma… aspetta, la giacca?» gli chiese quando l’altro era quasi a metà strada dall’inizio del marciapiede, lui si voltò tra il serio e il divertito.
«Tienila tu, così ti ricorderai di me la prossima volta» rispose facendole l’occhiolino e nel voltarsi per tornare sui suoi passi per poco non si scontrò con un altro ragazzo, decisamente più alto ed imponente, ma che lui agilmente scartò di lato prima di allontanarsi definitivamente.
Sfortunatamente Soo-Min riconobbe subito l’altro e nuovamente la sua testa prese a farsi pesante, il respiro tornò a mancarle e in un folle attimo in cui adocchiò una pietra tra le siepi, pensò addirittura di tirargliela. 
«Chi era quello?» chiese confuso Jungkook.
«Un tipo, voleva un’informazione» mentì sbrigativa.
«E perché ti ha dato la sua giacca?» continuò alzando un sopracciglio. Soo-Min rimase in silenzio per qualche attimo, cercando di controllare le espressioni facciali e sopratutto le frasi che sarebbero uscite dalla sua bocca da quel momento in poi.
«Mi cercavi per qualche motivo in particolare?» domandò.
«Ah si… mi chiedevo se Jin hyung potesse dare un passaggio a casa anche a me e Nori» ebbe il coraggio di chiederle.
A Soo-Min le sembrò quasi di sentire la voce di Yoora, lontana ormai di due anni: «Ehi, senti non gli dar retta. I ragazzi sono tutti degli stronzi!» e aveva ragione lei. 
«Va bene» si costrinse a rispondere.
«Come mai sei qui fuori, comunque?»
«Avevo bisogno d’aria»
«Stai bene vero?»
«Si»
I due rimasero in silenzio, lui la fissò guardingo ma lei era decisa a guardare dovunque tranne che nella sua direzione, sperando solo che se ne tornasse in fretta da dove era venuto.
«Ehilà, giovani!» li accolse la voce allegra di Seokjin «com’è la festa? Vengo a dare un’occhiata?» chiese accostando l’auto al marciapiede poco distante. 
«No!» fu la risposta secca di sua sorella che velocemente lo raggiunse e salì al posto del passeggero «dobbiamo dare un passaggio anche a lui» lo avvisò richiudendo la portiera.
Seokjin alzò gli occhi al cielo e si rivolse a Jungkook ancora nei pressi dell’edificio: «quando la prenderai questa famosa patente, faccia da coniglio?! Comunque non c’è problema, salta su»
«Aspetta, non è ancora finita» commentò Soo-Min in modo che solo suo fratello potesse sentire; infatti Jungkook alzò entrambi gli indici delle mani facendo segno di aspettarlo e tornò all’interno della palestra.
«Non ti sembra un po’ troppo corto questo vestito?» scherzò Seokjin.
«La prossima volta verrò fino al vostro appartamento e chiederò il permesso a te, Namjoon e Hoseok se vado bene, contento?» rispose piatta, guardando l’edificio che si trovava di fronte la sua – ormai vecchia – scuola. 
Lui dischiuse le labbra con sorpresa, decisamente impreparato ad una risposta del genere e pertanto fece di nuovo per parlare cercando di essere cauto, ma venne interrotto dalla scatto della portiera alle sue spalle e dall’entrata di Jungkook all’interno dell’abitacolo, seguito da una ragazza. 
«Jin huyng, lei è la mia ragazza: Nori. Nori, lui è il fratello di Min e anche un po’ il mio» disse con un breve sorriso. Seokjin ci mise due minuti buoni per elaborare le nuove informazioni, decisamente sconvolto dalla notizia. 
«La...la tua ragazza? E quando è successo?!» chiese spontaneamente, facendo ridere gli altri due. Poi Jungkook prese la mano della ragazza, cosa che fece amaramente pentire Seokjin di essersi fatto scappare tale esclamazione.
«Un paio di mesi fa Nori si è trasferita qui dal Giappone, proprio di fronte casa mia. Ci siamo conosciuti per caso e abbiamo cominciato a frequentarci, tutto qui...»
«Sembra la trama di un anime» rispose all’improvviso Soo-Min.
«Hai ragione Min, è proprio vero!» ribattè la ragazza con un gran sorriso, pensando di aver ricevuto in complimento. Seokjin rimise immediatamente in moto e partì in quarta, deciso a scaricare quei due al più presto possibile.
Quasi non ci credeva; era vero che aveva passato metà della sua vita a bisticciare con Jungkook e a minacciarlo di stare lontano da sua sorella, ma in qualche modo gli era affezionato e aveva sempre pensato che prima o poi si sarebbero finalmente messi insieme. Improvvisamente il panico misto ad una cascata di sensi di colpa lo assalì, era anche colpa sua?
Fermandosi davanti ad un semaforo rosso si azzardò a guardare attraverso lo specchietto retrovisore, pentendosi di nuovo un attimo dopo. Con una smorfia distolse lo sguardo dal bacio che si stavano scambiando i due fidanzatini sui sedili posteriori e ne rivolse uno a Soo-Min chiedendosi cosa stesse pensando in quel momento e sopratutto, cosa stesse provando. 
«Parti Jin» rispose lei fissando intensamente la strada.
«Eh?»
«È verde, riparti. Cazzo.» sibilò lei a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore.
Lui ubbidì immediatamente preoccupato dallo sguardo a metà tra il furente e il disperato che gli rivolse Soo-Min, trattenendo l’improvviso desiderio di riaccostare l’auto sul ciglio della strada e picchiare a sangue il ragazzo che aveva spezzato il cuore della sua sorellina. 
Comunque dopo quelli che ai due fratelli sembrarono secoli, finalmente Seokjin giunse a destinazione sudato ma decisamente sollevato.
«Grazie mille Min, e anche a te Jin. Buonanotte.» li salutò garbata Nori prima di scendere per prima. Seokjin ricambiò il saluto con un breve sorriso prima di rivolgere uno sguardo infastidito a Jungkook, che ancora non si decideva a sgomberare. 
«Si...grazie» disse lui guardando la nuca della sua migliore amica con insistenza «buonanotte ad entrambi» aggiunse mettendo finalmente il primo piede fuori dall’auto.
«Ah, Min?» continuò imperterrito «comunque eri molto carina questa sera...» 
Seokjin si passò una mano sul viso inorridito dalla stupidità dell’altro e se lo era addirittura lui, allora Jungkook doveva aver toccato davvero il fondo. 
«Ti decidi a scendere dalla mia fottuta macchina? Non ho tempo da perdere, devo ancora riaccompagnare Min a casa, muoviti!» sibilò.
Il ragazzo alzò le mani vagamente divertito: «keep calm, man!» esclamò in inglese richiudendo la portiera. Seokjin non si diede pena di rispondergli e schizzò via, il più lontano possibile da quella strada dove era sicuro che i due si sarebbero scambiati passionali effusioni davanti la porta di casa.
Soo-Min improvvisamente cominciò a ridere: «hai capito...hai capito cosa ha detto?» biascicò tra le risate. Nonostante suo fratello avesse capito perfettamente cosa intendeva, decise che forse era meglio non rispondere e fare finta di non sapere, di non aver sentito quello che Jungkook aveva avuto la faccia tosta di sillabare. 
Ma strinse le mani sul volante quando lentamente la voce della sorella cominciò ad inclinarsi «ha...ha detto...ha detto che ero molto carina… Non bella. Non attraente. Non quel genere di cose che dici ad una ragazza, e sai cosa intendo. Ma il genere di cose che mi diresti tu. Il genere di cose che… che dici ad una sorellina stupida!» e solo a quel punto Soo-Min scoppiò a piangere, dopo essersi trattenuta per tutta la maledetta sera.

 

 

Jungkook e Soo-Min si conobbero una vita fa,
ma entrambi rischiavano di perdersi tra le parentesi inevitabili di quella stessa vita...

 


Quella non fu la prima ragazza ufficiale di Jungkook, anzi i primi anni che trascorse all’università si dette molto da fare. Alla fine non era mai soddisfatto delle sue scelte in campo sentimentale, tutte le volte che cominciava una nuova storia dopo le prime settimane era già stufo e dopo qualche mese si ritrovava sempre a fare la parte dello “stronzo” che metteva fine alla relazione per primo.
A volte nemmeno il sesso lo appagava, era sempre alla ricerca di qualcosa che quelle ragazze non avevano. Cercava un taglio di occhi particolari, una sfumatura di capelli esattamente a metà tra il nero e il castano, una tonalità di carnagione specificamente chiara ma che quando si arrossava diventava di un rosa intenso e delicato al tempo stesso, come quello delle pesche.
Eppure, ancora non aveva capito niente...
«Soo-Min, torna dentro. Tanto il bastardo non verrà, non puoi continuare ad aspettarlo in eterno. Non puoi continuare a giustificarlo!» sbottò Yoora, che arrabbiata aveva raggiunto la sua amica all’esterno del locale.
La ragazza lanciò uno sguardo all’angolo infondo alla strada «è il mio ventunesimo compleanno, non ne ha mai saltato uno da quando avevamo sei anni. Non può non venire, non senza avvisare» ripeté, ma era già in ritardo di un’ora e in cuor suo in qualche modo sapeva che alla fine non sarebbe venuto.
Yoora alzò le braccia al cielo con un sospiro esasperato e poi le lasciò ricadere lungo i fianchi, battendo le mani sulle cosce; tuttavia si appoggiò al muro di marmo del locale, di un viola scuro e leggermente opalescente, e aspettò insieme alla sua amica ancora un quarto d’ora.
«Adesso basta!» sbraitò infine e afferrò il braccio dell’altra con forza «torniamo dentro Min, è la tua festa e ci sono anche altri invitati!»
«Yoora solo...solo un momento» tentò di ribellarsi Soo-Min e all’improvviso trattenne il fiato quando una figura maschile svoltò l’angolo di corsa.
«Soo-Min!» sbottò affannato il ragazzo «so che avevo detto che non sarei riuscito a venire, ma alla fine ce l’ho fatta! Mi sono liberato di quell’impegno di lavoro, ho inventato una scusa!» rise Yoongi passandosi una mano tra i capelli ancora biondi, anche se dalle radici scure si notava perfettamente il loro reale colore.
La ragazza lo guardò per un lungo attimo prima di gettargli improvvisamente le braccia al collo e stringerlo a se. In un primo momento Yoongi rimase completamente spiazzato, siccome Soo-Min non aveva mai fatto nessun gesto del genere nei suoi confronti, ma non fece passare nemmeno un minuto esatto prima di ricambiare quella stretta, rivolgendo uno sguardo confuso a Yoora al di sopra della spalla dell’altra. L’amica, decisamente emozionata dalle azioni di Yoongi, alzò le spalle fingendo di non saperne nulla e gli mostrò i pollici prima di sparire oltre le porte scorrevoli del locale.

 

«Ma tu, a parte me, sei mai stato con una ragazza più grande?» gli chiese la ragazza nuda sotto di lui, affannata e accaldata dai ripetuti amplessi.
Jungkook, sudato e altrettanto affannato, fece un sorriso enigmatico «tu cosa vorresti sentirti dire?» chiese mordendosi il labbro.
Iseul, così si chiamava, rise scuotendo la testa «ho capito...» rispose semplicemente.
Il ragazzo dopo quell’attimo di pausa necessario riprese a possederla, spingendo velocemente e con energia crescente, facendola urlare.
«Oh Bunny!» esclamò all’improvviso lseul, che di solito usava quel nomignolo affettuoso quando parlava di lui alle sue amiche.
Jungkook si arrestò all’improvviso, colto da un immediato spaventoso pensiero: «come...come mi hai chiamato?» chiese con il fiato corto.
La ragazza rise appena: «Bunny, ti si addice...no?» rispose dei inarcando appena la schiena, incitandolo a continuare. Ma Jungkook era come pietrificato, con i grandi occhi neri spalancati che fissavano il vuoto. Non è possibile... si disse.
Il ragazzo si scostò da Iseul, con il cuore in gola e la sensazione che la sua temperatura corporea stesse precipitando sotto lo zero.
«Jungkook, che hai? Ti senti male?» chiese lei confusa.
Lui si rimise seduto: «che giorno è oggi?!» chiese nel panico e senza aspettare una risposta afferrò il piccolo calendario che Iseul teneva sul comodino, controllando la data personalmente.
«Oh no…no! no! no! no!» continuò a ripetere in preda alla disperazione,  alzandosi e mettendosi frettolosamente a raccogliere i suoi vestiti sparsi per la stanza, intenzionato ad indossarli il più velocemente possibile.
«Bunny, mi dici che succede?» chiese la ragazza preoccupata.
Lui si voltò di scatto con un’espressione completamente diversa in volto, Iseul non l’aveva mai visto così fuori di se né aveva mai avuto la spiacevole occasione di essere perforata da quello sguardo nero come la pece e minaccioso come quello di un animale feroce pronto a sbranare.
«Non chiamarmi così.» sibilò.
Lei tacque spaventata, sempre più confusa dal suo atteggiamento. Sembrava che Jungkook avesse dimenticato qualcosa, qualcosa per lui estremamente importante e di cui lei era ovviamente all’oscuro, ma non osò chiedere di cosa si trattasse.
«Che ore sono?» domandò lui con ansia quando fu completamente rivestito, spaventato dalla risposta.
Iseul adocchiò la sveglia di fianco al calendario che il ragazzo aveva malamente rigettato sul comodino: «le due di notte passate...»
Jungkook si portò le mani tra i capelli e li strinse con forza tra le dita «oh no, che cosa ho fatto?» sussurrò a se stesso, coprendosi poi la bocca con una delle mani.
«Jungkook...» riprovò Iseul cauta.
«Senti, mi dispiace ma devo andare. Ci sentiamo!» sbottò lui afferrando le chiavi della sua auto e precipitandosi fuori da quella casa alla velocità della luce. Purtroppo però, era consapevole che per quanto avesse potuto correre, non sarebbe mai più arrivato in tempo.

 

Yoora bussò al citofono dell’appartamento di Seokjin alzando lo sguardo per osservare il palazzo immerso nel buio, in cui il fratello della sua amica abitava insieme ai suoi storici amici.
«Sicura che non si arrabbierà?» sussurrò Yoongi alla ragazza, mentre continuava a reggere la piccola figura di Soo-Min tra le braccia, completamente ubriaca e priva di sensi.
«Forse solo all’inizio...» lo avvisò Subin.
«Chi è a quest’ora?» chiese una voce familiare, assonnata e vagamente irritata attraverso la piccola grata d’acciaio.
«Ehm… ciao Jin-ah, scusa l’ora. Sono Yoora, ora non ti allarmare» cominciò subito lei «ma non è che potresti farci entrare? Sono con Soo-Min e-» il cancello scattò nell’esatto momento in cui Seokjin colse il nome della sorella, prima di riagganciare e precipitarsi verso la porta, incurante del ridicolo pigiama che stava indossando.
Il loro appartamento si trovava al primo piano, quindi dopo solo due rampe di scale i tre ragazzi si ritrovarono di fronte la figura ansiosa di Seokjin sull’ultimo gradino, che appena vide Soo-Min praticamente svenuta nelle braccia di quel ragazzo dall’aria da teppista che le girava attorno ultimamente, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
«Che cazzo le è successo?!» sbraitò sul pianerottolo.
«Calma...» cominciò Yoora «è solo molto ubriaca, quindi non potevamo portarla a casa dei tuoi»
«SOLO MOLTO COSA?» il tono della voce di Seokjin era decisamente troppo alto per quell’orario e di fatti Namjoon si precipitò fuori dalla porta per avvisarlo di chiudere quella boccaccia.
«Cosa diavolo hai da urlare tanto?! I vicini ci-» ma le parole gli morirono in gola quando la stessa scena si palesò anche davanti a suoi occhi.
«State tutti calmi» li riprese Subin quando intercettò lo sguardo altrettanto allarmato dell’altro: «è ubriaca, non è mica la fine del mondo.»
«Mia sorella non si ubriaca mai!»
Yoongi spazientito sistemò meglio Soo-Min tra le braccia «mi hai scocciato con queste proteste da ragazzina isterica» sibilò piatto superando Seokjin come se niente fosse ed entrando in casa sua senza farsi alcun problema.
«Ma cosa...» il ragazzo rimase ad osservare sgomento la figura dell’altro che facilmente si orientò attraverso il corridoio, svoltando a destra quando trovò il salotto.
Yoora e Subin si affrettarono a seguirlo e Namjoon spinse Seokjin dietro di loro richiudendosi la porta alle spalle, ancora frastornato da quel brusco risveglio e decisamente preoccupato da quello che stava per sentire.
«Pretendo una spiegazione, adesso.» fu l’ordine che impartì Seokjin raggiungendo il salotto, dove Yoongi aveva depositato con cautela sua sorella sul divano.
«Che le hai fatto?» lo accusò poi ingiustamente.
L’altro alzò un sopracciglio pronto a ribattere acidamente ma Yoora lo anticipò cercando di evitare quanto più possibile battibecchi tra i due, anche perché l’unico responsabile dello stato in cui si trovava la sua migliore amica era chissà dove a fare chissà cosa, e quello divenne solo un’altra voce da aggiungere alla lista delle cose che odiava di Jeon Jungkook.
«Yoongi non ha fatto niente, Jin-ah. Anzi è stato anche fin troppo gentile da portarci fin qui con la sua auto, attraversando tutta la città a quest’ora. Inoltre se non fosse stato per lui, probabilmente Min sarebbe finita chissà dove con un tizio a caso. Capisci ciò che intendo?» lo avvisò la ragazza.
La bocca di Seokjin era completamente asciutta, non riuscì a proferire nemmeno una parola mentre osservava sua sorella senza riconoscerla. Dov’era quella dolce bambina con le trecce che lo aspettava tornare da scuola?
«Ma, che cosa le è successo?» chiese Namjoon con un sussurro. Yoongi sbuffò stringendo i pugni arrabbiato, non era mentalmente pronto o sufficientemente stabile emotivamente per riascoltare i motivi che avevano spinto Soo-Min a bere così tanto.
«Ecco...il fatto è che...» Subin impiegò un po’ di tempo per trovare le parole adatte a continuare, nel tentativo di mantenere lo stato di apparente quiete che aleggiava nella stanza. Ma Yoora, incurante degli sforzi dell’amica e della reazione che avrebbe scatenato dopo, non riuscì proprio a trattenersi.
«Il bastardo non è venuto, non ha nemmeno avvisato. Niente.» disse rivolta a Seokjin, che ovviamente comprese all’istante il significato delle sue parole.
«Se volete scusarmi...» ribatté lui improvvisamente stralunato indietreggiando un po’ alla volta «Nam, tieni d’occhio Soo-Min. Io tornerò quando avrò trovato quel pezzo di merda, e lo avrò crepato di botte.» e in uno scatto d’ira afferrò le chiavi dell’auto dimenticandosi del fatto che fossero le quattro del mattino e perfino che stesse indossando il pigiama.
«Jin ma che vuoi fare? Sei impazzito?!» sbottò Namjoon strappandogli le chiavi di mano. I due lottarono per qualche minuto cercando di avere la meglio sull’altro, prima che la voce della ragione – che uscì dalla bocca di Yoongi – tornasse ad illuminare la mente di Seokjin.
«E a che servirebbe picchiarlo? Così umilieresti solo tua sorella, che è perfettamente in grado di sbrigarsela da sola. Sono seriamente commosso dall’affetto che provi per lei, non ti prendo in giro» chiarì sincero di fronte allo sguardo perplesso che assunse l’altro «io e mio fratello maggiore siamo molto legati, anche io farei di tutto per lui e viceversa. Ma tua sorella non ha bisogno che tu vada a rivendicare il suo presunto onore, non siamo mica nel medioevo. L’unica cosa che puoi fare è prenderti cura di lei quando si risveglierà e cercare di non essere invadente. È una donna adesso, non più una ragazzina.» concluse, lasciando i presenti di stucco.
Yoongi non era la persona più affabile del mondo, anzi era taciturno e spesso scontroso, come se fosse annoiato da tutto ciò che gli stava intorno. All’apparenza aveva tutta l’aria di essere un cattivo ragazzo ma in realtà, era un universo tutto da scoprire.
«Ha ragione lui» convenne infine Namjoon.
Seokjin sospirò e solo in quel momento si ricordò dei suoi poveri genitori, all’oscuro di ogni cosa; così afferrò il cellulare dalla mensola di fianco al citofono e scrisse un messaggio per avvisare sua madre, che il giorno seguente avrebbe trovato vuoto il letto della ragazza.

Mamma, Min rimarrà da me per qualche giorno. Poi ti spiego.
Comunque se dovesse venire Jungkook a cercarla, digli che è fuori città. Inventa una scusa qualsiasi. Poi ti spiego anche questa.”

 

Nei giorni successivi l’umore di Soo-Min fu parecchio instabile, per non parlare del suo appetito – dopo aver vomitato perfino l’anima al suo risveglio dopo la festa – e la sua voglia di parlare, che fu quasi del tutto inesistente.
Ciò nonostante i tre ragazzi che condividevano l’appartamento – Hoseok fu informato solo il giorno seguente degli sviluppi notturni, siccome nemmeno le cannonate erano in grado di svegliarlo – furono molto comprensivi e le lasciarono lo spazio di cui aveva bisogno, Seokjin le cedette addirittura la sua camera e si trasferì sul divano.
Ma ovviamente ognuno di loro sapeva che quella tranquillità non sarebbe durata allungo e infatti, nel primo pomeriggio di esattamente tre giorni dopo, Jungkook trovò il modo di intrufolarsi all’interno del palazzo senza citofonare; consapevole del fatto che, se si fosse annunciato, probabilmente Seokjin gli avrebbe impedito a tutti i costi anche solo di avvicinarsi nuovamente all’edificio.
Con il cuore in gola si ritrovò di fronte la porta dell’appartamento e chiudendo gli occhi con un sospiro teso dovette bussare il campanello, sperando solo che fosse Soo-Min ad aprirgli.
«Aspettavi qualcuno?» chiese Hoseok a Seokjin.
Lui scosse la testa «ma non hanno citofonato. Deve essere il portinaio, Nam! È per te!» disse richiamandolo dalla cucina, dove era intento a farsi spiegare da Soo-Min come bollire il riso senza far traboccare l’acqua: togliere il coperchio.
Namjoon sbuffò e si trascinò attraverso il corridoio, ma quando aprì la porta di certo non si aspettava di vedere la faccia tosta di quel ragazzo. 
«Ti conviene andartene se non vuoi che succeda il finimondo» sussurrò per non farsi sentire dagli altri e senza aspettare una risposta fece per richiudere la porta, che ovviamente l’altro bloccò.
«No, ti prego!» disse a voce alta «ti prego, devo parlare con lei!» continuò minando pericolosamente la pazienza degli inquilini.
Soo-Min che riconobbe immediatamente la sua voce, si affacciò in salotto e rivolse uno sguardo supplichevole ai due ragazzi rimasti: «non voglio vederlo.» disse solo.
«Ci penso...vuoi che ci pensi io?» chiese Seokjin, correggendo la sua stessa frase quando le parole taglienti di Yoongi tornarono a bussargli alla mente. Soo-Min annuì, così Seokjin prese un profondo respiro raccogliendo tutte le sue forze per restare calmo anche di fronte a Jungkook e raggiunse l’ingresso.
«Namjoon puoi andare, me ne occupo io» disse sorprendentemente tranquillo. Infatti l’amico lo fissò con sorpresa e certo del fatto che non ci sarebbe stata un’altra delle “scenate alla Jin”, tornò in salotto lasciandoli da soli.
«Jin hyung lo so, ho fatto una cazzata. Ma ti prego, per favore, fammi parlare con lei...» supplicò il ragazzo.
«Come hai fatto a sapere che era a casa mia? Abbiamo espressamente fatto sapere in giro che era fuori città. Chi ha parlato?» chiese glaciale.
Jungkook deglutì «tua madre. È stata tua madre a dirmelo, quando mi sono letteralmente inginocchiato ai suoi pedi» rispose senza vergogna. 
Seokjin sospirò. Donna di poca fede e pure debole… pensò acidamente.
«Soo-Min non vuole vederti, quindi per me puoi anche supplicare in aramaico. Ma qui dentro non entri, è chiaro?» lo avvisò irremovibile.
«Jin hyung… non posso andarmene senza averle detto che mi dispiace. Che sono un coglione e che...che...non riesco a stare senza di lei» confessò affranto.
Seokjin rise dinnanzi al suo dolore, avendo visto sua sorella patire di molto peggio: «e solo adesso te ne accorgi? Buongiorno! Dov’eri quando lei si struggeva per te, eh? Dov’eri mentre in questi anni lei ti amava in silenzio e sopportava tutte le tue stronzate? No Jungkook-ah, non meriti di parlare con lei. Avresti dovuto pensarci prima di perderla, mi dispiace. Ah no, aspetta: in realtà non mi dispiace affatto.» concluse crudele.
«Jin ti prego, io la amo!» sbottò Jungkook, che solo recentemente aveva realizzato i suoi veri sentimenti. 
«Mi dispiace amico, ma arrivi tardi» commentò una voce sprezzante alle spalle del ragazzo disperato.
Seokjin spostò lo sguardo sulla soglia delle scale e l’altro si voltò. Uno per volta incontrarono lo sguardo felino di Min Yoongi, con i capelli appena tornati scuri in netto contrasto con la sua pelle pallida.
«Come scusa?» chiese Jungkook credendo di non aver capito.
«Hai sentito benissimo, vattene. Sei in ritardo di qualche anno mi sa, ci sono io adesso.» rispose Yoongi, con un tono decisamente territoriale.
«E tu saresti?» rispose infastidito Jungkook, nonostante avesse già fatto la sua conoscenza parecchi mesi prima.
«Uno che ha sicuramente più chance di te, a giudicare dalla situazione» commentò secco l'altro.
La figura muscolosa di Jungkook sovrastò quella esile di Yoongi, che non si fece minimamente intimorire e infatti ricambiò lo sguardo dell’altro con uno scintillio di sfida sul bordo delle labbra sorridenti. 
«Va bene sentite, non è il caso di...» tento di intromettersi Seokjin prima che Jungkook, ovviamente, desse uno spintone all’altro facendolo barcollare all’indietro.
Tuttavia Yoongi ricambiò impiegando molta più forza di quanto ci si potesse aspettare da uno come lui e infatti Jungkook sbatté contro la parete di fianco alla porta.
«Cristo, non mettetevi a litigare proprio adesso!» sbraitò Seokjin «a che serve picchiarlo, l’hai detto tu!» continuò rivolto a Yoongi.
«Quello valeva solo per te» rispose lui prima di ricevere un pugno dritto sul mento da parte di Jungkook, che avendo colpito l’osso della mandibola e avendolo colpito in malo modo, imprecò a gran voce scuotendo la mano probabilmente lussata.
Yoongi fuori di se dalla rabbia prese la rincorsa e gli diede un’altra spinta con tutto il peso del corpo – perché altrimenti sarebbe stato nettamente in svantaggio – scaraventandolo sul pavimento del pianerottolo, dove il ragazzo abbatté il portaombrelli dell’appartamento di fronte.
«Smettetela, cazzo! I vicini ci denunceranno!» imprecò Seokjin cercando di mettersi tra i due, quando venne finalmente raggiunto da Hoseok e Namjoon che si apprestarono prontamente a dividerli.
«Soo-Min...» disse poi suo fratello a mezza voce, sorpreso di vederla spuntare sulla porta.
Sia Yoongi che Jungkook smisero di prendersi a parole e divincolarsi, fissando la ragazza di cui entrambi erano innamorati.
«Seokjin, torna dentro insieme a Namjoon e Hoseok» ordinò.
«Ma-» provò a ribattere lui, che venne fulminato dallo sguardo freddo della sorella. Così i tre ragazzi si ritrovarono ad ubbidire alla più giovane, rimanendo però in corridoio dietro la porta socchiusa, nel caso fosse stato necessario un nuovo intervento.
La ragazza di avvicinò a Yoongi: «primo, io non sono una proprietà. Secondo, non è una gara a chi fa prima o a chi fa più male l’altro. Sono stata chiara?» chiese e lui annuì senza fiatare. Tuttavia l’espressione di Soo-Min si ammorbidì un po’ quando notò il livido viola che lentamente stava prendendo forma sul volto del ragazzo «entra e fatti dare del ghiaccio, io devo chiarire delle cose con lui» aggiunse.
«Ti aspetto dentro» ribatté vittorioso il ragazzo e senza degnare Jungkook nemmeno di uno sguardo, sparì oltre la porta.
«Min…» tentò lui supplichevole.
«Chi ti credi di essere?» cominciò sprezzante lei «davvero pensi che avessi voglia di vederti e sentire cosa hai da dire, dopo che ti sei dimenticato del mio compleanno? Che cosa stavi facendo? Chi ti stavi scopando, eh?»
«Mi dispiace... io...»
«Ah, ti dispiace? A me non frega un bel niente del tuo dispiacere! Dopo tutti questi anni, dopo tutte le volte che mi hai ignorato, messa da parte e ferito ora mi vieni a dire che mi ami? Ma chi vuoi prendere in giro?! Tre giorni fa ti stavi scopando una delle tue troie e adesso dici che sei innamorato di me? Hai sempre messo al primo posto il cazzo, tu non sai niente dell’amore!» lo accusò Soo-Min e mossa da quella collera bruciante che reprimeva da anni cominciò ad aggredirlo, prendendolo a pugni sul petto e graffiandogli le braccia.
Ma Jungkook non reagì, rimase inerme mentre lei si accaniva disperata sul suo corpo con le lacrime che traboccavano copiose dagli occhi. 
«Vattene!» singhiozzò la ragazza «Vattene, non voglio più vederti!» e lo spinse verso le scale, costringendolo a scendere qualche gradino.
«Perché stai piangendo allora?!» chiese a mezza voce lui.
«Perchè vorrei tornare indietro, a quando ancora non ti conoscevo. Vorrei tornare in quel maledetto parco e dire a quella bambina che non ha bisogno di uno stupido coniglio di pezza, che se lo tengano! Che lo prendano a calci, che lo schiaccino, lo sporchino e lo strappino. Meglio lui, che io.» rispose amareggiata e rivolgendogli un ultimo sguardo indecifrabile, gli voltò le spalle rientrando in casa. 

 

 

  
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