Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: edoardo811    11/02/2019    4 recensioni
La pace ha continuato a regnare al Campo Mezzosangue, gli Dei si sono goduti molti anni di tranquillità. Ma la pace non è eterna.
La regina degli dei Amaterasu intende dichiarare guerra agli Olimpi, mentre un antichissimo mostro ritornato in auge si muove nell'ombra, alla ricerca di Ama no Murakumo, la leggendaria Spada del Paradiso.
EDWARD ha trascorso l'intera vita fuggendo, tenuto dalla madre il più lontano possibile dal Campo Mezzosangue, per ragioni che lui non è in grado di spiegarsi, perseguitato da un passato oscuro da cui non può più evadere.
Non è facile essere figli di Ermes. Soprattutto, non è facile esserlo se non si è nemmeno come i propri fratelli. Per questo motivo THOMAS non si è mai sentito davvero accettato dagli altri semidei, ma vuole cambiare le cose.
STEPHANIE non è una semplicissima figlia di Demetra: un enorme potere scorre nelle sue vene, un potere di cui lei per prima ha paura. Purtroppo, sa anche che non potrà sopprimerlo per sempre.
Con la guerra alle porte e forze ignote che tramano alle spalle di tutti, la situazione sembra farsi sempre più tragica.
Riuscirà la nuova generazione di semidei a sventare la minaccia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

13

Un delizioso incontro

 

 

Stephanie non pensava che esistesse una "Maledizione della figlia di Demetra", ma dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni cominciò a ricredersi.

Se solo si fosse accorta subito che le guardie erano Lestrigoni camuffati e non veri mortali… forse avrebbe potuto evitare lo scontro in qualche modo, e magari a quell’ora si sarebbero trovati a bordo dell’aereo, anziché di quella macchina sparata sull’autostrada a tutta velocità.

Se non altro, grazie alle indicazioni di Konnor ormai si trovavano quasi al confine della città. Una volta lasciata New York sicuramente si sarebbe sentita più tranquilla. Nel frattempo, però, una sgradevole sensazione continuava ad attanagliarla dentro. Sentiva che le cose non sarebbero filate lisce ancora a lungo. E il fatto che Edward fosse sprovvisto di patente non faceva che alimentare questa sua paura. O meglio, avrebbe anche potuto accettarlo, se solo il figlio di Apollo non avesse guidato come un pazzo.

«Davvero… davvero nessuno ha la patente qui?» domandò a un certo punto, dopo l’ennesimo sorpasso da galera del loro autista. Sperò di non avere utilizzato un tono troppo angosciato, ma dubitava di esserci riuscita.

«Ehm… io non ho ancora iniziato i corsi…» rispose Tommy, un po’ imbarazzato.

«Neanch’io» fece eco Konnor.

«Mi hanno bocciata» concluse Lisa, con un’allegra alzata di spalle.

Il figlio di Apollo sorrise a Steph tramite lo specchietto retrovisore. «Non preoccuparti, Steph. Anche se non ho la patente, so guidare alla perfezione.»

Stephanie avrebbe voluto rispondere che in realtà avrebbe semplicemente preferito che al volante ci fosse qualcuno che non credesse di trovarsi nella NASCAR, ma si morse la lingua. Sperò che Edward fosse solo ansioso di lasciare New York e che una volta uscito dalla città decidesse di staccare il piede dall’acceleratore.

«A proposito…» cominciò Lisa, lanciando un’occhiata a Konnor. «… ne sai parecchie di cose sulla polizia. Come mai?»

Konnor si irrigidì. Quella doveva essere una domanda che non gradiva sentire. «Non mi va di parlarne ora» mugugnò. Utilizzò un tono che non ammetteva obiezioni.

Quelle parole e quella riservatezza non sorpresero Steph. Konnor era sempre stato un ragazzo piuttosto schivo, del resto. Chissà quanti altri segreti possedeva. Ma se fossero tutti quanti serviti per tirarli fuori da situazioni spinose, come quella appena vissuta, allora erano bene accetti.

«Ehm…» proseguì Lisa, incerta. «Ok…»

Per concludere la conversazione, Edward cambiò canale radio. Una terrificante canzone country invase l’automobile, strappando una smorfia alla figlia di Demetra. La musica, tuttavia, non parve turbare lui, perché alzò il volume.

«Ah! Ti dispiace abbassare?!» sbottò Lisa, tappandosi le orecchie.

«Perché?» Edward parve sinceramente stupito. «A me piace!»

«Come può piacerti questo rumore?!»

Edward scrollò le spalle. «Sarà che mio padre è il dio della musica.»

«Appunto! Musica, non rumore

Per tutta risposta, Edward alzò ancora il volume. «Come, scusa? Sai, non riesco a sentirti con tutto il rumore che c’è qui dentro!»

La figlia di Bacco piegò la testa e si premette con ancora più forza le mani sulle orecchie, gridando frustrata. «Agh! Ti odio!»

«Parla più forte!»

«TI ODIO!»

«Cosa? Vuoi che alzo il volume? Ok!»

A Stephanie scappò una risatina e anche Tommy accanto a lei sembrò riuscire a rilassarsi. Non riusciva ancora a inquadrare bene il quinto membro della loro impresa. Non aveva mai parlato con Lisa prima di allora e, a dire il vero, non aveva avuto una vera e propria conversazione con lei nemmeno durante il loro breve viaggio assieme. Forse il motivo era perché la figlia di Bacco era un tantino scostante. Bastava pensare anche solo a come aveva trattato Thomas all’aeroporto. Si era accanito contro di lui senza alcun motivo, l’aveva fatto e basta. E anche con Edward non era stata molto gentile, ma se non altro lui sapeva come darle filo da torcere.

Finalmente il grigiore della metropoli svanì, lasciando spazio alla periferia boschiva del New Jersey. Erano usciti da New York. Per il momento, sarebbero stati al sicuro. Ora dovevano fermarsi e chiamare Chirone per spiegargli la situazione. O meglio, lei avrebbe dovuto chiamare Chirone, visto che a quanto pareva era diventata la portavoce non ufficiale del gruppo, e avrebbe dovuto spiegargli che, accidentalmente, avevano combinato un disastro all’aeroporto, avevano perso l’aereo e con tutta probabilità non sarebbero riusciti a prenderne un altro in tempo. Al pensiero, Stephanie sprofondò contro il sedile.

Sì, sarebbe stato uno spasso.

 

***

 

Accostarono sul ciglio di una stradina tranquilla, smarrita in mezzo alla vegetazione. Quel luogo fece sentire la figlia di Demetra molto più a suo agio. 

Mentre Lisa teneva d’occhio la strada, Edward si allontanò per un attimo, dicendo di dover sbrigare una piccola faccenda importante – alias, doveva fare pipì – e nel frattempo Steph si occupò di contattare Chirone. Si fece prestare tutto il necessario da Tommy e dal suo zainetto magico, poi si distanziò di alcuni metri dalla macchina e lanciò una dracma nell’arcobaleno, facendo il nome del centauro.

Lo trovò nel salone della Casa Grande, di fronte al camino, con espressione corrucciata. Non appena si accorse di lei, le rughe sul suo viso parvero quadruplicare. Il solo fatto che loro l’avessero chiamato dopo neanche quattro ore dalla loro partenza dovette fargli intuire che qualcosa fosse andato storto. Per questo motivo, Stephanie sentì la propria gola inaridirsi ancora di più.

Chirone era sempre stato un mentore per lei, nonché un caro amico, e sicuramente lui l’aveva sempre vista come una figlia. Si era sempre fidato di lei, le aveva permesso di assisterlo molte volte quando c’era stato da presentare il Campo Mezzosangue ai nuovi semidei, un po’ come aveva fatto anche con Edward, ed era sempre stato paziente e comprensivo con lei. Si sentiva quasi in dovere di non deluderlo. 

Per questo motivo non fu facile spiegargli la situazione. E non fu nemmeno gradevole ascoltare il resoconto di quanto appena accaduto proprio dalle sue stesse labbra, perché più parlava, più si rendeva conto di quanto assurda e stupida fosse tutta quella faccenda. Per fortuna Konnor la affiancò, aiutandola a raccontare la storia, mentre Lisa e Thomas non si fecero troppi problemi a starsene in disparte e a fingere che loro non esistessero. Nonostante tutto, la presenza del figlio di Ares riuscì a rassicurarla, così entrambi finirono di narrare la disavventura dell’aeroporto. Chirone ascoltò in silenzio, annuendo di tanto in tanto. La sua espressione non mutò una sola volta, il che poteva essere sia un bene che un male. A racconto concluso, il centauro fece un profondo sospiro.

«Temevo che potesse succedere qualcosa del genere» disse. «Anche se non pensavo che i mortali sarebbero rimasti coinvolti.»

Stephanie sentì le proprie interiora contorcersi. Abbassò la testa, mortificata. «Mi dispiace, Chirone… ho combinato un disastro.»

«"Ho"?» domandò Konnor, voltandosi verso di lei. «"Tu" non hai combinato niente. A dire il vero, siamo stati io, Lisa ed Edward a combattere. Tu e Thomas non avete fatto nulla di male.»

«Sì, ma…»

«Steph…» Il figlio di Ares posò una mano sulla sua spalla, gesto che le fece formicolare la schiena. Come sempre, si sentì trafiggere dagli occhi di ghiaccio del compagno di viaggio, come se lui riuscisse a vedere dentro di lei. «… la situazione è sfuggita di mano. E se non fosse stata Lisa ad attaccare per prima, probabilmente sarei stato io a tagliare la mano del porco che ti stava facendo male.»

Steph schiuse le labbra. Konnor parve rendersi conto di aver parlato un po’ troppo, perché allontanò la mano da lei. Distolse lo sguardo e si schiarì la voce, leggermente imbarazzato. Tornò a fronteggiare Chirone. «Cosa dobbiamo fare, Chirone?» domandò, cercando di cambiare argomento, anche se Steph non si sarebbe dimenticata tanto preso cosa aveva detto. Soffocò un sorriso e rimase in ascolto del centauro, che disse: «Il capo dell’impresa, tecnicamente, è Edward. Le decisioni spettano a lui, non a me. E se lui ha scelto di proseguire in auto, allora voi dovreste seguirlo.»

Quella risposta non parve essere di gradimento a Konnor. «Ma…»

Chirone lo fermò sollevando una mano. «Purtroppo, è la vostra unica opzione, per il momento. Proseguite con ogni mezzo a vostra disposizione. Nel frattempo, io mi metterò subito all’opera. Proverò a manipolare la Foschia e vi prometto che farò qualsiasi cosa in mio potere per riuscire ad aiutarvi. Ma voi non potete fermarvi, in nessun modo.»

«E se usassimo i pegasi?» insistette Konnor. «Non sarebbe più semplice?»

«Ma non sapete cavalcarli» obiettò Chirone.

«Però…»

«E inoltre, sareste bersagli molto più semplici per i Venti e gli altri mostri che si muovono per via aerea. Se vi disarcionassero e vi facessero precipitare, non ci sarebbe nulla in grado di salvarvi. No, proseguite a terra. Sarà un viaggio lungo, ma possibile. Non è la prima volta che dei semidei fanno un viaggio simile, dopotutto.»

Stephanie preferì non ricordare a Chirone che gli altri semidei che avevano fatto viaggi simili erano gli stessi che poi sarebbero diventati i più grandi eroi degli ultimi tempi. Lei era sicurissima di non essere nemmeno nella loro stessa stratosfera. Ma se Chirone si fidava di loro, allora lei avrebbe fatto di tutto per non tradire quella fiducia. Inoltre, tutto sommato, non sembrava abbattuto per la faccenda. O forse non voleva impensierire il gruppo più del dovuto. E ora che aveva appena avuto questo pensiero nefasto, Stephanie era certa che non sarebbe più riuscito a scollarselo di dosso.

Ingoiò la sabbia che le aveva appena riempito la bocca e salutò il centauro, imitata da Konnor. Una volta congedato Chirone, la finestra di luce di dissolse e la ragazza poté finalmente sciogliere le spalle rimaste tese fino a quel momento.

«Allora» iniziò Edward, raggiungendoli proprio in quel momento dopo essere sbucato fuori da in mezzo ad alcuni alberi. Si stava strofinando le mani con una salvietta, grazie al cielo. «Che vi ha detto?»

«Dobbiamo proseguire» tagliò corto Steph. 

Konnor mostrò ancora una volta il suo sdegno per quell’idea facendo una smorfia. Smorfia che si accentuò quando Edward sfoggiò il suo classico sorrisetto. Per fortuna non gli dissero anche che Chirone aveva esordito di dover dare ascolto ad ogni sua parola in quando capo dell’impresa, o probabilmente si sarebbe montato la testa molto di più di quanto già non avesse fatto. «Visto? Che avevo detto? Forza, ripartiamo subito!»

Steph e Konnor si scambiarono uno sguardo, mentre Lisa sospirava pesantemente, scuotendo la testa. «Giuro che se sento ancora un solo secondo di quella schifezza country…» 

Edward ebbe appena il tempo di girare la chiave nel cruscotto. Non appena accese la vettura, il suo sguardo cadde verso il quadro. «Oh-oh…»

«Che succede?» domandò Tommy, allarmandosi.

«La benzina» spiegò Edward, accennando con il mento ad una spia arancione appena accesasi. «Dobbiamo fermarci a fare il pieno. Speriamo solo che ci sia una stazione nei paraggi.»

«Fermarsi a fare benzina con la polizia alle calcagna non mi sembra una buona idea…» mugugnò Konnor. Edward si voltò verso di lui per replicare, ma il figlio di Ares lo fermò. «Sì, lo so che non abbiamo altra scelta. Non sono stupido.»

«E allora smettila di lamentarti» sbottò Edward. «Perché più lo fai, più invece mi dai l’idea di esserlo.»

Konnor serrò la mascella, ma Steph posò una mano sul suo ginocchio. Il ragazzo trasalì, poi la osservò sorpreso. Per fortuna comprese le sue intenzioni, perché dopo averla soppesata un attimo con lo sguardo, annuì flebilmente e sciolse le spalle. 

Edward non si stava comportando in maniera molto leale, con Konnor. Dopotutto aveva scelto di affrontare Buck solo per aiutarli e partecipare a quell’impresa. Si era messo contro il volere del suo capocasa, che probabilmente avrebbe aizzato il resto dei suoi fratelli contro di lui. Tra tutti e quattro gli accompagnatori di Edward, Konnor era senza dubbio quello che aveva compiuto il sacrificio più grande, perché aveva messo a rischio il suo legame con i fratelli. 

Steph era sicura che a Konnor fosse spiaciuto dire a Buck quelle parole. Aveva visto la delusione e la tristezza nei suoi occhi quando lo aveva accusato di aver voltato le spalle a lui e anche a loro padre, ma il capocasa non gli aveva lasciato altra scelta. Chissà che cosa pensava davvero Ares in merito alla faccenda, ammesso e concesso che gliene importasse davvero qualcosa.

Proseguirono in silenzio. Non incrociarono molto traffico, giusto qualche auto, qualche camion che trasportava tronchi d'alberi, e alcuni furgoncini. Più passava il tempo, più Steph si sentiva a disagio. Dopo il disastro dell’aeroporto, si sarebbe aspettata che altri mostri si facessero vivi, prima o poi, e invece nulla. Tutta quella calma non le piaceva per niente. Si sarebbe sentita più tranquilla se un ciclope gigante cannibale li avesse inseguiti a piedi ruggendo, o robe del genere. Qualsiasi cosa, eccetto tutta quella calma.

Fece vagare lo sguardo sul resto dei compagni, e, paradossalmente, si sentì più sicura quando si accorse che anche loro sembravano tesi. Lisa teneva le braccia incrociate e se ne stava girata verso il finestrino, proprio come stava facendo anche Tommy, mentre Konnor aveva la testa appoggiata contro lo schienale e gli occhi socchiusi, le mani premute con forza sulle braccia. Il buonumore sembrava essere svanito da dentro di Edward. Forse, ora che la prospettiva di un viaggio attraverso l’intero paese era diventata realtà, aveva intuito che era meglio rimanere concentrati.

Il tragitto non durò ancora a lungo. Per fortuna una piccola stazione di servizio solitaria comparve sul ciglio della strada, con un boschetto alle sue spalle. «Va bene, gente» cominciò Edward, mettendo la freccia per svoltare. «Scendo solo io. Faccio il pieno e leviamo le tende.» Adocchiò Konnor tramite lo specchietto. «O hai qualcosa in contrario?»

Il figlio di Ares grugnì. «No. Pensaci pure tu.»

«Bene.»

La macchina si fermò accanto alle pompe. Sembravano piuttosto vecchie. Tutta la stazione pareva piuttosto vecchia, a dire il vero. Un piccolo market accanto a loro, e dei servizi in lontananza, entrambi edifici che dovevano reggersi in piedi per miracolo. Oltre a un commesso mezzo addormentato dietro il bancone del negozietto, non c’erano né auto né persone nei paraggi. Ancora una volta, la troppa calma inquietò Steph. Se qualcosa di brutto doveva accadere, quello sembrava il luogo ideale.

Edward aprì la portiera e fece per scendere, ma prima si controllò le tasche. Si fermò di colpo, per poi voltarsi verso gli altri un po’ imbarazzato. «Ehm… qualcuno ha degli spiccioli?»

Lisa sorrise provocatoria a Tommy. «Perché non lo chiedi al nostro ladruncolo d’auto qui presente?»

Il figlio di Ermes si accigliò. «Non sono un...»

«Chirone mi ha dato duecento dollari mortali, per le emergenze» si intromise Stephanie, evitando che un'altra discussione inutile prendesse vita. Afferrò il suo zainetto e controllò tra una mazzetta di banconote, estraendone una da venti e consegnandola al figlio di Apollo. 

«Bene.» Edward scese dall’auto e cominciò ad armeggiare con il distributore, mentre Stephanie lanciò un’occhiataccia a Lisa, che dal canto suo sghignazzò, rimanendo in silenzio.

La figlia di Demetra arrischiò uno sguardo a Thomas, che ora, più che infastidito, sembrava abbattuto. Lei sapeva molto bene che il suo amico non andava fiero delle abitudini del resto dei figli di Ermes, bastava pensare anche solo a quando lei gli aveva chiesto se stavano per rubare quel pick-up. Era chiaro che non gli piacesse rubare o truffare come invece amavano fare Derek o addirittura Ermes, perciò essere chiamato "ladruncolo" per lui doveva essere un’offesa non da poco. Forse Lisa non lo sapeva. O forse lo aveva chiamato così proprio perché, invece, sperava di ferirlo. Ancora una volta, si domandò che cosa frullasse nella mente della figlia di Bacco.

Un potente rombo di motore catturò l’attenzione di tutti loro. Una motocicletta rossa fiammante accostò proprio in quel momento nella stazione, sistemandosi vicino alla pompa di benzina accanto alla macchina. 

Stephanie non se ne intendeva molto di moto, ma era abbastanza sicura che quello fosse un chopper, una di quelle moto da biker, quei tizi poco raccomandabili che giravano di bar in bar a fare risse, ubriacarsi e spaccare cose. Il pilota della moto, del resto, pareva proprio quel tipo di persona, con la giacca di pelle nera, il cinturone con le borchie e un teschio argentato al posto della fibbia, e il fisico molto robusto. Tuttavia, sorprendentemente, non era da solo. Stretta alla sua vita si trovava una donna vestita in maniera tutto sommato elegante, con dei pantaloni color panna e una giacchetta di jeans sottile, una borsa a tracolla e lunghi capelli riccioluti e castani che scivolavano dal casco lungo la sua schiena.

La mente di Stephanie cominciò ad elaborare le informazioni. Un grosso biker vestito di nero, la motocicletta rosso fuoco, i teschi, le borchie, il seggiolino di pelle che sembrava quasi umana, la donna elegante e snella…

«Ma che diavolo…» sbottò Edward mentre posava la pistola della benzina, anche lui con lo sguardo magnetizzato alla coppia. Pure Lisa e Thomas parvero dimenticarsi di quanto accaduto giusto quindici secondi prima. Ma quello che sembrava più sorpreso di tutti sicuramente era Konnor. E Steph ne intuì il motivo da ben prima che il biker spegnesse la moto, togliendosi il casco e rivelando un volto spigoloso con un taglio di capelli a spazzola.

Sorrise, o meglio, ghignò, al gruppo di ragazzi, infilandosi un paio di occhiali da sole per andare a coprire le orbite degli occhi vuote. Accanto a lui, anche la donna si tolse il casco, mostrando un viso così bello da togliere il fiato. Sorrise a sua volta, anche se il suo sorriso, a confronto di quello dell’uomo, parve un raggio di luce in mezzo ad una notte buia e tenebrosa.

«Ma… ma quelli sono…» cominciò Thomas, parlando a fatica.

«Padre…» lo anticipò Konnor, con un sussurro.

 

***

 

Che stava per succedere qualcosa di brutto, Steph l’aveva capito. Ma non così brutto.

I cinque ragazzi si ritrovarono l’uno accanto all’altro, fuori dall’auto, di fronte alla coppia. Incontrare due dei per alcuni poteva essere qualcosa di incredibile, un onore immenso. E anche per Stephanie lo sarebbe stato… se solo non si fosse trattato dei genitori dei bulli più grandi del Campo Mezzosangue. Di fronte a lei, si trovavano il padre del semidio che aveva messo le mani addosso a Edward durante il suo primo giorno al campo, e la madre delle ragazze che amavano tormentarla.

«Divino Ares, Divina Afrodite…» mormorò Stephanie, chinando il capo.

Tommy, Konnor e Lisa la imitarono istantaneamente. Solo Edward rimase ancora per un attimo in piedi, confuso, fino a quando Thomas non gli diede una leggera gomitata, invitandolo a prendere esempio da loro. Con riluttanza, si inchinò anche lui.

«Oh, suvvia, non siate così formali!» disse Afrodite, ridacchiando, con un tono di voce mellifluo, quasi ipnotico. Una brezza d’aria fece sventolare i suoi lunghi capelli, facendo giungere alle narici di tutti loro un dolce profumo di cannella che fece girare leggermente la testa di Stephanie. E se aveva quell’effetto su di lei, una ragazza, poteva solo immaginare come Thomas, Edward o Konnor potessero sentirsi.

E a tal proposito, proprio accanto a lei, Konnor sembrava un palo di cemento. Era rigido come un chiodo e la ragazza cominciò a domandarsi se stesse perfino respirando. Nonostante Afrodite avesse appena dato loro il permesso di alzare la testa, lui rimase esattamente com’era, fino a quando Ares non sghignazzò. «Non hai sentito, ragazzo?»

Konnor trasalì, poi, impacciato, si tirò su. Deglutì e Stephanie si accorse della sua fronte imperlata di sudore. Tra tutti loro, sembrava il più sconvolto dalla situazione. Stephanie dubitava che si sarebbe comportata in quel modo se avesse incontrato sua madre Demetra. Certo, Ares non era famoso per essere un padre affettuoso, ma Steph non avrebbe mai pensato che avrebbe potuto intimorire così tanto un semidio come Konnor. Era perfino più angosciato di Thomas, e per essere più angosciati di Thomas occorreva davvero impegnarsi. 

«Ma che bel gruppetto che hai messo su» proseguì Ares, sempre con quel sorrisetto divertito e provocatorio, rivolgendosi a Edward. Soppesò Thomas e Lisa con lo sguardo per alcuni istanti. Tirò su con il naso ed accentuò il ghigno, poi spostò lo sguardo su Konnor, che, per quanto possibile, sembrò irrigidirsi ancora di più. Anziché farlo tornare serio, la vista del figlio sembrò divertirlo ancora di più. Poi, il dio della guerra posò lo sguardo su di lei. Stephanie sentì il proprio cuore fermarsi. Il tempo stesso parve fermarsi, mentre il dio la sezionava con quegli occhi vuoti nascosti dagli occhiali da sole. Stephanie si sentì come se l’effetto che Konnor le trasmetteva tutte le volte che la scrutava fosse stato moltiplicato per cento. 

Tutto a un tratto, una scarica elettrica percorse il corpo della ragazza, che strinse i pugni con forza. Cominciò a percepire l'energia della terra sotto di lei, mentre le parole di sua sorella cominciavano a rimbombare nella sua mente, proprio come succedeva tutte le volte che Jane e le altre la tormentavano. 

Improvvisamente, Stephanie percepì il desiderio impellente di cancellare quel sorrisetto divertito dal volto del dio. Serrò la mascella e lo squadrò con rabbia, tuttavia, in mezzo a quei pensieri violenti che stavano prendendo posto nella sua mente, riuscì a farsi strada uno più lucido, che le ricordò che lei, in realtà, non era davvero così. Quei pensieri erano colpa proprio dello stesso Ares, o meglio, dell'aura che emanava. Gli dei potevano influenzare ciò che si trovava attorno a loro soltanto con la propria presenza, proprio come stava accadendo in quel momento a lei e forse anche agli altri. 

Intanto, di fronte a lei, Ares piegò la testa, continuando ad osservarla con insistenza. Prima ancora che Steph potesse domandarsi perché ce l’avesse con lei in particolare, il dio riportò l’attenzione su Edward. «Sembra quasi che tu per primo voglia che quest’impresa fallisca miseramente.»

A quella provocazione, Edward strinse i pugni con forza. E anche Lisa e Thomas non parvero felici di quelle parole. Ma prima che il figlio di Apollo potesse ribattere con qualcosa che probabilmente avrebbe infastidito il dio, o peggio, Stephanie si intromise, scongiurando l’ennesima catastrofe. «Ehm… divini Ares ed Afrodite, possiamo domandarvi che cosa vi ha spinti ad allontanarvi dai vostri impegni per venire ad incontrarci?»

«Mh?» mugugnò Ares, tornando a scrutarla.

«Volevamo vedere di persona come procede la vostra impresa» rispose Afrodite, distendendo il suo sorriso dolce. «Dopotutto, è anche grazie a noi se Edward è vivo. Volevamo assicurarci di aver fatto la scelta giusta quando abbiamo votato per la sua salvezza.»

Finalmente, Konnor sembrò riscuotersi. Osservò Edward, sorpreso. «Che significa?» Anche Lisa e Thomas spostarono lo sguardo sul figlio di Apollo. Perfino Stephanie rimase di stucco, e guardò l'amico in cerca di risposte.

«Giusto, al Consiglio non ve l’abbiamo detto» mormorò Edward. «Gli dei… hanno indetto una votazione. Per decidere se uccidermi o no. E… loro due hanno votato per la mia salvezza.»

«Loro due?» domandò Ares, dilatando le narici infastidito. «Intendevi dire "il divino Ares e la divina Afrodite", spero.»

«Su, su…» si intromise la dea dell’amore, picchiettando sulla spalla del suo amante. «Sono certa che non voleva suonare offensivo.» Tornò a sorridere al gruppo di semidei, rimasti sorpresi dall’affermazione di Edward. Perché mai i genitori dei semidei con cui Edward aveva avuto così tante dispute avrebbero scelto di proteggerlo? La faccenda non quadrava e, conoscendo gli dei, era molto probabile che avessero agito per scopi egoistici. Ma prima che potessero chiedere altre spiegazioni, Afrodite aggiunse: «Ora, Stephanie, Thomas, vi spiace venire con me, cari? Dobbiamo scambiare qualche parola in privato.»

Stephanie sgranò gli occhi, sbigottita. E se lei lo era, chissà che cosa doveva provare Tommy. 

«Avanti su, seguitemi» li invitò la dea, con gentilezza, mentre si voltava e si avviava verso i servizi. I due ragazzi interpellati scambiarono uno sguardo con il resto dei loro compagni. Edward sollevò le spalle e Lisa fece una smorfia, distogliendo lo sguardo. Konnor osservò Steph negli occhi e annuì lentamente, invitandola a proseguire. 

La figlia di Demetra raccolse il poco coraggio che aveva e annuì a sua volta. Con Tommy a fianco, si avviò al seguito della dea, sperando che nel frattempo gli altri tre ragazzi e il dio della guerra non combinassero nulla di catastrofico.

 

***

 

«Oh» mormorò Afrodite, una volta messo piede nel prefabbricato dei servizi. Quando Stephanie giunse alle sue spalle, non faticò a capire il perché di quel verso demoralizzato. Le piastrelle luride del pavimento erano bagnate d’acqua, forse uscita dai gabinetti intasati, i muri erano sudici e macchiati da graffiti, gli angoli del soffitto ricoperti da una patina di muffa. Gli specchi erano sporchi e pieni di crepe, nessuno utilizzabile.

«Che… schifo.» Afrodite storse il naso. «E io dovrei rifarmi il trucco in questo posto?» La dea schioccò le dita. Sotto lo sguardo incredulo di Steph e Tommy, tutta la sporcizia, l’acqua e le crepe si ritirarono su sé stesse. Le piastrelle da grigie tornarono bianche, le crepe e i graffiti sui muri e le porte svanirono, l’intera zona venne tirata a lucido, pulita come mai era stata.

A lavoro concluso, Afrodite annuì soddisfatta. «Molto meglio.» 

Si posizionò di fronte allo specchio centrale, poi cominciò a estrarre dalla borsetta alcuni accessori per il trucco. Si tamponò sopra gli occhi con un pennellino, per sistemarsi l’ombretto, anche se Stephanie fu costretta a domandarsi cosa stesse risistemando, perché non c’era proprio niente di fuori luogo sul volto della dea. E anche se ci fossero state imperfezioni, di sicuro anche quelle sarebbero state perfette in qualche assurdo e paradossale modo.

«Allora, Stephanie…» cominciò da lei, mentre spennellava sulla pelle liscia come un pittore su una tela. «… come stai?»

Quella domanda la spiazzò. «Ehm… bene… grazie per l’interesse, divina Afrodite.»

«Mi fa piacere.» La dea le sorrise tramite il riflesso dello specchio, per poi farsi più seria. «Mi dispiace per come si comportano con te le mie ragazze. So che non ti meriti questo trattamento. Ma purtroppo, come immagino tu sappia, noi dei abbiamo molti lati, e i nostri figli spesso possiedono solo uno di questi. Sfortunatamente, la mia Jane e le sue sorelle hanno ereditato il lato… meno gradevole. Spero solo che tu non sia arrabbiata anche con me.»

Steph fu sorpresa da quelle parole. Non credeva che la dea avrebbe davvero tirato fuori quella questione. E soprattutto che le chiedesse, a suo modo, scusa. «Non deve dispiacersi. Non è certo colpa sua.»

Afrodite sorrise di nuovo. «Immaginavo che mi avresti dato una risposta del genere. Ti ho tenuta d'occhio per molto tempo, sai? Vi stavo guardando quando Edward ti ha chiesto se fossi figlia mia.» La dea ridacchiò. «Un vero peccato che purtroppo non sia così.»

«Divina Afrodite... dice sul serio?» domandò la giovane con stupore.

«Ma certo. Sei proprio tutto quello che le mie figlie non sono.» La dea sospirò pesantemente. «Sei così dolce, buona e comprensiva. E anche molto bella. Non mi sorprende affatto che tu sia tanto ambita tra i ragazzi.»

La figlia di Demetra sentì le guance bruciare. «O-Oh…»

«Suvvia, non fingere di essere sorpresa.» Afrodite si posò una mano di fronte alla bocca, mentre un'altra risatina le sfuggiva. «Non mi capitava tra le mani una storia bella come la tua da anni. Ben due ragazzi innamorati di te, pronti a tutto pur di poterti conquistare. Come potevo perdermi un’occasione come questa?»

«O-Occasione? Storia? Due… ragazzi…?» ripeté Stephanie, a stento, cercando di metabolizzare quelle parole. Anche se da metabolizzare non c’era un bel niente, perché purtroppo aveva capito di cosa la dea stesse parlando. «Konnor… ed Edward…» mormorò, più a sé stessa che ad Afrodite. Di piacere a Konnor già lo sapeva da molto tempo, ma Edward… certo, aveva sospettato di piacere anche a lui, ma averne la certezza fu comunque un grosso colpo al petto.

La dea dell’amore annuì soddisfatta. «Proprio così. E la parte migliore? A te piacciono entrambi! Oh, che cosa meravigliosa!»

Attraverso il riflesso dello specchio, Steph poté scorgere le proprie goti diventare più rosse dei capelli di Tommy, che per inciso era rimasto lì tutto il tempo, ad ascoltare imbarazzato la conversazione. Il figlio di Ermes le lanciò uno sguardo compassionevole, probabilmente comprendendo il suo disagio.

«Ma non è solo il fatto che entrambi ti piacciono che mi fa amare la tua storia» proseguì intanto Afrodite, ormai persa nel suo discorso. «È il fatto che sono due ragazzi così diversi tra loro! Non hanno praticamente nulla in comune, eccetto i sentimenti che provano per te. Uno è un nobile guerriero, senza macchia e senza paura, disciplinato, onesto e fedele, l’altro è un ribelle dalla lingua tagliente, cresciuto per strada, segnato da profonde cicatrici e sprezzante del pericolo. E tu, dolce Steph, sei così indecisa! Che cosa preferisci, mia cara, il cuore puro, o il cuore ribelle? Sceglierai l’eroe, perché colpita dai suoi sani principi, dalla sua onestà, dal suo coraggio, oppure sceglierai l’antieroe, perché speri di riportarlo sulla retta via, o ancora meglio, perché nel profondo anche tu sogni di essere come lui? Oh, non sai cosa darei per potermi trovare in una situazione come la tua! Hai così tanto su cui riflettere, così tanto per cui struggerti. Alla fine di quest’impresa un cuore verrà spezzato, e chissà che cosa servirà per poterlo rimettere insieme! Già adesso non vedo l’ora!»

Stephanie si toccò una tempia. Se la dea l’avesse presa a ceffoni, si sarebbe sentita meno stordita. Tutto quel discorso le era sembrato così assurdo. Quanto le sarebbe piaciuto rispondere alla donna che si stava immaginando tutto quanto… peccato solo che quella fosse la dea dell’amore in persona, e che faccende di quel tipo erano il suo pane quotidiano. 

La ragazza abbassò la testa, pizzicandosi un labbro con i denti. Il motivo per cui gli sguardi di Konnor l’avevano sempre messa a disagio, era perché odiava venire sezionata da qualcuno, o anche solo averne l’impressione. Ma Afrodite non l’aveva solo sezionata, le aveva guardato attraverso come se fosse stata una finestra aperta.

Era vero, Konnor le piaceva, nonostante tutto. Aveva rifiutato il suo invito perché aveva avuto paura, ma in parte aveva rimpianto quella decisione. Era sempre stato un bravo ragazzo, molto diverso dai suoi fratelli, e non avrebbe mai smesso di ripeterselo. Ed Edward… lo aveva trovato affascinante sin dal primo sguardo. Quel semidio misterioso, sopravvissuto da solo per così tanti anni, così coraggioso e impulsivo… l’aveva difesa anche se non la conosceva, si era preso un pugno in faccia per lei e, poteva vederla come voleva, ma se non l’avesse pedinata quel giorno, nel bosco, Stephanie non si sarebbe trovata lì, in quel bagno, a discutere con la dea dell’amore in merito a questioni di cuore. Gli doveva la vita. 

Jane e le altre l’avevano sempre fatta sentire come se lei non valesse nulla, come se nessun ragazzo potesse mai interessarsi a lei, ma si erano sbagliate. E anche lei si era sbagliata, perché a un certo punto aveva quasi creduto che loro avessero ragione.

E il peggio doveva ancora arrivare, perché, mentre rifletteva su tutta quella faccenda, realizzò un dettaglio di cruciale importanza. «Quindi… quindi è per questo che ha voluto risparmiare la vita di Edward?» mormorò. «Non voleva rovinare questo… questo triangolo?»

«Suvvia, Stephanie, non dire sciocchezze» ridacchiò la dea. «Per che razza di mostro senza cuore mi hai presa? Non sono mica come il mio caro compagno Ares, che l’ha risparmiato solo perché spera che la vostra impresa fallisca. Io non avrei mai lasciato un povero semidio innocente a perire per i peccati del padre.»

«I… peccati del padre?» domandò la figlia di Demetra, drizzando la testa, ma Afrodite non sembrò sentirla.

«E anche tu, piccolo Thomas, non credere che mi sia dimenticata di te.» 

Dall'espressione che fece il ragazzo, parve proprio che lui invece avrebbe preferito così. La dea strinse le mani e se le avvicinò al volto, sospirando estasiata. «Partito per quest’impresa pericolosa soltanto perché speri che la ragazza che ami sia ancora viva! Come sei romantico!»

Tommy si massaggiò dietro il collo. «B-Beh… i-io…»

«Thomas, Thomas, Thomas…» proseguì nel frattempo la dea, accarezzandogli dolcemente la guancia, gesto che lo pietrificò proprio come se si fosse trovato di fronte Medusa in persona. «… ma come può un cuore così grande esistere dentro questo corpicino?»

L’espressione atterrita di Tommy si tramutò in una di disappunto. Se c’era un’altra cosa che detestava, quelli erano i commenti sulla sua statura. Ovviamente, Afrodite non prestò alcuna attenzione a questo dettaglio. «Non puoi neanche immaginare che cosa ti aspetta!» concluse, per poi rigirarsi alcune delle sue ciocche di capelli rosse tra le dita, esaminandole con attenzione. «Che colore stupendo. Davvero sono naturali?»

«Sì…»

«Come ti invidio!» La dea mollò la presa dal ragazzo, per poi tornare a rimirarsi di fronte allo specchio. Estrasse un lucidalabbra, per poi cominciare ad applicarselo. «Eh, sì. Avrete molto di cui soffrire!»

Steph trasalì. L’idea di soffrire non la faceva molto impazzire, a dire il vero. E Tommy doveva pensare lo stesso. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo angosciato, ma nessuno disse nulla. Afrodite mise via il lucidalabbra, per poi sistemarsi i capelli, dando gli ultimi rintocchi al proprio aspetto. «E pensare che tutti i vostri problemi di cuore potrebbero risolversi in un solo istante se voi due decideste di mettervi insieme.»

Ancora una volta, i due semidei sobbalzarono, per poi si guardarsi nuovamente tra loro. 

«Ma così sarebbe troppo semplice, e anche voi due lo sapete, dico bene?» proseguì Afrodite, ridacchiando. «Non preoccupatevi. Ci sto pensando già io a complicare tutto. Potete restare tranquilli.»

Mi sembra un ottimo incentivo per rimanere tranquilli…

«Bene, abbiamo quasi finito. Thomas, tu vai pure avanti, ho bisogno di dire ancora una cosa a Stephanie in privato.»

Tommy esitò per un istante. Stephanie gli fece capire che poteva andare tranquillo e allora lui si congedò con un goffo inchino. Una volta uscito, la dea si avvicinò alla figlia di Demetra, posandole una mano sulla spalla. Sorrise, anche se questa volta non sembrò più il sorriso di una ragazzina del liceo amante di pettegolezzi, ma quello di una madre amorevole, un sorriso che sicuramente non avrebbe pensato di ricevere proprio da lei.

«So che in questi anni per te non è stato facile» cominciò, guardandola apprensiva. «Con le mie figlie, con tutto quello che ti è successo. So che credi di non essere nulla di speciale e che non ti ritieni davvero all’altezza dei grandi semidei del passato. E so anche che, forse, per te sarebbe più opportuno ricevere questo discorso da tua madre, e non da me, ma ti ho tenuta d'occhio perché ti ho presa a cuore, e sarebbe ingiusto salutarti senza darti nemmeno una parola di incoraggiamento. Ciò che voglio che tu sappia è che tu, Stephanie, sei molto più importante per quest’impresa di quanto tu possa immaginare. Non lasciarti abbattere dalle parole degli altri, mai, perché sarai tu a fare la differenza. Io so che renderai Demetra fiera di te.»

Stephanie schiuse le labbra, meravigliata, non sapendo cosa pensare di quelle parole. Rimase sorpresa da quel cambiamento così drastico nella dea. Quando aveva parlato di possedere molti lati, di certo non si era aspettata una cosa del genere. Afrodite distese il sorriso e la invitò a raggiungere i suoi amici. Ancora confusa dalle parole appena ricevute, la figlia di Demetra si allontanò dai servizi al seguito della dea.

Raggiunsero le pompe di benzina, che per fortuna non erano esplose. Konnor, Edward, Lisa e Ares erano ancora tutti lì. Il dio della guerra stava fumando un sigaro, in barba al divieto di fumare nelle stazioni di servizio. Il figlio di Apollo se ne stava appoggiato a braccia conserte al pick-up, con la testa bassa, assorto. Sembrava piuttosto infastidito, e anche lo sguardo di Lisa, seduta sul vano di carico, non era dei migliori. Konnor, invece, pareva semplicemente a disagio.

«Era ora» sbottò la figlia di Bacco, rivolgendosi a lei e Thomas quando raggiunsero il gruppo.

Stephanie non fece caso a lei. Dopo il discorso appena avuto con la dea dell’amore, alla vista di Edward e Konnor cominciò a sentire il suo stomaco fare le capriole.

«Bene, è stato un delizioso incontro» annunciò Afrodite, per poi rivolgere un cenno a tutti i semidei. «Fate buon viaggio!»

Ares sogghignò. «Cercate di non morire. Non troppo presto almeno.»

Edward serrò la mascella, ma non disse nulla. Il dio della guerra saltò in sella alla moto, mettendosi il casco rimasto appeso al manubrio.

«Oh, cielo, mi ero dimenticata di questo aggeggio» si lamentò Afrodite, quando recuperò il suo. «Mi rovinerà i capelli!»

Il dio della guerra ignorò la protesta e accese la moto, mentre la compagna indossava il casco con un sospiro abbattuto. Un altro forte rombo di motore provenne dal mezzo, facendo vibrare i denti di Stephanie, dopodiché la coppia si allontanò dalla stazione, con Afrodite che rivolse loro un ultimo saluto con la mano.

Il ronzio della motocicletta rimase udibile ancora per diversi istanti, prima di svanire nei meandri di quella stradina desolata. E così il loro bizzarro, o delizioso, incontro si concluse.

«Allora…» cominciò Lisa, saltando giù dal pick-up. «… di che avete parlato?»

Anche se si aspettava quella domanda, Steph non si era comunque psicologicamente preparata a rispondere. «Ehm… niente di che…»

«Come “niente di che”? Siete stati una vita là dentro!»

«Beh…»

«Forse dovremmo riprendere la conversazione da un’altra parte…» borbottò Konnor all’improvviso, interrompendole.

«Perché?» domandò Steph, accorgendosi dello sguardo del compagno puntato verso la vetrina del negozietto. La figlia di Demetra lo seguì, per poi sbiancare quando si accorse del commesso, con il cellulare premuto all’orecchio e lo sguardo inchiodato su di loro. Non appena tutti i semidei si voltarono verso di lui, il ragazzino sobbalzò, gettando via il telefonino e abbassandosi dietro il bancone. Alle sue spalle, un televisore acceso mandava alcune immagini impossibili da distinguere da quella distanza, ma non occorreva un genio per capire cosa stessero trasmettendo e con chi stesse parlando quel tizio.

«Per una volta sono d’accordo con te» sussurrò Edward.

Un istante dopo, l’auto lasciò la stazione con uno stridore di gomme, mentre Stephanie guardava come un’ossessa alle sue spalle, temendo che un esercito di poliziotti potesse spuntare da un momento all’altro.

Grata che si fossero allontanati da quel posto, la figlia di Demetra appoggiò la testa al sedile, sospirando esausta. Era sicura che le parole di Afrodite avrebbero riecheggiato ancora per molto tempo nella sua mente, e che non sarebbe più riuscita a guardare né Konnor né Edward allo stesso modo. Si sentì in colpa del fatto che entrambi le piacessero. Non era giusto nei loro confronti. Alla fine di tutta quella faccenda, un cuore sarebbe stato spezzato. Poteva essere il loro, o addirittura il suo, non lo sapeva. E inoltre… avrebbe fatto la differenza. In cosa, non poteva sapere nemmeno questo.

La sua unica certezza, era che avrebbe avuto molto su cui riflettere. Fortunatamente, o sfortunatamente, di fronte a loro si trovava un viaggio di tremila miglia. Per riflettere, avrebbe avuto ancora parecchio tempo.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: edoardo811