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Autore: Calowphie    09/02/2019    1 recensioni
Imprigionato nei suoi pensieri più oscuri, intrappolato in quello stato di tristezza che, piano piano, cercava di consumarlo ma che, a quanto pare, non è riuscito a farlo.
Aveva circa diciotto anni quando la socio-fobia si è sviluppata in lui e nonostante sarebbe stata la fine di tutto, per lui era appena cominciata la vera battaglia.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola porta bianca dagli incavi quadrati e dal pomello tondo e bronzeo, si trovava nel mezzo di una grande stanza: l’unica fonte di luce era una lampadina pallida che, stretta a un lampadario dal filo fin troppo lungo, cercava di allontanare il più possibile le tenebre che la circondavano. Il fascio di luce biancastro creava una specie di tenda, dalla quale si intravedevano, i piccoli e tondi granelli di polvere che danzavano liberi nello spazio. La figura di un ragazzo stanziava nell’oscurità, scrutando con le pupille allargate a causa della poca luce, ciò che lo circondava cercando di capire dove si trovasse: respiri profondi e cadenzati alzavano e abbassavano il suo petto mentre, lentamente, decise di fare qualche passo incerto verso l’unica fonte di luce che sembrava rassicurarlo.

Ed ora eccoli lì, sotto quel fascio pallido mentre continuava a guardarsi attorno cercando di respingere quella sensazione di terrore che sentiva crescere minuto dopo minuto: “ Yoongi” una voce lontana sembrò chiamarlo, tanto che si girò di scatto socchiudendo gli occhi piccoli, in modo da cercare di individuare qualche figura nel buio: “ Yoongi” lo chiamarono di nuovo, e non poté far altro che muovere la testa da una parte all’altra facendo danzare i suoi capelli rossastri leggermente lungi, da una parte all’altra avendo timore di lasciare quel piccolo spazio luminoso in cui si era rifugiato: “ Yoongi!” lo chiamò insistentemente  quella voce così familiare, tanto che, preso dalla curiosità, il ragazzo si vide costretto ad uscire dal suo spazio sicuro avvicinandosi all’unica via di fuga che potesse trovare in mezzo a tutto quel buio.

Appoggiò la mano venosa sul pomello sospirando, sembrava quasi trattenesse il fiato: girò quella piccola manopola e spalancò la porta verso l’interno venendo abbagliato da una luce così forte, che dovette coprirsi la faccia con il braccio. Le pupille dapprima dilatate, diventarono piccole come degli spilli e quasi non credette ai suoi occhi quando li sdraiato, davanti a lui, c’era se stesso: un Min Yoongi diciottenne era ancora addormentato sotto le coperte mentre la voce grave di Namjoon cercava di svegliarlo, dato che erano in ritardo per le prove di danza: “ Non mi interessa un cazzo borbottò girandosi dalla parte opposta non avendo la minima voglia di alzarsi da lì: “ Hyung so che è difficile, ma dobbiamo farlo per migliorare prima del debutto” ammise il leader scuotendo le spalle del ragazzo più grande che, con un sonoro sbuffo, scostò le coperte, lanciando uno sguardo truce in direzione dell’amico: “ Dammi cinque minuti, aspettatemi fuori” ammise duro, non avendo ancora del tutto ingoiato la pillola del dover diventare un Idol.

Il ragazzo, ormai venticinquenne che, esterno alla vicenda, osservava tutto con gli occhi stupiti, sentendo le gambe stranamente pesanti e la testa fargli male: come mai era in quell’antro buio della sua mente? Perché mai stava rivivendo quei momenti? Ricordava come la sua vita era cambiata così velocemente: una notte si esibiva di fronte a due spettatori e ora il Tokyo Dome è proprio di fronte al suo naso.  Velocemente, senza nemmeno che il ragazzo potesse capire cosa stesse accadendo, bastò un battito di ciglia per farlo ritrovare nella piccola sala prove del vecchio edificio della Big-Hit: il sudore colava dalle tempie di ogni ragazzo che stesse ballando quella coreografia ormai da ore. Yoongi osservava il suo se stesso, cercando di ricordare che cosa provasse in quel momento: rabbia, delusione, paura di non farcela, paura di aver perso se stesso; tutte quelle ore passate a logorarsi le piante dei piedi, tutte quelle ore spese a fare qualcosa che lui non avrebbe mai pensato di compiere: voleva diventare un produttore musicale, non un idol insicuro del debutto. 

Una smorfia di dolore comparve sul volto stanco e segnato dalle poche ore di sonno del giovane Yoongi che, all’udire di quell’unica dolce parola che era la pausa, si gettò a terra con il fiato corto spalancando le braccia dubitando ancora di più di se stesso e di ciò che stava diventando.

Sempre immobile in un angolo l’ormai grande Yoongi, cercò con tutte le sue forze di correre verso di lui: si divincolava, muoveva le mani sopra le sue gambe cercando di alzarle per avvicinarsi, ma la frustrazione di non poter fare nulla per cambiare quella situazione lo stava logorando: “ Hyung stai bene?” domandò un giovane Jimin che non fece altro che far spalancare gli occhi del osservatore, non si ricordava nemmeno che era andato ad aiutarlo: “Si” rispose semplicemente, freddo come il pavimento di quella stanza che riusciva a dargli un po’ di sollievo dal caldo che il suo corpo stava provando. La mano di Jimin si allungò verso il volto del ragazzo che non venne nemmeno calcolata, alzandosi solamente con le sue poche forze rimaste: “Cazzo, Yoongi che cosa stai facendo? La cosa peggiorerà!” cercò di urlare a se stesso, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono: le labbra si muovevano come se fosse sott’acqua e cercasse disperatamente di riprendere fiato. Il ragazzo si potò le mani alla gola, cercando di capire quale fosse la causa di quel problema ma non poté far altro che abbassare nuovamente lo sguardo, inerme, su quello preoccupato e triste di Jimin che, in piedi e con le braccia lungo i fianchi, guardava il giovane Yoongi incamminarsi fuori dalla stanza alla ricerca di acqua fresca.

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Buio. Nuovamente quella stanza buia. Nessuna luce questa volta, nessuna speranza di rincuoro: solo buio.
 
“ Come ho fatto a tornare qui?” si chiese Yoongi ritrovando finalmente quella voce che, fino a poco prima aveva perso, tanto che un sorriso di sollievo sembrò palesarsi sul suo volto consumato dalla paura
Min Yoongi è morto” sussurrò d’un tratto una voce che, insistentemente, era interrotta da dei singhiozzi cadenzati : L’ho ucciso io”  aggiungeva di tanto in tanto, facendo quasi impazzire il povero ragazzo che iniziò a correre in una direzione non ben precisa, cercando di non ascoltare quella voce fastidiosa che ricordava molto la sua:Min Yoongi è morto” ripeté un ultima volta, prima che Yoongi si potesse portare le mani alle orecchie ovattando quei suoi così strazianti

“È passato molto tempo da quando la mia vita di tutti i giorni si è trasformata nell'uccidere le mie passioni e nel paragonarmi agli altri  pensò, stringendo gli occhi come se avesse un dolore forte alla testa e cercasse, con tutto se stesso, di allontanarlo scuotendola di tanto in tanto: “ Io non sono morto, sono rinato come una fenice” sussurrò a se stesso ripensando a come, grazie alla sua famiglia e i suoi amici, era riuscito a superare quel periodo buio della sua vita ritrovando l’amore per se stesso e la passione in quella musica che da sempre lo aveva accompagnato .

Un rumore sordo riuscì ad oltrepassare le orecchie tappate del ragazzo tanto che spalancò gli occhi sorpreso di sentire qualcuno bussare ad una porta: “ Hyung va tutto bene?” la voce di Hoseok rimbombò in quella stanza buia: “Sei dentro al bagno da mezzora” proseguì mentre, con gli occhi bagnati dalle sue stesse lacrime, Yoongi si trovò ad osservare la porta del loro vecchio bagno stranamente intrappolato nel suo corpo da diciottenne: “ Hyung, sei vivo?” insisteva Hobi mentre lui, rannicchiato sul pavimento bianco del bagno aveva deciso, quel giorno, di confrontarsi con se stesso nascondendosi all'interno del gabinetto perché aveva paura della gente. In quel momento, pensava solamente, che il successo avrebbe risolto tutto. Ma il fatto è che con il passare del tempo, si sentiva come se si fosse trasformato in un mostro.

La voce di Hoseok sembrò essere sempre più ovattata alle orecchie del ragazzo che, con le continue lacrime che scendevano copiose dai suoi occhi, mormorava frasi sconnesse che non facevano altro che contorcere il cuore del suo io ormai rinchiuso nella sua mente buia: “Non voglio ciò che loro vogliono” fu l’ultima cosa che disse prima che la porta del bagno si spalancò a causa di una spallata si Seokjin che corse nella stanza assieme a Hoseok scuotendo il corpo del ragazzo ormai senza energia.
 
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Di nuovo quella stanza, di nuovo quel terribile buio che spaventava così tanto il povero Yoongi che, indifeso, cadde a terra: “ Perché ogni volta che provo a fare qualcosa, torno sempre in questo posto di merda!” urlò liberando la sua ira, tirando un pungo a terra a causa della frustrazione. Sconvolto, nascose la testa tra le ginocchia alzate contro il suo petto, lasciando che i suoi capelli coprissero il suo volto triste, non che qualcuno potesse vederlo: era solo, completamente solo. D’un tratto, come per magia, dal cielo cadde un foglietto di carta tutto stropicciato, sicuramente qualcuno lo aveva accartocciato più volte: lentamente planò accanto al ragazzo, creando un leggero rumore di fruscio che fece alzare la testa a Yoongi creandogli un’espressione di stupore. Con attenzione, stirò il foglio tra le mani in modo da poter leggere meglio cosa ci fosse scritto sopra: solo poche righe dall’inchiostro nero ricordarono subito alla sua memoria, quel del dannato diario che avrebbe voluto bruciare
 
I miei genitori sono venuti con me la prima volta che sono andato dallo psichiatra. Hanno partecipato alla consulenza, hanno detto che a malapena mi conoscevano. Nemmeno io mi conosco, perciò chi può farlo? Amici? O tu? Nessuno mi conosce bene. I dottori mi hanno fatto delle domande. E io ho risposto senza esitazione che ero così già da prima” 
 
Uno strano brivido freddo lungo la schiena gli fece gelare il sangue tanto che, a causa del ricordo di quella sofferenza, le mani grandi che tenevano quel foglio fin troppo stretto, iniziarono a tremargli tanto che dovette gettarlo via prima che scoppiasse a piangere. Yoongi non poteva crederci, come aveva fatto a tornare in dietro nel tempo? Come aveva fatto a tornare in quel mondo dove, il disprezzo che aveva di se e la depressione si era presentata a giocare ancora con lui.

“ Che hai fatto alla spalla?” domandò una voce possente mentre gli occhi lucidi di Yoongi si girarono, per l’ultima volta, verso quella fonte di luce che non sembrava più così tanto sicuro fosse positiva: “ Sono caduto dalle scale” borbottò liberandosi dalla presa salda di Namjoon, che lo guardava con uno sguardo dubbioso: “ E come hai fatto a cadere dalle scale?” domandò insistente mentre incrociava le braccia al petto: “ Sono inciampato!” sbottò: “Non rompermi le palle e lasciami in pace” esclamò con lo sguardo basso il giovane Yoongi dai capelli corvini, incamminandosi inesorabilmente verso il bagno passando attraverso il corpo invisibile del suo essere ormai grande che, come un fantasma, cercò di abbracciarlo dandogli quel conforto che da sempre cercava, invano: “ Hyung!” lo chiamò sottovoce Namjoon, cercando di raggiungerlo ma venendo bloccato dalla mano del manager che, con un movimento del capo, gli fece capire che non era necessario.

D’altro canto, Yoongi, si inseguì senza aspettare altro tempo anche se sapeva bene dove sarebbe finito: ancora una volta era chiuso in bagno, terrorizzato dalla gente che lo circondava che tentava di tappargli la bocca, che gli dicevano di ingoiare quel frutto proibito solo perché lui non voleva ciò che loro volevano. Aveva rinnegato la sua natura molte volte e l'agonia che si era fatta strada nella sua testa, aveva minato il suo stato mentale: “ Chi sono io?” si chiese trovandosi nuovamente attaccato alla parete fredda del bagno, mentre i capelli gli sfioravano le palpebre chiuse, mentre il respiro iniziava a farsi sempre più cadenzato. Il rosso, stranamente, riuscì ad avvicinarsi a lui che, dolorante, si teneva la spalla lussata maledicendo quella volta che aveva deciso di fare, di nascosto, il fattorino.

“ Yoongi” lo chiamò vedendolo aprire gli occhi sbalorditi, incredulo di vedere quel ragazzo così simile a lui a qualche palmo dal suo naso, non essendone, però, intimorito: “ So che questo periodo è orrendo ma non devi chiuderti in te stesso, sei forte e riuscirai ad uscirne ancora più sicuro di te: il tuo orgoglio, che pensi di aver dato via, si è trasformerà in auto-rispetto. Le radici della nostra creatività hanno provato la dolcezza, l'amarezza e anche lo schifo di questo mondo: i giorni in cui provavi ad addormentarti sul pavimento di un bagno, sono per me un amaro ricordo, sono diventati ricordo. Le cose che stai immaginando si stanno trasformando in realtà. I nostri sogni d'infanzia sono un davanti ai miei occhi ora, possiamo facilmente vivere questa unica vita meglio di chiunque altro. Disse senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi scuri e vitrei che sembravano aver ripreso un bagliore di speranza.

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Le labbra rosee così simili alle sue del suo interlocutore, si mossero ma il suono che ne uscì non fu di certo simile a quello della sua voce: “Yoongi svegliati” sentiva, mentre lo sguardo di se stesso da giovane era l’opposto del tono preoccupato della sua voce: “ Yoongi, stai avendo un incubo, svegliati!” urlò di nuovo quella voce, facendogli scuotere la testa non comprendendo a pieno cosa stesse succedendo: “ Cristo! Min Yoongi!” sbraitò di nuovo, facendo finalmente aprire gli occhi al ragazzo sdraiato su quel letto sfatto: “ Grazie al cielo” sospirò Seokjin, suo compagno di stanza.

Gli occhi del rosso erano sbarrati e il respiro affannato, la fronte era imperlata da piccole gocce di sudore e le coperte del letto si trovavano, ormai, sul pavimento: “ Sai quante volte ho cercato di svegliarti?” chiese il maggiore, riportando la testa in avanti cercando di scrutare lo sguardo stralunato dell’amico, data la luce soffusa che la luna era riuscita ad emanare nella loro stanza: “ Scusa hyung, non volevo svegliarti” ammise abbassando la testa,  fissando un punto indefinito senza nemmeno comprendere bene come si sentisse: “ Non preoccuparti, ora come ti senti?” domandò scompigliandogli i capelli rossastri. Yoongi non rispose, si limitò a guardarlo mostrandogli un sorrisetto sghembo, facendo preoccupare ancora di più il maggiore: “Hai sognato ancora i giorni da trainee?” domandò Seokjin, conoscendo fin troppo bene gli incubi del suo amico.

Gli occhi di Yoongi si spalancarono appena, per poi annuire semplicemente con la testa lasciandogli intuire che non aveva dicerto voglia di parlarne: “Le teste di migliaia annuiscono al tuo gesto della mano Yoongi, il dolore ti ha plasmato.” Affermò con sicurezza Seokjin, notando come lo sguardo dell’amico vagasse alla disperata ricerca di uno svago: “ Ti va una partita a uno?” chiese d’un tratto il maggiore, alzando le spalle ormai capendo che entrambi sarebbero rimasti svegli ancora per un po’.
Yoongi rise, ringraziando mentalmente quell’amico che ormai considerava come un fratello: “ Tanto sai che ti batterò” ammise, alzando la testa con fare ovvio sospirando  tra se, ammettendo che, anche grazie a quel periodo buio, lui è diventato quel ragazzo forte e sicuro di se che ama il suo lavoro e a cui chiede ai suoi fans,  di tenete la testa alta, con orgoglio, perché: chi ha lavorato più di lui uh?
  
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