Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: ThisSilentMusic    05/02/2019    0 recensioni
Quando due vite si incrociano ci sono infinite direzioni che possono prendere: si può sfociare in un litigio, in una splendida amicizia, in un rapporto unicamente professionale, in una relazione fatta di sola passione, in una relazione d'amore... Spesso quest'ultima è considerata una trappola mortale, senza vie di fuga.
Così la pensa anche Jeon Jeongguk, studente delle superiori residente a Seoul, che dopo la morte dei suoi genitori non pensa di riuscire a provare ancora qualcosa di simile all'amore. Almeno, lo pensava prima di incontrare Kim Seokjin.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Threesome
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My mom always told me

Capitolo 1

My mom was always right
I get hot every single time I see you
You’re more attractive to me than I am scared of you
I’m head over heels for you, eh

 
Erano passati ormai due anni da quando i suoi genitori erano morti, eppure ogni volta che chiudeva gli occhi Jeon Jungkook veniva perseguitato dallo sguardo amorevole della madre in punto di morte, e dal suo omicidio.
Quella mattina in particolare si era alzato presto, prima che la sveglia suonasse, ed il suo sguardo si era soffermato su una macchiolina nera sul soffitto bianco della sua camera, mentre la sua mente seguiva il filo confuso dei suoi pensieri appena svegli. Pensò all’interrogazione di matematica imminente, al suo coinquilino, Min Yoongi, che quella mattina avrebbe dovuto dare il suo penultimo esame di musica, al suo migliore amico Jimin, irrimediabilmente e incredibilmente cotto del suo coinquilino, al suo altro migliore amico, Taehyung, follemente innamorato dei suoi video games... e sì, pensò pure a sua madre. Pensò a quanto avrebbe voluto che fosse lì con lui, così tanto che sembrava gli si stesse raggrinzendo il cuore nel petto, lì ad appoggiare o meno le sue scelte, a condividere con lui il peso di essere omosessuale in una società tanto ostile, a complimentarsi per i suoi successi.
Quando, due anni prima, era arrivato a Seoul la prima volta, sbalzato in una realtà completamente diversa da quella cui era abituato, solo e senza un’idea di dove andare, la prima cosa che aveva fatto era stato scoppiare a piangere come un bambino, rannicchiato sotto il tettuccio di una fermata dell’autobus, pensando a sua madre. Lì aveva incontrato Min Yoongi che, forse impietosito dalla scena, gli si era avvicinato per chiedergli cosa fosse successo. E Jeongguk, cui l'ultima cosa che importava in quel momento era quanto fosse o meno conveniente raccontare ad uno sconosciuto una storia simile, gli aveva detto tutto: dal padre, delle molestie a lui e sua madre, dei calci e degli schiaffi che dava loro quando tornava a casa, la sera, il volto sfatto e l'alito che sapeva di alcol. Gli aveva detto di come avesse tenuto tra le braccia la sua eomma, con il sangue che colava sul pavimento, mentre la vedeva spegnersi per sempre, di come avesse sparato a suo padre nel vano tentativo di salvarla prima che fosse troppo tardi, dei corpi di entrambi sul loro pavimento, immobili. Non sapeva bene perché gli avesse raccontato tutto ciò, ma non se n’era mai pentito.
Yoongi, sorprendentemente, non aveva reagito in alcun modo: lo aveva abbracciato e poi, una volta asciugate le sue lacrime, gli aveva offerto un tetto e del caldo fino a quando non si fosse stabilito con scuola e lavoro, senza badare, forse stupidamente a ciò che aveva appena sentito. Due anni erano passati da allora, e niente avrebbe potuto separarli, nonostante i loro cinque anni di differenza.
La sveglia suonò improvvisamente, facendolo saltare per aria, violentemente strappato ai suoi pensieri. Si alzò quasi controvoglia e si vestì velocemente, uscendo dalla camera, diretto in cucina.
Sorprendentemente, Yoongi si era alzato prima di lui e, come ogni mattina prima di una verifica o un’interrogazione di matematica, la materia in cui faceva più fatica, gli stava preparando dei pancakes.
Lo abbracciò di slancio, ignorando le lamentele del ragazzo, che odiava il contatto fisico, e si fiondò sulle delizie che gli aveva preparato. Dopo averlo ringraziato ancora una volta si diresse in bagno a lavarsi e a truccarsi.
Uscendo salutò il suo hyung con un bacio sulla guancia, afferrò le chiavi di casa e dell’auto e scese le scale del palazzo, con un inchino al portinaio.
Salì in macchina e percorse le strade non ancora affollate di Seoul per andare a scuola. Durante il tragitto si fermò a prendere Taehyung e Jimin, salutando i due coinquilini con un bacio sulla guancia.
«Avete sentito della caffetteria che hanno aperto solo per noi studenti?» domandò Jimin, appoggiando entrambe le mani sul sedile di Taehyung, davanti a lui.
«Sì – esclamò Taehyung – uno dei camerieri è un mio amico di vecchia data, che al momento sta studiando cucina all’università».
Jimin ghignò furbetto. «Sai anche se, per caso, sta studiando tre caffè gratis per noi?» domandò.
Taehyung sorrise e scosse la testa, senza rispondere alle parole di Jimin. «Bisogna provare» disse solamente, facendo accostare Jungkook di fianco alla caffetteria di cui stavano parlando.
Parcheggiò con cura e scesero dalla vettura, entrando nel locale e sedendosi sugli sgabelli davanti al bancone, chiacchierando del più e del meno. Jungkook approfittò dell’attesa per tirare fuori il suo quaderno di matematica, pieno di appunti perfettamente curati ed ordinati e si mise a ripassare l’argomento su cui l’avrebbero interrogato alla prima ora. Jimin e Taehyung continuarono a parlare, senza mai chiamarlo in causa, ben sapendo quanto fosse importante per Jungkook ottenere il massimo dei voti in ogni materia. “Devo rendere mia madre orgogliosa di me”, ripeteva sempre.
«Ormai sono cinque anni che non vedo più nessuna di quelle cose e sono sempre più sicuro di una cosa: la matematica non fa proprio per me. Zero rimpianti, poco ma sicuro».
Jungkook alzò gli occhi, in un attimo di confusione, e si ritrovò a chiedersi come si respirasse. Aria dentro, aria fuori… Com’era? Il ragazzo davanti a lui, con il viso poggiato su una mano, era di una bellezza rara. I suoi lineamenti erano dolci e delicati, la pelle candida e le labbra rosee e carnose come piacevano a lui – Jungkook moriva dalla voglia di accarezzarle e sentire se fossero veramente morbide come sembravano. Aveva dei bellissimi capelli castani, brillanti occhi scuri e delle spalle enormi – che sentisse il bisogno di graffiarle ed accarezzarle mentre si stringevano l’uno all’altro, beh, quella era un’altra storia. Indossava un grembiule color caffè con la scritta “Young Forever Coffee”.
Jungkook si aggiustò gli occhiali da vista sul naso, le orecchie lievemente più rosse dopo quei pensieri. «Scusa, cosa?» domandò, con uno sguardo curioso.
«Jin-hyung!» esclamò in quel momento Taehyung sporgendosi oltre il bancone per salutare l’amico.
«Taehyung-ah, da quanto tempo – disse questo, ricambiando l’abbraccio – Allora frequenti questa scuola, eh?».
Il più giovane fece un vigoroso cenno del capo. «Oh, ti presento i miei due migliori amici: lo scricciolo con i capelli colorati Big Babol è Jimin – i suoi capelli erano effettivamente di un delizioso color caramella, ma Taehyung non lo considerava altro che l’ennesimo motivo per prendersi gioco di lui – mentre il secchione è Jungkook».
«Yah! Sono Seokjin, piacere!» sorrise il cameriere, prima di essere richiamato da un suo collega. Jungkook si sentì un po’ in colpa: forse non avrebbero dovuto distrarlo.
«Scusate, devo tornare a lavoro… cosa vi porto?».
«Per me e Jimin un cappuccino da portar via, grazie – disse Taehyung – Tu, Jungkook-ah?».
Il ragazzo stese le labbra nella vaga imitazione di un sorriso cortese. «Yoongi mi ha già preparato i pancakes, come al solito. Sono apposto così, ma grazie davvero».
Seokjin annuì e andò a preparare gli ordini, sorridendo loro ogni tanto. Il maknae, invece, non riuscì più a staccare gli occhi da lui, dimenticandosi completamente dall’interrogazione di matematica, finché...
«Pronto per l’interrogazione, Kookie?».
Annuì distrattamente girandosi verso Jimin, che gli aveva posto la domanda, cercando di ricordarsi su cosa avrebbe dovuto essere interrogato.
«Andrà bene, vedrai» sorrise Taehyung, poggiandogli una mano sulla spalla.
Jungkook sorrise con gratitudine, chiedendosi come avesse fatto mai per meritarsi degli amici così speciali.
Sfortunatamente Seokjin fu chiamato alla cassa, perciò non poterono salutarlo prima di andare a lezione, dovendosi accontentare dei buonissimi caffè che aveva preparato loro con affetto.
Prima di separarsi si scambiarono un abbraccio e i più grandi augurarono a Jungkook buona fortuna per la sua interrogazione di matematica, promettendo di vedersi a ricreazione e alla fine delle lezioni.
Lui, però, continuava a pensare a quelle spalle enormi e ai dolci occhi scuri che l'avevano inchiodato sul suo sgabello e completamente inghiottito.
   
 
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