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Autore: vamp91    01/02/2019    1 recensioni
La stanza intorno a me iniziò a vorticare; tutto si fece confuso. L'unica cosa ben definita era il palco. Tutto il resto scomparve; c'eravamo solo io, lui e la musica. La sua voce roca, profonda e sensuale era qualcosa di indescrivibile. Ne avevo sentite tante, ma mai come quella. Stava risvegliando in me emozioni che avevo deciso di reprimere da tempo. Le note mi penetrarono fin nelle ossa, facendomi fremere...
(Se le mie storie vi piacciono commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Ma dai! Dici sul serio?” ridacchiai.
Me ne stavo sul letto a rigirarmi come ormai praticamente ogni sera, mentre parlavo con Ian. Nemmeno ricordavo che cosa facessi prima di prendere questa abitudine.
“Ti giuro...”
Risi di gusto. “Tu sei tutto matto!”
Da quando avevo deciso di frequentarlo mi ero sentita più viva che mai; non serviva niente di speciale, bastava lui.
Era incredibile come una sola persona potesse cambiare lo stato d’animo di un’altra.
Ian era un toccasana per la mia anima. Certo, lui aveva cambiato atteggiamento, per lo meno con me; era grazie a questo che avevo deciso di dargli una possibilità.
Ormai erano passati alcuni giorni dal nostro pomeriggio insieme; non ci eravamo più rivisti, ma ci sentivamo tutte le sere. Parlavamo del più e del meno, ridendo e scherzando; e quando il sonno finalmente mi prendeva lui cantava per me.
La dolcezza che dimostrava nei miei confronti mi spiazzava ogni volta.
“Jeff é depresso da alcuni giorni, mi sa che qualcuna l’ha scaricato. Sembrava su di giri fino a qualche settimana fa... vallo a capire..” osservò.
Presi un lungo respiro; era il momento adatto, o adesso o mai più.
“A proposito di questo, c’è qualcosa di cui dovrei parlarti... ecco...” la sua voce mi interruppe.
“Scusa piccola suonano alla porta, mi sa che sono i ragazzi. Ne parliamo domani... verrai alle prove, no?” chiese di fretta.
“Si, credo di si”.
“Perfetto... non vedo l’ora di rivedere il tuo bel faccino” sussurrò rauco.
Il mio corpo fu attraversato da un brivido di piacere. Dio, come diamine ci riusciva?
“Va bene... Notte Ian”. La voce mi uscì flebile.
“Notte bambolina”.
Chiusi la chiamata continuando a fissare il telefono. Alla fine non avevo potuto dirglielo. Sapevo che Jeff ci era rimasto male, ma non pensavo lo facesse notare così palesemente. Poteva diventare un guaio. Ian avrebbe potuto fraintendere la situazione, o immaginare che ci fosse stato qualcosa fra me e lui.
Il giorno seguente aspettai che Chris finisse con alcuni documenti. Io non avevo idea di dove abitasse Ian; in oltre aveva invitato entrambi alle prove. Non so quanto sarebbero state produttive dal momento che Katy non si era ancora rifatta viva.
Quella ragazza non la capivo per niente. Si, era innamorata di Ian, ma nel momento in cui aveva deciso di intraprendere la carriera di musicista con lui avrebbe dovuto separare le due cose. Non era facile, lo sapevo bene; ma lei non era sola. Aveva il supporto di tutta la band e nonostante il suo comportamento nessuno l’aveva ancora cacciata via.
La casa di Ian era nella zona di espansione della città. C’erano molti palazzi nuovi, mentre altri erano vecchi in via di ristrutturazione. Fra qualche anno gli affitti sarebbero lievitati un bel po’. Non era una cattiva idea fare un investimento in un appartamento nelle vicinanze.
Quando Chris suonò il campanello Ian ci venne ad accogliere. “Ehi piccola” mi salutò abbozzando il suo solito sorriso sghembo che tanto mi faceva battere il cuore.
“Ciao...” ci fissammo negli occhi, mentre la mia faccia diventava sempre più rossa.
“Ci sono anch’io eh!” esclamò Chris fingendosi offeso; poi attraversò l’entrata senza nemmeno aspettare di essere invitato.
La casa di Ian era enorme. C’era un ampio salone collegato alla cucina. Era davvero magnifica. I mattoni a vista, le mensole di legno grezzo e le lampade nude le conferivano un aspetto molto minimal ma caldo.
“Allora?” chiese curioso.
“Non è niente male...” risposi.
“Ne sembri stupita” ghignò.
“Un po’... mi aspettavo più una caverna” scherzai guardandolo.
“Come osi piccola impertinente” mi afferrò per i fianchi facendomi sbattere contro il suo petto muscoloso.
Chris guardava incredulo il nostro scambio di battute.
“Chiudi la bocca amico o ti si riempirà di mosche” lo beffeggiò Ian.
Io sorrisi, un po’ imbarazzata e un po’ felice per il modo di comportarsi anche davanti ai suoi amici. Significava che non si vergognava di farsi vedere così con me.
“I ragazzi arriveranno tra poco. Intanto andiamo giù”.
Ci fece strada verso la cantina...si fa per dire. Era una sala prove vera e propria. C’erano tutti gli strumenti usati dalla band, casse, amplificatori, microfoni e tutto il resto. In un angolo c’era perfino un pianoforte. Wow era il tempio della musica. Una forte emozione mi strinse il petto. Era qualcosa che non riuscivo a quantificare né a spiegare. Il mio animo fu pervaso da mille sensazioni tutte insieme.
Rivedevo me stessa durante il periodo in cui suonare era l’essenza della mia stessa vita.
“Tutto ok?” chiese Ian vedendomi persa nei pensieri.
“Si, sto bene...”
Sorrise e iniziò a controllare gli strumenti.
“Stai davvero bene?” mi sussurrò Chris all’orecchio. Era preoccupato che la cosa potesse farmi stare male. Ma ormai l’angoscia era quasi del tutto sparita.
Qualche minuto dopo arrivarono gli altri. Jeff sembrò molto sorpreso nel vedermi lì.
Si bloccò per un momento sulle scale, gli occhi leggermente spalancati; prima di riprendere il controllo.
“Ciao... Come mai qui?”
“Ian ci ha invitati” rispose Chris al mio posto. Adoravo questo ragazzo, era il mio salvatore!
“È un problema?” domandò Ian guardandoli. Alan, il bassista, alzò le spalle indifferente; Jeff invece esitò giusto un secondo. “no...certo che no”.
Era diffidente; la situazione era ambigua, il che lo rendeva leggermente agitato.
“Allora possiamo iniziare”.
Io e Chris ci sedemmo in disparte, ascoltando come si riscaldava ognuno di loro sul proprio strumento. Non ero sorpresa di come cambiassero espressione quando si concentravano.
Dopo un po’ presero a suonare una delle loro canzoni. Era diversa; la musica era stata scritta basandosi su due chitarre e non una. Chiaramente si aveva l’impressione che mancasse qualcosa.
La voce di Ian era sempre stupenda; roca e bassa al punto giusto. Riusciva a toccare la parte più nascosta del mio animo...
“Niente da fare!” esclamò interrompendosi. Era nervoso, era palese.
“Non funziona senza l’altra chitarra! Dannazione!”
“Katy non si é ancora fatta viva?” chiese Jeff.
“Continua a non rispondere. Ammetto di essere anche un po’ preoccupato. Ma così non possiamo andare avanti. Abbiamo perso tre concerti questa settimana”.
Era davvero furioso. Lo capivo bene; per lui non era un gioco, un passatempo. La musica per lui era la sua vita stessa.
Sospirò. “Facciamo una pausa...”
Ad uno ad uno salirono tutti le scale probabilmente per andare a prendere qualcosa da bere. Jeff rimase per ultimo fingendo di sistemare la batteria.
“Ehi Megan” mi chiamò mentre poggiavo il piede sul primo gradino.
La voce di Jeff mi risvegliò dai miei pensieri. Lo raggiunsi, sapendo già cosa avrebbe voluto sapere.
“Dì un po’... il ragazzo a cui ti riferivi era Ian, vero?”
Mi fissava, quasi sperando non fosse così.
“Si... é vero”. La mia voce uscì calma, posata. Non avevo nulla di cui vergognarmi.
Fece un sorriso amaro. “L’avevo immaginato...”
“La cosa ti crea dei problemi?” chiesi curiosa.
“No, mi dispiace soltanto...”
“Perché?”
“Perché tu mi piaci davvero. Mi sei piaciuta dalla prima volta che ti ho vista” esclamò di getto.
“Cosa cazzo stai dicendo?”
La voce di Ian riecheggiò per tutta la stanza. Si avvicinò a grandi falcate, sembrava un toro alla carica.
Istintivamente mi misi tra lui e Jeff, sperando di poterlo calmare.
“Cos’é questa storia Jeff?” ringhiò. “ Non dirmi che é Megan la ragazza per cui stavi una merda!”
“Si, é così. Speravo che potessi piacergli. In fondo siamo stati bene quella volta, l’hai detto anche tu” rispose indicandomi.
Ian mi fissò “A cosa diavolo si riferisce?” era furioso.
“Jeff, potresti lasciarci soli?”
Lui mi guardò incredulo.
“Lasciaci soli” intimai lanciandogli un’occhiataccia. Abbassò la testa e salì le scale.
Mi girai verso Ian stringendogli le mani.
“È successo dopo la festa... mi ha chiesto di prendere un caffè insieme in modo amichevole. Sapeva che non volevo nessun appuntamento e io ero sconvolta per quello che era successo con te. Volevo sentirmi normale per una volta e dimenticare quell’episodio. Ma non é successo nulla tra me e lui. Te lo giuro”.
Lo fissavo con lo sguardo carico di scuse. Mi sentivo in colpa, pur sapendo di non aver fatto niente di male.
“Quindi... non é successo nulla?” balbettò ancora in preda alla rabbia.
“No... niente di niente. Abbiamo solo preso un caffè e chiacchierato da Starbucks. Alla fine mi ha riaccompagnata perché era buio e io non me la sentivo di tornare da sola. Questo é tutto”.
Stringeva così tanto il pugno da mettere in tensione le vene del braccio, fino ai muscoli della spalla.
“Non ti ha toccata? Non ha provato a baciarti?” chiese prendendomi il viso tra le mani, facendomi indietreggiare verso il pianoforte.
Era rude, ma me lo aspettavo. “No”.
La sua bocca piombò sulla mia, aprendola con forza. Con una mano mi circondò la vita, sollevandomi e facendomi sedere sul pianoforte; mentre l’altra mano mi stringeva leggermente il collo. Era un animale, che marchiava il proprio territorio.
La mia mente era totalmente annebbiata e in preda al piacere assoluto. Per quanto fosse un po’ violento non faceva che eccitarmi ancora di più.
“Ian...” ansimai quando si abbassò a baciarmi il seno “Gli altri sono di sopra...”
Alzò lo sguardo verso di me; i suoi occhi di ghiaccio erano scuri dal desiderio, come un predatore quando punta la propria preda.
Poi tornò sul seno, facendomi emettere un piccolo gridolino.
“Così ti ricorderai a chi appartieni” disse ghignando.
Mi fissai lì dove si era soffermato. Aveva lasciato un piccolo segno rosso e gonfio.
Diventai paonazza. “Sei diventato matto? Così lo vedranno tutti!”
“Così tutti sapranno che sei mia...”
Infilai la mano tra i suoi capelli stringendoli con forza “Mi sta bene...” e lo baciai di nuovo.
Quando entrambi tornammo di sopra gli altri finsero di non notare nulla di strano; anche se lo sguardo di Chris luccicava dal desiderio di scoprire tutti i dettagli.
Ian si era calmato, anche se qualche volta lanciava delle occhiate truci a Jeff, che se ne stava in un angolo a testa bassa a giocherellare con le bacchette.
“Direi che dovremmo prendere in considerazione l’idea di cercare un altro chitarrista” disse Ian guardando gli altri due della band.
“Sono d’accordo” si introdusse Jeff “Non possiamo continuare a perdere ingaggi così. Perderemo anche la nostra credibilità con chi ci propone i concerti”.
“Si, Jeff ha ragione. Stiamo perdendo la fiducia di chi ci ha assunti. Così finiremo per non avere più nessuna offerta”. Continuò Ian.
Fu in quel momento che sentii per la prima volta un discorso intero pronunciato da Alan. “Perché non lo chiedi alla tua amichetta che ti sta seduta accanto? Non é niente male con la chitarra. Ha anche una bella voce”.
Mi gelai sul posto. Come faceva a saperlo? Non avevo mai suonato fuori dal mio appartamento. Che fosse venuto a conoscenza del mio passato? No, era impossibile. Tutti mi fissarono. Jeff e Ian increduli, Chris sconvolto quasi quanto me.
“Che dici Alan...” cercò di aiutarmi Chris.
“Non coprirla amico... sai bene a cosa mi riferisco” mi guardò con un mezzo sorriso sul volto. “Ti ho vista alla sua festa che strimpellavi in giardino... Non avevo capito che eri tu all’inizio, era troppo buio. Poi ti ho riconosciuta. Mi hai sorpreso davvero quando hai iniziato a cantare... Sia la musica che il testo della canzone erano tue, vero?”
Merda, era proprio un bel guaio.
“Megan...” stava per iniziare Ian, ma lo bloccai.
Improvvisamente tornai ad essere quella di qualche anno fa, fredda e indifferente; i miei occhi si spensero perdendo ogni espressività.
“Allora eri tu l’ombra che ho visto quella sera... Non importa. Non tornerò a suonare”. Mi alzai andando a recuperare la mia borsa.
“Aspetta un momento” Ian si era alzato seguendomi “perché non me lo hai detto?”
“Non ho ritenuto di dovertelo dire. É qualcosa che non mi piace ricordare”.
“Però quella volta hai suonato!”
Mi girai di scatto incastrando i miei occhi nei suoi “quella sera ero un po’ sconvolta e per quanto il mio rapporto con la musica sia contorto l’ho trovata la mia unica consolazione in quel momento”.
Gli altri non capivano di cosa stessi parlando, ma Chris non intendeva passarci sopra.
“A cosa si riferisce, Ian?” chiese fissandolo. “Perché Megan era sconvolta? Ora che ci penso se n’è andata senza nemmeno salutarmi quella sera. È successo qualcosa per caso? E tu cosa c’entri?”
“Non é successo niente di che... abbiamo avuto una discussione pesante, ecco tutto...”
Per quanto in quel momento fossi fuori di me non avevo intenzione di rivelare quello che era successo quella sera. Gli altri avrebbero frainteso.
“Io me ne vado...”
“Aspetta” Ian mi afferrò il polso.
“Ti prometto che un giorno ti racconterò tutto, ma per adesso ho bisogno di restare sola, per favore...”
Lentamente la sua mano mi lasciò andare.
Aprii la porta e andai via senza guardarmi indietro. 
  
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