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Autore: LorasWeasley    12/02/2019    1 recensioni
[ameripan]
"Kiku non lo lasciò concludere –Come ci si sente?- chiese semplicemente parlandogli sopra –A giocare a fare l’eroe?
Alfred trattenne il fiato, ma non rispose.
...
-Non sei alcun eroe- continuò il giapponese rispondendo al suo posto –Non sei altro che un ragazzino che crede di conoscere la differenza tra giusto e sbagliato."
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Giappone/Kiku Honda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E dopo che ieri, con il primo giorno di questa settimana, ho pubblicato una storia divertente, oggi doveva proprio esserci l'angst.
Spero che vi piaccia, comunque!
A presto,
Deh
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Rancore


Kiku camminava zoppicando tra le macerie della sua città.
Città completamente distrutta, rasa al suolo dalla bomba nucleare.
Tutto era carbonizzato, sporco di sangue, i cadaveri delle persone indescrivibili.
C’era ancora qualcuno vivo, qualcuno che si teneva il moncherino del braccio mancante o che con entrambe le braccia cercava di non far uscire l’intestino dallo squarcio che aveva nell’addome.
Non puoi salvarli tutti.
Non sarebbero sopravvissuti, Kiku ne era certo.
Lui era l’unico rimasto in piedi, l’unico che avrebbe ricordato per sempre quella tragedia, l’unico che non avrebbe mai smesso di avere gli incubi.
L’unico che, alla fine di quella giornata, sarebbe rimasto ancora in piedi.
Perché anche lui era piano di ferite, di sangue, ma avrebbe continuato a vivere, così come faceva ormai da così tanti secoli che aveva dimenticato quando tutto era iniziato.
Li hai delusi. Li hai delusi tutti quanti.
Sono morti a causa tua.
Contavano su di te.
Avresti potuto salvarli.
Sapeva che era tutta colpa sua, che non poteva incolpare nessun’altro se non se stesso per avere iniziato quella guerra contro l’America, per aver sferrato quell’attacco senza alcuna dichiarazione ufficiale.
Il senso di colpa lo stava divorando vivo.
Ma quando sentì Alfred, che lo chiamava e lo cercava con voce disperata, non poté fare a meno di prendersela con lui, odiandolo per quello che aveva fatto.
-Kiku…- sospirò in un misto di sollievo e dolore quando finalmente lo vide e lo raggiunse.
Il giapponese strinse i pugni, non si girò a fissarlo, non voleva guardare il suo volto.
-Vattene via, America.
Quel tono duro e l’essere chiamato con il nome della sua nazione fecero cadere la mano tremante dell’americano, che si era allungata verso di lui ma non era arrivato a toccarlo.
Ormai erano anni che lo chiamava Alfred, per i giapponesi erano importanti i nomi, ma per Kiku era diventato importante anche lui, si erano avvicinati più di quanto entrambi avrebbero mai immaginato.
E anche dopo lo scoppio della guerra avevano cercato di mantenere il rapporto immutato, perché sembrava una delle tante guerre che avevano combattuto negli anni, volute più dal loro popolo che da loro stessi, nelle quali si erano ritrovati immischiati più di quanto si rendessero conto.
Ma a quello che era successo quel giorno Kiku non poteva passare sopra, non poteva far finta di nulla, non poteva parlare con lui come sempre aveva fatto, non subito almeno.
-Te l’avevo detto di arrenderti, ti avevo detto che loro non l’avrebbero fatto, che volevano porre fine a tutto questo e avrebbero usato qualsiasi mezzo per…
Kiku non lo lasciò concludere –Come ci si sente?- chiese semplicemente parlandogli sopra –A giocare a fare l’eroe?
Alfred trattenne il fiato, ma non rispose.
Kiku continuava a non guardarlo, il suo sguardo era fisso di fronte a sé, verso la figura di un bambino che si trascinava sul terreno, forse verso qualcuno o qualcosa che avrebbe potuto salvarlo, ma tutto era uguale, tutto era cenere e desolazione, non c’era più speranza né alcuna salvezza.
Lo vide andare sempre più lento, fino a quando non si fermò del tutto, esalando il suo ultimo respiro.
-Non sei alcun eroe- continuò il giapponese rispondendo al suo posto –Non sei altro che un ragazzino che crede di conoscere la differenza tra giusto e sbagliato.
Si allontanò, diretto verso il corpo morto del bambino dal quale non aveva ancora staccato lo sguardo.
-Tutto quello che fai è ferire le persone. Quindi fa un favore a entrambi e vattene. Io devo pensare al mio popolo.
Quelle furono le ultime parole che gli rivolse, si inginocchiò davanti al corpo esanime del bambino, era sporco e pieno di sangue, ma non ci pensò due volte ad afferrarlo e stringerselo al petto, cullandolo e piangendo.
Non sapeva se Alfred se ne fosse andato davvero come gli aveva chiesto o fosse ancora li a guardarlo, ma non gli importava, in quel momento il rancore nei suoi confronti era così grande che non poteva andare in nessun’altro modo.
Certo, le cose sarebbero cambiate, in futuro magari tutto sarebbe tornato come prima, ma doveva passare del tempo, e in quel momento Kiku aveva solo bisogno di stare da solo con il suo dolore e i suoi sensi di colpa.

[700 parole]
  
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