*Note dell’autrice
che scrive fino alle
tre di notte colpita dall’ispirazione*
Salve a tutti!
Sì,
sono sempre io e no, non mi sono ancora stancata di postare Shot invece
di
aggiornare Ombra XD. Però… va bene
così. Oggi va tutto bene così.
È una
giornata
strana, sapete? Un momento sono triste, un momento allegra.
Sarà il tempo? Boh,
non riesco a spiegarmelo. Sarà quel che sarà, non
importa. Non è una sensazione
così fastidiosa.
A chi interessa,
a proposito: il capitolo di Ombra è pronto, ma devo trovare
il coraggio
necessario a postarlo. Ed ora proprio non ce l’ho. Forse sono
troppo
stranamente felice, o forse questo periodo è strano e basta.
Fatto sta che ho paura. Non so neanch’io il
perché,
non cercate di capirlo, penso che sarebbe inutile.
Parlando della
Shot!
L’ho
scritta d’impulso
ieri sera, presa da una non so quale ventata d’ispirazione.
È stato strano: da
tanto non mi colpiva così. Beh, meglio XD.
Sapevo perfettamente
cosa ne sarebbe uscito. Per la prima volta avevo tutta la trama
perfettamente
in testa. È stato facile, davvero.
Forse
perché
sapevo a cosa e a chi sarebbe stata destinata.
È stato
piacevole, comunque. Ed anche divertente, in ogni caso.
Spero di non
essere caduta troppo nell’OOC, ma in alcuni casi è
stato anche inevitabile.
Per il titolo
ringrazio Emiko! È l’ultima strofa della canzone
“Ranma e Akane no ballad”.
Grazie, Emi-chan!
Beh… non
so più
che dirvi, ho finito le parole XD.
Ecco: una delle
altre cose strane è che DEVO parlare. E lo faccio davvero
troppo,
probabilmente.
Insomma, ragazzi,
chiamiamo la neuro XD!
Bacioni!
Mary-chan
Senza
parole, la tua mano nella mia è abbastanza
[E tutto va bene
così
com’è]
Alla mia pazza coccolosa Emiko.
Perché
le voglio bene, perché gliela devo e perché ormai
il bisogno di scrivere
qualcosa per lei era diventato insopportabile. Dovevo fare qualcosa per
lei, è
stato più forte di me.
A Roro,
anzi, a Rossella. Perché
è una persona meravigliosa anche se non se ne
rendo conto e se la merita, questa Shot. Anche se forse è
troppo poco per
dimostrarle il profondo affetto che nutro per lei.
A
voi, perché vi adoro e mi fate sentire veramente bene.
Tra la confusione, si
fa spazio in mezzo alla folla accalcata che
balla al ritmo della musica assordante che riecheggia nel locale.
Pesta qualche vetro
rotto, cicche di sigarette che qualche sciocco
ha buttato nella sala, cerca di schivare tracce di alcolici caduti sul
pavimento, per non bagnarsi le scarpe.
Stringe tra le dita
lunghe e affusolate il suo bicchiere, pieno
per metà di uno strano cocktail verdino.
Strano,
ma buono, pensa, prendendo a
spallate un uomo ubriaco che le sta venendo addosso.
Odia questa
discoteca. Troppo
piccola. Sarà l’ultima volta che ci
metterà piede, ha deciso.
Anche
se si rimorchia
bene.
Riesce, finalmente,
ad appoggiarsi al bancone, discretamente al
sicuro dalla massa di gente sudata che inizia ad essere sempre
più incontrollabile.
Beve un altro sorso,
piano, poi adocchia la sua accompagnatrice e
le fa un cenno. La vede avvicinarsi sorridendo di sottecchi ad un
ragazzo poco
distante, che la guarda come se volesse mangiarla. Quella sorride
languida, poi
si volta verso di lei, cercando di raggiungerla in tutta fretta.
L’amico
è fregato,
poverino, presume lei. In fondo è
carino… Probabilmente lo
trova
appiccicoso.
“Allora,
Kagome: hai scelto la
preda?”. La sua amica l’ha raggiunta e le
parla, mentre ordina un drink al
barista.
“Non
ancora”. Muove la mano in modo circolare, vago. Sorseggia la
sua bevanda. “Tu hai fatto conquiste, vedo”, le fa
notare ridacchiando.
Sango la squadra
esasperata, spiegandole di quanto fosse stata
sciocca a non rendersi conto che quel ragazzo era troppo
interessato.
“Può
capitare”, la consola l’altra. “Mi spiace
per lui, però. Ti
sta ancora aspettando con ansia”, nota.
“E
aspetterà ancora e ancora”,
sottolinea, cercando di mimetizzarsi al bancone, per non farsi notare
troppo.
L’amica
osserva i suoi capelli castani, raccolti sulla nuca con
due bacchette giapponesi, il nasino piccolo, leggermente arrotondato,
gli occhi
nocciola, grandi, illuminati, la pelle abbronzata, le labbra rosse e un
po’
sottili, il fisico slanciato. Ride di gusto. Adora la compagnia di
quella bella
ragazza. La sua compagna d’avventure, senz’altro.
“Kagome,
Kagome…”, la rimprovera l’oggetto dei
suoi pensieri.
“Invece di ridere, dovresti scegliere la
preda, se non vuoi presentarti lì
da sola, lo sai”, continua. “E poi non capisco
perché tu ti sia ridotta
all’ultimo, questa volta. Di solito ti applichi almeno due
giorni prima, per
questo lavoro”.
L’altra
posa il bicchiere, ormai vuoto, sul bancone, dove viene
presto recuperato dal barista, che l’osserva ammiccando. Lei
fa finta di non notarlo,
continuando a prestare la sua attenzione all’amica che ancora
non ha ricevuto alcuna
risposta.
“Questa
sera m’ispirava. Sono sicura che lo troverò,
Sango-chan.
D’altronde non dev’essere perfetto.
Mi serve e basta, poi potrò lasciarlo, lo sai anche tu. Non
ho intenzione di
trovarmi un uomo fisso con uno schiocco di dita, come pretendono loro.
Continuerò a presentarmi alla villa con ragazzi diversi,
spiegando loro ogni
volta che no, non ho ancora trovato l’uomo della mia vita e
che sì, lo sto chiaramente
cercando. Così ora
accalappio un bel ragazzo, domani lo porto dalla mia famiglia, lui mi
scaricherà appena varcata la soglia d’uscita e
saremo tutti contenti. Semplice
come sempre, no?”, le domanda, sorridendo e ordinando un
altro alcolico. Lo
sceglie dalla piccola lista dei cocktail.
Questa
volta è rosa, ha
un ombrellino e una ciliegia. Il tutto coperto di panna, carino.
“No, non
è così semplice, in realtà. Non so
come tu possa vivere
così, Kacchan”. La ragazza scuote la testa,
rassegnata.
“Questione
d’abitudine. Ormai non mi pesa neanche
più”. Si sistema
i capelli su una spalla. Beve un sorso.
Buono,
ma era meglio
l’altro.
“Trovato”,
dice Kagome. “E… agganciato, ora”,
sussurra soddisfatta
di sé.
“Dov’è?”,
chiede l’altra, osservandola attenta.
“A ore
dodici per me, dietro di te. Mi sta fissando. Circa un
metro e ottanta, muscoloso, molto sicuro di sé, a quanto
vedo. Mezzo demone. Ha
i capelli lunghi, argentati, degli occhi da favola e, oh!,
quelle orecchie pelose sono davvero adorabili! Dovrò
sbrigarmi
a toccarle prima che mi molli. Chissà se me lo
permetterà. Mmh… tu che dici?”
“Dico che
il suo amico è uno schianto. A dopo Kacchan, vado a
farmi offrire un drink!”, la saluta, facendole
l’occhiolino.
Lei ride, poi torna a
voltarsi verso il barista, cominciando a
chiacchierare con lui.
Bene,
bene. L’ho
trovato. Ed ora… Sì, ora è il momento
giusto, pensa, tornando a
ballare in mezzo
alla folla, sicura che presto avrà compagnia.
Si allontana da una
ragazza che si sta strusciando contro di lui,
evidentemente ubriaca, e si avvicina all’amico –
capelli neri, raccolti in un
codino basso, occhi azzurri, magnetici, un corpo che tutte le ragazze
desiderano –, che balla con due ragazze. Con
due barbie.
“Vieni,
amico”, lo chiama l’altro. “Vieni a
divertirti con noi!”,
continua.
“Miroku…”,
lo separa dalle due e l’aiuta a sedersi, in malo modo,
su un divanetto di pelle rossa. “Quanto hai
bevuto?”, gli domanda, irritato.
“Poco,
poco. Poco, poco. Ehi, bellezza! Perché non andiamo a
ballare?”, urla.
“Certo: poco, poco.
Tanto per cambiare”, borbotta lui, accomodandosi
anch’egli sul divano.
“Oh, su,
Inu-chan! Un po’ di vita! So che non ti piacciono le
discoteche, ma, andiamo! Guardati intorno! Non
vedi che meraviglie della natura?”. Miroku gli
dà una gomitata sul fianco,
indicandogli qualche ragazza poco distante.
InuYasha sbuffa,
staccandosi leggermente da lui e incrociando le
braccia al petto, seccato. “Non chiamarmi Inu-chan,
stupido maniaco. E poi non sono come te, io”.
“Lo so, lo
so”, dice con fare saggio, dandogli una pacca sulla
spalla. “So che ti manca ancora Kikyo,
ma…”
Il mezzo demone
ringhia.
“…
Pensa alla cosa positiva: ora sei libero. Puoi andare con tutte
le ragazze che vuoi, non ci pensi? Non ti sale un brivido
d’eccitazione sulla
schiena al solo riflettere su una cosa del genere?!”. Alza un
po’ la voce,
visibilmente emozionato. “Ora puoi fare tutte le cose che non
potevi fare
quando stavi con lei. Non sei più felice?”
In
effetti…, pensa.
“E poi ti
sei fatto mollare come uno scemo, lasciatelo dire.
Quindi ora abbi almeno la dignità di conquistare
un’altra bella fanciulla
indifesa, che…”. Si ferma un attimo per
massaggiarsi il punto in cui il suo
amico l’ha appena colpito con un pugno.
“… Sicuramente cadrà tra le tue braccia
da principe”, termina, con una smorfia di dolore sul volto.
“Dici cose
senza senso. Quelle sono cose che fai tu,
porco, non io”. Alza un po’ la voce
– aggressiva, in questo momento – per rimproverarlo.
Sta
dicendo cose
sciocche. Solo cose sciocche, si convince.
“Oh, ma che
dici!”. Miroku si riprende subito, tornando allegro.
“Tu sei uguale a me, in fondo e… guarda:
là c’è una ragazza che sono sicuro
sarà perfetta per te!”, conclude
velocemente e quasi strillando, per evitare il secondo pugno che presto
avrebbe
ricevuto dal compagno.
Quest’ultimo
si gira, drizzando le orecchie canine, curioso, per
osservare questa misteriosa ragazza. Spalanca gli occhi, rimanendo per
un
momento scosso.
Alta, presume, circa
un metro e sessantacinque, gambe lunghe,
sottili, un didietro da far concorrenza a Jennifer Lopez, ventre
piatto, seno
decisamente abbondante, schiena da favola. Posa lo sguardo sui capelli
corvini,
ondulati, morbidi, che le arrivano quasi fino alle natiche, poi sul
nasino
piccolo e leggermente all’insù, successivamente
sugli occhi, dove si ferma per
qualche attimo di troppo. Un mondo color Nutella lo avvolge,
lasciandolo senza
fiato.
Si accorge di
fissarla forse troppo tardi, quando anche lei ha
incrociato il suo sguardo. Viene distolto dal suo amico, che reclama
per un
secondo la sua attenzione. Non sa perché, ma sente montargli
dentro una voglia
improvvisa di sbranarlo per averlo interrotto.
“Non
pensare che somigli a Kikyo, perché sento che sono molto
diverse”, gli riferisce.
“Sinceramente
non era proprio la cosa a cui stavo pensando, Miroku”,
mormora, pregando che lui non l’abbia sentito e torna a
guardarla ridere con
l’amica.
È
bella, è il
primo pensiero
lucido che gli viene alla mente.
“Guarda che
visino delizioso, Inu-chan! La trovo perfetta, per
te!”, grida contento l’amico. “E guarda
l’amica… Mmh, sì, proprio
un’adorabile
donzella! Penso che andrò ad offrirle un drink, ma
prima… Scusa, amico, ma devo
vomitare”, sussurra tenendosi lo stomaco, mentre corre in
bagno.
“Ho
bevuto poco,
poco”, certo. E io sono una ragazza. È un caso
clinico, mi devo rassegnare.
Riporta lo sguardo
leggermente assonnato su di lei e la vede
chiacchierare amabilmente col barista, che, nota, punta lo sguardo dove
non
deve, secondo lui.
E la gelosia,
inspiegabilmente, prende il sopravvento.
Lo fulmina con lo
sguardo, poi incrocia i suoi occhi.
Un’ultima occhiata, poi la vede sparire tra la folla.
Mi
aspetta, lo so.
“E io non
la farò aspettare”, bisbiglia, mentre si alza dal
divanetto rosso e la raggiunge in mezzo alla pista da ballo.
Lo cerca con lo
sguardo, senza farsi notare, ma lo perde di vista.
Mentre continua a
ballare, perfettamente a ritmo, continua anche a
cercare intorno a lei, senza però riuscire a notarlo.
Non
è che è andato
via? No, impossibile, non può essere. Non ci credo.
“Ciao”,
sente dire alle sue spalle. È sollevata. Sperava che lui
non fosse tornato a casa.
Si gira, colpita da
quella voce perfetta. E lo vede.
Lì, di fronte a lei, sorridente. E lei pensa
di morire, per un secondo.
“Piacere,
Kagome”, si presenta piano, mentre allunga una mano
verso di lui.
“InuYasha”.
Il mezzo demone la stringe, continuando a sorriderle
sghembo.
“Inu…
Yasha… Mi piace, sì. Suona bene”, dice,
mentre, imbarazzata,
arrossisce leggermente.
“Beh, ti
ringrazio”, risponde, anch’egli imbarazzato.
Il silenzio cala tra
loro, mentre i colpi accaldati intorno si
muovono e la musica sembra sempre più forte, assordante.
Come se qualcuno
avesse alzato il volume, come se tutto intorno a
loro sembrasse inappropriato. Come se qualcosa all’infuori
di loro fosse inappropriato.
E anche il silenzio
muta. Sembra chiasso. Il chiasso di tutte
quelle parole che vorrebbero uscire, ma che rimangono nascoste.
Come se tutto fosse perfetto,
ma incredibilmente sbagliato. E
quella strana sensazione fosse solo un avvertimento.
Poi, tutto quieta.
La gente si calma. La
musica – oramai insopportabile – diventa
dolce, tranquilla.
Una scarica elettrica
li attraversa e tutto continua a muoversi,
con loro. Per loro.
È
la prima canzone
lenta della serata. Sarà una coincidenza? Kagome cerca di
ragionare senza risultato,
troppo distratta dalla mano del ragazzo che ha preso dolcemente la sua,
anche
se con imbarazzo.
“Ora”,
comincia, “penso che un ballo sia d’obbligo, non
credi
anche tu?”
“Sì”,
risponde. “Penso proprio di sì”.
Si avvicina
lentamente a lui, le sue mani intorno al collo del
ragazzo, la testa poggiata al suo petto.
Sente le mani di
InuYasha stringerla per i fianchi.
Calore. Le piace.
Appena chiude gli
occhi si trova in un altro mondo.
Solo lui e lei. Ed
è tutto dannatamente perfetto.
Così
perfetto che, forse, dovrebbe anche abbandonare tutto.
Così
perfetto che, forse, è addirittura sbagliato.
Appena stringe la sua
mano, però, tutto passa.
Tutto va benissimo
così.
Perfetto o imperfetto.
Sente
solo completezza.
E non sa spiegarsi
cosa sta accadendo, perché sente che è assurdo,
ma va bene.
Tutto va bene, in
quel momento, con lui.
“Andiamo
via”, lo sente sussurrare.
“Mh?”.
Si desta. Apre gli occhi. Lo guarda.
“Questo
posto mi ha stufato, andiamo via”, ripete.
“Sì,
andiamo”.
Kagome recupera la
borsa nel guardaroba, poi escono all’aria
aperta.
Camminano tra le
stradine circondate d’alberi di ciliegio,
parlando piano, godendosi l’atmosfera.
Annullerò
l’appuntamento alla villa, dai miei genitori.
Voglio… voglio stare con lui, decide stranamente.
Per questa volta va bene così.
“Ho voglia
di una crepe alla Nutella”. InuYasha la guarda, ridendo
appena, senza un particolare motivo.
“E questa
voglia? Come ti è venuta?”. Ride anche lei, ora.
È
tranquilla. Le piace questa sensazione.
“Beh,
ecco… Io…”. L’hanyou
arrossisce, distogliendo lo sguardo.
“Mi è venuta voglia e basta, okay? Non
c’è un motivo particolare. Non ti capita
mai?!”, dice irritato, tentando di nascondere il lieve
rossore che si è
impossessato delle sue gote.
I
tuoi occhi, vorrebbe dire. Ma
non è da lui dire cose così schifosamente
sdolcinate. Soprattutto a una
sconosciuta.
Anche
se…
“Va bene,
signor Le-voglie-mi-vengono-così-e-basta. Ma dove
vorrebbe andare a prendere questa fantomatica crepe alle due di notte?
È venuta
voglia anche a me”, lo asseconda, divertita dal suo imbarazzo.
“Ecco,
lì, in fondo alla strada, vedi? Ne fanno di squisite e a
quest’ora sono aperti. E poi Rin sarà contenta di
conoscerti, ne sono sicuro”.
Annuisce, convinto delle sue parole.
“Rin?”
“Sì,
la ragazza di mio fratello”.
Continuano a
camminare, placidi, conoscendosi con calma, passo
dopo passo.
È felice
di come sia finita la serata. È
felice per tutto.
So che
non sarà mai
completamente perfetto, ma… Tutto va bene così.
Benissimo, sorride, mentre
riesce a toccare le orecchiette morbide dell’hanyou, che
brontola, falsamente
arrabbiato.
Ed è serena,
perché sente che riuscirà a farlo ancora e ancora.