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Autore: sidphil    12/02/2019    0 recensioni
Durante la Guerra del Vietnam, Mickey viene arruolato e mandato ad addestrarsi sotto al comando del sergente Ian Gallagher. Ian è un giovane sergente che si preoccupa di conoscere i nuovi arruolati e di farli sentire al sicuro. Ma trova pane per i suoi denti quando si tratta di Mickey.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Avvenimento accaduto tra il capitolo 37 e l'Epilogo.

 
La luce degli spari illuminò l'oscurità. Le foglie stormivano di un fruscio rumoroso che prometteva una pioggia più naturale di quella dei proiettili. Un uomo gridava ordini , ordini che perdevano ogni significato nella notte tersa. Qualcuno cadde. Qualcun altro urlò. Il fuoco si scatenò di nuovo in risposta.
Sentiva un respiro pesante, abbastanza da sovrastare quello di tutti gli altri. Comparve il volto di Mickey madido di sudore, striato di sporco, gli occhi azzurri spalancati per il terrore. Teneva la pistola al petto, come se lo stesse proteggendo invece di fare il contrario. Sussurrava qualcosa, qualcosa di indecifrabile.
Un colpo echeggiò nella foresta più forte degli altri. Mickey sussultò e guardò in basso. Una macchia di sangue comparve sulla sua uniforme, rimanendo immobile per un surreale momento prima di allargarsi sul tessuto. Mickey impallidì e crollò nel fango.
Improvvisamente riuscì a sentire la sua voce.
"Ian... Ian... Ian... "

- MICKEY!-. Ian si svegliò di soprassalto, urlando. Si mise a sedere di scatto, il cuore che batteva impazzito, il buio della notte che gli impediva la vista. Si sforzò di stabilizzare il respiro e di sbattere le palpebre ma l'oscurità lo faceva sentire come se gli occhi fossero già chiusi. Si sdraiò di nuovo tremante. "Solo un sogno. Era solo un sogno. Era solo un sogno".
Continuò a ripetersi quel monito a lungo, per poi decidere di smetterla. Si alzò e andò alla scrivania, rovistando nei cassetti. Tutte le lettere di Mickey erano ammucchiate in un angolo ordinate per data, ma ce n'era solo una che voleva leggere. Un'unica lettera in cui Mickey era stanco e aveva paura, in cui gli aveva detto ciò che voleva dire davvero, o almeno ciò che Ian sperava volesse dire davvero.
Prese la lettera dalla busta e attese che gli occhi si abituassero alla luce, anche se ormai non ne aveva nemmeno più bisogno. L'aveva memorizzata dall'inizio alla fine. Era stropicciata per le tante volte in cui era stata ripiegata ed era chiazzata di giallo per il sudore delle sue mani, tanto da rendere alcuni punti quasi illeggibili. Ma in quel momento aveva bisogno non solo di quelle parole, ma anche della calligrafia trascurata di Mickey, quasi impossibile da capire.
 
"Ian,
oggi abbiamo camminato per dieci ore nella stramaledetta giungla. Sono fradicio. Non ha mai smesso di piovere. Ci hanno sparato undici volte e Gus non sa nemmeno se qui saremo al sicuro per la notte. Non ci lascia ricambiare il fuoco, ma anche se lo facesse non c'è abbastanza copertura.
Se muoio qui, se muoio in questa fottuta giungla, voglio che tu sappia che ti amo, che sei la parte migliore della mia vita, il mio ricordo più bello, e vorrei averti incontrato prima. Vorrei poter essere rimasto di più con te. Se dovessi morire, sappi che non sarà mai per essermi messo troppo in pericolo. Perchè ho solo un obiettivo qui ed è tornare a casa da te.
Quindi vedi di esserci, okay? Aspettami perchè sto tornando da te, lo prometto. Se questa dannata giungla mai finirà, se questa guerra mai finirà, se tornerò mai a casa, sarà per te. E non posso farcela qui se tu non ce la fai lì.
Mi manchi. Ti amo. "
Mick

 
Il respiro rallentò e chiuse gli occhi. Anche il battito era tornato normale ma sapeva già che non sarebbe più riuscito a dormire. Quindi ripiegò la lettera, se la mise in tasca e uscì per farsi una camminata intorno al campo.
Ascoltò i soldati che dormivano, il loro respiro come una dolce litania nella notte. L'aria odorava della pioggia imminente. Nessuno si muoveva, non un anima sveglia. I nuovi soldati erano meglio dei precedenti, rispettavano diligentemente le regole, e Ian non era sicuro se la cosa gli piacesse o no. Gli rendeva più difficile far nascere in loro il senso di "responsabilità collettiva".
Tornò sullo spiazzo e appoggiò una mano all'asta della bandiera, la stessa su cui Mickey si era arrampicato sei mesi prima. Se chiudeva gli occhi, riusciva ad immaginare che fosse ancora calda per il suo tocco, anche se in quel momento il freddo del legno contrastava con il calore di quella notte estiva.
Guardando l'orizzonte, vide la tempesta in arrivo. Grosse nubi nere avanzavano nel cielo come un esercito nemico e preannunciavano un diluvio biblico che sarebbe comunque finito prima che fosse mattino inoltrato, lasciando un terreno fangoso e soldati non abbastanza riposati poichè svegliati dal temporale.
Mosso dall'istinto, Ian corse in mensa e trovò il corno con cui suonare l'adunata. Lo suonò un paio di volte mettendoci più fiato possibile e tornò fuori. Nel campo si diffuse un lieve movimento, i soldati che uscivano lentamente stropicciandosi gli occhi. Accorsero sullo spiazzo formando delle file ordinate, a riposo.
Quasi tutti arruolati.
Quasi tutti tra i soldati più ricettivi agli ordini che Ian avesse mai addestrato.
- AT-TENTI!-
Tutti scattarono in posizione.
- Chi sa dirmi cosa c'è dietro di voi?-
Gli uomini si scambiarono qualche occhiata, aspettandosi una domanda a trabocchetto. Alcuni dissero sottovoce le possibili risposte che raggiunsero comunque l'orecchio di Ian. Il campo. Le tende. Le nostre cose. Merda. Ha preso di nuovo le nostre cose?
Ian attese pazientemente finchè uno dei patriottici, un soldato di nome Davidson, alzò la mano.
- Sì?-
- Una tempesta, signore-
Ian sorrise. - Una tempesta, sì. Sapete quante tempeste dovrete affrontare in Vietnam?-. Nessuno rispose. - Molte. Peggio di questa. Quindi oggi cominceremo un po' prima così potete provare sulla pelle il tipo di acquazzoni che vi infradiceranno ogni singolo giorno fino alla fine del vostro servizio. Qualche obiezione?-
Come previsto, nessuna.
- Cominciate a correre-
Gli uomini obbedirono. Percorsero appena due giri che cominciò a piovere, le gocce che cadevano con meno forza della doccia di un motel. Ma poi, i fulmini squarciarono il cielo e i tuoni esplosero come a voler sfidare le risate dei soldati. Come Ian aveva previsto, il cielo si aprì in un violento acquazzone e gli uomini furono costretti a trascinarsi nel fango mentre le magliette fradicie sembravano volerli tirare giù per diventare un tutt'uno con esso.
Ian li guardò con aria disinteressata, pensando a Mickey alle prese con la stessa pioggia, chiedendosi se la tempesta avesse già attraversato l'oceano e lui l'avesse già affrontata. Aveva voglia di una sigaretta ma sapeva che con quella pioggia e senza il sapore di Mickey sarebbe stata inutile. Aveva definitivamente smesso di fumare da quando Mickey se n'era andato.
 
Gli uomini terminarono i giri di corsa e proseguirono con le flessioni. Il fango li imbrattava ogni volta che si abbassavano, sporcando la loro pelle.
- E' TUTTO QUELLO CHE SAPETE FARE?- urlò sopra al frastuono. Alcuni erano caduti. - QUESTO E' NIENTE! QUESTO E' SPUTO IN VIETNAM-
Non sapeva quanti credessero alle sue parole ma nessuno osò lamentarsi. Tutti continuarono l'esercizio. Vide uno di loro cercare di fare il furbo, Nash, e gli si avvicinò. Gli appoggiò un piede sulla schiena e lo spinse nel fango, la faccia coperta di melma.  - FLESSIONI!-
Nash si tirò sù a fatica e ricominciò, ostacolato dal peso di Ian e dal suolo scivoloso. Ian si spostò quando ebbe finito ma rimase a fissarlo mentre faceva gli addominali. Il gruppo aspettò che finisse, mettendoci circa quindici minuti in più, poi si alzarono per andare in mensa.
- La colazione non è ancora pronta- urlò Ian. - Ci esercitiamo con le pistole-
Due soldati corsero immediatamente a prendere l'occorrente nella rimessa, seguiti da altri tre. Ian fece sistemare loro le sagome per i bersagli e spiegò loro come creare delle coperture. Gli uomini caricarono le pistole con serietà, cercando di ripararle il più possibile dalla pioggia.
Ian caricò la propria e si mise di fronte a loro. - Colpite i bersagli. Abbastanza semplice?-
Annuirono.
In realtà non lo era. La copertura era buona, forse anche troppo, e la pioggia offuscava la vista. Gli uomini erano esausti e continuavano a guardare nella sua direzione come per chiedergli se potessero tornare a dormire o andare a farsi una doccia. Ricambiò i loro sguardi impassibile. Se Mickey lo stava facendo, allora potevano farlo anche loro.
 
Il sole non sorse mai. Rimase dietro alle nuvole e il tempo si fermò finchè non arrivò la camionetta della posta. Ian se ne rese appena conto fino a quando l'autista non gli porse una pila di lettere schiarendosi la gola. Aspettò che gli porgesse la seconda ma non arrivò. - Nessuna lettera per me?- chiese cercando di non mostrare la sensazione di panico nel suo tono.
- Oh- rispose l'autista, e tornò a rovistare nella borsa. Ian rimase in attesa sbattendo il piede sull'erba bagnata. Il soldato gli porse una sola busta da parte di Fiona. - Ecco, signore-
Ian annuì, la prese e lo congedò. Cercò di controllare i tremori del proprio corpo, il sangue che sembrava gelargli nelle vene e il respiro che si bloccava nei polmoni. C'erano svariati motivi per cui Mickey poteva non aver scritto, forse c'era stato un fuoco pesante. E' morto. Forse pioveva troppo per riuscire a scrivere su carta asciutta. E' morto. Erano in costante movimento. E' morto. Era...
E' morto.
E' morto.
E' morto.
Mickey è morto.

Aprì la bocca e inalò più aria possibile. Cercò di scuotersi di dosso quel pensiero ma continuava a perseguitarlo come un fantasma. Infilò in tasca la lettera della sua famiglia e andò in mensa per posare quelle degli altri soldati.
Rimase lì a lungo, afferrando con forza il bordo del tavolo mentre cercava di respirare normalmente. Il cuoco entrò per preparare la colazione e non gli offrì di più che un semplice saluto, che Ian ignorò. Cercò di riprendersi. Spinse le parole "Mickey è morto" nel retro del cranio e uscì...
... Per vedere che si era scatenato l'inferno. I bersagli erano, per l'appunto, troppo difficili da colpire. Ma questo non voleva dire che i soldati dovessero prendere il loro posto e fingere di spararsi con pistole vere.
- COSA CAZZO STATE FACENDO?- urlò. Il tempo sembrò fermarsi. Tutti si voltarono a fissarlo con uno sguardo di terrore e per una volta non ne rimase offeso. Avrebbero dovuto temerlo. Tutti dovevano essere terrorizzati di fronte a ciò che stava per fare.
Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto.
- Chi diavolo ha deciso che questa fosse una buona idea?- chiese quando si fu avvicinato abbastanza. Nessuno rispose. - O me lo dite ora o ognuno di voi correrà fino a vomitare i polmoni-
Niente.
- Pensate che sia un fottuto scherzo? Queste sono pistole vere. Hanno... - sparò un colpo dalla propria arma. Tutti sobbalzarono. - ... dei dannati proiettili veri. E se vi colpite con uno di questi, morirete-
- Ma dai- replicò una voce. Lo stesso tono sarcastico di Mickey.
Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto.
- Siamo esattamente dove sono i bersagli e nessuno riesce a colpirli-
- Chi ha parlato?-
Il gruppo si aprì rivelando Nash in fondo, bagnato fradicio e tremante. Rigirò la pistola intorno al dito senza inserire la sicura. - Ci stavamo solo divertendo un po'. Siamo fradici, esausti, e... -
- E sarete fradici ed esausti anche nel fottuto Vietnam- sbottò Ian muovendosi nella sua direzione. - Vuoi forse dirmi che quando sarai fradicio ed esausto dall'altra parte del mondo, con i nemici nascosti nella giungla, vi sparerete l'uno contro l'altro solo per "divertirvi un po'"?-
Nash fece spallucce. - Probabilmente spareremo a loro-
Ian sparò un altro colpo a terra. Nash spalancò gli occhi. - Tu pensi...- disse, così piano da non essere quasi udibile con il frastuono della pioggia. - ... che questo sia un gioco?-
- No, signore-
Ian sparò di nuovo. Più vicino.  Nash sussultò. - Questo è un gioco, soldato, o stai andando in guerra?-
- Sto andando in guerra, signore-
Un altro colpo. Nash deglutì, il pomo d'Adamo che sobbalzava sotto al mento appuntito. Con quel diluvio, Ian non sapeva dire se avesse le lacrime agli occhi o se fosse solo il riflesso della pioggia nelle sue iridi blu scuro. Ian avanzò verso di lui mentre Nash cercava invece di indietreggiare. Lo afferrò per la maglietta e lo tirò a sè, lasciando pochi millimetri di distanza tra loro, il respiro caldo contro al tessuto della sua giacca.
- Sei una cazzo di scusa di soldato- sussurrò.
Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Mickey è morto. Più forte della pioggia. Più forte delle lacrime del soldato davanti a lui.
- E non ti meriti di essere chiamato tale-
Sparò un ultimo colpo e Nash urlò. Il sangue imbrattò l'erba già fradicia e l'uomo cadde a terra tra gemiti di dolore, tenendosi il piede.
Ogni singolo uomo indietreggiò  mentre Ian fissava il soldato a terra. Riuscì a sentire l'orrore che provavano mentre lo guardavano come se fosse un mostro, senza provarne quasi nulla se non freddezza. Freddezza per il sangue che sgorgava dal piede di Nash. Il sangue che sgorgava dal petto di Mickey.
Deglutì e fece un passo indietro. Inserì la sicura e tornò in mensa per chiamare un dottore. Finalmente, qualcosa sembrò risvegliarsi in mezzo alle sue peggiori paure. Un altro tipo di paura.
"Mi licenzieranno".
   
 
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