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Autore: ineedofthem    07/02/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 45

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 45

Anita..." la voce di Carlotta arriva a svegliarmi poco dopo, quando cercavo di godermi un attimo di tranquillità.
Mugugno qualcosa nel sonno, aprendo lentamente gli occhi.
"Ehi..." le sorrido, allora, osservandola sedersi al mio fianco. Carlotta incrocia le braccia al petto, abbassando lo sguardo. Riesco a scorgere della stanchezza sul suo viso. Un po' di riposo servirebbe anche lei.
"Scusa non avrei voluto svegliarti" ammette poi, a bassa voce, accarezzandomi una spalla. "Sto andando via, trattengono Federico per la notte.  Ci sono i suoi genitori con lui..."aggiunge, con un piccolo sorriso ad affiorare sulle sue labbra. Nonostante sul suo viso siano evidenti ancora tracce di pianto e stanchezza, intravedo una certa luce nei suoi occhi, il che mi fa sperare tra di loro sia andato per il meglio.
Appoggio la mia mano sulla sua, ricambiando il sorriso.
"Grazie per essertene occupata" mi fa presente lei con riconoscenza, aumentando la stretta sulla mia mano.
Trattengo un verso al ricordo al battibecco, e nonostante non glielo faccia presente, Carlotta sembra capire perfettamente: "Federico ha un caratterino, ma è solo perché non sopporta che qualcuno lo veda debole"
A quel punto, mi apro in una piccola e breve risata, scuotendo il capo. "Lo vedo, lo vedo...ma puoi star tranquilla che si riprenderà presto".
Carlotta sospira, appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Hai bisogno di riposare e ne ho bisogno anche io...andiamo a casa, ok?" le faccio presente, passandole un braccio attorno alle spalle.
Carlotta si volta verso di me, corrucciando la fronte: "Ma il motorino?" mi domanda, mentre mi alzo, sciogliendo i muscoli intorpiditi.
"Passerai a riprenderlo domani, ha ricominciato a piovere e non vorrei dovermi trovare a ricucire anche te" le faccio notare, colpendola scherzosamente a una spalla.
"Ehi!" replica lei, divertita. "Però rimango a dormire da te!" mi fa presente, puntandomi un dito contro.
Appoggio la testa sulla sua spalla, stringendola forte a me. "Non ci sono problemi. Però adesso vieni con me e mi accompagni a recuperare la mia roba, ok?"
Carlotta annuisce, e mentre prendiamo a farci strada verso il mio reparto, mi rendo conto che, stasera, più che mai, abbia bisogno di un'amica.
È notte inoltrata e le luci in corridoio sono già soffuse; l'ambiente è avvolto nel silenzio. Carlotta si muove al mio fianco, voltandosi a guardare a destra e sinistra cosa la circondi, nella penombra.
Dopo gli eventi di questi giorni, non nascondo di avere una certa paura, quindi la vicinanza della mia amica si rivela essere proficua.
Carlotta mi segue negli spogliatoi, scrutandomi corrucciata per questo improvviso cambio di rotta, ma nonostante il suo sguardo si veli di sorpresa, non sembra commentare.
Così, dopo aver riposto il mio camice  e aver recuperato i miei effetti personali, mi volto in direzione della mia amica, appoggiata a uno degli armadietti posti accanto alla porta.
"Andiamo?" le domando, accennando un sorriso.
Lei annuisce, distratta chissà da quali pensieri.
Quando, finalmente, usciamo dal reparto, mi ritrovo a rilasciare un respiro.

Nonostante sia ormai notte e Luca abbia di sicuro terminato il suo turno da molto, il mio sguardo corre al padiglione che ospita il suo reparto. I miei occhi scrutano quella porta come se, da un momento all'altro, io potessi vederlo uscire da lì.
Carlotta, nel frattempo, si è allontanata per richiamare l'ascensore al nostro piano e, insospettita dal mio non averla raggiunta, si volta nella mia direzione, scoprendomi avvolta nei miei pensieri.
"Anita" mi richiama, allora, riscuotendomi.
Incrocio il suo sguardo, abbassando gli occhi, come colta in flagrante.
"Arrivo, arrivo..." sussurro a mezza bocca.
Le porte dell'ascensore si aprono dietro di noi, rendendoci impazienti di raggiungere il pianoterra.
Guardo il mio riflesso nello specchio dell'ascensore e mi rendo conto che abbia proprio una brutta cera. Gli occhi infossati e stanchi, il colorito pallido, le labbra secche e screpolate: insomma, non sono proprio un bel vedere. Mi passo una mano sul volto, sperando che una bella dormita possa rivelarsi rigenerante.
Proprio mentre Carlotta sta per piggiare il pulsante del piano terra, qualcuno da fuori richiama la nostra attenzione.
"Aspettate" sibila, cercando di mantenere un tono basso: riconosco dal respiro che sia trafelato.
Dal riflesso dello specchio, mentre le porte dell'ascensore, finalmente si richiudono, incrocio lo sguardo sorpreso di Luca.
Mi volto, allora, nella sua direzione, cercando di nascondere un certo entusiasmo alla sua vista. Scruto lo sguardo di Carlotta, al mio fianco,e lei sembra voler reprimere un sorriso.
Osservo Luca, composto e stretto nel suo peacot blu navy, da cui spunta un maglione a collo alto grigio. Lui si appoggia alla parete dietro di sé, le mani che tengono saldamente la sua borsa da lavoro. Nonostante sembra che voglia dirmi qualcosa, dalle sue labbra non accenna a trapelare una sola parola. I suoi occhi, però, mi rimangono con insistenza addosso e, improvvisamente, avverto che inizi a mancarmi ossigeno qui dentro.
È Carlotta a rompere l'imbarazzo creatosi. Non mi sfugge che prima di cominciare a parlare, faccia alternare lo sguardo prima su di me e poi su di lui, ripetutamente, come se stesse assistendo a una partita di ping- pong.
"Ciao, Luca!" esclama, accennando a un sorriso cordiale nella sua direzione.
Luca sembra ridestarsi e rilassa un po' le spalle, voltandosi verso di lei.
"Ciao, Carlotta".
Poi il suo sguardo ricade su di me, come se volesse rendermi partecipe di questa conversazione.
Mi schiaccio contro la parete, portandomi le mani al petto.
"Ciao, Luca..." sussurro, d'un tratto, intimidita.
Nella mia mente continuano a ripercorrersi le immagini di stamattina, che ci vedono nello stesso spogliatoio di poco prima, mentre lui sembra intenzionato a darmi il suo aiuto. Ricordo anche come me ne sia andata, senza dirgli una parola e, a ripensarci, un po' me ne pento.
"Anita..." replica lui, con un sorrisino ad arricciargli le labbra. Luca sembra percepire che sia in imbarazzo; devo iniziare seriamente a sospettare che mi legga nel pensiero, perché quel sorriso pare sta lì a dirmi che per lui sia ok, non sia infastidito dalle mie azioni.
Così, cercando di ritrovare la parola, rilascio uno sbuffo, tentando di rilassarmi.
"Cosa fai ancora qui?" gli chiedo, e mi rendo conto che le nostre voci si siano accavallate, finendo entrambi per porre la stessa domanda all'altro.
Ridiamo brevemente per questo episodio, ritrovando poi un po' di serietà.
Luca, però, che per quasi tutto il tempo era stato rigido e teso, sembra sciogliersi, distendendo i tratti del viso.
"Un intervento mi ha tenuto impegnato molte ore, purtroppo. Ma tu, piuttosto, cosa fai ancora qui?" domanda, facendo saettare lo sguardo da me e Carlotta, sospettosamente.
La mia amica si insinua scherzosamente nella conversazione, aggrappandosi al mio braccio.
"Abbiamo avuto un'emergenza. Anita è stata così carina nel rimanere qui tutto questo tempo con me. Ma d'altronde lei è una persona speciale. Vero?" le parole di Carlotta, pronunciate con un sorriso orgoglioso, non nascondono una certa lode nei miei confronti.
Così, mi volto verso di lei, corrucciando la fronte e scuotendola lievemente per un braccio.
Non riesco a scrutare la reazione di Luca, ma la sua risposta arriva poco dopo, chiara e forte.
"Vero, vero. Anita è sempre pronta a dare una mano quando ce n'è bisogno. Direi quasi che si preoccupi più degli altri che di se stessa".
Incrocio il suo sguardo, trovandolo a fissarmi con un piccolo sorriso.
Le sue parole suscitano una certa sensazione in me. Non so se ritenermi, stupita, imbarazzata, compiaciuta?
Carlotta, invece, gongola soddisfatta.
Un calore mi si irradia nel petto, mentre Luca inarca un sopracciglio e sembra voglia scrutare una mia reazione.
Ma, improvvisamente, sembrano mancarmi le parole.
Le porte dell'ascensore, però, dietro di noi, si riaprono e io penso sia un bene, perché posso scappare da questa situazione di forte imbarazzo.
Carlotta è la prima a uscire, frettolosa, quasi come se volesse lasciarci soli.
Abbasso lo sguardo, defilandomi da questa prospettiva, ma Luca mi afferra per un braccio, arrestando i miei passi.
Incrocio i suoi occhi, sussultando sorpresa.
"Anita..." sussurra lui. "Hai pensato a quello che ti ho detto?".
Corruccio la fronte senza ben capire a cosa si stia riferendo. O forse non voglio.
Lui, a quel punto, mi lancia un'occhiata eloquente, assottigliando lo sguardo e, mentre, i suoi occhi cominciano a bruciarmi addosso, avverto un'improvvisa voglia di andare via da lui.
"Luca, devo andare" replico, cercando di mantenere un tono fermo, ma la mia voce esce distorta in un sussurro.
"Anita" Luca rilascia uno sbuffo, contraendo le labbra in una smorfia, infastidito dalla mia continua reticenza. "Anche se non lo vuoi capire, o forse non lo vuoi ammettere a te stessa, io sono qua...sono qua per te".
Abbasso lo sguardo, mordendomi il labbro. Osservo Luca allentare la presa sul mio braccio e, silenziosa arretro, lasciandomelo alle spalle.
"Non puoi scappare per sempre, Anita!" mi fa presente lui, strepitando a gran voce.
Nonostante so che lui abbia ragione, ho bisogno di scrogiolarmi nel pensiero di potercela fare, di potere uscire da tutto ciò.
Così mi volto quando c'è abbastanza distanza a dividerci e scopro Luca ancora lì, al suo posto, con il viso teso per lo sfogo, ma abbasso lo sguardo poco dopo, allontanandomi codarda.

Raggiungo Carlotta che è già all'uscita e mi aspetta lì, con le mani giunte davanti a sé e un'espressione speranzosa in volto.
"Allora?" ammette, senza nascondere una certa eccitazione quando sono al suo fianco. I suoi occhi sembrano scrutarmi colmi di una certa aspettativa.
La sua eccitazione però lascia spazio a una misera rassegnazione quando si accorge del mio sguardo, basso e confuso.
"Allora niente..." borbotto a bassa voce.
Poi, le faccio segno di seguirmi all'automobile, ansiosa di tornare a casa e lasciarmi questa giornata alle spalle.

Io e Carlotta non ritorniamo più sull'argomento, perché quando raggiungiamo il mio appartamento siamo troppe stanche e ci addormentiamo non appena i nostri corpi vengono a contatto con il letto.
A differenza di quello che speravo, però, svegliarsi dopo aver passato una nottata in ospedale, si rivela essere peggio del previsto. A dire il vero, a questo si aggiunge la paura di quello che potrebbe aspettarmi oggi in ospedale. Mentre mi ripeto che qualsiasi cosa succeda, vada affrontata, Carlotta si appoggia alla porta del bagno, incrociando le braccia al petto.
"Anita, va tutto bene?" mi domanda, sospettosa, mentre sono alle prese con il mascara.
Schiudo leggermente le labbra, cercando di non farmi entrare lo scovolino in un occhio e rilascio un sospiro.
"Certo, tutto benissimo" ammetto, cercando di sembrarle il più naturale possibile.
Carlotta scuote le spalle, pensierosa: "Sarà, ma io credo che ci sia qualcosa a preoccuparti..."
Rimetto il mascara al suo posto, rinunciando alla possibilità di truccarmi senza incappare ancora nella sua curiosità, e mi appoggio con le mani al lavandino.
"Lottie...davvero, è tutto ok" le replico, accennando a un sorriso. Ma, dallo specchio, scorgo il riflesso del mio viso contratto in una smorfia.
Carlotta, a quel punto, rilascia un sospiro, muovendo un passo nella mia direzione. Si lascia ricadere, sedendosi sul bordo della vasca poco distante, incrociando le braccia al petto.
"Anita, non sono una stupida. Credi che non mi si accorta di cosa sia successo ieri sera?" mi fa notare, incarnando un sopracciglio. Avverto i suoi occhi inquisitori su di me.
"Credi che non mi sia resa conto che, improvvisamente, non hai più uno studio, ma ti sei cambiata in uno spogliatoio qualunque e poi di come ti guardassi intorno, come se avessi paura di qualcosa?! Beh, chiamalo niente!" aggiunge, usando un tono indispettito.
Nonostante le sue parole scagliate contro di me possano sembrare un'accusa, mi rendo conto di quanto lei sia preoccupata per me. Purtroppo, nonostante io mi imponga di non ricadere nell'errore, non posso farne a meno. Fissazioni: una volta ho sentito dire che tutti quanti noi ne abbiamo almeno una, perché crescere e ricominciare ci impongono di cambiare e il cambiamento ci spaventa. Quindi ci crogioliamo in rassicuranti fissazioni che ci danno l'impressione e l'illusione di ottenere quello che non abbiamo e che non possiamo essere.
Ecco, la mia fissazione più grande dopo voler tenere tutto sotto controllo, è quella di voler dimostrare sempre agli altri di stare bene, di essere forte abbastanza. Anche a costo di nascondere l'evidenza e di pensare di riuscire a farcela da sola. Negli anni ho coltivato questa strana convinzione che chiedere aiuto sia una dimostrazione di debolezza, ma non è fatto così.
Ho avuto modo di appurare quanto,invece, le conseguenze di tale fissazioni possano essere devastanti: quando ti rendi conto che quello che avevi, la monotonia che ti era costruita, si sgretola davanti ai tuoi occhi, è dura da accettare e allora, mi sono chiusa in una sorta di guscio di protezione come a schermarmi da qualsiasi cosa mi provochi dolore. Non sono sicura che anche questo sia comportamento sia corretto, perché d'un tratto, mi sento così spoglia di emozioni, atona. Mi butto a capofitto nel lavoro e in qualsiasi altra cosa sia capace di distrarmi; dicono che far finta che un problema non esista, lo renda meno doloroso da affrontare.
Su questo non sono così sicura, perché quando meno me lo aspetto, i brutti pensieri tornano a insinuarsi nella mia mente facendomi bramare di poter superare, un giorno, tutto questo.
Osservo Carlotta che ricambia il mio sguardo in attesa di una risposta e decido di dirle una mezza verità. Perché farla preoccupare ulteriormente?
"E va bene, Carlotta. Non ti dirò che il mio ritorno in ospedale sia stato roseo, perché non lo è stato per niente. Ho dovuto affrontare delle conseguenze per il mio comportamento e credo che quello è successo sia solo il minimo, ma è giusto che sia così, insomma sono stata poco professionale..."
"Sei sicura sia solo questo?" ritenta la mia amica, accigliandosi.
Annuisco, lievemente, unendo le mani davanti a me.
"E di Luca, invece, che mi dici?" mi domanda, allora, assottigliando lo sguardo e facendosi leva sulle braccia per incrociare le caviglie davanti a sé.
La sua domanda, improvvisamente, mi coglie alla sprovvista, perché sussulto nel sentirle pronunciare il suo nome.
Luca, cosa posso dirle di Luca?.
"Oh, beh, Luca..." borbotto tra me e me.
Luca si sta prodigando tanto per me, dimostrandomi la sua vicinanza e comprensione ma d'altronde su questo lui è stato chiaro: farò di tutto pur di dimostrarti quanto ci tenga a te. Ma se in un primo momento, dopo le sue parole, mi ero lasciata andare all'eccitazione adesso mi sento frenata nei suoi confronti, come se non riuscissi a lasciarmi andare.
"Anita, io l'ho visto come ti guardava ieri in ascensore, non puoi venirmi a dire che pensi a lui non importi niente di te" mi fa presente, Lottie, intuendo le mie preoccupazioni.
Accenno a un sorriso in imbarazzo. "Nono, ma non è questo, anzi, lui in questi giorni mi è stato accanto..."
"Ma?"
"Ma ho paura" ammetto con un forte senso di liberazione a scivolare sulle mie spalle "ho paura di non riuscire a fidarmi pienamente di lui e sento che questa cosa mi frena parecchio".
Carlotta sorride comprensiva, avvicinandosi per accarezzarmi una spalla. "È normale, Anita, ma tu adesso prenditi il tuo tempo, ok? Solo così potrai capire se sia il caso di lasciarti andare ma, se il mio sesto senso, non mi inganna, credo che Luca una seconda possibilità se la meriti proprio".
Inconsapevolmente sorrido alle sue parole. Ma Lottie ha ragione: ho bisogno del mio tempo e di imparare a riacquistare la fiducia in Luca, e lui mi ha promesso che non mi avrebbe messo  alcuna fretta in questo.
Così, senza aspettare una mia reale risposta, Lottie mi abbraccia, stritolandomi a sé.
"Grazie..." le sussurro sulla spalla.
Andare al lavoro, oggi, si prospetta meno doloroso.

Raggiungiamo ben presto l'ospedale, insieme: riconosco in ogni gesto di Carlotta la smania di rivedere presto il suo Federico. Nel tragitto verso la struttura mi ha raccontato tutto quello che è successo, dell'equivoco svelatosi e della scommessa messa su da Diego e Alberto da sempre sospettosi della loro unione.
Ho storto parecchio il naso davanti l'atteggiamento di quei, ma d'altronde non avremmo potuto aspettarci altro da loro. Mi auguro solo che Federico abbia preso dei provvedimenti, eliminando dalla sua vita persone così malsane. Mentre la mia amica me ne parlava, ho potuto appurare cosa volesse dire Biagio quando insisteva rispondendo che Federico davvero non c'entrasse niente. Un po' mi dispiace aver dubitato della sua tesi, ma, purtroppo, Federico non ha mai spiccato per sincerità o buona condotta in questione di donne. Eppure, mentre Carlotta me ne raccontava, non ho potuto fare a meno di sorriderle, felice che avesse ritrovato la sua serenità.
Quando arriviamo in ospedale, accompagno la mia amica in pronto soccorso; ho alcuni minuti prima che inizi il mio turno e posso concedermi questo tempo in sua compagnia.
Mentre ci dirigiamo verso la stanza, ci rendiamo conto che sia proprio Federico, accompagnato da Biagio, a venirci incontro. Nonostante sembra sia un po' affaticato, le sue condizioni sono migliori. Gli hanno fasciato il braccio, e dovrà portare un tutore per 15 giorni. Biagio gli rimane accanto, assicurandosi che il suo amico non si stanchi troppo.
Entrambi stanno ridendo di qualcosa, probabilmente Biagio avrà fatto una battuta, ma non appena i loro occhi si puntano su di noi, l'attenzione di Federico è completamente catalizzata sulla sua fidanzata al mio fianco.
Prima che possa rendermene conto, Carlotta gli corre incontro, sorridendogli e abbracciandolo cercando di non fargli male.
Biagio, allora, si fa da parte, lanciando un sorriso divertito nella mia direzione.
"Ciao, Biagio" lo saluto, quando mi è accanto.
"Ehi, Anita" replica, sporgendosi per baciarmi una guancia. "È bello rivederti".
Annuisco, abbassando lo sguardo. "Già".
Non mi so spiegare come sia possibile, eppure, nonostante conosca Biagio da pochi mesi, sento di aver instaurato con lui un'amicizia leale e solida. Biagio è un amico fedele e rispettoso, e la sua vicinanza è capace di mettermi sempre a mio agio.
A quel punto, lui mi colpisce a una spalla, scherzosamente, lanciandomi un'occhiata, fiero.
"Hai visto? Avevo ragione" gongola, puntando lo sguardo sui nostri amici poco distanti da noi.
Federico stringe Carlotta in una sorta di abbraccio, tenendola stretta con il braccio sano, mentre lei si abbandona totalmente alla sua presa, accarezzandogli con premura i capelli. I loro occhi sono colmi d'amore.
Mi ritrovo inconsapevolmente a sorridere davanti a questa visione così dolce. Sono così felice per Carlotta, perché la mia amica si merita ogni bene possibile.
"Sono carini, vero?" aggiunge Biagio, riscuotendomi dai miei pensieri.
Annuisco, guardandolo di sbieco. Anche lui come me ha lo stesso sguardo trasognante. Chissà, magari anche lui come me sta immaginando che la vita possa riservargli un amore così. "Molto"ammetto, alla fine, carezzandogli una spalla.
Biagio, a quel punto, si porta le mani al petto, rilasciando un sospiro. "Federico ci ha fatto preoccupare tutti, è bello vederlo così, adesso" mi fa presente, lasciando trapelare quanto sia stato in pensiero per lui. Ho avuto fin dall'inizio che la loro fosse un'amicizia solida, ma ora più che mai ne ho la conferma. La presenza di Biagio, qui, in ospedale, dimostra quanto voglia bene a Fede.
Nel mentre, i due fidanzati ci raggiungono, mano nella mano, riportandoci a volgere la nostra attenzione a loro.
Biagio ritrova subito il sorriso; è bravo a nascondere le sue debolezze.
"Ciao, Anita" mi saluta, Federico, accennando a un sorriso in imbarazzo.
"Ciao" gli replico, portandomi le mani dietro la schiena.
Lui incrocia lo sguardo di Carlotta come se cercasse una sorta di rassicurazione da lei, poi i suoi occhi tornano a posarsi su di me.
"Comunque, grazie per ieri sera..." ammette, a disagio, ma riesco a riconoscere che sia sincero, così, addolcita dal suo tentativo di chiedermi scusa, gli sorrido.
"Dovere. Sono contenta di vedere che tu stia già meglio" proferisco, sincera.
Carlotta, al suo fianco, sorride, serena che tutto stia andando per il meglio.
"Allora, Carlotta, io accompagno Federico a casa, vieni con noi?" le domanda, Biagio, dopo un attimo di silenzio.
La mia amica annuisce, stringendosi al braccio libero del suo fidanzato.
"Sì!" esclama, con eccitazione. "Ho preso un giorno libero da scuola per stare con lui!" ammette facendo voltare Federico nella sua direzione, che le sorride grato.
"Bene!" esclama lui, colmo di iniziativa. "Andiamo!".
Carlotta mi stringe in un piccolo abbraccio prima di andare via, augurandomi buon lavoro, così come Biagio. Federico, invece, si limita a un piccolo cenno della mano, ma va bene così, non abbiamo tutta questa confidenza. Eppure, sento che qualcosa tra me e lui, oggi, sia cambiato: di sicuro ho abbandonato qualsiasi ascia di guerra nei suoi confronti.
E, mentre, li guardo allontanarsi nel corridoio vicini all'uscita dell'ospedale, rilascio un respiro profondo, preparandomi alla mia giornata.

Raggiungo il reparto armandomi di una buona dose di sicurezza. Forse, mi dico, oggi andrà meglio. Farò di tutto per dedicarmi al mio lavoro e svolgerlo nel migliore dei modi. Cerco anche di valutare questa caduta sociale come un qualcosa di positivo. Forse adesso che non sono più la favorita di Visconti, Giorgio non avrà più modo di farmi la guerra, no? Ha ottenuto quello che vuole. E sono sicura che, presto, l'attenzione, scaturita dal mio gesto, scemerà.
Perché è così che andrà, no?
Ok, forse non tanto presto, perché, una volta raggiunto lo spogliatoio, sono costretta a fare i conti con quelle pettegole che sono le mie colleghe. Sguardi inquisitori, occhiatine fugaci, sorrisi maliziosi, sussurri. Sono già stanca di tutto questo, così, quando mi avvicino ad Arianna, mi auguro che lei possa farmi ritrovare il buonumore. La raggiungo, scoprendola con un broncio ad arricciarle le labbra. Anche lei sembra molto infastidita dalla situazione.
"Non le pensare" mi sussurra, però, quando le sono accanto, nonostante, lei stessa stia dando a queste bigotte troppo considerazione.
Nel frattempo, però, i mormorii persistono.
"Bella raccomandata, hai visto?"
"Io al posto di Visconti, l'avrei cacciata"
"Ma è perché si fa Franzese, è per questo che sta ancora qua".
"Ah, beh! Mica scema...ma l'avete visto? È un figo pazzesco" civetta una, spalleggiando una delle sue compagne.
Ascolto la loro conversazione, sentendomi sormontare da una certa rabbia, ma non posso fare altro che sopportare in silenzio. Non le pensare, Anita, non le pensare.
Non mi accorgo nemmeno di star artigliando l'anta dell'armadietto tra le mie mani, fin quando, lo spavento, provocatomi da Arianna che richiude il suo con foga, non mi riporta alla realtà.
"Beh?" esclama lei, voltandosi in modo concitato verso le pettegole. "Non avete altro da fare?!" digrigna, sporgendosi minacciosamente.
"Arianna..." la richiamo, appoggiando una mano sul suo braccio. "Lascia stare".
Lei, però, si divincola dalla mia presa su di lei, sostendendo lo sguardo del gruppetto. Sembra si stiano sfidando a vicenda. Poi, le pettegole scoppiano a ridere in modo malevole, spalleggiandosi tra loro, e ci voltano le spalle, uscendo dallo spogliatoio. Mi ritrovo a sospirare di sollievo.
Arianna sbuffa, reprimendo un verso, mentre stringe le mani in dei pugni.
"Le odio!" ammette, lasciandosi ricadere su una delle panche.
Improvvisamente mi sento così grata di averla qui, con me; Arianna mi dimostra sempre di più che ci tenga a me e sia qui per pormi il suo sostegno. Che mi abbia difeso con quelle lì mi fa capire quanto il suo affetto sia grande: non ha avuto paura di innemicarsele, perché la sua voglia di stare dalla mia parte è più forte.
"Ehi" mi siedo al suo fianco, carezzandole una spalla, come a voler placare il suo nervosismo. È strano vedere che sia lei quella più arrabbiata tra le due.
"L'hai detto stesso tu, no? Dobbiamo lasciarle stare" le faccio presente, accennando a un sorriso.
Lei, allora, si volta nella mia direzione, rilasciando un respiro, come a voler ritrovare la calma. Appoggia il capo sulla mia spalla, lasciando che la stringa in un piccolo abbraccio. "È che proprio non le sopporto, Anita. Ma chi sono loro per giudicare?! Sto male al solo pensiero che tu debba sopportare tutto questo..." mi rivela, stringendo le mani davanti a sé, il viso contratto in una smorfia infastidita.
"Va tutto bene, ok? Ma comunque, grazie" le replico.
Arianna, allora, accenna ad un piccolo sorriso, abbassando lo sguardo.
"Ehi!" esclamo, colpendola scherzosamente alla spalla. "Cos'è questo sorriso spento? Avanti, non sono abituata a questa versione di te, rivoglio l'Arianna esuberante e solare!".
Lei ride sommessamente alle mie parole, ritrovando il suo solito carisma.
"Forse c'è qualcosa che potresti fare affinché ritrovi il mio buonumore" mi fa presente, puntandomi un dito contro. Osservo un guizzo malizioso attraversare i suoi occhi e non mi è difficile capire cosa intenda. Ma sono decisa a non dargliela vinta così presto. Così mi fingo confusa, arricciando la fronte.
"Cioè?"
Lei mi spintona, fingendosi offesa dal mio tentativo di sviare il discorso.
"Stai facendo solo finta di non saperlo! Però forse se ti rinfrescassi la memoria..."
"Okok" mi arrendo, alzando le mani in segno di resa. "Sei pronta per il terzo episodio della tua serie-tv preferita?"
Arianna balza in piedi, battendo le mani eccitata. Poi torna a sedersi al mio fianco, improvvisando un finto sguardo serioso, aggiustandosi la montatura scura degli occhiali. Arianna ama cambiare e ha uno stile molto stravagante. Ad esempio, oggi a differenza della montatura rotonda e chiara dei giorni scorsi, ne indossa una nera e spessa.
"Non aspettavo altro!"
Le lancio un'occhiata divertita preparandomi a rispondere le sue domande.
"Allooora" ridacchia "cos'è successo dopo che lo hai rincontrato a quella festa?"
Tiro un respiro profondo percorrendo i ricordi che caratterizzano l'inizio di tutto questo.
"Beh, dopo quella sera, sono cambiate molte cose, perché ho scoperto avessimo degli amici in comune e le possibilità di vederci erano raddoppiate. Così, quando sapevo che ci fosse anche lui, ero tremendamente agitata all'idea di vederlo, ma non accennavo nemmeno a parlarci" ammetto, soffocando un risolino, in imbarazzo.
Arianna annuisce, facendosi improvvisamente pensierosa. "E quando hai capito te ne fossi innamorata?"
Abbasso lo sguardo, unendo le mani davanti a me, giocando distrattamente con le dita. "Non posso negare che Luca mi sia piaciuto dalla prima volta che l'ho visto. Ma avevo bisogno di conoscerlo per capirci meglio, non potevo basarmi solo su un aspetto esteriore. Perché che fosse bello, era evidente e per uno strano scherzo del destino sembrava rispecchiare il mio prototipo di ragazzo ideale".
"Sì, ma quando l'hai conosciuto?"domanda lei, desiderosa di più dettagli.
Accenno a un sorriso davanti al suo coinvolgimento nel discorso e riprendo a raccontarle.
"Quando l'ho conosciuto, ho capito che Luca non fosse solo il classico ragazzo bello che sa di esserselo. Lui era estremamente intelligente, simpatico e gentile. Era sempre pronto ad aiutare gli altri, e nonostante avesse dei difetti, io ero completamente attratta dalle sue molteplici qualità per rendermene conto. Ero innamorata persa di lui, Arianna: bastava che lui incrociasse il mio sguardo per farmi battere il cuore e tremare dalla testa ai piedi. Una volta, poi, dopo una serata in pizzeria con i nostri amici, si è offerto di accompagnarmi a casa. Le mie amiche quella sera erano rimaste a casa, ma io ero voluta uscire per poter passare in un certo senso del tempo con lui. Mai avrei immaginato che potessimo ritrovarci da soli, sulla sua vespa, nel tragitto verso casa. Dall'agitazione non ero riuscita nemmeno ad allacciarmi il casco, quindi lui si era ritrovato a dovermi aiutare. Mi accompagnò a casa, nonostante la sua abitazione distasse dalla mia e prima di andare via mi salutò con un bacio sulla guancia. Dopo quella sera non volevo più lavarmi la faccia e non facevo altro che odorare il cappotto su cui era rimasto impresso il suo profumo..."
Arrossico a quel ricordo così dolce e vivo nella mia mente. Nonostante siano passati così tanti anni non posso fare a meno di pensarci, trasognante. Ero solo un'adolescente alle prese con la mia prima cotta.
Arianna batte una mano sulla mia coscia, ridendo, divertita. "Tu sei ancora innamorata persa di lui, Anita" mi fa presente, con uno sguardo carico di stupore.
Mi copro il viso con le mani, sorpresa da questa immensa veritá. Così lei si sporge in avanti, cercando di incrociare il mio guardo coperto dalle dita.
"E adesso?" domanda, ingenuamente.
Balzo in piedi, colta da un'improvvisa voglia di mettermi al lavoro. Non saprei nemmeno io spiegarle cosa succeda adesso. Aspetterò di vedere cosa la vita abbia ancora da riservarci.
"E adesso andiamo, non vorrei beccarmi un richiamo" le faccio notare, sistemandomi alcune pieghe sul camice.
"Ma uffa!" sbuffa lei, imbronciandosi come se fosse una bambina. "Interrompi sempre tutto sul più bello..."
Roteo gli occhi, reprimendo una risata, poi senza aspettare che mi segua, mi avvio all'uscita.
"Che fiction sarebbe, altrimenti?" le faccio notare aprendo la porta e facendole segno di uscire.
Arianna saltella sul posto, raggiungendomi in pochi balzi. "Beh, non posso darti torto su questo. In ogni caso, io tifo per voi!" mi fa presente, con un occhiolino sfacciato. Poi, dopo avermi fatto ciao, ciao con la mano, si allontana per il corridoio.

Dopo essere rimasta sola, mi preparo ad affrontare la mia giornata. Non ho ancora visto il dottor Visconti e tutto ciò mi rassicura perché non sono sicura riuscirei a sopportare un altro confronto con lui. Devo fare di
tutto per riconquistare la sua stima. E questo significa massima concentrazione e impegno. Non posso lasciarmi più coinvolgere in situazioni che premono a destabilizzarmi; da oggi per me deve esistere solo il lavoro. Ma prima ho bisogno di fare una cosa.
Mi muovo nel corridoio ostentando una sicurezza che non sento più veramente mia, ma di cui avrei davvero bisogno.
Se penso a quante volte, spesso, ho raggiunto questo posto con la speranza di trovare la mia piccola Lucia a confortarmi.
Metto piede in quella che per mesi è stata la sua stanza e mi sembra quasi di rivederla ancora lì. Distesa nel suo letto con lo sguardo rivolto verso la finestra, avvolta nei suoi pensieri.
Mi sembra di rivederla come quando l'ho conosciuta, dolce e indifesa, con un peso insormontabile e grande a gravare sulle sue spalle piccole.

La nuova bambina che è arrivata stamattina si chiama Lucia e chiunque nell'ospedale non fa già che parlare di lei. Dicono che sia una bambina tanto bella e dolce.
"Povera piccola" mormora qualcuno, dispiaciuto dalla sua condizione.
Non l'ho ancora vista, ma lo farò a breve.
Quando entro nella stanza che la ospiterà mi rendo conto che quello che dicevano su di lei sia vero: Lucia è una bellissima bambina, con i capelli lunghi e scuri, gli occhi grandi e azzurri a risaltare sul suo volto pallido: sembra sia una bambola di porcellana. Lucia non si accorge sùbito di me. Il suo sguardo è perso, rivolto oltre la finestra che la tiene lontana dal mondo esterno. Sembra sia avvolta in chissà quali pensieri. Per un attimo mi sembra di vedere un velo di tristezza appannare i suoi occhi. Ma no, sono troppo belli per poter essere attraversati dal dolore. Lucia è troppo piccola per poter affrontare questa situazione che la tiene costretta al letto a causa del grave problema al cuore di cui soffre.
E io, prima di essere un medico, sono una persona; una persona che ama prodigarsi per gli altri e che si sente profondamente in pace con se stessa quando nel suo piccolo cerca di aiutare chi sia in difficoltà.
Quindi, adesso che Lucia è qui, mi assicurerò che la mia presenza per lei possa essere sinonimo di una degenza meno dolorosa possibile.
Lucia, a quel punto, forse attirata dai miei passi, si volta nella mia direzione, scoprendomi a fissarla.
"Ciao. Io sono la dottoressa Anita" proferisco, accennando a un sorriso.
Lei abbassa lo sguardo, intimidita. "Ciao" sussurra in imbarazzo.
Muovo allora alcuni passi nella sua direzione, avvicinandomi al suo letto.
"Posso sedermi accanto a te?" le domando.
Lucia non risponde, ma mi fa spazio vicino a lei, in chiaro segno di approvazione.
Così prendo posto, sotto il suo sguardo attento. Lei sembra scrutarmi a lungo, assottigliando lo sguardo come a voler capire se possa fidarsi di me.
"Ti manca casa tua?" le domando, spezzando il silenzio che ci ha avvolte.
Lucia sussulta alla mia domanda, sbarrando impaurita gli occhi. Non riesco a capire in pieno cosa le abbia fatto cambiare così repentinamente l'umore.
Quando però gli occhi le si inumidiscono, in chiaro segno che sia vicina al pianto, capisco che tutto ciò le provochi un gran dolore.
Così mi avvicino a lei, accarezzandole una guancia con premura. A differenza di quello che pensavo, Lucia non si sottrae al mio tocco, ma al contrario, sembra gradirlo.
"Va tutto bene. Noi adesso ci prendiamo cura di te, ok?" le sussurro, come se fosse un segreto di noi.
Lucia incrocia il mio sguardo con gli occhi ancora lucidi ma che sembrano custodire tutto un mondo che ho voglia di scoprire.
Poi annuisce piano, accennando un lieve sorriso. E quando lei mi sorride, capisco che, senza che me ne sia resa conto, questa bambina si è guadagnata un posto speciale nel mio cuore.

Ma adesso Lucia non c'è più e il ricordo del nostro primo incontro mi riporta a fare i conti con la dura realtà. Lucia se n'è andata e io non posso farci niente. Questa volta sono i miei occhi a inumidirsi, lasciandomi prendere dallo sconforto. La verità è che vorrei piangere ma mi sento improvvisamente bloccata. Inerme, svuotata di ogni forza. Stringo i pugni, forte, impedendomi di crollare.
Sii forte, Anita, sii forte...
"Oh mi senti!? E adesso che c'ha questa?!"
Ritorno alla realtà solo quando mi sento scuotere per un braccio. Il mio corpo reagisce involontariamente, portandomi il braccio al petto come se mi fossi scottata.
Abbasso lo sguardo, puntandolo sul ragazzino che è seduto svogliatamente sul letto. Lo stesso letto che è stato di Lucia. Impallidisco di nuovo.
"Finalmente ti sei svegliata!" esclama lui. "Me stavi a fa preoccupa...oh, no, eh, non di nuovo, e mo che c'hai?!" mi fa presente, accigliandosi, e avvicinandosi al mio viso, per analizzare le mie condizioni.
Deglutisco un boccone a fatica, improvvisamente non ho salivazione!.
"E tu...tu chi sei?!" sussurro, muovendo alcuni passi all'indietro.
Il ragazzino si porta le braccia al petto, con fare annoiato.
"Mi chiamo Mattia..." proferisce, facendo schioccare la lingua al palato.
Sussulto spaventata quando mi rendo conto di  aver intaccato qualcosa alle mie spalle. Il ragazzino che ha detto chiamarsi Mattia mi scruta, adesso, con fare divertito.
Così, quando mi volto, mai mi aspetterei di trovare Luca. Ma lui è qui, lui sembra essere sempre qui quando ne ho bisogno.
Faccio alternare lo sguardo da lui al ragazzino, ripetutamente, cercando di regolarizzare il mio respiro.
"Anita, va tutto bene?!" mi domanda, Luca, preoccupandosi sulle mie precarie condizioni.
No, che non va bene, non va bene niente.
Incrocio il suo sguardo confuso e senza che me ne renda conto mi spingo verso di lui, appoggiando la mia testa sul suo torace. Luca è sorpreso dal mio impatto, ma non mi allontana, bensì si premura di tirarmi a sé. Non appena le sue braccia si stringono attorno al mio corpo, arpiono il suo camice tra le mie mani, stringendolo così forte fino a farmi male le dita. Chiudo gli occhi, esprimendo nel mio gesto tutta la voglia di aggrapparmi a qualcuno, a lui.
"Ti prego, non fare domande, portami solo via di qui" gli sussurro.
E lui lo fa.
Primo passo per il mio cambiamento: chiedere aiuto.

ANGOLO AUTRICE:

Buongiorno a tutti e ben ritrovati! Mi scuso per la breve assenza, ma come avevo accennato sono in piena sessione d'esame e mi è difficile trovare tempo per scrivere. Però, finalmente, eccomi qui con un nuovo capitolo che mi auguro possa piacervi. Anita cerca di riprendersi e di non pensare ma, come vedete, è difficile: infatti ha un crollo emotivo quando entrando nella stanza di Lucia, fa i conti con la realtà che lei purtroppo non sia più lì. Riuscirà mai a riprendersi? Booh, ma il primo passo è compiuto: ammettere di avere bisogno di aiuto e chi meglio di Luca può farlo?
Intanto aspetto i vostri commenti, e ringrazio chi ha recensito gli scorsi capitoli e mi dimostra il suo preziosissimo supporto. Grazie, davvero grazie!
Poi, prima di salutarvi, per chi non lo avesse ancora fatto e avesse voglia di sapere come sia andata tra Federico e Carlotta, vi lascio il link della breve storia che ho postato su di loro: Una scommessa d'amore
Detto questo, vi saluto, dandovi appuntamento al prossimo capitolo che mi auguro di riuscire a postare presto.
Un abbraccio!

  
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