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Autore: Kicca    05/02/2019    1 recensioni
Un Orchetto rovinò a terra ai piedi di Monica che osservò disgustata il ventre lacerato. Alzò lo sguardo e quello che vide la pietrificò. Il cuore iniziò a batterle ancora più velocemente. Non riusciva a credere ai suoi occhi. “Sto sognando! E’ l’unica spiegazione plausibile!” pensò non staccando gli occhi di dosso all’individuo davanti a lei. Nonostante l’oscurità riusciva benissimo a vedere due orecchie a punta che spuntavano tra la lunga e folta chioma nera.
Spero che la storia vi piaccia! Mi raccomando recensite! :D
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J. R. R. Tolkien, mentre i nuovi personaggi e luoghi sono di mia proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto, prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

ERINTI

CAPITOLO 25: L’ASSALTO.

Il campo di battaglia sotto le mura di Edoras era ridotto ad una poltiglia di neve mischiata a fango, sangue e cadaveri di entrambe le fazioni. Aveva piovuto a dirotto fino a pochi minuti prima e la luce flebile che filtrava dai nuvoloni neri stava pian piano scemando, segno che il terzo giorno stava volgendo al termine. Nonostante il grande aiuto ricevuto dai Rohirrim dei villaggi vicini, la situazione non era affatto favorevole ai difensori della città. Dei Nani, nemmeno l'ombra.
Alla porta ovest, dove il nemico aveva provato l'assalto, la cinquantina di guerrieri aveva tenuto egregiamente testa a tutti coloro a cui era venuta la malsana idea di provare ad entrare. Alcuni di loro stavano approfittando del momento di tregua per cercare di sistemare la porta malridotta. Il nemico era indietreggiato poco prima. Qualcuno ipotizzava che probabilmente avevano rinunciato ad entrare da lì vedendo che non riuscivano minimamente a farsi largo. Arrivò un gruppo di guerrieri con in spalla un enorme trave ed iniziarono a puntellare il portone.
Tra questi vi erano Aragorn, Eowyn e Monica. Una volta sistemato tutto, si sedettero a riposare attorno ad un fuoco acceso con difficoltà a causa del terreno bagnato. Il legname era stato offerto gentilmente loro dagli abitanti che risiedevano in quella zona: in molti avevano abbondanti scorte per l’inverno. Ne ardevano altri due lì intorno.
- Ti lamenti che sei invecchiato, ma te la sei cavata bene con quel Troll, prima. – proferì Eowyn sorridendo divertita verso Aragorn che contraccambiò.
- Per pura fortuna. E sono stato aiutato da alcuni di loro. Non ho più i riflessi di una volta e sento la forza che mi sta abbandonando. Perfino la presa sulla spada non è più la stessa. Per non parlare dei dolori che sto sentendo in tutto il corpo. – replicò.
- Siamo comunque riusciti a respingere l’attacco nemico e per la maggior parte il merito è tuo. – continuò l’altra.
- No, il merito è tuo e di Silwen. – la corresse – Eravate inarrestabili. Non riuscivamo a starvi dietro. – spiegò. Alcuni dei presenti affermarono.
- Io veramente seguivo lei. – disse Eowyn indicando la ragazza seduta poco più in là che sorrise a quelle parole mentre fissava la porta.
- Credo di essermi lasciata un po’ troppo trasportare dalla situazione… ora sono stanca. – dichiarò spostando un attimo lo sguardo sulle mani ancora tremanti per lo sforzo. Erano anche piene di tagli.
- Avete tutto il tempo per riposarvi prima di tornare ad occuparvi dei feriti. – le ricordò Aragorn.
Lei abbassò il capo puntando gli occhi a terra. Occuparsi dei feriti. Era giusto così? Era quello che voleva? È vero, era stanca, ma con un po’ di riposo si sarebbe presto ripresa. Poteva tranquillamente tornare a combattere. Iniziava a pensare di essere sprecata lì dentro le mura. Era anche vero che il combattimento di poco prima sarebbe stato completamente diverso da quello che l’aspettava nella pianura: prima aveva avuto le spalle al sicuro non avendo nemici che la circondavano. In una battaglia dove vi erano Orchetti, Goblin e Troll che potevano arrivare da ogni direzione senza tregua era un altro paio di maniche. Eppure sentiva che poteva fare ancora qualcosa. Sospirò e spostò di nuovo lo sguardo sulla porta. Restò a fissarla alcuni attimi. Poi corrugò la fronte mentre la pervase un senso di inquietudine – Siete sicuri che basti una sola trave? – domandò.
- Il nemico si è ritirato, ha capito con chi ha a che fare. Non credo che sprecherà altre energie qui. – le rispose un Rohirrim.
Lei continuò a fissare la porta poco convinta, quella sensazione che andava aumentando. Iniziò ad agitarsi – Credo sia meglio metterne almeno un’altra. – suggerì.
Aragorn, che stava parlando con gli altri dando ordini su chi avrebbe fatto il primo turno di guardia, si voltò ad osservarla – Qualcosa non va, Silwen? –
- Non lo so… - mormorò non staccando gli occhi da davanti a lei.
Il Re di Gondor corrugò la fronte e si alzò – Silwen, se c’è qualcosa che vi turba, ditemelo pure. – la incitò una volta lì accanto a lei. Quella si voltò finalmente a guardarlo. Non sapeva nemmeno cosa dire. Era solo una sensazione di pericolo che si stava facendo largo nella sua mente. Non poteva certo dire che siccome era paranoica, dovevano rafforzare la porta. Lui la scrutò negli occhi alcuni istanti, poi le posò una mano sulla spalla – Silwen, per favore, ditemi cosa c’è. – incalzò serio – Quello che vi sto per dire vi sembrerà strano, ma… - fece una pausa come per cercare le parole giuste – voi assomigliate molto ad Erdie. Sì, probabilmente ve lo avranno detto in molti. Quello che intendo dire è che ho combattuto diverse battaglie con lei e non ce ne è stata una in cui il suo intuito ci abbia fatto fare qualcosa di banale o superfluo o non ci abbia addirittura salvato la vita. Capite cosa voglio dire? –
- No. – rispose la ragazza confusa.
Quello sospirò sollevando gli occhi al cielo – Se vi è venuto in mente qualcosa o vi preoccupa qualcosa, vi prego, ditelo… se voi due vi assomigliate anche in questo potrebbe essere una buona intuizione. –
Monica lo guardò sorpresa, poi spostò lo sguardo sul portone. Trasse un profondo respiro – Ok… credo che abbiamo bisogno di rinforzarla di più. – dichiarò indicandola con il capo – Non so perché, ma sento che siamo in pericolo. –
Lui le sorrise, poi si voltò verso i presenti – Rinforziamo la porta! – esclamò.
Alcune lamentele si levarono in aria – Fate come dice Sire Aragorn! – incalzò Eowyn lì accanto – Alla più brutta staremo comunque più sicuri. – ammiccò sorridendole.
La ragazza contraccambiò – È solo che… sto ripensando a quello che è successo… e più ci penso più le cose non mi tornano. Perché attaccarci in quel modo? Voglio dire… avete visto, no? Alla fine non è stata una battaglia difficile. Appena il nemico ha visto che non avevamo alcuna intenzione di farli passare, si sono arresi e si sono ritirati. – spostò lo sguardo sui presenti che si stavano dando da fare a recuperare un’altra trave  – Stiamo parlando di un esercito creato appositamente per portare a termine quello che non è riuscita a fare Morwen. Cioè distruggerci. – era tesa e la sua agitazione stava aumentando mano a mano che esponeva i suoi dubbi.
Aragorn ed Eowyn si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi il Sire di Gondor incitò gli altri urlando a portare almeno altre due travi.
- Il vostro ragionamento è maledettamente sensato. – dichiarò Eowyn allarmata.
- Non per essere pessimista, ma credo che quell’attacco sia servito solo per constatare in quanti saremmo venuti a contrastarli. Sanno che qui dentro ci sono solo feriti a disposizione, se non contiamo gli arcieri che sono impegnati sulle mura come difesa. – continuò – E guarda caso, in questa zona le mura sono state mal ridotte dagli attacchi dei giorni scorsi, quindi non vi è la possibilità di mettere arcieri appostati sul camminamento. –
- Ok… siete stata convincente! – esclamò correndo anche lei in aiuto degli altri.
Monica abbozzò un sorriso. Fissava il fuoco lì davanti cercando di scaldarsi un po’. Ora che non si muoveva percepiva benissimo il freddo, soprattutto dopo la sudata che aveva fatto. Con il calare della sera la temperatura stava scendendo. Fu in quel momento che le venne in mente una cosa: con i fuochi accesi era più facile per il nemico sapere in che punto loro si trovassero raccolti. – Eowyn… - chiamò la donna che stava seguendo attenta le manovre di rafforzamento. Questa si voltò in attesa che lei proseguisse – Credo sia meglio spegnere i fuochi, potrebbero attirare troppo l’attenzione e suggerire al nemico come siamo posizionati. –
La bionda affermò con il capo e corse lei stessa a spegnerne uno, incitando coloro che erano senza far niente a fare lo stesso.
Monica stava per spegnere quello che aveva davanti, ma qualcosa attirò la sua attenzione: un cumulo di macerie appena sotto le mura. Era alto abbastanza da raggiungere quasi la loro altezza. “Se riuscissi ad arrivare fino in cima al cumulo, potrei riuscire a controllare se il nemico sta arrivando” pensò. Quindi vi si avvicinò ed iniziò a salire sulle prime pietre con cautela. Constatando che reggevano, provò ad inerpicarsi sempre più in alto, scivolando di tanto in tanto e provocando qualche piccola frana.
- Che state facendo? – le domandò un Elfo lì sotto, incuriosito.
- Controllo il nemico. – rispose aggrappandosi ora alle pietre dei resti delle mura ancora intatte. Quindi si issò e sporse alcuni centimetri del capo sopra la linea per osservare al di là di essa. La pianura era ancora leggermente illuminata: lo scenario era catastrofico. Fece scorrere lo sguardo rabbrividendo nel notare i numerosissimi cadaveri. Poi ad un tratto notò qualcosa e sgranò gli occhi nocciola sconvolta. Il fiato le si mozzò in gola. Voltò il capo verso i compagni – Allontanatevi dalla porta! – urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, disperata.
Pochi secondi dopo un’ombra calò sopra i presenti, tutti gridarono terrorizzati, poi ci fu un boato terrificante e si levò un polverone.

Aragorn dischiuse gli occhi: vedeva tutto grigio e bianco. Per un attimo credette fosse nebbia, poi intuì essere polvere. Aprì e chiuse gli occhi cercando di mettere a fuoco. Non riusciva a muovere un muscolo. Iniziò a tossire convulsamente: la polvere gli era entrata in bocca. Delle fitte lancinanti gli pervasero il corpo facendogli scappare qualche lamento. Sollevò il capo di alcuni centimetri mentre il polverone iniziava a diradarsi ed intravide numerosi corpi intorno a lui. Lì accanto, a pochi centimetri dal suo piede, un enorme macigno. Sotto di esso intravide un braccio ed una gamba. Qualcuno, poco più in là, era in ginocchio e fissava dritto davanti a sé. I lunghi capelli biondi macchiati di tanto in tanto dal sangue. Era Eowyn. Cercò di chiamarla, ma non riusciva ad emettere alcun suono. Si sollevò sulle braccia con immensa fatica e provò a chiamarla di nuovo. Sentiva la sua voce lontana, ma lei sembrò percepirla e si voltò verso di lui con un’espressione disperata in viso. Aveva la faccia completamente impolverata e gli occhi grigi spalancati. Il Re di Gondor cercò di sollevarsi sulle ginocchia, ma ricadde a terra a causa di un dolore fortissimo alla gamba destra – Eowyn… sei ferita? – sussurrò. La donna continuava a fissarlo terrorizzata: sembrava non avesse minimamente sentito quello che le era appena stato chiesto. Intanto la polvere si era quasi del tutto diradata. Aragorn venne attirato da delle urla e vide alcuni dei compagni ammassati nel punto in cui fino a poco prima vi era la porta ovest. Era completamente crollata, così come parte delle mura. Davanti al gruppetto di guerrieri malandati vide un’orda di Orchetti che stava tentando di abbattere quei pochi rimasti per entrare in città. Lo invase il panico – Eowyn! Devi andartene da qui! – le urlò con quel poco del fiato che gli era rimasto – Non c’è più niente da fare! Scappa! – continuò riprovando ad alzarsi. Riuscì a mettersi su un fianco ed iniziò a trascinarsi verso di lei – Dov’è Silwen? – le chiese ricordandosi ad un tratto della ragazza. Fece vagare lo sguardo lì intorno, ma non la notò – Eowyn, dov’è Silwen? – ripeté dopo averla raggiunta e la scosse con veemenza. La dama sembrò ritornare in sé – Silwen. – continuò lui.
Eowyn voltò il capo e iniziò a cercarla con lo sguardo – Non lo so… - mormorò con voce rotta, poi si rigirò verso di lui – Sei ferito. – constatò indicando la gamba.
- Eowyn, stammi bene a sentire. Devi andartene immediatamente da qui. – iniziò con tono secco – Devi andare ad avvisare tutti, anche se credo già abbiano capito cosa sia accaduto. Scappa. –
Lei restò a fissarlo alcuni istanti in silenzio, poi si voltò verso l’apertura procurata dal macigno e si sollevò in piedi traballante dopo aver raccolto la spada – Non scapperò davanti al nemico. – disse lapidaria – Il mio compito è proteggere il mio popolo e lo farò finché avrò forza in corpo o un nemico non mi ucciderà. –
Aragorn restò a fissarla sorpreso. Poi la vide lanciarsi nella mischia urlando. – Eowyn, no! È un suicidio! – cercò di fermarla, ma lei non gli badò. Era già arrivata in aiuto degli altri.

Intanto nella pianura la battaglia era violentissima. Nonostante il nemico avesse subito numerose perdite, sembrava risentisse molto meno della stanchezza. La stessa cosa non si poteva dire per coloro che stavano tentando di proteggere la città.
- Mio Signore! – un Rohirrim stava correndo verso Eomer che comandava la legione a nord-ovest della città – I nostri uomini non ce la fanno più. – riferì.
Il Re di Rohan piantò la spada nel ventre del Goblin con cui stava combattendo e si voltò verso il suo subordinato – Batteremo in ritirata anche oggi. – constatò amareggiato. Ogni volta che battevano in ritirata, coloro che riuscivano a rientrare in città erano sempre di meno – Avvisa tutti che tra poco rientreremo. – dichiarò.
Poi ci fu un boato alle loro spalle, in lontananza, e video del fumo alzarsi dalla parte ovest di Edoras – La porta ovest è crollata! Il nemico entrerà in città! – si sentì urlare in lontananza.
Eomer sentì una stretta al cuore – È la fine. – mormorò sconvolto il Rohirrim.
- Ci ritiriamo in città! Non possiamo permettere che entrino. – dichiarò rivolto all’uomo lì accanto, poi si voltò ad osservare la pianura davanti a lui. Strinse i pugni stizzito. Non sarebbero durati un altro giorno. Con questa consapevolezza urlò a tutti di ripiegare. Aveva intenzione di andare in aiuto di coloro che si trovavano a difendere la città alla porta ovest passando da dentro. Notò però che un numeroso gruppo di guerrieri avanzava verso ovest da fuori. Non fece in tempo a domandarsi cosa stesse succedendo che si sentì chiamare.
- Mio Signore Eomer! – un nuovo Rohirrim stava correndo verso di lui da quella direzione. Aveva un’espressione allarmata in viso.
- Cosa succede? Perché loro non stanno ripiegando? Chi è a comando? – chiese l’altro indicando confuso il gruppo.
- Si tratta di vostro nipote e vostro figlio, mio Signore. – rispose trafelato – Non hanno voluto sapere ragioni dopo che ci è giunta la notizia. – spiegò.
- Di che state parlando? – domandò confuso il Re.
- Vostra sorella Eowyn… era a difesa della porta ovest. Con lei vi era Sire Aragorn. Il nemico ha abbattuto la porta… - iniziò il Rohirrim, ma Eomer già stava urlando con tutto il fiato che aveva nei polmoni di sbrigarsi alla ritirata – Vostro nipote si è precipitato là e vostro figlio lo ha seguito. Non ci hanno voluto dare retta. –
- Ormai non possiamo fermarli. Ripieghiamo immediatamente! – ordinò con enfasi, il terrore che gli attanagliava il cuore. Quella sciocca di sua sorella doveva fare sempre come le pareva. Sperò vivamente che non le succedesse niente. Lo stesso valeva per Aragorn. Non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non fossero riusciti ad arrivare in tempo.

Il Dunedain intanto era riuscito ad alzarsi ed ora era in cerca di Monica. Zoppicava da un posto all’altro dolorante. L’ultima volta l’aveva vista lontana dalla porta, quindi non poteva essere finita sotto il macigno.
Stava passando accanto a dei cumoli di macerie quando vide una chiazza scura tra la polvere. Corrugò la fronte e si avvicinò speranzoso. Dietro un piccolo mucchio di macerie giaceva il corpo della ragazza completamente ricoperto di polvere – Silwen! – gridò accelerando il passo, per quanto gli fosse permesso.
Si chinò accanto a lei con difficoltà e le posò una mano sul cuore. Respirava ancora. Tirò un sospiro di sollievo, quindi iniziò a scuoterla per cercare di farla rinvenire. Riaprì gli occhi poco dopo – Silwen, mi sentite? State bene? – chiese sollevandole leggermente le spalle.
Monica iniziò a tossire: aveva inalato anche lei la polvere. Si voltò verso Aragorn frastornata – Cosa… è… successo? – domandò fra un colpo di tosse e l’altro.
- Il nemico si è aperto un varco, sta per entrare. – spiegò spostando lo sguardo su Eowyn e gli altri che stavano tentando di tenere a bada gli Orchetti – Non manca molto. – disse affranto.
La ragazza si mise a sedere, aiutata dall’altro, ma non riusciva a vedere la zona dell’ingresso perché aveva un mucchio di macerie davanti. Iniziò a spolverarsi i vestiti, la tosse sembrava essersi calmata. L’uomo le domandò di nuovo se fosse ferita. Si tastò il corpo, ma non sembrava che avesse subito gravi danni, a parte le fitte al fianco sinistro. Probabilmente l’aveva sbattuto quando era caduta a terra. Notò che il Re di Gondor era ferito alla gamba, ma lui le sorrise dicendole di non preoccuparsi. Dall’espressione che aveva in faccia e da come era ridotta la gamba si deduceva tutt’altro. Ma lasciò correre e si alzò in piedi sporgendosi poi al di là delle macerie per controllare la situazione. Sbiancò, più di quanto già non fosse con la polvere in faccia. Con quei pochi uomini che erano rimasti a difesa della porta non ce l’avrebbero mai fatta a trattenere il nemico.
Proprio in quel momento alcuni Orchetti uccisero due Rohirrim e riuscirono ad aprirsi un varco. Si udì una voce roca gridare qualcosa in lingua nera da fuori le mura. I nemici iniziarono ad entrare, sorpassarono il gruppetto di uomini non degnandoli di alcuna attenzione e iniziarono a penetrare nelle vie della città. Sembrava un fiume nero che aveva rotto gli argini. Erano una marea. Non riuscivano più a vedere i compagni. Poi alcuni si diressero verso loro due percorrendo la stradina in salita. Questi sgranarono gli occhi spaventati. Monica portò una mano al fianco sinistro, dove teneva la spada, ma il fodero era vuoto. Iniziò a guardarsi intorno disperata in cerca dell’arma, ma non la trovava. Anche Aragorn era disarmato avendo perso Anduril. Imprecò ed urlò alla ragazza di scappare. Gli Orchetti ormai erano a pochi metri da loro, i primi già con la spada sollevata pronti a colpirli. Cercò di rialzarsi, ma Monica gli si mise davanti. Sgranò gli occhi sorpreso – Silwen, scappate! Non avete alcuna possibilità! Almeno voi potete avvisare gli altri! Non pensate a me! – le urlò.
- Ho fatto una promessa prima di partire da Tharbad. Ho tutta l’intenzione di mantenerla. – gli disse.
- Non siate testarda... – l’afferrò per il mantello che iniziò a tirare indietro cercando di farla muovere – Silwen! Voi siete più giovane di me… avete tutta una vita davanti. Io ormai… -
- Non avrei mai pensato che il grande sire Aragorn si sarebbe arreso così facilmente. Voi avrete anche perso la speranza, ma non io. – lo interruppe continuando a guardare il nemico che stava arrivando. Erano a pochi passi, poteva sentirne distintamente il fetore. Le grida le rimbombavano nella testa. Aveva paura e non sapeva minimamente cosa inventarsi. Il cuore le batteva a mille. L’unico modo con cui poteva sperare di cavarsela era prendere una delle spade degli Orchetti. In quel momento le vennero in mente le parole di Glorfindel quando la stava allenando ad Imladris: “Un guerriero deve capire quando si sta per invischiare in qualcosa più grande delle sue possibilità”. Le venne da ridere. Quella era decisamente una situazione pericolosa dove avrebbe fatto molto meglio a fuggire. Il suo maestro non avrebbe approvato quella scelta. Strinse i pugni e osservò attentamente l’Orchetto più vicino cercando di intuire da che parte avrebbe sferrato il colpo così da poter giocare d’anticipo e provare a prendergli l’arma.
Ma proprio un istante prima di muoversi, una freccia colpì l’Orchetto al collo che rischiò di crollarle addosso, ma fu pronta a scansarsi. Sia lei che Aragorn lo guardarono sbalorditi mentre anche quelli in prima fila stavano facendo la stessa fine. Si scambiarono un’occhiata confusa, poi una figura balzò davanti a loro, i lunghi capelli biondi che gli ricadevano lungo la schiena. Iniziò a colpire gli Orchetti con la lunga spada lucente.
- Scusate il ritardo, Silwen! – esclamò, poi si voltò alcuni secondi verso di lei facendole l’occhiolino – I rinforzi sono arrivati! – dichiarò sorridendo.
- Turion… - mormorò lei vistosamente sorpresa.
- Var… qui ci penso io, tu vai ad occuparti di quelli che si stanno dirigendo verso il Palazzo d’Oro! – proferì poi, restando concentrato sulla battaglia.
- Ricevuto! – si sentì esclamare da sopra di loro.
Monica intravide con la coda dell’occhio una figura dai lunghi capelli neri percorrere velocemente ed agilmente le mura, nonostante quella parte fosse ridotta male e non vi fosse più il camminamento.
- Vi ringrazio dell’aiuto, ma non credo che basteranno due Elfi a cambiare l’esito della battaglia… seppur in ottime condizioni come voi due. – gli fece notare Aragorn.
- Estel, potresti risparmiarmi il tuo pessimismo? In questo momento ne faccio volentieri a meno. – lo ammonì l’altro – Comunque, visto che il Re di Gondor sembra aver perso le speranze, ci tengo a precisare che con rinforzi non intendevo me e Varnohtar. O almeno non solo noi due. – spiegò affondando la spada nel ventre di un Orchetto. In quel momento il suono di un corno riecheggiò distintamente per tutta la pianura.
- Questi sono… i Nani! – esclamò l’Uomo entusiasta.
- C’è anche qualcun altro. – aggiunse.
In quel momento si sentirono delle grida provenire dal cielo. Monica e Aragorn sollevarono il capo. Nonostante si fosse fatto ormai buio e il cielo continuasse ad essere nuvoloso, poterono notare delle sagome muoversi elegantemente sopra di loro.
- Le Aquile. - sussurrò Monica a cui iniziò a battere ancora più forte il cuore e stava spostando gli occhi da un punto all’altro per cercare di scorgerne meglio qualcuna. Però delle urla provenienti dalla zona della porta le fecero riportare l’attenzione sulla battaglia in corso. Laggiù avevano bisogno di una mano, ma fino a che non avrebbero sconfitto gli Orchetti lì davanti, non avrebbero mai potuto raggiungere la porta. E Turion, da solo, per quanto fosse forte, non ce l’avrebbe mai fatta. Quindi iniziò a cercare la sua spada fra i cumuli di macerie. Doveva esserle caduta lì vicino.

A ridosso della porta ovest della città, intanto, Elfwine ed Elboron stavano cercando di farsi largo con i loro uomini verso l’entrata. Con loro vi erano anche i pochi Nani che erano in città. Questi avevano ripreso vigore non appena avevano udito il corno della loro gente. Gli Orchetti, con l’arrivo dei rinforzi avversari, avevano iniziato a perdere sicurezza. Ormai avevano dato per certo, con il colpo inflitto alla porta e l’opportunità di conquistare la città, di aver vinto la battaglia.
I Nani appena giunti stavano avanzando senza incontrare opposizione: sembravano un muro invalicabile.
Ci misero poco tempo a raggiungere il gruppo che stava cercando di andare all’ingresso distrutto.
- Siete un po’ in ritardo, non credete? – puntualizzò Thorin Elminpietra stizzito.
- Ci dispiace veramente, ma abbiamo avuto un contrattempo. – rispose amareggiato il Nano a capo della grande legione, quindi si voltò verso Gimli – Mio Signore, abbiamo da riferirvi diverse cose, ma rimanderemo il tutto a dopo. –
- Certamente Gorphad. Sono felice che siate riusciti ad arrivare nonostante il contrattempo. – dichiarò quello poggiandogli sorridente una mano sulla spalla.
- Abbiamo avuto un aiuto assolutamente inaspettato. – riferì il comandante voltandosi verso la vallata – Ma credo che in tutto ciò ci sia lo zampino dello Stregone Bianco. –
- Gandalf? – domandò Gimli corrugando la fronte e puntando gli occhi sulla pianura davanti a loro. All’inizio non notò niente, anche a causa della semi oscurità in cui ormai regnava la pianura. Poi però iniziò a non portargli qualcosa e con il passare dei secondi si rese conto di quello che stava succedendo. – Oh! – esclamò vistosamente sorpreso – Questa sì che mi mancava! – proferì leggermente turbato.
   
 
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