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Autore: MadAka    03/02/2019    3 recensioni
Tutto ha inizio con un disegno. Perché è proprio un disegno quello che si trova Ewan, cantante degli Shards, nella tasca dei pantaloni al termine di un concerto. Due figure ben rappresentate su carta, lui e una ragazza e nessun indizio per risalire all'autrice.
Contro ogni previsione, il pensiero di individuare chiunque gli abbia dedicato quel piccolo bozzetto si appropria di lui, portandolo a incontrare una persona che sentiva già di conoscere.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“I know you like to do me wrong | But your love is my favourite song | I knew you wouldn’t understand | But your love is my favourite band”

The Vaccines. Your Love Is My Favorite Band

 

 

 

Manchester Arena, Manchester, 21 novembre

Ore 8:58 PM

Quattro anni dopo

 

Nel camerino che condivideva con i compagni di sempre, Ewan stava mettendo tutto sottosopra. Aveva sfilato dal suo borsone ogni indumento, inclusi quelli puliti e stirati che avrebbe infilato una volta sceso dal palco.

Vittima principale di quella sua agitazione fu Chris, troppo vicino a lui per impedire che gli abiti gli volassero addosso. Il tastierista bloccò lo smartphone e lanciò un’occhiataccia in direzione del cantante. «Quanta roba hai infilato lì dentro?» sbottò, temendo di essere, a sua insaputa, alle prese con l’equivalente maschile della borsa di Mary Poppins. Asciugamani, maglie, pantaloni, c’era perfino una bandiera; di tutto stava uscendo da quel dannato borsone.

Ewan, inginocchiato sul pavimento, si arrestò e sollevò lo sguardo sull’amico. «Non c’è» disse, quasi a motivare il caos che, era consapevole, stava facendo.

«Non c’è cosa?»

«La mia t-shirt della NASA» rispose il cantante, ricominciando a frugare nonostante il borsone fosse ormai del tutto svuotato del suo contenuto.

«Tutto ‘sto casino per quella maglia?» esclamò Chris. Si appoggiò di peso allo schienale del divano su cui stava e sollevò le braccia al cielo. «Ne hai tipo sei di t-shirt della NASA» gli ricordò.

«Sì ma non stasera e non qui.»

«Beh, Ewan, qualcosa dovrai pur metterti addosso. Non ti faremo salire sul palco a torso nudo» intervenne Trent, con il suo abituale tono austero.

«Alle fan piacerebbe» si intromise dal fondo della stanza Chase, finendo di masticare un pezzetto di cioccolato che si era da poco messo in bocca. Gli altri tre lo guardarono di sbieco, ma il ragazzo si limitò a una lieve smorfia seguita da un’alzata di spalle.

«D’accordo» sospirò il cantante. «Vorrà dire che terrò questa» concluse, tirando appena la stoffa dell’indumento che indossava. Si alzò in piedi, rimettendo alla rinfusa i vestiti nel borsone. Tuttavia continuava a ripensare alla cosa. Quella maglietta della NASA, lo sapeva, l’aveva portata con sé.

La porta del camerino si aprì e Ronan, il tour manager degli Shards, infilò la testa oltre la porta. «Stanno iniziando» li informò, per poi scomparire di nuovo. Sintetico e di poche parole, non si poteva negare fosse un uomo efficace quando si trattava di dare informazioni. Ciò che voleva lasciare intendere con quella sua sbrigativa apparizione era il fatto che la band supporto che avrebbe aperto il concerto degli Shards era appena salita sul palco.

I quattro ragazzi si alzarono, pronti per avviarsi in quel punto del backstage dove il loro fonico di palco li avrebbe agghindati con tutto il necessario per amplificare i loro strumenti. Lungo il corridoio che portava al palcoscenico, Ewan cominciò a sentirsi eccitato e nervoso. Le, ormai, centinaia di volte in cui si era esibito in un live show non gli erano bastate per non sentire l’ansia montare quando si avvicinava allo stage, consapevole del numero di persone alle quali erano stati staccati i biglietti per la serata. Quando iniziava a cantare tutta quell’agitazione gli scivolava di dosso, l’adrenalina lo inondava e lui si divertiva per tutto il tempo. Tuttavia, prima che quelle sensazioni potessero avvolgerlo doveva sempre fare i conti con quella salubre agitazione pre-concerto.

Il gruppo che apriva la loro esibizione era formato da cinque componenti, di cui due ragazze, tutti giovanissimi e piuttosto simpatici, originari di Llanelli. Gli Shards li avevano scovati un po’ per caso, ma l’idea di proporli come band supporto per la tour Europea era balzata subito alla loro mente.

Raggiunto il backstage, davanti alle scale che avrebbero portato sul palco, il cantante si fermò, osservando i cinque ragazzi suonare. Le luci colorate erano accecanti e oscuravano del tutto il pubblico che, dall’altra parte, sembrava gradire la performance dei giovani gallesi. Ewan li ascoltò, assaporando la voce delicata della cantante e cercando di sbirciare meglio per tentare – inutilmente – di vedere il pubblico, o anche solo una parte di esso. Il cuore prese a battergli per l’emozione e lui non poté fare a meno di sorridere. Erano mesi che gli Shards non facevano un concerto. Avevano da poco pubblicato il loro quinto disco, talmente nuovo che molti dei fan non avevano ancora avuto modo di ascoltarlo. Dopo mesi di stop per rifinire quell’album, finalmente, tornavano a esibirsi dal vivo, a fare una delle cose che a ciascuno dei quattro componenti della band piaceva di più.

Il cantante fremeva dalla voglia di salire sul palco, anche se in quel momento era teso e agitato. Non vedeva l’ora di cantare per quel pubblico, di sentirlo restituirgli l’energia e la carica, di udirli recitare come un’unica, possente, voce le parole dei loro testi. Non stava più nella pelle, nient’altro.

I due rodie aiutarono i ragazzi a sistemare quanto di elettronico era necessario per il concerto, dopodiché li lasciarono liberi di rimanere lì, in attesa della loro esibizione. Il cantante rimase in un angolino, ben nascosto da possibili sguardi del pubblico, a godersi il resto del concerto di apertura, gli auricolari abbandonati sulle spalle. Si passò una mano in testa, sentendo i capelli corti al suo passaggio, freschi di rasatura. Era da diversi mesi che aveva cambiato taglio. Ai suoi capelli sempre in piega aveva iniziato a preferire una corta rasatura – con sorprendente dispiacere generale da parte dei fan – piuttosto divertente anche da toccare – a detta della sua ragazza. Alle volte, però, i capelli di un tempo gli mancavano, perciò aveva deciso che se li sarebbe fatti crescere di nuovo. Per il resto il suo look non era affatto cambiato, al punto che molte t-shirt che continuava a indossare erano le stesse da anni, inclusa quella della NASA che avrebbe voluto portare quella sera per il suo ritorno alla vita dei concerti live. Era sicuro di averla portata con sé, per questo ancora non si dava pace al pensiero di non averla trovata, prima. D’un tratto, però, gli venne l’illuminazione e la cosa lo fece ridere. Aveva capito dov’era quella t-shirt e anche perché non l’avesse trovata.

 

 

 

 

Manchester Arena, Manchester, 21 novembre

Ore 9:17 PM

 

Anche dopo tutti quegli anni gli Shards continuavano a essere la band preferita di Amelia. Ne erano successe di cose da quando li aveva incontrati per la prima volta, da quando aveva incrociato gli occhi blu di Ewan in quel post concerto a Glasgow. Eppure vederli suonare dal vivo continuava a essere una gioia per lei, una festa dei sensi e della mente. Continuavano a essere l’unico gruppo musicale di cui ballava ogni singola canzone, senza che si sentisse nervosa o a disagio nel farlo – e lei si sentiva sempre nervosa e agitata quando si trattava di ballare, al punto che preferiva non farlo. Amava cantare ogni parola di ogni canzone come se non sapesse fare altro nella sua vita. Aveva ascoltato il loro ultimo album e lo trovava un vero capolavoro, un gioiello, degno successore del precedente e non vedeva l’ora di sentirlo suonare dal vivo per la prima volta.

La ragazza si era ritagliata un angolino vicino alla postazione del fonico. La band supporto stava riempiendo l’aria con la propria musica, mettendo il massimo dell’impegno nella loro esibizione. Amelia batteva il piede al ritmo della batteria, ascoltando la loro performance. Era sola. Dopotutto a Manchester non conosceva nessuno e quella di andare ad assistere al concerto in mezzo al pubblico era stata una sua idea, una di quelle che non avrebbe mai ignorato, perciò essere sola non le dispiaceva molto. In mano teneva una birra, che avrebbe voluto conservare almeno per metà del live degli Shards – nonostante fosse già consapevole del fatto che non ci sarebbe riuscita.

Nello stadio cominciava a fare caldo, perciò si sfilò il giacchino di pelle e lo appoggiò alla ringhiera alle sue spalle, quella che delimitava l’area dei fonici. Scambiò un’occhiata con il tecnico luci e si sorrisero, dopodiché lei tornò a dedicare la sua attenzione davanti a sé. Arrotolò le maniche della t-shirt fin sopra le spalle, soddisfatta del suo abbigliamento. Il logo della NASA capeggiava sulla maglietta bianca che indossava, di qualche taglia più grande di lei, al punto che l’aveva infilata dentro i jeans skinny neri per evitare che sembrasse un pigiama. I lunghi capelli scuri erano stati tagliati il mese precedente, lasciando che ricadessero appena sopra alle spalle, con un taglio netto. 

Fatta eccezione per i capelli, Amelia non si sentiva affatto cambiata. La sua vita, però, quella sì che aveva preso una piega del tutto nuova. Era finalmente diventata una grafica; una libera professionista contattata da persone che chiedevano i suoi lavori. Inutile anche solo sospettare che il merito di tutto ciò non fosse degli Shards. Una volta rese pubbliche le grafiche per la tournée in America a cui lei aveva lavorato, le prime chiamate avevano già iniziato ad arrivare. All’inizio nell’ambiente musicale, poi le richieste dei suoi lavori  si erano estese anche alle case editrici e pubblicitarie.

Il silenzio che si era formato al termine dell’esibizione della band supporto, quel silenzio interrotto solo da qualche grida di un fan o uno sporadico fischio, in cui le luci blu illuminavano lo stage deserto e pronto ad accogliere i protagonisti della serata, stava rendendo Amelia fremente, sempre più eccitata al pensiero che, a breve, il quartetto londinese si sarebbe presentato sul palco per un paio di ore di musica.

Come aveva sospettato la birra non le era bastata. Andò a buttare il bicchiere vuoto, pensando se valesse la pena prendere altro da bere, ma l’improvviso fervore del pubblico le fece capire che il concerto stava iniziando.

L’esibizione degli Shards fu bellissima. Amelia non vide molto, l’altezza non era dalla sua parte quando andava ai concerti, soprattutto perché sembrava sempre che le persone alte lo facessero apposta a fermarsi davanti a lei. Tuttavia la cosa le importò poco. Conosceva bene i volti del quartetto londinese ed era lì, fra quelle centinaia di persone, per la loro musica, le loro canzoni e le loro parole. Era lì per godersi un po’ di sana musica dal vivo ed era ciò che aveva fatto, al punto che quando gli Shards salutarono ringraziando il pubblico e sparirono dietro le quinte  per la seconda e ultima volta, lei si sentiva rinata. Come quei ragazzi riuscissero a farla sentire così ogni volta non avrebbe mai saputo spiegarselo, fatto sta che sembravano essere in grado di aiutarla come nessun altro al mondo.

Quando gli spettatori iniziarono a scemare, procedendo verso le uscite, la ragazza riprese la propria giacca di pelle e la infilò dopo essersi sistemata la t-shirt. «Grazie» disse in direzione del tecnico luci quando incrociò il suo sguardo, a ringraziarlo di aver dato un’occhiata di tanto in tanto al suo indumento mentre lei era troppo presa dalla musica. Questi le fece l’occhiolino e riprese a smontare la sua strumentazione.

Stretta nell’abbraccio della prioria giacca anche Amelia si avviò verso l’uscita, seguendo la massa di gente come fossero animali migratori. Frugò nella borsa in cerca del suo cartellino e appena lo trovò se lo legò a un passante dei pantaloni, svoltando subito a sinistra appena fuori dalla porta antipanico. Affiancò buona parte del perimetro dell’arena, fino a un cancello, sorvegliato da un paio di buttafuori dall’aria seria. Qualche fan titubante gravitava intorno a quel punto, oltre il quale si potevano vedere i tourbus delle band.

Amelia sollevò il proprio cartellino, un pass, mostrandolo alle due guardie. La scritta “All Areas” risaltava al centro di esso, poco sopra il nome della ragazza; le lettere iridescenti vibravano alle luci dei lampioni e delle torce dei due. La lasciarono passare senza proferire parola, senza neanche un borbottio di qualche genere al ringraziamento di Amelia. A lei non importò e si infilò oltre l’ingresso, lungo i corridoi. Proseguì per un breve tratto di strada, canticchiando appena Your Love Is My Favorite Band dei The Vaccines, perdendosi un paio di volte ma ritrovando subito il percorso, finché non raggiunse la zona dei camerini. Arrivata alla porta con affisso il foglio “Shards”, la ragazza bussò un colpo e abbassò la maniglia. «Ragazzi si può?» domando prima di entrare, socchiudendo la porta.

«Ewan è nudo» esclamò subito Chase dall’altra parte.

Il cantante, ancora del tutto vestito, lo guardò di sbieco.

«Come se non l’avessi mai visto» replicò lei, entrando nella stanza e facendo sogghignare il batterista. Sentì subito l’odore di sudore che vi era lì dentro. Come a ogni concerto i quattro non si erano risparmiati e anche le luci non erano d’aiuto nel mantenere mite la temperatura corporea. D’altro canto neanche lei sembrava appena uscita da un bagno all’acqua di rose. «Abbiamo tutti bisogno di una doccia» disse, lasciando intendere che, venendo da fuori, l’aria lì dentro non era esattamente respirabile. 

Consapevoli dello stato in cui versavano, gli altri ignorarono la questione.

«Ehi, Amelia ha trovato la tua maglietta» disse Chris con fare ironico, mentre la ragazza gli sfilava davanti per raggiungere Ewan. Lei sorrise.

«Avevo capito che c’entravi tu» le disse il cantante appena lei l’ebbe raggiunto, dandole un veloce bacio sulle labbra. 

«Beh era facile indovinare. Ti ho anche lasciato la mia camicia.»

Il ragazzo lanciò un’occhiata vicino alla sua borsa, notando solo in quel momento l’indumento di Amelia abbandonato sullo schienale di una sedia. Si lasciò sfuggire un verso privo di significato mentre Chris interveniva: «Ha fatto un caos che non ti immagini per cercare la maglia, dubito l’abbia vista.»

La ragazza trattenne una risata. «Recupero la mia camicia e vado a cambiarmi» disse poi. «Così lascio a voi maschietti tutta la privacy di cui avete bisogno.»

Aveva appena posato la mano sulla porta per poter uscire quando Chase disse: «Guarda che mica ci vergogniamo.»

Amelia lo guardò, inarcando un sopracciglio. «No, lo so, come quella volta a Barcellona» sghignazzò. 

A quelle parole batterista e tastierista sbuffarono. 

«Continuerà a ricordarvelo in eterno» ci tenne a precisare Trent, l’unico a non essersi ancora espresso su nulla.

«Io la odio la tua ragazza» disse Chris in direzione del cantante, ma era palese scherzasse e regalò un sorriso ad Amelia prima che questa potesse chiudersi la porta alle spalle.

Una volta fuori lei si avviò verso i bagni, così da cambiarsi la maglia e sistemarsi un po’. Si sentiva in disordine per via del concerto, in cui non si era risparmiata in quanto a canto e ballo. Anche dopo tutti quegli anni trascorsi dalla prima volta che aveva sentito uno dei loro pezzi, gli Shards continuavano ad avere su di lei l’effetto di una bomba. La stravolgevano, riempiendola di sensazioni positive.

Dopo quattro anni si era abituata alla relazione fra lei e Ewan, ma per i primi mesi era stato davvero difficile convivere con quel pensiero. Aveva faticato a capacitarsi del fatto che Ewan volesse proprio lei, che quel ragazzo di cui amava voce e testi, che aveva visto ai concerti, nei video su YouTube, sentito alla radio in interviste di ogni genere, fosse lo stesso che aveva raggiunto Glasgow a poche settimane dall’inizio della propria tournée americana per chiederle di – magari – rendere ufficiali le cose fra loro. C’era la tour, certo, ma esisteva Skype e in America il WiFi era ovunque e poi si trattava solo di un paio di mesi. Da quel giorno – in cui Amelia aveva capito che se non fosse morta lì per un attacco di cuore allora non sarebbe stata quella la causa del suo decesso – erano trascorsi quattro anni.

In quel lasso di tempo avevano imparato a stare lontani, a concentrarsi ciascuno sul proprio lavoro, a superare i lunghi mesi di separazione per via delle tour della band. Capitava che a volte Amelia si unisse ai ragazzi; grazie a ciò aveva la possibilità di vedere frammenti di mondo che non aveva ancora esplorato. 

Ewan l’avrebbe voluta sempre con sé ma, forse, per loro quella era la soluzione migliore. Amelia poteva portarsi ovunque il lavoro, ma aveva sempre bisogno del costante confronto con il cliente e, inoltre, durante le tournée lui non poteva dedicarle tutto il tempo che avrebbe voluto. 

Amelia si univa agli Shards quando questi facevano concerti nel Regni Unito. Per quelle serate lei era sempre insieme a loro, assistendo ai live show da sotto il palco, in mezzo ai fans. Quella vita, divisa fra Glasgow e Londra, ormai era la sua vita e le piaceva moltissimo. E stare con Ewan, inoltre, continuava ad avere per lei le sembianze di un sogno. Dopotutto, quando mai si sarebbe stancata dell’idea di poter indossare liberamente le t-shirt del cantante della sua band preferita?

Sorrise a quel pensiero, sistemandosi la camicia che si era appena infilata. Prese fra le mani la maglietta di Ewan, osservando il logo della NASA stampato su di essa. C’erano ancora altre tre serate in programma in Gran Bretagna, prima che il nuovo tour si spostasse nel resto dell’Europa, partendo dal Belgio. Amelia era nel pieno di una consegna e non poteva permettersi di seguire i ragazzi per il continente anche nelle date successive. In verità anche quelle poche serate britanniche che si stava concedendo non facevano bene al suo lavoro. La consegna che aveva in programma era piuttosto impegnativa e con numerose tavole, ma rimaneva il fatto che lei preferiva lavorare di notte piuttosto che stare lontana da Ewan quando questi si trovava in Gran Bretagna.

Anche quella notte sapeva già che avrebbe fatto le ore piccole. Si sarebbe preparata un caffè nel cucinino del tourbus e si sarebbe seduta al tavolo, il portatile davanti, la musica nelle orecchie, e mentre fuori le città scorrevano una dietro l’altra, luminose come fiamme contro il cielo notturno, sarebbe andata avanti con i lavori, avvinandosi alla consegna finale. Forse, a un certo punto, Linton l’avrebbe raggiunta e si sarebbe messo a chiacchierare con lei, sorseggiando una birra. Molto spesso lui faticava a dormire – a differenza di Ewan, che una volta addormentato, a qualsiasi ora del giorno, non si svegliava neanche con le cannonate – ed era già capitato più volte che si ritrovassero soli sul tourbus in movimento, nel cuore della notte. Bevevano qualcosa insieme e parlavano piano, era così che Amelia aveva scoperto che persona fosse Trent Linton, capendo che le piaceva davvero molto, come Chase e Chris del resto.

Nonostante tutto si rese conto che il pensiero di fare le ore piccole anche quella notte non le dispiaceva più di tanto. Disegnare fino a tardi dopo essere stata a un concerto degli Shards aveva il suo fascino. Forse si sarebbe pentita di quel pensiero il giorno successivo ma, a differenza di Ewan che avrebbe dovuto prendere parte al soundcheck per il concerto della sera, lei avrebbe potuto appallottolarsi nelle coperte del letto fino a che lui non fosse rientrato. Era un’ottima prospettiva.

Si incamminò per tornare nel camerino dei ragazzi, dove trovò Ewan fermo davanti alla porta intento a guardare il proprio smartphone.

«Si stanno cambiando?» gli chiese appena l’ebbe raggiunto, alludendo al resto dei componenti della band.

Il cantante si mise in tasca il telefono e si strinse nelle spalle. «Non l’ho capito nemmeno io» rispose. «Per sicurezza sono uscito.»

La ragazza annuì, dopodiché gli tese la t-shirt.

«Sai cosa pensavo? Che forse farei prima a regalartela» disse Ewan, sollevando la maglietta che aveva appena afferrato per farle capire che si stava riferendo a quella. «Sono, cosa? Due anni che me la rubi di continuo? Se te la regalo risolvo tutto. Ti sta anche bene.»

«Ma io non la voglio.»

«Ma...» esordì lui, senza sapere che altro aggiungere. La secca affermazione di Amelia l’aveva colto di sorpresa.

La ragazza arricciò le labbra, divertita. «Pensaci. Se tu me la regali, dove sta il divertimento nel rubartela di continuo, per citare te?»

Ewan si mise a ridere. Aveva capito tutto e quello, in effetti, era proprio un comportamento da Amelia Campbell. Si diede un colpo in fronte con il palmo della mano, come se avesse appena scoperto l’acqua calda. «Oh, giusto. Come ho fatto a non pensarci?»

Fu Amelia a mettersi a ridere ora. Al suono della sua risata Ewan si sentì scaldare. Si avvicinò per poterla baciare, con calma questa volta, ma come era successo molte – troppe – volte nel corso di quei quattro anni, le sue intenzioni vennero rovinate. Alle sue spalle la porta del camerino si aprì di scatto, quasi stessero tenendo sotto controllo la situazione nel corridoio. Chase uscì con la vitalità che lo contraddistingueva.

«Vogliamo provare a fare una cosa» esclamò, sembrava su di giri. Portò fuori, in corridoio, una sedia da ufficio su ruote.

«Specifica che vuoi provarlo tu. Non mi assumo alcuna responsabilità» si intromise Chris, incrociando le braccia al petto.

Trent, come prevedibile, non si espresse riguardo al progetto del batterista. Amelia e Ewan, invece, si scambiarono un’occhiata, per poi posare lo sguardo sulla sedia.

«Ovvero?» chiese la ragazza perplessa.

«Presente le gare di sedie da ufficio?» continuò Chase.

«Disciplina olimpica» intervenne sarcastico Chris.

Il batterista lo ignorò. «Voglio vedere quanto riesco a spingerti lontano su questo corridoio» concluse poi, guardando Amelia e lasciando intendere che era lei la diretta interessata del suo piano.

Quest’ultima sollevò le sopracciglia. «No, tu vuoi uccidermi» esclamò.

«Oh, dai. Che ti costa. Fra di noi sei la più leggera» tentò ancora il ragazzo.

Lei, però, sembrava inamovibile. Ci vollero parecchie suppliche e altrettante lusinghe per convincerla ad assecondare l’assurda idea di Chase. In verità una parte della ragazza avrebbe voluto prendere parte a quell’insensato gioco fin da subito, ma farsi desiderare un po’ era una leziosità che, di tanto in tanto, le piaceva concedersi.

Ewan rimase guardare da spettatore a quella scena, divertito. Un po’ era anche preoccupato all’idea di lasciare la propria ragazza nelle mani del batterista, ma era certo che non sarebbe accaduto nulla di male. Però, sì, era preoccupato, dovette ammetterlo. Ok, forse molto preoccupato.

Stava per intervenire quando Amelia lo fermò. «Lasciami fare» gli disse, dal momento che aveva già capito le intenzioni del cantante. Puntò un dito in direzione di Chase. «Nel caso, sai chi è il colpevole.»

Per il ragazzo fu strano assistere a quella gara contro nessuno in cui il batterista aveva coinvolto Amelia. Tuttavia lo trovò divertente, soprattutto perché anche lei dava l’impressione di divertirsi. Rideva e imprecava scherzosamente verso il batterista, ormai un caro amico, che l’aveva coinvolta in tutto ciò.

A Ewan piaceva molto vederla così, allegra e spensierata. Dopo quattro anni Amelia continuava a piacergli come il primo giorno, come in quello stesso momento in cui aveva compreso che lo stomaco rivoltato e il cuore in tumulto potevano significare solamente una cosa. Si era sempre chiesto se mai sarebbe arrivato a provare un sentimento di tale portata nei confronti di qualcuna e non avrebbe potuto essere più felice di così nel constatare che la persona in questione era proprio Amelia.

Non avrebbe mai voluto doversi separare da lei. Anche se sapevano stare distanti per lunghi periodi di tempo ogni volta che si salutavano prima di una qualche partenza era sempre piuttosto difficile per lui. Tuttavia aveva imparato a vivere quei giorni di distanza come un buon modo per assimilare quante più storie possibili da raccontare ad Amelia al suo ritorno, consapevole che anche lei avrebbe avuto tante cose di cui parlare. Funzionava così fra loro e lui trovava fosse perfetto, al punto che ogni tanto faticava ancora a credere che la ragazza che gli aveva arricchito a tal punto la vita fosse comparsa con un disegno, quel piccolo scarabocchio – a detta di Amelia – che si era ritrovato in tasca.

 

 

 

________________

Hello there!

Ho un annuncio. Non so quanti possano essere interessati, ma lo faccio ugualmente.

La storia di Amelia e Ewan finisce qui. Spero davvero possa esservi piaciuta, almeno un po’. Spero vi abbia fatto sorridere e, perché no, arrabbiare ogni tanto.

Come avevo anticipato nasce come fan fiction, quindi sono consapevole che non brilli di originalità, ma ci tenevo comunque a scriverla e portala avanti. È nata in “due tempi”. Ho scritto i primi cinque capitoli quasi due anni fa, dopodiché l’ho “abbandonata”. Solo che continuava a tornarmi alla mente, ad articolarsi e alla fine ho deciso di non chiuderla così, ma darle una seconda opportunità ed eccola qui.

 

MA, c’è un ma. Non è del tutto finita.

Sì, perché per questa storia ho pensato e scritto anche un finale alternativo. Finale che, in realtà, doveva essere quello originale, a cui poi ho preferito questo.

Ho intenzione di pubblicarlo, quel finale, giusto il tempo di rivederlo. Mi piacerebbe leggeste anche quello, quindi vi invito a non considerare chiusa del tutto questa storia.

Grazie di tutto, per ora!

 

A presto.

MadAka

  
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