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Autore: Eneri_Mess    01/02/2019    1 recensioni
«Non dovremmo essere qui.»
All’affermazione segue il rumoreggiare lontano di un tuono e Lance rabbrividisce nella mise da notte. Non sa se è l’ambiente ad agitarlo o la situazione, o entrambe le cose fin troppo connesse.
«Non dovremmo affatto essere qui!» squittisce tra i denti. «A notte fonda-- per entrare nella biblioteca personale di Lord Kolivan! Ci ha chiesto minacciosamente - e preciso: minacciosamente! - di non ficcanasare!»
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la fanzine Tales of Altea
Un po' egocentrica ma,
la dedico a me,
per ricordarmi di scrivere
di Berlino.


 

Il Vampiro dei Marmora

 

«Non dovremmo essere qui

All’affermazione segue il rumoreggiare lontano di un tuono e Lance rabbrividisce nella mise da notte. Non sa se è l’ambiente ad agitarlo o la situazione, o entrambe le cose fin troppo connesse.

«Non dovremmo affatto essere qui!» squittisce tra i denti. «A notte fonda-- per entrare nella biblioteca personale di Lord Kolivan! Ci ha chiesto minacciosamente - e preciso: minacciosamente! - di non ficcanasare!»

Al passo successivo Lance è distratto dal proprio blaterare e sbatte il naso contro la schiena del Mago, fermo di fronte ai due battenti della porta chiusi dal chiavistello.

«Shiro!» lo vorrebbe pronunciare più squillante, ma si ritrova a bisbigliare acuto, e a stabilizzare la lanterna mentre tiene d’occhio l’oscurità che permea il corridoio; da dove sono arrivati c’è solo un nido di ombre.

Lance deve rammentarsi che non sono nella civilizzata Londinium di fine ottocento, dove le strade sono rischiarate dai lampioni. Affacciandosi dalle finestre del maniero di Marmora Hall, lì nel Dartmoor, ci sono soltanto ettari di brughiera e paludi. E una minaccia che non sono ancora riusciti a fermare.

Se prima ha sbattuto contro il Mago per disattenzione, ora Lance si accosta alla sua schiena di propria iniziativa, perché quella faccenda non gli piace e Shiro prosegue a ignorarlo. La verità è che sta mormorando un incantesimo, la fronte corrugata e la mano maledetta sospesa sopra il chiavistello.

C’è un altro tuono, che bussa ai vetri con un tremore che inizia lieve e finisce incalzante.

«… Shiro.»

L’invocazione di Lance è stridente quanto la serratura che scatta lenta, incoraggiata dall’incanto. Le dita del Mago afferrano per il polso il proprio Assistente e Shiro lo trascina oltre l’uscio, che si richiude come se non fosse mai stato forzato.

L’interno della biblioteca è ancora più tetro.

«Tieni bassa la voce» si raccomanda Shiro, la cui attenzione è interamente per l’ambiente che li accoglie.

C’è qualcosa di ostile, di solenne e di terribilmente segreto che percorre l’atmosfera della biblioteca; tutto serpeggia addosso a Lance insieme all’ennesimo tuono, portato da un fulmine che abbaglia le librerie, il mobilio, i dettagli che al buio non hanno potuto vedere. Tra questi c’è un volto su una parete.

Lance non riesce a stare quieto; si para di fronte al Mago e si aggrappa alle sue spalle con un lamento inarticolato, impedendogli di inoltrarsi nella stanza. È così sicuro che si stiano cacciando in un guaio più grande dell’attuale, che più di un sentore è un nodo consistente allo stomaco.

Tuttavia, non è capace di tradurre a parole la sensazione e dubita che, alla rada luce del lume, la sua espressione sia abbastanza convincente da far desistere Shiro.

«Il vampiro-» gracchia, certo di una morte orribile.

«Non c’è alcun vampiro.»

È una risposta inaspettata che distrae Lance, tanto che il nuovo rombo passa in secondo piano.

«C-Cosa?»

Ma il Mago, anche se non lo scosta, riprende a guardarsi intorno in cerca di qualcosa. Lance è sconvolto.

«Siamo qui per il vampiro! Qui, in questa maledetta brughiera, per fermare un vampiro! Cosa significa che non c’è alcun vampiro qui!? Shiro, ascoltami o giuro che urlo!»

La minaccia di mandare tutto all’aria fa crucciare il volto del Mago, che abbassa lo sguardo per fissarlo e annuisce piano.

«Ho idea...» ma pare un pensiero contro cui ancora combatte per essere sicuro. «… che la creatura nella brughiera non sia ciò per cui Matt e monsieur Coran ci hanno chiesto aiuto.»

«Shiro, là fuori c’è-»

«Qualcosa» e lo dice con il tono autoritario per cui di solito Lance si zittisce. «Nella brughiera c’è sicuramente qualcosa, ma non un vampiro.»

La pioggia ha iniziato a frustare le mura della villa ed è un sottofondo alla rivelazione che fa tabula rasa dei loro attuali progressi.

Lance non si sente rilassato dalla verità, per nulla; fa un passo indietro e affonda i denti nel labbro inferiore per trattenere lo scroscio di dubbi.

Il manuale Essere un Assistente ed Esserlo Impeccabilmente illustra la fondamentale necessità di mantenere stabile l’aplomb per contribuire positivamente ai ragionamenti del Mago, anche nelle situazioni più ingarbugliate.

«Se non è un vampiro… allora cos’è che ha occhi gialli, si muove veloce e silenzioso, non lascia tracce e morde le proprie vittime succhiandone il sangue…?»

Ciononostante, nel manuale non è spiegato come si possa mantenere la calma di fronte a una minaccia di cui neanche il Mago conosce l’origine.

Shiro si umetta le labbra. Quando lo fa è perché non ha una risposta.

«Ancora non lo so» almeno ha la capacità di affermarlo come se stesse dicendo «Ho intenzione di scoprirlo» che, in effetti, è quello che segue.

«E… vuoi scoprirlo nella biblioteca personale di Lord Kolivan? Perché?»

Lance si volta e rivolge un’occhiata all’ambiente, immobile e immerso nelle ombre, emanante qualcosa di sinistramente inquietante, come se i libri potessero aprirsi e mordere all’improvviso. Una possibilità che l’Assistente non si sente di escludere.

«Non ci ha raccontato tutto» riprende Shiro, superandolo per cominciare a ispezionare lo scrittoio.

«Tutto cosa? Lo dici solo perché è chiaro che a Lord Kolivan non piace averci intorno! Gli abbiamo invaso casa con un mese d’anticipo sul matrimonio della sua protetta e tu, specifico, tu hai preteso di restare nonostante lui intendesse preoccuparsi personalmente della situazione! Hai considerato che potrebbe essere una buona idea lasciarlo fare? Siamo qui per un favore, zero introiti! E poi la servitù di Marmora Hall è formata da domestici che-- be’, li hai visti? Sembrano guerrieri, non cuochi o giardinieri...»

«Gli uomini di Lord Kolivan sono Cacciatori.»

Di nuovo, Shiro esprime con noncuranza un pensiero che si è dimenticato di rendere noto.

Lance, in balia degli eventi nella sua vestaglia blu, lo osserva al riverbero della lanterna chino ad aprire cassetti e frugarci dentro. Non commenta, non subito; richiude la bocca, inspira e poi preferisce massaggiarsi la tempia con dita stanche.

Con Cacciatori, Shiro si riferisce a un’altra categoria, come quella dei Vampiri, ritenuta estinta nell’Inghilterra moderna da almeno due generazioni. Ma quel posto, Marmora Hall, sta sovvertendo qualsiasi certezza Lance abbia appreso nei cinque mesi in cui ha vissuto a Londinium. Creature sovrannaturali, mercenari brutali e, all’apparenza, segreti da svelare. I suoi nipoti adoreranno le storie che quell’inverno porterà con sé nel tornare a casa, con la premessa di uscirne vivo.

«Vorrei chiederti perché non mi hai menzionato tutto questo, ma ora capisco come mai Lord Kolivan non gradisca la nostra presenza.»

Lance si arrende e si avvicina a Shiro per permettergli di sfruttare meglio la luce del lume e risparmiare energie e magia, altrimenti impiegate per far brillare la sua mano maledetta. Avranno bisogno di essere pronti se quella notte qualcuno li beccherà.

 

Il tempo scorre e Lance inizia sottilmente ad annoiarsi. Ha passato al vaglio l’intera biblioteca e ci sono diversi oggetti grotteschi, tra cui delle maschere tribali, un’urna al centro di un tavolino da tè davanti al caminetto, una treccia di capelli bianchi appesa in una teca, una collezione di varie spade dalla lama scura. Una volta illuminata ogni superficie della libreria, non c’è nulla di così sconvolgente da fargli temere una rappresaglia da parte di libri incantati. Anzi, sembrano in generale tutti albi normali, vetusti e in lingue che Lance prova a indovinare borbottando le lettere che riconosce.

Shiro invece emana tensione e un velo di frustrazione - come suo Assistente, Lance ha memorizzato le sue piccole rughe d’espressione - mentre scartabella tra carte e appunti, e poi ancora analizzando artefatti ricorrendo a incantesimi Revelio, ma senza venire a capo di nulla.

Intanto, Lance ha aggirato il tavolino con l’urna e si è avvicinato al volto che lo ha spaventato quando il fulmine ha illuminato la stanza. È appeso sopra il focolare spento ed è il ritratto di una donna; lo sguardo, nonostante non sia rivolto verso l’osservatore, riesce a penetrargli sottopelle anche nella penombra.

Non è una bellezza spontanea come Lady Allura, la figlia adottiva di Lord Kolivan, e non è sicuro neanche si tratti di una nobildonna, data la foggia dei vestiti che favoriscono la praticità a discapito dell’eleganza, ma ha un qualcosa che Lance non sa spiegarsi e che lo lascia sospeso e affascinato. Percorre ogni dettaglio - labbra, zigomi, taglio degli occhi, il cipiglio - in cerca di quel particolare che non riesce ad afferrare e che gli è famigliare.

Nella parte bassa della cornice trova una targhetta in metallo.

Krolia.

Un nome a cui segue un motto.

«Conoscenza o morte…?»

«… cosa hai detto?»

Lance, che non si è accorto di essersi espresso a voce, trasale alla domanda di Shiro. Il Mago lo sta guardando con una veemenza tale che qualcosa tra il suo stomaco e il petto sobbalza, ma gli indica lo stesso, e senza tentennamenti, la targhetta.  

Shiro ha diverse nuove reazioni in sequenza e Lance le osserva in dettaglio: lo vede sfiorare e rileggere l’incisione in un mormorio carico di sentimenti misti, per poi prendergli di mano la lanterna e alzarla in modo che la luce raggiunga la tela per intero. La linea degli occhi di Shiro parla per lui, come se avesse trovato una parte di quel segreto che andava cercando. E che sembra avere un nome speciale.

«Keith

«Aspetta, chi?» Lance sposta lo sguardo dalla donna dipinta a Shiro e viceversa, perso nel collegamento. «Hai detto Keith? Quel Keith? Il tuo primo… Assistente?»

Shiro non risponde, non nell’immediato. Sta stringendo il manico della lampada come riflesso dei propri pensieri.

«Non è scomparso un anno fa?» ritenta Lance.

«Sì.»

«E cosa c’entra questa… donna… !»

L’epifania coglie il ragazzo senza preavviso. Conosce Keith solo dalle fotografie scovate le volte che ha rassettato lo studio del Mago, ma la somiglianza combacia in quelle labbra, zigomi, occhi, perfino nella fronte tesa di Krolia.

«Sono… imparentati» ma Lance non vuole scommettere sul grado, non quando, per la seconda volta, è stato scoperchiato un altro vaso di verità.

«Deve essere sua madre. Keith la cercava.»

«Ok, ok, un momento… perché Lord Kolivan ha un ritratto della madre di Keith? Possibile che anche loro siano, non so, zio e nipote?»

È un’ipotesi che irrigidisce Shiro. C’è qualcosa che combatte sul suo viso, parole trattenute da labbra morse dai denti per non parlare. Lance sposta lo sguardo di lato perché conosce anche quell’espressione. Quella del non posso parlartene. Ha imparato come funziona: non insistere. Ma non fa in tempo a cambiare discorso, perché questa volta è diverso. Questa volta Shiro cerca i suoi occhi.

«Keith sapeva solo tre cose del suo passato» inizia il Mago, passandosi una mano sul volto nel tentativo di cancellarne i sentimenti contrastanti. «Sua madre gli ha lasciato un pugnale, uno da Cacciatore.»

Lance avverte come il rumore di un ingranaggio scattare nell’intrico di misteri di quella notte.

«Gli ha lasciato un coltello come pegno materno? Un momento- quel pugnale! Quello nel tuo studio?!»

«È ciò che mi è rimasto dalla sua scomparsa, insieme a-- c’è una frase che ogni tanto ripeteva, una sorta di motto, l’unico indizio che in anni di ricerca è riuscito a scovare, legata a un gruppo di Cacciatori...»

«Conoscenza o morte...» ricollega l’Assistente, con un pessimo brivido lungo la schiena. «Niente di più macabro, eh? Più scopro cose di questo Keith e meno ho voglia di incontrarlo.»

Shiro, suo malgrado, si lascia sfuggire un sospiro e un breve sorriso condiscendente. Lance gli piace per la sua naturalezza.

«Poi?» incalza quest’ultimo.

Shiro torna con gli occhi a osservare quelli di Krolia, che in un certo senso sfuggono i suoi, continuando, nell’ostinazione sottolineata dalle pennellate, a fissare di fronte a sé.

«Questo che sto per dirti deve rimanere tra me e te. Non si tratta semplicemente del vincolo di segretezza tra Mago e Assistente… È molto importante. Davvero importante Lance.»

Lance riconosce quando non è il momento di fare battute e succede quando il suo nome è menzionato con un’enfasi per cui farebbe di tutto per Shiro. Quindi rimane in attesa, perché ha capito che sarà forse la rivelazione più scottante, ma non ne immagina la portata.

«La madre di Keith è un vampiro.»

Lance si strozza con l’aria.

«CO--!?»

Lo schiocco tempestivo delle dita di Shiro impedisce a Lance di mettere in allerta mezzo maniero. Lo guarda con una pazienza comprovata che ha radici profonde, mentre gli occhi dell’Assistente sono stralunati e parlano per la voce che gli è stata silenziata.

Nel tempo che impiega l’incantesimo a sciogliersi - «Scusami Lance» - il Mago si chiarisce.

«Keith è un Diurno, metà umano metà vampiro. Questo succede quando una donna incinta riceve il Morso» e l’attenzione di entrambi si focalizza nuovamente sul ritratto. «I Diurni sono rari, poiché i nascituri non sempre sopravvivono alla trasformazione. Ma hanno vantaggi, tra cui il poter camminare alla luce del sole e confondersi con gli esseri umani.»

Lance cerca di parlare, ma solo dei vaghi suoni prendono corpo; gesticola frenetico con le mani, indicando in successione il dipinto e poi la biblioteca e alla fine si preme le dita sulle tempie con frustrazione.

«… Lo… van… non… se-nso… non ha senso!» riesce infine. «Perché Lord Kolivan tiene un dipinto della madre vampiro di Keith nel suo studio? Hai praticamente detto che Marmora Hall è un covo di Cacciatori!»

«Lance...»

«I Cacciatori cacciano i vampiri!»

«Lance.»

Lance si ferma, ma non lo ascolta. Non sa da dove riprendere lo sproloquio perché ci sono troppi punti oscuri; incurante di urtare il tavolino da tè, inizia a muoversi sul posto come se i passi fossero in grado di colmare le lacune.

«E se Krolia fosse stata una Cacciatrice? I suoi compagni cosa le avrebbero fatto dopo la trasformazione? E a Keith? Pensi che Lord Kolivan c’entri con la sparizione di Keith? Questa storia manderà a monte le nozze di Allura e Matt--»

«Lance!»

Il Mago afferra l’Assistente per le spalle e lo guarda dritto in faccia, con una distanza minima che in altre circostanze provocherebbe al ragazzo uno sfarfallio nello stomaco non indifferente. Ma in quel momento Lance ricambia la presa, stringendolo per le braccia con gli occhi spalancati.

«E se il vampiro nella brughiera fosse la madre di Keith!?»

«Non c’è nessun vampiro.»

«Ma- i morsi, gli occhi, il sangue, l’agilità-»

Shiro sospira prima di spiegargli le sue motivazioni.

«Ascolta: i segni lasciati dai denti sul collo sono troppo irregolari tra loro, in più le vittime raccontano di aver visto iridi gialle… i vampiri hanno la sclera gialla, se non l’intero occhio. Il succhiare il sangue e la velocità con cui colpiscono è ciò che hanno in comune, ma ci sono altri particolari che non tornano.»

Lance impreca, e poi si scusa con un ops.

«Siamo al punto di partenza… Non sappiamo cosa stia infestando la brughiera e ora scopriamo che Lord Kolivan nasconde più di semplici domestici-cacciatori. E se quello là fuori fosse Keith? Tecnicamente non è un vero vampiro.»

«Keith non attaccherebbe degli innocenti.»

Lance desiste prima ancora di ribattere, perché ci sono argomenti su cui Shiro è restio a discutere. L’occhio gli cade sulla pendola della biblioteca, che segna circa le tre del mattino.

«Possiamo tornare in camera adesso? Abbiamo sfidato la sorte più del dovuto e non voglio, per nulla al mondo, incappare in uno dei tirapiedi di Lord Kolivan… quell’Antok mi inquieta, soprattutto con le cesoie in mano, ora che so che si finge un giardiniere...»

Shiro annuisce e recupera la lanterna con un’ultima occhiata al quadro di Krolia. Quello che succede dopo è del tutto casuale.

Lance non lo fa apposta, è stanco. Le rivelazioni rimbombano nella sua testa come il temporale all’esterno e finisce col non fare caso a dove metta i piedi, inciampando. A sua discolpa, il tavolino da tè ha le gambe fragili e non è il posto ideale per tenere un’urna. Questa rotola in terra mentre lui si aggrappa a Shiro per non rovinare a sua volta. A fare la fine peggiore è il lume, che sfugge di mano a Shiro e si infrange sul pavimento, spegnendosi.

«Maledizione!» bisbiglia Lance imbarazzato, la vestaglia allentata e le gambe incastrate con quelle del Mago.

Lance ha l’impressione di essere tornato all’inizio di quella nottata infausta ora che la biblioteca è di nuovo immersa nelle ombre; nonostante sappia cosa ci sia sui vari mobili, conoscere i particolari macabri non aiuta a rendere lo studio meno spettrale. «… puoi ehm accendere la tua mano?»

Il Mago non replica se non con un respiro esasperato; porta il suo braccio nero e maledetto tra loro due, lasciando che si veni di minuscoli puntini luminosi fino a creare un riverbero violaceo. E si accorge tardi - con la complicità di un lampo - che c’è una terza presenza con loro. Due occhi completamente gialli luccicano alle spalle del giovane.  

«No!»

Lance tenta di gridare, ma è soffocato dalla mano del suo assalitore.

Il buio ammanta la scena e Shiro può solo immaginare quello che succede, dopo aver notato i canini snudati e affilati nel flash di un fulmine. La sua mano maledetta torna nera, fondendosi con le ombre per afferrare il suo Assistente e strapparlo dalla morsa dell’aggressore.

La stanza è in una impasse; i rumori nel buio sono un ringhio insoddisfatto, un gemito fiacco e un respiro fremente. Da qualche parte nel maniero è stato dato l’allarme intrusi.

Lance reagisce per primo mettendo da parte lo shock, la mano premuta sul collo e la destabilizzante realizzazione che quella cosa sia emersa dalle ceneri dell’urna; si aggrappa al braccio del Mago senza perdere d’occhio il vampiro.

«Shiro dobbiamo andarcene… non possiamo farci beccare-»

«… Shiro?»

Lo capirà a breve, ma per la prima volta Lance sente come suoni la voce di quel fantomatico ex primo Assistente del Mago più famoso di Londinium. Ed è l’ultimo fulmine di quella notte a permettergli di vedere per un istante gli stessi lineamenti della donna ritratta alle sue spalle. È una scena che non dimenticherà mai, come non dimenticherà il passo di Shiro verso quegli occhi che da gialli tornano viola, la mano che si allunga per poi offrirsi al Diurno in un gesto gentile che lo incoraggia a stringerla.

«Keith» dice piano. «Ti ho trovato.»

Ma non è il momento della riconciliazione. Lo sguardo del Diurno si spalanca quando lo scalpiccio nel corridoio diventa persistente e troppo vicino. Compie un passo indietro, traballando per una debolezza improvvisa.

Lance ha le palpitazioni per il precipitare degli eventi e parla ancora prima di pensare.

«Cosa facciamo Shiro!? Se lo scoprono lo incolperanno di tutto quello che è successo!»

La pendola scocca le tre con un rintocco per cui non si torna indietro e Keith non dà loro spazio per agire. Non quando ci sono colpi alla porta dello studio e le uniche vie di fuga sono le finestre.

È contro una di queste che Keith si getta, parandosi con le braccia, incurante della caduta dal primo piano.

Quando Shiro e Lance si affacciano, il vento porta la pioggia contro i loro volti sconvolti, mentre le tracce del Diurno si perdono nelle sagome oscure del giardino.

«Fantastico. C’è davvero un vampiro nella brughiera ora...» è l’ultima cosa che Lance ha da dire.





Pagina autore: Nefelibata ~
   
 
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